5. Le possibili classificazioni delle sanzioni amministrative.
5.2. Sanzioni amministrative pecuniarie e non pecuniarie: le ragioni di un’indagine.
Sotto diverso angolo visuale, l’art. 12 della l. n. 689/1981 consente, inoltre, di indagare la distinzione tra le sanzioni amministrative pecuniarie e le altre misure amministrative afflittive che, pur ugualmente punitive, consistono in reazioni di contenuto diverso, quali interdizioni, confische, decadenze, riconducibili, pertanto, alla categoria delle «sanzioni amministrative non pecuniarie».
La linea di demarcazione tra le due categorie si fonda essenzialmente sul diverso atteggiarsi del contenuto della «pena» irrogata dall’Amministrazione a fronte della commissione di un illecito. In alcuni casi, infatti, la legge prevede che l’autore della violazione sia tenuto al pagamento di una somma di denaro; in altre occasioni, la conseguenza dell’illecito può consistere in una misura da connotati contenutisticamente i più diversi, ma, comunque, accomunati dal medesimo intento afflittivo nei confronti del soggetto responsabile della commissione dell’illecito amministrativo.
Se per la prima categoria di sanzioni la l. n. 689 del 1981 definisce uno statuto generale, al quale l’interprete può fare riferimento nel dare applicazione alle specifiche disposizioni di legge che prevedono le singole fattispecie
135 Così A. TRAVI, Sanzioni amministrative e pubblica Amministrazione, cit., 72 e M.A.
SANDULLI, Le sanzioni amministrative pecuniarie, Napoli, 1983, 31 ss. che ha distinto tra sanzioni di doveri inerenti a rapporti di supremazia speciale costitutivi o meno di status, ritenendo che nel secondo caso si tratti di misure aventi carattere primariamente afflittivo corrispondenti sostanzialmente alla medesima essenza tipologica delle sanzioni generali. L’Autrice, già in La potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, cit., 3, aveva osservato che quella tra sanzioni per l’inosservanza di doveri di ordine generale o particolare non è distinzione facile da cogliere e di cui siano sempre chiare le implicazioni e gli effetti. In particolare, ha sottolineata la difficoltà nel qualificare, tra le sanzioni inerenti alla inosservanza di doveri di ordine generale, quella correlata alla violazione di obblighi che, pur non rivolti alla generalità dei consociati, riguardano soggetti che rientrano in un particolare rapporto con l’autorità (ad esempio derivato da un provvedimento autorizzatorio o concessorio) che, però, non incide sullo status giuridico dei medesimi, riferendosi unicamente all’attività da questi svolta. Per tali ragioni, l’Autrice si interroga in ordine all’utilità di ritenere ancora valida la tradizionale bipartizione esposta, chiedendosi se tale ultima tipologia sanzionatoria debba più correttamente qualificarsi come un tertium genus.
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sanzionatorie, un analogo regime non è stato astrattamente garantito, al contrario, per le sanzioni amministrative non pecuniarie, alle quali il legislatore non ha inteso estendere – per lo meno espressamente136 – l’applicabilità dei principi generali definiti dalla legge n. 689/1981.
Ne consegue la mancanza, per questa tipologia di misure, di ogni certezza in ordine all’atteggiarsi di canoni fondamentali in tema di responsabilità, quali, in particolare, il principio di legalità ed i suoi corollari della riserva di legge, della tassatività, della chiarezza e dell’irretroattività della norma sanzionatoria, nonché le regole generali in tema di elemento soggettivo, sì come descritte nella legge stessa.
I dubbi interpretativi in ordine al regime giuridico applicabile alle sanzioni amministrative non pecuniarie trascendono, invero, la questione dell’applicabilità alle stesse dei principi generali definiti dal legislatore ordinario, per coinvolgere il quadro costituzionale al quale deve farsi riferimento in tema di esercizio del potere sanzionatorio da parte della pubblica Amministrazione. Tali interrogativi si pongono, in particolare, in relazione all’estensibilità alla generalità delle sanzioni amministrative dei principi e delle norme costituzionali dettati in materia penale. Particolarmente dibattuta è, ad esempio, la questione dell’applicabilità alle sanzioni amministrative dei principi desumibili dall’art. 25, comma 2, Cost.137.
Queste considerazioni consentono, pertanto, di comprendere quali siano i necessari sviluppi di una trattazione che voglia indagare il tema delle sanzioni amministrative non pecuniarie, proprio alla luce delle premesse fino a questo punto poste sul più generale tema delle sanzioni.
Dovrà, pertanto, essere operata una qualificazione delle più frequenti misure amministrative di carattere non pecuniario previste dal legislatore quale conseguenza svantaggiosa al verificarsi di date condizioni, per stabilire se si tratti effettivamente di sanzioni, alla luce della definizione che del fenomeno si è
136 Si avrà modo di approfondire le argomentazioni di natura storica e sistematica che
hanno portato parte della dottrina a ritenere che l’effettiva intenzione del legislatore del 1981 non fosse, invero, escludere l’applicabilità dei principi definiti dal Capo I della l. n. 689 alle sanzioni amministrative non pecuniarie; in questo senso, si è espressa M.A. SANDULLI, Le sanzioni amministrative pecuniarie, cit., e Sanzione. IV Sanzioni amministrative, cit.,, cit., 6.
137 Di recente, al questione è stata ricordata da P. CERBO, Relazione all’Incontro di studio
A.I.P.D.A. – A.I.C. “Riflessioni sull’incertezza delle regole: il dibattito sulle sanzioni “nascoste”, tenutosi presso l’Università degli Studi Roma Tre il 6 febbraio 2014, in www.diritto- amministrativo.org.
71 tentato di dare precedentemente.
Conclusa tale fase di inquadramento, l’indagine dovrà rivolgersi alla ricostruzione del regime giuridico applicabile a tali figure sanzionatorie, tenendo conto sia dei termini più tradizionali del dibattito che dell’apporto innovativo che più di recente è giunto dalla giurisprudenza della Corte EDU e nazionale, che dei principi elaborati dalla prima ha dato applicazione138.
138 Tali esigenze appaiono, peraltro, condivise da M.A. SANDULLI, Saluto introduttivo
all’Incontro di studio A.I.P.D.A. – A.I.C. “Riflessioni sull’incertezza delle regole: il dibattito sulle sanzioni “nascoste”, tenutosi presso l’Università degli Studi Roma Tre il 6 febbraio 2014, in www.diritto-amministrativo.org. Anche P. CERBO, Relazione, cit., ha osservato, in relazione alla «riconoscibilità come tale della sanzione amministrativa, con tutto quello che ne discende sul piano della disciplina e delle necessarie garanzie di riferimento» che deve ritenersi che «il problema si ponga soprattutto quando si debba distinguere fra sanzioni e altri provvedimenti sfavorevoli (uso volutamente una locuzione molto generica) che conseguono all’acclaramento dell’insussistenza o del venire meno dei requisiti per svolgere una certa attività o conseguire determinati benefici».
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