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La definizione di sanzione amministrativa accolta nell’indagine.

Nel documento Le sanzioni amministrative non pecuniarie (pagine 69-71)

Il quadro finora descritto costituisce la chiave di lettura a mezzo della quale giungere ad una nozione di sanzione amministrativa valida ed apprezzabile nel contesto giuridico attuale.

Può ritenersi tratto comune a tutte le ricostruzioni più recenti in dottrina e giurisprudenza che sia sanzione una misura avente carattere repressivo e negativo nonché connotata da carattere afflittivo. Questa, d’altro canto, è la nozione di sanzione amministrativa che, come visto, appare essere stata accolta più di recente anche dalla giurisprudenza nazionale, costituzionale e amministrativa124.

Il successivo interrogativo è, pertanto, se a tale carattere punitivo possa affiancarsi anche una finalità diversa, in particolare reintegrativa dell’interesse leso, come parrebbe prospettare la giurisprudenza della Corte EDU, ovvero se accedere a tali conclusioni determinerebbe un sostanziale sconfessione di quelle teoriche che hanno sostenuto una nozione di sanzione «in senso stretto» a favore di una ricostruzione della sanzione «in senso ampio».

Ė stato, invero, sostenuto125 che la nozione di sanzione in senso stretto dovrebbe ridursi esclusivamente agli elementi della negatività e della reattività,

123 Ciò può trarsi da Corte cost., 4 giugno 2010, n. 196, in Giur. cost., 2010, 3, 2308, e Id.,

18 aprile 2014, n. 104, ivi, 2014, 2, 1826 e significative riflessioni sul punto sono state espresse di recente anche da Corte cost., 26 marzo 2015, n. 49.

124 In questi termini, si veda, in primo luogo, Corte cost., 4 giugno 2010, n. 196, in Giur.

cost., 2010, 3, 2308, in tema di confisca di autoveicoli e Id., 18 aprile 2014, n. 104, ivi, 2014, 2, 1826; Cons. Stato, Sez. VI, ordd. 9 luglio 2014, nn. 3496, 3497, 3498 e 3499, ove si afferma che «le sanzioni, irrogate dalla pubblica amministrazione nell’esercizio di funzioni amministrative, rappresentano la reazione dell’ordinamento alla violazione di un precetto. La dottrina, valorizzando il profilo funzionale, distingue le sanzioni in senso lato e le sanzioni in senso stretto: le prime hanno una finalità ripristinatoria, in forma specifica o per equivalente, dell’interesse pubblico leso dal comportamento antigiuridico; le seconde hanno una finalità afflittiva, essendo indirizzate a punire il responsabile dell’illecito allo scopo di assicurare obiettivi di prevenzione generale e speciale».

125 F. GOISIS, Profili di trasformazione del diritto amministrativo nazionale grazie alla

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dovendosi escludere, invece, la rilevanza dell’assenza di profili preventivi o ripristinatori

Si ritiene, al contrario, di dover proporre l’idea secondo la quale l’elemento dirimente non è in termini di esclusività, bensì di prevalenza di una finalità rispetto all’altra. Anche nella giurisprudenza della Corte EDU che, come innanzi osservato, ha valorizzato la compatibilità tra le diverse finalità perseguite dalla singola misura, l’elemento punitivo mantiene una posizione peculiare e connotativa della sanzione. E sembra di poter affermare che anche la dottrina che tradizionalmente sostiene una nozione di sanzione «in senso stretto» non giunga ad affermare che lo scopo afflittivo sia l’unico a dover essere prefissato affinché si possa parlare di sanzione126.

Né d’altra parte, può essere dimenticato che la rilevanza dei principi giurisprudenziali espressi dalla Corte EDU in materia sanzionatoria dovrebbero, conseguenze del riconoscimento del carattere sostanzialmente penale di una sanzione amministrativa, Introduzione all’Incontro di studio A.I.P.D.A. – A.I.C. “Riflessioni sull’incertezza delle regole: il dibattito sulle sanzioni “nascoste”, tenutosi presso l’Università degli Studi Roma Tre il 6 febbraio 2014, in www.diritto-amministrativo.org. L’Autore ha osservato che «possiamo dunque ben dire che se, come si è visto, la CEDU prefigura ed impone certamente una estensione della nozione di pena sotto il profilo dell’irrilevanza delle etichette nazionali, essa suggerisce altresì una estensione del concetto sostanziale di sanzione. Con il che mi pare si debba riflettere sull’opportunità di ipotizzare, sul piano sostanziale, una (più ampia e flessibile) nozione di sanzione in senso stretto - e quindi meritevole di tutte le connesse garanzie - basata (anche solo) su due elementi positivi: la reazione rispetto all’infrazione di un precetto e la significatività delle conseguenze negative per il destinatario (pur indipendentemente da ogni ulteriore considerazione sulle finalità dell'atto). A differenza che nella tradizione dottrinale e giurisprudenziale italiana, si tratterebbe in altri termini di rinunciare ad un elemento negativo, ossia quello della necessaria estraneità del provvedimento alla cura concreta dell’interesse pubblico sotto il profilo preventivo o ripristinatorio». D’altra parte, si noti come è stato, altresì, prospettato «il rischio – adottando una concezione del sistema sanzionatorio che prescinda dal nomen iuris e quindi guardi alla sostanza del singolo istituto – di concepire come sanzioni tutte le misure restrittive e non solo quelle che appartengono davvero ad una logica sanzionatoria, quale reazione dell’ordinamento ad una condotta illecita e fattore effettivamente punitivo»: così G. PAGLIARI, Intervento programmato all’Incontro di studio A.I.P.D.A. – A.I.C. “Riflessioni sull’incertezza delle regole: il dibattito sulle sanzioni “nascoste”, tenutosi presso l’Università degli Studi Roma Tre il 6 febbraio 2014, in www.diritto-amministrativo.org.

126 Così ci pare di poter intendere il pensiero di M.A. SANDULLI, la quale parla di

«funzione primariamente e fondamentalmente afflittiva» in Sanzione. IV. Sanzioni amministrative, cit., ed ammette, sia pur in via eventuale ed indiretta, la soddisfazione dell’interesse leso in La potestà sanzionatoria della pubblica Amministrazione, cit., passim. D’altro canto, lo stesso F. GOISIS, La tutela del cittadino nei confronti delle sanzioni amministrative tra diritto nazionale ed europeo, cit,, 11 s., sostiene che sotto il profilo dello scopo perseguito sia sufficiente per la Corte di Strasburgo che permanga comunque un carattere di afflittivà e deterrenza; l’Autore segnala, però, la difficoltà di individuare misure restrittive conseguenti alla violazione di un precetto che possano così dirsi estranee ad una natura penalistica e «probabilmente solo misure in cui sia del tutto evidente un’esatta corrispondenza tra danno prodotto come conseguenza dell’illecito e riparazione imposta potrebbero ritenersi completamente estranee da una natura penale sub specie dello scopo».

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altresì, essere letti nei limiti in cui si riferiscono alle garanzie convenzionali che mirano ad estendere a fattispecie non espressamente qualificate come penali.

Se, invero, non può negarsi l’effetto fortemente condizionante che le pronunce della Corte di Strasburgo producono sull’ordinamento nazionale, oltre a doversi considerare che molte delle questioni su cui dottrina e giurisprudenza si sono interrogate in passato sono state quasi del tutto risolte proprio attraverso una siffatta applicazione degli artt. 6 e 7 CEDU (si pensi alla questione del rilievo costituzionale del divieto di retroattività della disposizione sanzionatoria), non deve essere, d’altro canto, trascurato che molte questioni relative alla materia delle sanzioni amministrative non trovano una risposta all’interno del sistema CEDU.

Nel documento Le sanzioni amministrative non pecuniarie (pagine 69-71)

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