Le sanzioni amministrative non pecuniarie: forme di manifestazione del fenomeno.
2. Le sanzioni amministrative interdittive.
2.2. La natura sanzionatoria delle misure interdittive previste dall’art 43 del d.lgs 3 marzo 2011, n 28.
Per verificare in che misura le conclusioni elaborate da dottrina e giurisprudenza in ordine alle misure interdittive descritte dal d.lgs. n. 235/2012 possano considerarsi utili nelle più specifiche riflessioni inerenti alle sanzioni amministrative di tipo interdittivo, è particolarmente utile confrontarsi con le previsioni contenute nell’art. 43 del d.lgs. 3 marzo 2011, n. 28176, disposizione
175 Sull’argomento merita, peraltro, segnalare anche l’opzione ermeneutica sostenuta da
D. NOCILLA, Decadenza dal mandato parlamentare, Enc. giur., vol. X, Roma, 4, che, in tema di decadenza dal mandato parlamentare – ma con considerazioni che sembrerebbero estese ad ogni forma di decadenza da un ufficio o da una carica – ha sostenuto la natura sanzionatoria della misura, accedendo ad una nozione di sanzione «in senso ampio», nei sensi che si sono esposti nel Capitolo 1 della presente trattazione.
176 La complessità del dato normativo rende opportuno riportare integralmente il testo
della disposizione, che verrà nel dettaglio analizzata nel corso dell’esposizione: l’articolo, rubricato «Disposizioni specifiche per l’attuazione dell'articolo 2-sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41» prevede che «1. Fatte salve le norme penali, qualora sia stato accertato che i lavori di installazione dell’impianto fotovoltaico non sono stati conclusi entro il 31 dicembre 2010, a seguito dell’esame della richiesta di incentivazione ai sensi del comma 1 dell’articolo 2-sexies del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 2010, n. 41, e successive modificazioni, il GSE rigetta l’istanza di incentivo e dispone contestualmente l’esclusione dagli
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con la quale – nell’ambito della disciplina relativa agli incentivi alla produzione di energia da fonte rinnovabile di tipo fotovoltaico – il legislatore ha introdotto misure dalla discussa qualificazione in termini sanzionatori, quali conseguenze di comportamenti non conformi a quanto disposto da specifiche norme vigenti in materia177.
La peculiarità della fattispecie normativa che ci si accinge ad analizzare consiste, in primis, nella difficoltà stessa di inquadrare correttamente il comportamento da considerare rilevante ai fini applicativi delle misure interdittive e, in seconda battuta, nel determinare se la condotta posta in essere dalle imprese richiedenti l’accesso agli incentivi per la produzione d’energia da fonti rinnovabili riveste il carattere di illecito del quale le misure previste dall’art. 43 del d.lgs. n. 28/2011 costituiscono la sanzione178.
incentivi degli impianti che utilizzano anche in altri siti le componenti dell’impianto non ammesso all’incentivazione. Con lo stesso provvedimento il GSE dispone l’esclusione dalla concessione di incentivi per la produzione di energia elettrica di sua competenza, per un periodo di dieci anni dalla data dell’accertamento, della persona fisica o giuridica che ha presentato la richiesta, nonché dei seguenti soggetti: a) il legale rappresentante che ha sottoscritto la richiesta; b) il soggetto responsabile dell’impianto; c) il direttore tecnico; d) i soci, se si tratta di società in nome collettivo; e) i soci accomandatari, se si tratta di società in accomandita semplice; f) gli amministratori con potere di rappresentanza, se si tratta di altro tipo di società o consorzio. 2. Fatte salve più gravi ipotesi di reato, il proprietario dell’impianto di produzione e il soggetto responsabile dell’impianto che con dolo impiegano pannelli fotovoltaici le cui matricole sono alterate o contraffatte sono puniti con la reclusione da due a tre anni e con l’esclusione da qualsiasi incentivazione, sovvenzione o agevolazione pubblica per le fonti rinnovabili».
177 Il rilevante contenzioso che, di recente, ha riguardato i provvedimenti adottati dal
Gestore dei servizi energetici (GSE) in applicazione del citato art. 43 ha, infatti, portato all’attenzione della giurisprudenza amministrativa le questioni interpretative relative alla fattispecie descritta dalla richiamata disposizione ed alla natura delle misure ivi previste.
Anche in dottrina il tema è stato oggetto dell’attenzione di vari Autori; si segnalano, in particolare, P. CHIRULLI, Il giudice amministrativo censura l’uso “disinvolto” da parte del GSE del potere sanzionatorio previsto dall’art. 43 del d.lgs. n. 28 del 2011 per gli impianti fotovoltaici, in www.federalismi.it; F. GOISIS, Nuove prospettive per il principio di legalità in materia sanzionatoria-amministrativa: gli obblighi discendenti dall'art. 7 CEDU, in Foro amm. – TAR, 2013, 4, 1228 ss.; A.G. PIETROSANTI, Sull’apparato sanzionatorio previsto dall'art.43, d.lg. n. 28 del 2011 in materia di incentivi agli impianti fotovoltaici, in Foro amm. – TAR, 2013, 6, 1973; M. ESPOSITO, Indeterminatezza normativa e poteri creativi del Giudice in tema di sanzioni amministrative: problemi di costituzionalità, in www.giustamm.it; più in generale, sull’argomento W. TROISE MANGONI, I poteri di controllo e sanzionatori del GSE in materia di incentivi per gli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, in Dialoghi sul diritto dell’energia. Vol. I Le concessioni idroelettriche, a cura di M. DE FOCATIIS –A.MAESTRONI, Torino, 2014, 163 ss., spec. 179 ss.; M. COCCONI, Programmazione e regolazione dell’energia elettrica da fonte rinnovabile, in Dir. econ., 2014, 1, 131 ss..
178 L’evidente interconnessione tra i due temi impone di analizzare la prima questione,
che potrebbe apparire non pienamente rientrante nell’oggetto della trattazione, per poter più efficacemente affrontare il secondo aspetto che, invece, è stato oggetto di ampio contenzioso e, conseguentemente, di diverse decisioni della giurisprudenza amministrativa che assumono
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La condotta assunta come rilevante al fine dell’applicazione delle misure previste dal citato art. 43 consiste nella dichiarazione non veritiera di un’impresa in ordine all’intervenuta conclusione dei lavori di installazione degli impianti per la produzione di energia da fonte fotovoltaica entro il termine (31 dicembre 2010), previsto dall’art. 2-sexies, comma 1, del d.l. 25 gennaio 2010, n. 3, conv. in l. 22 marzo 2010, n. 41, e riformato dall’art. 1-septies, comma 1, del d.l. 8 luglio 2010, n. 105, conv. in l. 13 agosto 2010, n. 129179; dichiarazione formulata ai sensi di tale disposizione per poter eccezionalmente accedere ai particolari incentivi previsti dal decreto del Ministro dello Sviluppo economico del 19 febbraio 2007.
Con tale normativa il legislatore aveva inteso estendere le vantaggiose tariffe incentivanti previste dal D.M. 19 febbraio 2007 anche a quegli impianti fotovoltaici che avessero rispettato due distinte condizioni, ovvero i cui lavori di installazione si fossero conclusi entro il 31 dicembre 2010 e che fossero stati messi in esercizio entro il 30 giugno 2011180.
particolare significato nella definizione della linea di confine tra sanzioni interdittive e mere misure amministrative d’interdizione.
179 Si riporta, per chiarezza espositiva, il testo dell’art. 2-sexies, comma 1, del d.l. n.
3/2010, s.m.i.: «1. Le tariffe incentivanti di cui all’articolo 6 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 febbraio 2007, recante criteri e modalità per incentivare la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007, sono riconosciute a tutti i soggetti che, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 5 del medesimo decreto ministeriale, abbiano concluso, entro il 31 dicembre 2010, l’installazione dell’impianto fotovoltaico, abbiano comunicato all’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione, al gestore di rete e al Gestore dei servizi elettrici-GSE S.p.a., entro la medesima data, la fine lavori ed entrino in esercizio entro il 30 giugno 2011. 1-bis. La comunicazione di cui al comma 1 è accompagnata da asseverazione, redatta da tecnico abilitato, di effettiva conclusione dei lavori di cui al comma 1 e di esecuzione degli stessi nel rispetto delle pertinenti normative. Il gestore di rete e il GSE S.p.a., ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, possono effettuare controlli a campione per la verifica delle comunicazioni di cui al presente comma, ferma restando la medesima facoltà per le amministrazioni competenti al rilascio dell’autorizzazione».
180 Con il richiamato art. 2-sexies, infatti, il legislatore ha esteso agli impianti terminati
entro il 30 dicembre 2010, ma messi in esercizio entro il 30 giugno 2011, i benefici previsti dal D.M. 19 febbraio 2007 originariamente per i soli impianti che fossero entrati in esercizio entro il 30 dicembre 2010. La disciplina è espressione del favore riconosciuto alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili a livello non solo nazionale, ma soprattutto sovranazionale, come anche ricordato anche da Corte cost. 6 dicembre 2012, n. 275, in Giur. cost., 2012, 6, 4360, con nota di TAMBURRINI. In particolare, tali finalità sono state perseguite dalla normativa comunitaria, alla quale il legislatore italiano si è adeguato con il d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità; l’art. 7 di tale decreto legislativo ha, infatti, previsto disposizioni specifiche in materia di energia da fonte solare, rinviando ad apposti decreti ministeriali per la definizione dei criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica da tale fonte energetica (i successivi dd.mm. 28 luglio 2005, 6 febbraio 2006, 19 febbraio 2007, 11 aprile 2008, 6 agosto 2010), che hanno attuato un sistema di tariffazione decrescente correlato alla data di entrata in esercizio degli impianti da incentivare. E’ stato, pertanto, attuato un
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A mezzo dell’introduzione dell’art. 43 d.lgs. n. 28/2011, il legislatore, pur essendo già decorso il termine entro il quale le disposizioni normative vigenti prevedevano che l’installazione degli impianti doveva essere stata completata per poter accedere ai benefici – e soprattutto entro cui le imprese interessate agli incentivi dovevano aver prodotto la dichiarazione di intervenuto completamento dei lavori di installazione degli impianti stessi – ha previsto nuove e gravose conseguenze derivanti dalla non veridicità delle dichiarazioni rese, condizionandovi l’accesso non solo agli incentivi direttamente correlati alla attestazione non veritiera, ma anche a qualsiasi misura incentivante per i successivi dieci anni dall’accertamento della falsità della dichiarazione, indicando i soggetti coinvolti dal regime interdittivo così delineato.
La peculiarità, sotto il profilo temporale, dell’intervento normativo, successivo alla condotta ritenuta «ostativa» all’accesso agli incentivi, ha determinato, in primo luogo, la necessità di chiarire in quali condizioni la fattispecie descritta debba considerarsi effettivamente configurata181; infatti, solo assumendo che la mera dichiarazione non veritiera posta in essere entro il 30 dicembre 2010 integri la condotta rilevante per l’applicazione delle misure interdittive previste, la questione si sposterebbe sulla portata retroattiva dell’art. 43 del d.lgs. n. 28/2011, traendo questo il proprio presupposto in comportamenti antecedenti alla propria entrata in vigore; in questo caso diverrebbe dirimente qualificare in termini sanzionatori o meno le misure dallo stesso disposte e
meccanismo di progressiva diminuzione degli incentivi concessi, in corrispondenza della progressiva saturazione del livello di energia rinnovabile prodotta, indicato quale obiettivo di periodo dall’Unione europea. Si comprende, pertanto, perché l’accesso agli incentivi di cui al D.M. 19 febbraio 2007 anche per gli impianti originariamente non rientranti tra quelli destinatari della misura (in quanto non entrati in esercizio entro il 30 dicembre 2010) costituisse un peculiare vantaggio conseguibile dalle imprese operanti nel settore. Il d.lgs. n. 28/2011 ha innovato la disciplina in materia, intervenendo in attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE, e sulla base di questa nuova disciplina sono stati adottati ulteriori decreti ministeriali sui sistemi di incentivazione.
181 M. ESPOSITO, op. cit., 1, lamenta la scarsa chiarezza della disposizione nella
individuazione della condotta vietata ed, ancor prima, di quella corretta, da doversi tenere per evitare di incorrere in una misura (dall’Autore considerata sanzione) tale da incidere sull’esercizio del diritto costituzionale di iniziativa economica; l’art. 43 non accenna in sé al comportamento oggetto di valutazione negativa, che «in sede di esame della domanda di incentivazione, può, pertanto, essere “liberamente” identificato, in sede di applicazione, mediante il solo, vago riferimento ad uno stato di cose (mancato compimento dei lavori) e senza vincolo alla eziologia del medesimo».
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verificare la compatibilità degli effetti della disposizione con la normativa costituzionale e sovranazionale.
Si è posto l’accento sul duplice termine indicato dalla normativa in tema di incentivi, uno riferito al momento entro il quale l’impresa avrebbe dovuto dichiarare di aver concluso i lavori di installazione dell’impianto e l’altro inerente al limite temporale per l’entrata in esercizio dell’impianto.
L’art. 43 del d.lgs. n. 28/2011, nell’indicare che la condotta rilevante fosse, come detto, la mancata conclusione dei lavori di installazione degli impianti entro il 31 dicembre 2010, ha fatto espresso riferimento all’esame della richiesta di incentivazione come momento in cui il GSE avrebbe potuto adottare le conseguenti misure di interdizione all’accesso agli incentivi.
In questo opaco quadro normativo si sono inserite le condotte di molte imprese che, dichiarata la conclusione dei lavori, sono state destinatarie di provvedimenti del Gestore dei servizi energetici adottati ai sensi dell’art. 43 del d.lgs. n. 28/2011, conseguenti all’accertamento della mancata conclusione nei termini dichiarati dei lavori di installazione degli impianti, pur a fronte della circostanza che le medesime imprese non avessero ancora formulato la richiesta di accesso agli incentivi, ultimo passaggio del procedimento di accesso ai benefici tariffari.
Una prima opzione interpretativa porterebbe a negare, in fattispecie di tal fatta, la stessa sussistenza degli estremi per l’adozione del provvedimento – a prescindere da qualsiasi indagine sulla natura delle conseguenze così disposte –, non essendosi in radice configurati i presupposti stabiliti dalla norma182,
182 Questa è la lettura offerta da TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, 21 gennaio 2013, n. 679
(ed argomentazioni di analogo tenore sono contenute nelle sentenze del medesimo Giudice amministrativo nn. 681 e 682), che, nell’individuare il presupposto che legittima l’apertura del procedimento (peraltro già definito «sanzionatorio») ha affermato che «questo coincide con la fase procedimentale in cui il GSE esamina, non già le comunicazioni di fine lavori […] ma le successive richieste di incentivazione, così come, del resto, testualmente previsto dall’art. 43, e che in detta sede venga accertato che i lavori di installazione dell’impianto fotovoltaico non siano stati conclusi entro il 31.12.2010». Le decisioni hanno valorizzato la struttura bifasica della procedura di ammissione agli incentivi, evidenziando come lo stesso GSE, nel dotarsi delle specifiche procedure operative, ha distinto le due fasi, prevedendone una prima in cui le imprese si limitano a portare a compimento le operazioni di comunicazione della data di fine lavori (entro il termine del 31 dicembre 2010), anche al fine di consentire le verifiche a campione in loco, previste dalla normativa; ed una seconda, distinta, incentrata sulla effettiva richiesta di incentivo e correlata alla data di entrata in esercizio dell’impianto. La rilevanza del dato testuale per giungere a tale interpretazione è anche posto in luce da P. CHIRULLI, op. cit., 4. Le medesime conclusioni in
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consistenti nell’intervenuta richiesta di ottenere gli incentivi, che ne giustifichi il «rigetto» da parte del Gestore.
Questa lettura è stata, invero, accolta dai giudici di primo grado, che, però, hanno assunto a presupposto di siffatta conclusione anche la natura sanzionatoria delle misure previste dall’art. 43; tale connotazione imporrebbe la necessità di interpretare la disposizione nel senso richiamato, altrimenti dovendosi ammettere un inammissibile effetto retroattivo della medesima, nonostante la sua chiara connotazione afflittiva, in contrasto coi principi vigenti in materia di procedimenti sanzionatori, oltre che escludere l’esplicazione di qualsiasi effetto deterrente da parte delle misure dalla stessa previste183.
Qualora, invece, si intendesse accedere ad una lettura più «rigorosa» dei presupposti per l’applicazione dell’art. 43, ritenendone configurati gli estremi al solo verificarsi della mancata conclusione nei termini di legge dei lavori di installazione degli impianti, in difformità con la dichiarazione resa – ed accedendo, pertanto, ad una interpretazione della normativa in esame che non ravveda la richiesta menzionata dall’art. 43 nella distinta domanda di accesso agli incentivi, successiva alla comunicazione di fine lavori184 – ancor più pressante è divenuta la necessità di approfondire il profilo della natura sanzionatoria delle misure previste dall’art. 43 – come visto, già ammessa dalla giurisprudenza
ordine ai presupposti di configurazione della fattispecie sono affermate in TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, 2 aprile 2013, n. 3249.
183 La citata sentenza del TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, 679 del 2013 afferma, infatti,
che «le sanzioni di cui all’art. 43, dunque, non possono che applicarsi nei soli confronti delle imprese che hanno, invece, attivato anche la seconda fase procedimentale, richiedendo le tariffe di cui all’art. 1 septies a seguito dell’entrata in esercizio dell’impianto con l’istanza prevista a tali fini dalla procedura operativa del Gse, e dunque non può che riferirsi alle sole posizioni ancora pendenti e non definite. Questa lettura della norma, oltre che logica e legata al dato testuale, è, peraltro, l’unica possibile, non potendosi certo ammettere che sia stato introdotto nel sistema ordinamentale un regime sanzionatorio di portata afflittiva con efficacia retroattiva, che, oltre ad essere contrario ai canoni e principi che sorreggono i procedimenti sanzionatori, sarebbe, oltretutto, privo di alcun effetto deterrente, non potendo essere più materialmente ripetute le condotte che si fosse inteso sanzionare per tale via». A ciò si aggiunge una valutazione della finalità specifica dell’art. 43 e del sistema di incentivi che lo stesso tutela a mezzo di sanzioni; la decisione ha sottolineato che solo con l’inoltro della domanda di ammissione ai benefici si concretizza il rischio di lesione della corretta attuazione del sistema di concessione degli incentivi. Analoghe considerazioni possono trovarsi in TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, 21 gennaio 2013, nn. 681 e 682.
184 Le medesime conclusioni devono ammettersi anche in tutte le ipotesi in cui la
successiva e distinta richiesta di ammissione alle tariffe incentivanti di cui al D.M. del 2007 sia stata effettivamente presentata dalle imprese coinvolte negli accertamenti del GSE.
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amministrativa di primo grado185 –, al fine di determinare se l’applicazione delle medesime in via retroattiva possa considerarsi compatibile con il dettato costituzionale e con la normativa sovranazionale.
Tale è stato l’approccio seguito dal Consiglio di Stato che, però, accedendo ad un’interpretazione in termini sanzionatori di tali misure, ha ritenuto necessario sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 43 del d.lgs. n. 28/2011, in riferimento agli articoli 3, 25, 76 e 117, primo comma (in relazione, quest’ultimo, anche all’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo) della Costituzione186.
In proposito il Giudice d’appello ha chiaramente evidenziato quali siano gli elementi che portano a ritenere che le misure interdittive previste dall’art. 43 possano considerarsi «sanzioni», interrogandosi preliminarmente su questo profilo per poter procedere nella verifica della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale.
In particolare, le ordinanze di rimessione187 hanno evidenziato, come elemento connotante le sanzioni amministrative, la portata reattiva che la misura prevista dell’ordinamento riveste a fronte della violazione di un precetto, richiamando a questi fini anche la dottrina che tradizionalmente distingue tra sanzioni in senso lato ed in senso stretto, queste ultime caratterizzate da una finalità afflittiva, «essendo indirizzate a punire il responsabile dell’illecito allo
scopo di assicurare obiettivi di prevenzione generale e speciale»188.
Sulla base di queste premesse teoriche la Sezione remittente ha, pertanto, ritenuto che l’art. 43 contempli una sanzione afflittiva non pecuniaria di tipo
185 Le decisioni del TAR Lazio nn. 679, 681 e 682 del 2013, cit., infatti, hanno ammesso
la natura sanzionatoria delle interdizioni previste dall’art. 43 nel dare un’interpretazione a quest’ultima disposizione in senso non retroattivo, altrimenti dovendosi prospettare una incompatibilità della medesima con il dettato costituzionale.
186 Ci si riferisce a Cons. St., Sez. VI, ordd. 9 luglio 2014, nn. 3496, 3497, 3498 e 3499, la
prima in Giur. cost., 2014, 4, 3605 nonché 9 ottobre 2014, n. 5030. Il Consiglio di Stato giunge a sollevare questione di legittimità costituzionale dopo aver criticato la ricostruzione accolta dal TAR nelle decisioni di primo grado impugnate, in ordine alla portata applicativa della disposizione. Per il Giudice d’appello «il fatto illecito si perfeziona in un unico contesto temporale nel momento in cui l’impresa presenta la comunicazione di fine lavori (incompleta o falsa) unitamente alla richiesta di incentivi».
187 Nei passaggi che assumono rilevanza nella presente trattazione, le quattro ordinanze di
rimessione hanno identico contenuto; le citazioni che verranno riportate di seguito potranno, pertanto, ritenersi riferite al testo di tutte le predette decisioni.
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interdittivo e che questa produca effetti retroattivi. Tale conclusione è tratta dalla considerazione che l’effetto ripristinatorio dell’interesse pubblico leso sarebbe assicurato dal mero divieto di accesso agli incentivi relativi allo specifico impianto al quale si è riferita la comunicazione di fine lavori che si assume non veritiera, nonché agli impianti che utilizzano le componenti di questo primo non ammesso all’incentivazione in altri siti. Invece, la circostanza che il divieto di accesso agli incentivi sia stato esteso dal legislatore anche a benefici previsti da fonti regolatrici differenti e per una durata di dieci anni ha un evidente fine