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La linea di confine tra sanzioni amministrative interdittive e misure interdittive a carattere non sanzionatorio.

Nel documento Le sanzioni amministrative non pecuniarie (pagine 101-106)

Le sanzioni amministrative non pecuniarie: forme di manifestazione del fenomeno.

2. Le sanzioni amministrative interdittive.

2.3. La linea di confine tra sanzioni amministrative interdittive e misure interdittive a carattere non sanzionatorio.

Le diverse conclusioni tratte dalla giurisprudenza con riferimento alle due fattispecie descritte possono costituire l’oggetto di un utile confronto nella difficile ricostruzione di una chiara demarcazione all’interno della categoria delle interdizioni, per individuare quali di queste debbano considerarsi sanzioni.

189 Si veda, in questo senso, anche Cons. Stato, sez. VI, 16 gennaio 2014, n. 148

190 Le ordinanze concludono, sul punto, così sottolineando gli effetti temporali della

normativa in commento: «la produzione retroattiva degli effetti è desumibile dalla circostanza che la sanzione è applicabile per illeciti commessi prima della sua entrata in vigore, in quanto, come sottolineato, la disciplina di legge vigente al momento della avvenuta comunicazione di fine di lavori e richiesta di incentivi non contemplava tale misura. Gli operatori economici del settore non sapevano, pertanto, che l’eventuale accertata incompletezza o falsità della comunicazione di fine lavori avrebbe determinato l’applicazione di una sanzione consistente nel divieto di concessione di incentivi per un così lungo periodo temporale. La norma, pertanto, incide negativamente sulle prevedibilità delle conseguenze derivanti da azioni o omissioni di coloro che esercitano liberamente la propria iniziativa economica».

191 Oltre alle decisioni citate, le stesse conclusioni in ordine alla portata sanzionatoria

della disposizione sono state espresse, ex multis, da TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, 2 aprile 2013, n. 3314; Id., 15 aprile 2013, n. 3776.

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Una preliminare constatazione che può operarsi è che le considerazioni espresse in relazione all’interdizione decennale prevista dall’art. 43 del d.lgs. n. 28/2011 appaiono in linea con i più recenti approdi in materia di sanzioni amministrative, circa la portata eminentemente afflittiva che una misura amministrativa deve possedere per poter essere considerata sanzione192.

La focalizzazione sul carattere punitivo di tali conseguenze previste dal legislatore, in relazione ad un comportamento contra ius, si pone in linea, dunque, con i canoni interpretativi tradizionalmente elaborati dalla dottrina e diffusamente applicati dalla giurisprudenza nazionale e sovranazionale.

D’altro canto, appare utile notare che la ricostruzione accolta con riferimento a questa fattispecie conferma una linea di tendenza espressa dalla giurisprudenza amministrativa anche con riferimento ad altre disposizioni introdotte dal legislatore con finalità interdittive di chiaro stampo sanzionatorio.

Tali sono, ad esempio, le conclusioni tratte in relazione alle interdizioni alla partecipazione alle procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di contratti, applicate ai sensi dell’art. 38, comma 1-ter, e dell’art. 48, comma 1, del

192 In dottrina e giurisprudenza sono state, peraltro, individuate numerose altre fattispecie

interdittive connotate da natura sanzionatoria. Tali sono state considerate le misure previste dall’art. 130 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, disciplinante l’inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico di acque reflue, che prevede che in tali occasioni l’Autorità competente proceda, secondo la gravità dell’infrazione, alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze; alla diffida e contestuale sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente; alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l’ambiente (in tal senso S. LICCIARDELLO, op. cit., 351). Sanzioni interdittive sono applicate anche dalle Autorità amministrative indipendenti. Tali sono state considerate da Corte eur. dir. uomo 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia (ric. n. 18640/10), ad esempio, anche le misure previste dall’art. 187-quater del d.lgs. n. 58/1998, che al primo comma prevede che «L’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente capo importa la perdita temporanea dei requisiti di onorabilità per gli esponenti aziendali ed i partecipanti al capitale dei soggetti abilitati, delle società di gestione del mercato, nonché per i revisori e i promotori finanziari e, per gli esponenti aziendali di società quotate, l’incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell’ambito di società quotate e di società appartenenti al medesimo gruppo di società quotate». La Corte di Strasburgo ha affermato, in relazione all’interdizione dall’amministrare, dirigere o controllare società quotate in borse, che «quest’ultima sanzione era tale da ledere il credito delle persone interessate» (§ 98). La natura sanzionatoria è riconosciuta anche alla misura applicata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi dell’art. 15, comma 2, della l. n. 287/1990, che prevede la sospensione dell’attività d’impresa fino a trenta giorni al ricorrere della reiterata inottemperanza alle diffide formulate dall’Autorità per la rimozione di infrazioni: in questi termini, S. LICCIARDELLO, op. cit., 350 che, nel ricondurre la fattispecie alle misure interdittive, conferma la ricostruzione in termini sanzionatori alla luce della omogeneità funzionale tra questa misura e la sanzione pecuniaria prevista dallo stesso comma 2 per la inottemperanza alla diffida.

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d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici) originariamente dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (AVCP), ora sostituita dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC)193.

Specificamente, la prima disposizione prevede, infatti, che in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne deve dare segnalazione all’Autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto ai sensi del comma 1, lettera h) dello stesso art. 38, fino ad un anno, decorso il quale l’iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia194.

L’art. 48, comma 1, dispone, invece, che le stazioni appaltanti, prima di procedere all’apertura delle buste delle offerte presentate, verifichino, attraverso un’indagine «a campione», che gli offerenti – in numero non inferiore al 10% delle offerte presentate, selezionati a mezzo di sorteggio pubblico – possano comprovare il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico- organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. Nell’ipotesi in cui la prova richiesta non venga fornita o non confermi le dichiarazioni contenute

193 Il d.l. 24 giugno 2014, n. 90 convertito in l. 11 agosto 2014, n. 114, ha soppresso

l’AVCP e ha trasferito le competenze in materia di vigilanza sui contratti pubblici all’Autorità Nazionale Anticorruzione.

194 La portata sanzionatoria della misura descritta in tale disposizione è stata, peraltro,

confermata dall’Atto di segnalazione n. 5 del 9 ottobre 2013 relativo alla «Efficacia della sanzione di cui al comma 1-ter dell’art. 38 del Codice dei contratti», formulata dall’AVCP nei confronti del Governo e del Parlamento ai sensi dell’art. 6, comma 7, lettera f), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163. L’Autorità, nell’argomentare alcune proposte di modifica al comma richiamato, riconosce che si tratti «di una reazione particolarmente forte dell’ordinamento, volta a punire quei comportamenti che possono inquinare la trasparenza e la concorrenzialità delle procedure selettive, reazione conforme ai parametri comunitari e costituzionali nella misura in cui la stessa sia rispettosa del principio di proporzionalità, avuto riguardo alla condotta concretamene posta in essere dall’operatore economico» ed aggiunge che «del resto, il potere di graduare la sanzione escludente, ora riconosciuto all’Autorità, appare preordinato proprio all’esigenza di rispetto del principio di proporzionalità», così riconoscendo espressamente, non solo l’effetto punitivo della disposizione, ma anche la natura di sanzione interdittiva, in quanto ontologicamente volta all’esclusione. In giurisprudenza, la fattispecie descritta dall’art. 38, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163/2006 è qualificata come sanzione da TAR Molise, Sez. I, 16 aprile 2012, n. 170, in Foro amm. – TAR, 2012, 4, 1289.

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nella domanda di partecipazione o nell’offerta, conseguiranno l’esclusione del concorrente dalla gara, l’incameramento della cauzione provvisoria e la segnalazione dell’accaduto all’Autorità di vigilanza, per i provvedimenti di cui all’art. 6, comma 11, del Codice dei contratti pubblici; per quanto qui più interessa, però, in questa fattispecie «l’Autorità dispone altresì la sospensione da

uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento»195.

La lettura in termini sanzionatori di entrambe le misure citate si fonda, pertanto, sulla valorizzazione della natura afflittiva delle stesse, tese a reagire ad una violazione posta in essere dal concorrente alla procedura.

Questa linea di tendenza, pertanto, rende di ancor più difficile inquadramento, nel richiamato contesto, il diverso approdo della giurisprudenza in ordine alle misure interdittive previste dal d.lgs. n. 235/2012.

Se pur può considerarsi condivisibile il ragionamento svolto dagli interpreti – anche alla luce dei precedenti resi dalla Corte costituzionale in materia

195 Sulla portata sanzionatoria di questa disposizione si segnala TAR Abruzzo, L’Aquila,

Sez. I, 2 maggio 2014, n. 404, in Foro amm., 2014, 5, 1598; Cons. Stato, Sez. V, 11 gennaio 2012, n. 80, in Guida dir., 2012, 23, 97. In dottrina, l’argomento è stato trattato da C. CELONE, I procedimenti sanzionatori dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp), in Il potere sanzionatorio delle autorità amministrative indipendenti. RULES Research Unit Law and Economics Studies, Paper No. 201315, a cura di M. ALLENA –S.CIMINI, in www.unibocconi.eu. In tema di procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di contratti, in dottrina è stata, inoltre, sostenuta la natura di sanzione (definita «nascosta») della interpretazione offerta da Cons. Stato, Sez. V, 17 maggio 2013, n. 2682, in Dir e giust., 2013, 1° luglio, relativamente all’operatività dell’esclusione da una gara dell’impresa non in regola con il documento unico di regolarità contributiva rilasciato dalla Cassa edile; ciò discenderebbe automaticamente dall’attestazione rilasciata dalla Cassa in quanto né l’Amministrazione né il giudice amministrativo potrebbero sindacare le risultanze del d.u.r.c., i cui errori potranno essere corretti solo dal giudice ordinario – o all’esito di proposizione di querela di falso, o a seguito di ordinaria controversia in materia di previdenza e di assistenza obbligatoria – in virtù della natura di rapporto obbligatorio previdenziale di natura privatistica intercorrente tra le imprese e le Casse edili. Secondo P. CERBO, Relazione all’Incontro di studio A.I.P.D.A. – A.I.C.: “Riflessioni sull’incertezza delle regole: il dibattito sulle sanzioni “nascoste”, cit., da ciò consegue che è la Cassa edile a disporre in sostanza l’esclusione dalla gara del concorrente, senza che la stazione appaltante o il giudice amministrativo possano sindacarne i presupposti, da cui l’interrogativo in ordine alla portata sanzionatoria dell’esclusione sì disposta in quanto «finché è l’amministrazione appaltante a decidere sul requisito morale, vi è ancora un (peraltro flebile) nesso con i requisiti di gara. Questo nesso è completamente reciso se la decisione sull’esclusione è in realtà assunta dalla Cassa edile: non solo perché si tratta di un’associazione di diritto privato, alla quale non è demandato alcun ruolo di verifica dei requisiti di partecipazione alle gare, ma perché l’esclusione non tutela in modo diretto ed immediato alcun interesse della Cassa. Semplicemente, si ‘punisce’ l’impresa debitrice, responsabile del mancato tempestivo versamento dei contributi previdenziali»; tale conclusione assumerebbe tratti ancor più marcati quando la regolarità contributiva non sia funzionale alla partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica, bensì all’ottenimento di un beneficio o di una agevolazione: «infatti, in questo caso, non vengono in rilievo considerazioni sulla capacità o l’affidabilità dell’impresa nell’esecuzione di una prestazione a favore dell’amministrazione».

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– in ordine al peculiare rilievo in termini di valutazione circa l’indegnità morale dell’individuo a ricoprire una carica pubblica assunto da una sentenza definitiva di condanna, si ritiene opportuno evidenziare che la giurisprudenza che tali considerazioni ha svolto non sembra aver tenuto in adeguato conto la necessità di verificare se le medesime misure abbiano portata afflittiva, attraverso un rigoroso accertamento del carattere non punitivo che le medesime devono presentare per poter escludere l’estensione a questi casi delle garanzie imposte anche in sede sovranazionale quando si è in presenza di sanzioni.

Tale dirimente profilo – la cui assenza in queste misure appare difficile da negare tout court, anche in virtù della correlazione ad una fattispecie di reato – sembra, invero, sostanzialmente escluso attraverso lo specifico rilievo che nella materia delle incandidabilità e della decadenza dalle cariche elettive assumono altri aspetti connessi alla sussistenza di requisiti soggettivi in capo ai candidati o agli eletti. Rimane, però, dubbio se – pur nella consapevolezza della peculiare delicatezza della materia, che attinge interessi pubblici di rilievo primario, che la dignità morale di chi aspira a ricoprire cariche pubbliche elettive tutela – le esigenze di garanzia dell’individuo che derivano dalla qualifica in termini sanzionatori di una misura possano passare in secondo piano e se, soprattutto, ciò potrà superare la verifica della Corte europea dei diritti dell’uomo. Come visto196, infatti, i Giudici di Strasburgo si sono pronunciati in ordine alla conformità alle garanzie convenzionali di istituti di diritto interno che prevedevano forme di incandidabilità, ineleggibilità o decadenza da cariche elettive, in alcuni casi qualificandoli in termini sanzionatori. La natura di sanzione è stata, invero, affermata attraverso una attenta valutazione delle specifiche connotazioni della fattispecie – in particolare la diretta connessione della misura alla commissione di una condotta illecita e la gravità della sanzione comminata – che hanno condizionato le conclusioni tratte dalla Corte EDU su misure dal contenuto apparentemente analogo. Così, potrebbero assumere rilievo, ai fini della valutazione della Corte EDU, elementi quali la durata dell’incandidabilità alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento UE o del divieto di

196 Cfr. supra, sub par. 2.1. Ci si riferisce alle decisioni Corte eur. dir. uomo, Quarta

sezione, 30 maggio 2006, Matyjevic c. Polonia (ric. n. 38184/03); Id. 21 ottobre 1997, Pierre Bloch c. Francia (ric. n. 24194/94); Id., 6 gennaio 2011, Paksas c. Lituania (ric. n. 34932/04).

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assumere e svolgere incarichi di Governo nazionale – comunque non inferiore a sei anni – prevista dall’art. 13 del d.lgs. n. 235/2012, unitamente all’aumento di durata di un terzo previsto dal comma 3 del medesimo articolo, nel caso in cui il delitto che determina l’incandidabilità o il divieto di assumere incarichi di governo è stato commesso con abuso dei poteri o in violazione dei doveri connessi al mandato elettivo, di parlamentare nazionale o europeo, o all’incarico di Governo197.

3. Le figure di decadenza amministrativa e la configurabilità tra

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