Il regime giuridico applicabile alle sanzioni amministrative non pecuniarie.
6. La rilevanza del principio di necessaria offensività della condotta in materia di sanzioni amministrative non pecuniarie.
Se, da un lato, l’ordinamento impone che la sanzione amministrativa debba essere commisurata all’illecito da sanzionare, così da essere idonea, necessaria ed adeguata rispetto a questo per come si è concretizzato, sembrerebbe affiorare nella giurisprudenza il riconoscimento dell’operatività, anche in materia di sanzioni amministrative, di altro principio di portata sostanziale che – sotto alcuni profili correlato al vaglio di proporzionalità della sanzione rispetto all’illecito – è volto alla verifica dell’effettiva offensività del fatto tipico concretizzatosi rispetto al bene giuridico tutelato dalla norma sanzionatoria.
L’applicazione di tale principio, di matrice penalistica354, implica che l’irrogazione della sanzione sia subordinata non solo al verificarsi della violazione
353 In questi termini si vedano le più volte citate ordd. Sez. VI, 9 luglio 2014, nn. 3496,
3497, 3498 e 3499, la prima in Giur. cost., 2014, 4, 3605, nonché 9 ottobre 2014, n. 5030, ove il Giudice amministrativo, premessa la considerazione che l’art. 3 Cost., nell’applicazione che di esso ha fatto la giurisprudenza costituzionale, pone il vincolo del rispetto del principio di ragionevolezza nell’esercizio della discrezionalità legislativa, chiarisce che «nello specifico settore delle sanzioni amministrative deve essere osservato, nella fase applicativa, il principio di proporzionalità, il quale impone che la misura sia idonea, necessaria e proporzionata in senso stretto rispetto allo scopo perseguito», derivandone che «la proiezione di tale principio a livello costituzionale ne comporta la sua collocazione nell’ambito della regola della ragionevolezza. Non è, infatti, conforme a tale regola una misura sanzionatoria che, risolvendosi in una applicazione generalizzata non aderente alla specificità delle singole condotte, determina una ingiustificata discriminazione tra operatori economici», per poi concludere che «l’art. 43 del d.lgs. n. 28 del 2011, contemplando un sistema sanzionatorio rigido applicabile indistintamente a tutte le fattispecie senza che l’autorità amministrativa competente possa modulare l’irrogazione della sanzione a seconda della valenza degli elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie stessa, si pone, pertanto, in contrasto con l’indicato parametro costituzionale». Esprime gli stessi principi la segnalazione AVCP n. 1 del 2012, nella quale, con riferimento all’impossibilità di graduare la sanzione espulsiva di cui all’art. 38, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163/2006 – nella versione allora vigente – quantificata ex lege in un anno, veniva posta in evidenza l’iniquità della disciplina così risultante, capace di incidere in maniera rilevante sulla posizione patrimoniale degli operatori economici coinvolti, attraverso l’applicazione di misure non proporzionali all’intrinseca gravità del fatto. Nella versione attualmente vigente, modificata dal d.l. n. 5/2012, è prevista l’attribuzione all’Autorità del potere di graduare la sanzione interdittiva prevista nella citata disposizione, essendo stata sostituita l’espressione «per un periodo di un anno» con quella «fino ad un anno».
354 I riferimenti costituzionali di ambito penalistico dai quali viene tratto il principio di
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descritta dal legislatore e supportata dall’elemento soggettivo di dolo o colpa, ma anche alla circostanza che l’illecito commesso sia stato effettivamente in grado di ledere o porre in pericolo l’interesse che il legislatore intendeva tutelare con la previsione della sanzione.
Recenti decisioni appaiono riconoscere la vigenza del richiamato principio anche con riferimento alle sanzioni amministrative, in ipotesi in cui la particolare tenuità del fatto precluderebbe di considerare la condotta accertata come offensiva del bene tutelato355. La conclusione tratta in questa sede, che potrebbe trovare fondamento nella comune natura afflittiva delle sanzioni amministrative e di quelle penali, non pare, però, retta da argomentazioni che consentano di comprendere su quali fondamenti normativi si regge l’estensione alla materia che interessa di questo principio di materia penalistica; principio la cui rilevanza costituzionale anche in tale ultima sede è stata riconosciuta in epoca relativamente recente356.
quindi, la pena come reazione di una condotta che offenda un bene di pari rango – 25, comma 2 – che subordina la sanzione penale alla commissione di un «fatto», subordinandone l’adozione al verificarsi di condotte materiali ed offensive e non della mera disobbedienza al precetto – 25 e 27 – nella parte in cui distinguono funzionalmente la pena e la misura di sicurezza, così che la sanzione della mera disobbedienza non offensiva farebbe acquisire alla pena una funzione preventiva propria delle misure di sicurezza – 27, comma 2 – in quanto la condanna per violazioni di doveri non offensive di beni giuridici frustrerebbe la funzione rieducativa della pena – e 21, in quanto la sanzione di comportamenti inoffensivi costituirebbe una compressione ingiustificata della libertà di pensiero. In questi termini, R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale, Roma, 2010, 505. Con il d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, la rilevanza in ambito penalistico del richiamato principio ha ricevuto ulteriore conferma, attraverso l’introduzione di un nuovo art. 131 bis c.p., rubricato «esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto», il quale, al primo comma, stabilisce che «nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale».
355 Così, Cons. Stato, Sez. VI, 17 giugno 2014, n. 3045, ha rilevato che la mera mancanza
di tre fusibili da un impianto di cui era stato accertato l’omesso completamente nei termini di legge, ai fini dell’applicazione della sanzione di cui all’art. 43 del d.lgs. n. 28/2011, avrebbe dovuto indurre l’Autorità procedente a dimostrare la rilevanza indispensabile di tale assenza per il funzionamento dell’impianto stesso, ritenendo che «in mancanza di tale deduzione, deve rilevarsi come si tratti, in ragione anche del loro valore economico, di un fatto di rilevanza minima che assegna alla omissione valenza inoffensiva rispetto al bene tutelato».
356 Ricorda R. GAROFOLI, op. cit., 506, che la Corte costituzionale, dopo aver mostrato
una certa ritrosia nel riconoscere al principio in esame valenza costituzionale, ha accolto una differente impostazione negli ultimi venti anni, pur dando solo raramente applicazione diretta al principio di offensività, provvedendo solo in alcuni casi ad accogliere questioni di legittimità costituzionale per violazione del medesimo.
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7. I principi che regolano il procedimento amministrativo in materia