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Le fonti del regime giuridico applicabile alle sanzioni amministrative non pecuniarie: in particolare, i limiti di applicabilità de

Nel documento Le sanzioni amministrative non pecuniarie (pagine 141-146)

Il regime giuridico applicabile alle sanzioni amministrative non pecuniarie.

2. Le fonti del regime giuridico applicabile alle sanzioni amministrative non pecuniarie: in particolare, i limiti di applicabilità de

principi contenuti nella l. n. 689/1981.

Presupposto ineludibile, per una ricostruzione del regime giuridico applicabile alle sanzioni amministrative non pecuniarie, è costituito dalla identificazione del quadro delle fonti del diritto che assumono rilevanza in materia. Pur riservando, quindi, alla successiva trattazione l’approfondimento di come ed in quali fonti gli specifici principi trovano disciplina, appare opportuno svolgere un breve excursus che dia conto di alcune questioni interpretative che coinvolgono il ruolo svolto nell’ambito d’interesse da specifici atti normativi o da alcune disposizioni particolari.

Si è avuto modo di verificare quale sia il grado di rilevanza, in materia, dei principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Deve, quindi, ribadirsi in questa sede che parte integrate – ed in alcuni specifici ambiti fondamentale – dello «statuto» delle sanzioni amministrative non pecuniarie deve essere

264 Un approccio volto alla ricostruzione dei principi generali da applicarsi alla materia

delle sanzioni è, infatti, rinvenibile anche in M.A. SANDULLI, Le sanzioni amministrative pecuniarie, cit., e in Sanzione. IV Sanzioni amministrative, cit., nonché in C.E. PALIERO – A. TRAVI, La sanzione amministrativa, cit., e Sanzioni amministrative, cit..

265 Non si ritiene, pertanto, di poter aderire appieno alla considerazione espressa da C.E.

PALIERO – A. TRAVI, Sanzioni amministrative, cit., 346. Gli Autori hanno ritenuto che l’elaborazione di Zanobini mantenga utilità quasi solo sul piano dell’interpretazione storica, a seguito dell’entrata in vigore della l. 24 novembre 1981, n. 689 in quanto «non ha più senso, in questa situazione, ricercare i princìpi sull’illecito amministrativo in operazioni di confronto con l’illecito penale e con l’illecito civile, dato che all’illecito amministrativo il legislatore ha riservato una configurazione propria e specifica». Se non può, infatti, negarsi la piena autonomizzazione dell’illecito amministrativo dalle altre tipologie di illecito, le considerazioni espresse sul valore pienamente risolutivo delle questioni in materia svolto dall’introduzione della l. n. 689/1981 non sono del tutto condivisibili. Pur ritenendo di dover aderire, come si avrà modo di chiarire dappresso, alla prospettazione di questi Autori (ma anche di M.A. SANDULLI, Sanzione. IV) Sanzioni amministrative, cit., 6), secondo cui i principi individuati da tale testo normativo devono considerarsi applicabili anche alle sanzioni amministrative non pecuniarie, si avrà occasione di verificare come la ricostruzione del regime giuridico applicabile alle sanzioni amministrative non pecuniarie coinvolge inevitabilmente anche profili di applicabilità di disposizioni costituzionali ed europee che coinvolgono direttamente l’illecito penale.

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rintracciato nelle disposizioni della Convenzione, come interpretate dalla Corte EDU266, in particolare negli artt. 6 e 7, il primo per quanto attiene ai principi di garanzia processuale e procedimentale che esso detta, il secondo come espressione del canone nulla pœna sine lege.

La CEDU non è, però, l’unica fonte sovranazionale ad assumere un ruolo di rilievo nella disciplina delle sanzioni amministrative non pecuniarie. La materia delle sanzioni amministrative, in generale, è inevitabilmente condizionata anche dal diritto euro-unitario, in particolare dai principi generali in materia di sanzioni delineati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000 (c.d. «Carta di Nizza») che, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del Trattato sull’Unione europea, come modificato dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, «ha lo stesso valore giuridico dei trattati»267.

266 Per la ricostruzione del valore assunto dalle disposizioni della Convenzione

nell’ordinamento nazionale e degli effetti dell’elaborazione del concetto di «accusa penale» ai sensi della CEDU sulla nozione di sanzione nel dibattito interno sul punto, si rinvia a quanto rappresentato sub cap. 1, par. 3.

267 Osserva in proposito M.V. FERRONI, I principi generali delle sanzioni nel diritto

comunitario e la loro rilevanza nel diritto interno, in Le sanzioni amministrative. Principi generali, a cura di A. CAGNAZZO –S.TOSCHEI, Torino, 2012, 53 ss., che «in forza del Trattato di Lisbona i principi contenuti nella Carta di Nizza che potremmo definire alla stregua di principi comuni derivanti dalle tradizionali [rectius, tradizioni] costituzionali degli Stati membri, ai quali per anni è stato negato il riconoscimento giuridico, hanno oggi lo stesso valore giuridico dei Trattati»; l’Autrice ritiene che le sanzioni amministrative comunitarie (ma il discorso dovrebbe estendersi anche alle sanzioni amministrative previste dagli Stati membri che traggono vincolo dai Trattati dell’Unione europea) dovrebbero essere rispettose dei principi di cui agli artt. 7 (rispetto della vita privata e della vita familiare), 20 (principio di uguaglianza davanti alla legge), 21 (principio di non discriminazione), 23 (principio di parità tra uomini e donne) e, soprattutto, del diritto ad una buona amministrazione sancito all’art. 41, del diritto ad un ricorso effettivo e ad un Giudice imparziale previsto dall’art. 47, del principio di presunzione di innocenza e dei diritti di difesa di cui all’art 48, nonché del principio di legalità e di proporzionalità delle pene imposto dall’art. 49. Con riferimento a quest’ultima disposizione M.V. FERRONI, ibidem, 60 s., ritiene che, se anche l’articolo è formulato per gli illeciti (penali) «appare importante quale norma-principio di riferimento in materia di sanzioni amministrative, in quanto prevede il principio di legalità dei reati e delle pene, il principio di irretroattività cui si affianca quello di retroattività della legge penale più mite ed il principio di proporzionalità fra reati e pene». Si ritiene di dover aggiungere che una possibile rilevanza potrebbe essere assunta anche dal successivo art. 50 della Carta, inerente al diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato. In ordine alla rilevanza dei principi della Carta di Nizza nel diritto interno si noti, però, che presupposto di applicabilità della stessa è che la fattispecie sottoposta all’esame del giudice sia disciplinata dal diritto euro-unitario, inerendo ad atti dell’Unione europea, ad atti e comportamenti nazionali che danno attuazione al diritto euro-unitario, ovvero alle giustificazioni addotte da uno Stato membro per una misura nazionale altrimenti incompatibile con il diritto dell’Unione, e non da norme nazionali prive di connessione con il diritto euro-unitario; in questo senso, di recente, Cass. pen., Sez. III, 17 settembre 2014, n. 43453 e Id., Sez. lav., 25 luglio 2014, n. 17006, in Giust. civ. Mass., 2014, nonché Corte cost., 18 luglio 2013, n. 210, in Giur. cost., 2013, 4, 2915; Id., 11 novembre 2011, n. 303, ivi, 2012, 1, 553; Id., 11 marzo 2011, n. 80, ivi, 2011, 2, 1224. Sul punto si veda anche CGUE, Grande Sez., 26 febbraio 2013, C-617/10, che ricorda come «da una costante

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Più complessa è la ricostruzione dei principi e delle disposizioni costituzionali applicabili alle sanzioni amministrative. Se nessun dubbio può riguardare, all’evidenza, quelle norme che si rivolgono tradizionalmente all’esercizio dell’attività dell’Amministrazione (in particolare gli artt. 23 e 97 Cost., per quanto d’interesse in materia sanzionatoria), particolarmente dibattuta è la questione della estensibilità a questa categoria di sanzioni dei principi affermati in disposizioni tradizionalmente ricondotte solo ad illeciti e sanzioni penali, in particolare gli artt. 25 e 27 Cost., ma anche, sotto differenti profili, i principi ricavabili dagli artt. 24, 111 e 112 Cost..

In assenza di una normativa generale che disciplini sistematicamente le sanzioni amministrative non pecuniarie, questioni interpretative sono sorte anche con riferimento alle disposizioni di legge ordinaria applicabili in materia, Oltre alle eventuali disposizioni specifiche, previste con riferimento a singole fattispecie sanzionatorie, infatti, la dottrina si è interrogata in ordine all’applicabilità – ed eventualmente entro quali limiti – delle disposizioni della l. n. 689/1981 anche a sanzioni amministrative diverse da quelle pecuniarie.

La questione ha riguardato in particolare le specifiche disposizioni e, soprattutto, i principi generali contenuti dal Capo primo della l. n. 689/1981268 e l’interpretazione che possa accogliersi dell’art. 12 della medesima legge, disposizione di chiusura della prima Sezione del Capo primo, che definisce l’ambito di applicazione di quest’ultimo. Una prima lettura dell’art. 12 ha giurisprudenza della Corte risulta infatti sostanzialmente che i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione si applicano in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, ma non al di fuori di esse. A tal proposito la Corte ha già ricordato che essa, per quanto riguarda la Carta, non può valutare una normativa nazionale che non si colloca nell’ambito del diritto dell’Unione» e ciò risulterebbe confermato dall’art. 51 della stessa Carta di Nizza, secondo cui «Le disposizioni della presente Carta si applicano alle istituzioni e agli organi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione» nonché dall’art. 6, comma 2, TUE che stabilisce che le disposizioni della Carta dei diritti fondamentali non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei Trattati.

268 La Sezione prima del Capo primo disciplina il principio di legalità e dei suoi corollari

(art. 1) e contiene disposizioni inerenti alla capacità di intendere e di volere (art. 2) ed all’elemento soggettivo (art. 3), alle cause di esclusione della responsabilità (art. 4) ed al concorso di persone (art. 5), alla solidarietà (art. 6), ai limiti di trasmissibilità dell’obbligazione (art. 7), alla commissione di una pluralità di violazioni di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative (art. 8) ed alla loro reiterazione (art. 8 bis), al principio di specialità (art. 9), ai limiti minimi e massimi della sanzione pecuniaria (art. 10) ed ai criteri per l’applicazione di queste ultime (art. 11). La Sezione seconda è dedicata all’applicazione delle sanzioni, mentre la terza si riferisce alla depenalizzazione di delitti e contravvenzioni. La Sezione quarta, infine, contiene disposizioni transitorie e finali.

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generalmente portato gli interpreti a negare l’applicabilità alle sanzioni amministrative non pecuniarie delle predette disposizioni, perché ivi è disposto che «le disposizioni di questo Capo [il primo] si osservano, in quanto applicabili

e salvo che non sia diversamente stabilito, per tutte le violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è prevista in sostituzione di una sanzione penale. Non si applicano alle violazioni disciplinari»269.

Ė stato, differentemente, sostenuto che il carattere esemplare delle sanzioni amministrative pecuniarie, nel quadro delle misure punitive di diritto amministrativo, consenta di leggere i contenuti del citato Capo I quali principi informatori nell’intero settore delle sanzioni amministrative di carattere generale o inerenti a doveri speciali di tipo non disciplinare, anche se prive di contenuto pecuniario270.

Tale interpretazione è stata argomentata alla luce di un acuto esame dell’iter di formazione della legge n. 689/1981. L’originaria prospettiva del legislatore in ordine all’ambito di applicazione del testo di legge era, infatti, quella di estendere i principi di massima contenuti nella Sezione prima alla generalità delle sanzioni amministrative271; la versione in definitiva approvata, invece, contenente la limitazione applicativa alle sole sanzioni pecuniarie, fu,

269 In questo senso sembra si siano espressi F. PELLIZZER E.BURANELLO, Disciplina

sulle sanzioni amministrative ed ambito di applicazione, in Le sanzioni amministrative. Principi generali, a cura di A. CAGNAZZO –S.TOSCHEI, Torino, 2012, 3 ss., secondo i quali la previsione contenuta nell’art. 12 deve essere intesa «come sottrazione alla disciplina dettata dalla legge generale di tutte le violazioni per le quali la legge preveda una sanzione di diversa natura, quali sono considerate, per esempio, la decadenza, la revoca, la sospensione, la riduzione in pristino […]».

270 Questa opzione ermeneutica è sostenuta da M.A. SANDULLI, Le sanzioni

amministrative pecuniarie, cit., 37 ss. (ripresa dalla stessa Autrice in Sanzione. IV) Sanzioni amministrative, cit., 1 s.) che ha quindi ritenuto che alla legge n. 689 del 1981 debba farsi costante riferimento quale espressione di una linea di tendenza del legislatore nel settore delle sanzioni; così, in particolare i principi codificati nella prima sezione devono valere quale «continuo dato di raffronto al fine di individuare […] i più unitari criteri di lettura del sistema». In questo ragionamento non vanno, però, ricomprese le sanzioni disciplinari, espressamente escluse dall’applicazione della normativa dall’art. 12 della l. n. 689/1981; la ragione di ciò va ricercata nel peculiare collegamento con il tipo di rapporto in cui si inseriscono, così da non potersi facilmente unificare alle restanti tipologie di sanzioni amministrative (su questi profili si rinvia a quanto rappresentato sub Cap. 1, par. 5.1.). In senso analogo, A. TRAVI, Sanzioni amministrative e pubblica amministrazione, cit., 204.

271 Così era previsto dall’art. 1 del testo unificato delle varie proposte legislative

approvato dalla Commissione Giustizia della Camera dei deputati nella seduta del 18 dicembre 1980.

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differentemente, dettata dall’esigenza di escludere sia quelle misure reintegrative e satisfattive quali la demolizione – considerabili sanzioni solo accogliendo una nozione in senso ampio di tale concetto –, sia quelle sanzioni definite «obiettive» o «reali», in quanto strettamente correlate alla cosa oggetto o fonte della trasgressione, tra le quali rientra la confisca.

Tali ragioni lascerebbero trapelare l’intenzione del legislatore di voler, comunque, comprendere nella portata applicativa dei principi generali tutte le misure di tipo afflittivo, nonché, nei limiti di compatibilità con le loro caratteristiche peculiari, anche le sanzioni di stampo «reale».

Un approccio parzialmente differente in ordine al rilievo che la l. n. 689/1981 riveste nel complesso sistema delle sanzioni amministrative può riscontrarsi nell’opinione di chi, ridimensionando il ruolo dell’art. 12 – pur senza prescinderne del tutto – ha ritenuto di affrontare la questione sotto differente angolo visuale, alla luce dei tipi di sanzione amministrativa, desumendo dai profili di questi tipi gli elementi per poter definire la portata ed il significato dell’art. 12272. Il predetto differente metodo d’indagine, però, ha portato comunque questa dottrina a concludere, con riferimento alle sanzioni interdittive, per l’estensione alle stesse dei principi sull’illecito e sulla sanzione affermati nella l. n. 689/1981 – pur in caso di loro contenuto non pecuniario – non essendo altrimenti individuabili principi specifici per questa categoria di sanzioni, con conseguente doverosità del richiamo ai primi articoli della predetta legge per garantire l’individuazione completa del regime applicabile a queste sanzioni273.

272 Ė l’impostazione seguita da C.E.PALIERO A. TRAVI, La sanzione amministrativa,

cit., 294 che ritengono difficile risolvere il quesito in ordine alla portata applicativa della disciplina della l. n. 689/1981 alla luce dell’art. 12 poiché tale disposizione, per la sua formulazione letterale «finisce con l’avere i caratteri di norma definitoria, quasi di classificazione, e pertanto appare più esposta a possibilità di valutazioni differenti in sede esegetica: in ogni caso, il suo valore vincolante nei confronti dell’interprete risulta minore»

273 Per C.E. PALIERO A. TRAVI, La sanzione amministrativa, cit., 303 (ed anche

successivamente in Sanzioni amministrative, cit., 407 ss.), la stessa legge n. 689/1981 offrirebbe argomenti a sostegno di questa ricostruzione attraverso una lettura sistematica dell’art. 11, in tema di commisurazione, e degli artt. 20 e 21, dedicati alle sanzioni amministrative accessorie. Gli Autori hanno ritenuto che il campo di applicazione dei principi generali (più correttamente, quelli definiti dagli artt. 1-4 della l. n. 689/1981) debba essere esteso in via interpretativa sino a ricomprendere le sanzioni amministrative non pecuniarie accessorie ad una sanzione pecuniaria senza che ciò sia in contrasto con l’art. 12, che si riferisce alle violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro, senza limitarla a questo tipo di sanzioni, potendo quindi essere esteso alle misure interdittive e patrimoniali accessorie alle sanzioni pecuniarie. Una volta accertata sul piano normativo la pertinenza delle sanzioni

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Sulla scorta di queste premesse, in ordine al quadro giuridico all’interno del quale l’interprete deve muoversi, è opportuno svolgere un’analisi dei più rilevanti principi da ritenersi applicabili alle sanzioni amministrative non pecuniarie.

3. Il principio di legalità ed i suoi corollari: in particolare il divieto di

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