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La giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di sanzioni amministrative punitive e ripristinatorie: superamento della distinzione.

Nel documento Le sanzioni amministrative non pecuniarie (pagine 51-54)

2. Il potere sanzionatorio della pubblica Amministrazione: caratteri ed elementi di qualificazione all’interno del più ampio fenomeno

2.3. Conclusioni all’esito dell’esame delle posizioni della dottrina in ordine al concetto di sanzione I confini interni della sanzione

2.3.1. La giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di sanzioni amministrative punitive e ripristinatorie: superamento della distinzione.

Ė alla luce delle richiamate elaborazioni in ordine alla nozione di sanzione amministrativa che, si ritiene, debba essere esaminata la linea interpretativa, principalmente di fonte giurisprudenziale, che, a partire dalla fine degli anni settanta del secolo scorso ha elaborato una distinzione tra «sanzioni punitive» e «sanzioni ripristinatorie».

Nell’analisi di molte decisioni e del Giudice del riparto e dei Giudici amministrativi si ritiene di poter rinvenire l’accoglimento di una ampia nozione di sanzione che – per quanto condizionata dalla precipua finalità, perseguita in tali pronunce, di individuare il confine tra la giurisdizione del giudice amministrativo e quella del giudice ordinario in relazione alla cognizione delle misure adottate dalla pubblica Amministrazione in materia edilizia – deve essere verificata alla luce delle considerazioni finora esposte.

87 M.A. SANDULLI, Sanzione. IV. Sanzioni amministrative, cit., 4. La conseguenza di tale

ragionamento è che la qualificazioni in termini di illecito penale di una certa infrazione precedentemente costituente illecito amministrativo non fa perdere a questa tale ultima configurazione, bensì esprime unicamente la volontà del legislatore di ritenere eccessiva l’applicazione di entrambi i regimi sanzionatori. Non si verifica, quindi alcun fenomeno di trasformazione di un illecito in un altro, come confermerebbe la circostanza che «in nessun caso la comminatoria di sanzioni penali in luogo delle corrispondenti pene pecuniarie amministrative […] indice in senso preclusivo dell’applicazione di eventuali diverse misure amministrative fissate dall’ordinamento in reazione alla medesima condotta […] La incondizionata comminatoria di tali ultime misure sta invero […] a confermare, al di là dell’alternativa con la sanzione (pecuniaria), la permanenza della responsabilità – epperò dell’illecito – di ordine amministrativo», ibidem.

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Ci si riferisce, in particolare, a quella giurisprudenza della Corte di cassazione che trova la sua massima espressione nella nota decisione 24 febbraio 1978, n. 92688. In tale contesto, si ritiene che la predetta specifica finalità – tutt’altro che meramente qualificatoria – perseguita da questa giurisprudenza deve, invero, assumere primario rilievo per un corretto inquadramento della ricostruzione accolta.

La premessa di questo approccio è una lata definizione di sanzione amministrativa da leggersi nel rapporto con specifici interessi pubblici alla cui cura è preposta l’Amministrazione ed ai quali si àncora il giudizio di disvalore dell’ordinamento; ne consegue la qualificazione in termini di accessorietà e strumentalità della natura della sanzione rispetto alla funzione amministrativa di cura e governo dell’interesse pubblico89.

Ed è proprio la collocazione della sanzione rispetto all’area funzionale con riferimento alla quale si pone in accessorietà che condiziona l’individuazione della situazione giuridica soggettiva incisa dal provvedimento sanzionatorio e, conseguentemente, il riparto di giurisdizione.

Vi sono ipotesi, invero, in cui la situazione giuridica soggettiva incisa è la medesima già inclusa nell’area della funzione amministrativa sussidiata, consistente, pertanto, in un interesse legittimo e, conseguentemente, tutelabile

88 Cass., Sez. un., 24 febbraio 1978, n. 926, in Riv. giur. edil., 1978, I, 690 e in Foro it.,

1978, I, 1173; in termini analoghi, si vedano anche, le contestuali decisioni nn. 927, 928, 930, 931 e 932, in Giust. civ., 1978, I, 599 ss.. Tale distinzione trova, ancora, richiami nella giurisprudenza amministrativa più recente: si parla di «sanzioni ripristinatorie» nei sensi e con le finalità descritte, in Cons. Stato, Sez. V, 28 maggio 2014, n. 2774, che ricostruisce il fondamento della giurisdizione del giudice amministrativo in materia di «sanzioni ripristinatorie», nella «sussistenza di una potestà di scelta, da parte dell’Amministrazione, in ordine alla misura più idonea a soddisfare l’interesse pubblico leso dall’atto illecito»; TAR Lazio, Latina, Sez. I, 7 febbraio 2014, n. 107, in Foro amm., 2014, 2, 641; TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 21 aprile 2009, n. 2088, in Foro amm. – TAR, 2009, 4, 1195; TAR Liguria, Sez. I, 12 marzo 2009, n. 306, ivi, 2009, 3, 668; TAR Veneto, Sez. II, 18 gennaio 2007, n. 129, in Ragiufarm, 2007, 101, 72, come anche Cons. Stato, Sez. IV, 4 febbraio 1999, n. 112, in Foro amm., 1999, 314 e in Cons. St., 1999, I, 166; Cons. giust. amm. Sicilia, 21 novembre 1997, n. 497, ivi, 1997, I, 1604; Cons. Stato, Sez. IV, 21 novembre 1992, n. 959, in Foro amm.. 1992, 11.

89 Così Cass., Sez. un., 24 febbraio 1978, n. 926, cit., afferma, specificamente, che

«invero l’assoggettamento di determinati comportamenti alla sanzione amministrativa esprime un giudizio di disvalore formulato dall’ordinamento in rapporto non a sé medesimo, oggettivamente e globalmente considerato come è per la sanzione penale, bensì in rapporto a specifici interessi pubblici, affidati alla cura puntuale della p.a. preposta al governo del corrispondente settore di attività funzionale, rispetto alla quale la sanzione giuoca un ruolo, strumentale, di presidio e di garanzia. La potestà sanzionatoria, cioè è accessoria a specifiche funzioni amministrative di cura e governo di determinate aree di pubblico interesse, ma non è essa stessa funzione, cioè cura e governo in via autonoma di pubblici interessi particolari».

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innanzi al giudice amministrativo. Ė ciò che avviene, appunto, per le misure sanzionatorie di tipo ripristinatorio che, essendo «dirette a realizzare in modo

diretto la cura dell’interesse pubblico al quale è ordinata in via preventiva nella fisiologia del sistema, la funzione amministrativa sussidiaria» non possono che

riferirsi alla stessa situazione giuridica soggettiva propria di tale ultima funzione90.

Differente è la qualificazione della situazione giuridica soggettiva (e, di conseguenza, il giudice chiamato a conoscere delle relative controversie) se la sanzione non appartiene alla medesima area del potere amministrativo sussidiato, ma è esterna ad esso: in questi casi la misura è essenzialmente (e meramente) punitiva e realizza solo in via indiretta l’interesse pubblico curato dalla funzione sussidiata91.

Pur dovendosi considerare, quindi, che si tratti di impostazione condizionata dalla necessità di risolvere questioni attinenti al riparto di giurisdizione e non a giungere ad una rigorosa definizione di sanzione amministrativa, non possono che condividersi le critiche di coloro che hanno ritenuto non corretto far assurgere a sanzione quelle misure di esecuzione volte alla restaurazione dell’ordine violato attraverso il ripristino diretto dell’interesse leso e, pertanto, satisfattive del medesimo92.

Si è visto, infatti, che non ogni strumento dell’azione amministrativa di reazione in termini svantaggiosi per il destinatario a seguito di una inosservanza

90 La misura ripristinatoria rappresenta, quindi, per Cass., Sez. un., 24 febbraio 1978, n.

926, cit., «l’esercizio successivo al venire in essere di determinati comportamenti in principio oggetto dello specifico potere di governo della relativa area di funzione pubblica».

91 Pertanto, afferma Cass., Sez. un., 24 febbraio 1978, n. 926, cit., che essa «si risolve

quindi nella compressione, autonoma ed originaria, della sfera di libertà del cittadino, a tutela diretta (quanto meno: anche) della quale sono dettate le norme che della sanzione fissano i presupposti di fatto e disciplinano i modi dell’irrogazione. Donde la competenza giurisdizionale del giudice ordinario».

92 In questo senso, C.E.PALIERO A.TRAVI, op. cit., 355 s., secondo i quali le misure di

esecuzione – tra le quali deve annoverarsi l’ordine di demolizione di opere edilizie abusive – «sono preordinate a ripristinare una situazione di legalità materiale, restaurando direttamente un bene o un interesse leso ed eliminando le conseguenze materiali della lesione». Proprio nel caso della demolizione l’Amministrazione «interviene per restaurare materialmente l’ordine urbanistico» e «l’azione amministrativa non ha come obiettivi l’accertamento della responsabilità o l’identificazione e la punizione degli autori dell’abuso, ma ha come obiettivo la restaurazione di una situazione materiale di legalità» tanto che la demolizione è disposta nei confronti del titolare del diritto sull’opera abusiva anche qualora estraneo alla commissione dell’illecito. Gli Autori concludono negando l’opportunità di assimilare le misure punitive a quelle ripristinatorie in quanto si tratterebbe di istituti operanti su piani diversi. Negli stessi termini, P. CERBO, op. cit., 4.

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della norma può considerarsi sanzione per la sola presenza degli elementi di negatività e di reattività, che connotano solo il contenuto minimo della sanzione. Pertanto, misure che si qualifichino non per la loro afflittività, bensì per la portata eminentemente riparatoria della lesione cagionata e ripristinatoria dello stato alterato non possono, invero, correttamente considerarsi quali sanzioni.

Analogamente è stata, quindi, esclusa la natura sanzionatoria di quelle misure pecuniarie disposte in via alternativa rispetto a misure di carattere ripristinatorio, mutuando da queste seconde la natura non afflittiva, bensì, potremmo dire, riparatoria93.

3. La sanzione amministrativa nella giurisprudenza sovranazionale: il

Nel documento Le sanzioni amministrative non pecuniarie (pagine 51-54)

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