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IL CONFRONTO CON L’ART 512 C.P.P.

ANALISI DELLA DISCIPLINA CODICISTICA DELL’IRRIPETIBILITA’

4. LE ALTRE FIGURE DI IRRIPETIBILITA’ SOPRAVVENUTA 1 L’ART 513, COMMA 2 C.P.P.

4.1.1. IL CONFRONTO CON L’ART 512 C.P.P.

La questione problematica inerente il rapporto tra l’art. 512 e l’art. 513 c.p.p. assume la fisionomia di un interrogativo ben preciso: se il

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C. 28-11-2006, Spezzani, Cass. pen., 2008, p. 1928 con nota di Silvestri; molto tempo prima adombrava questo spunto esegetico Fassone, Giudizio, cit., 1993, p. 829 secondo il quale l’art. 513, comma 2, persegue accuratamente la realizzazione del risultato minimo, vale a dire la presenza del soggetto, tanto che nel caso del testimone non è previsto l’ulteriore vincolo della rogatoria internazionale qualora egli dimore all’estero, come è invece stabilito per le persone di cui all’art. 210 c.p.p. 214 Cesari, L’irripetibilità sopravvenuta, cit., p. 422

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secondo costituisca una disposizione sostanzialmente autonoma rispetto al primo per ambito e presupposti operativi, oppure se sia una previsione eminentemente vicaria, destinata ad essere integrata dalla norma madre in caso di lacune nella sua disciplina. Il problema si è posto, in particolare, per i casi di morte o malattia produttiva di inidoneità fisica o psichica a rendere dichiarazioni che colpiscano l’imputato in procedimento connesso o collegato. Per quanto qualcuno abbia proposto un’interpretazione dell’art. 513 tesa ad includere anche tali casi nella clausola secondo la quale <<non è possibile ottenere la presenza del dichiarante>>215, sembra più plausibile credere che ne siano esclusi, sulla base dell’osservazione secondo la quale i mezzi predisposti dalla norma per ottenere la presenza del dichiarante presuppongono l’esistenza in vita e la capacità di rendere dichiarazioni del soggetto in questione216. Il punto, allora, è capire se relativamente alle ipotesi di morte e infermità è possibile fare applicazione dell’art. 512 in funzione integrativa, oppure se gli elementi di specialità propri delle fattispecie regolate dall’art. 513 lo impediscano217. Nel primo senso, la natura dell’art. 512 come norma generale comporterebbe che esso sia in grado di regolare ogni ipotesi di irripetibilità sopravvenuta non riconducibile alla previsione speciale. Nel secondo senso, non si può certamente ignorare che l’area degli atti leggibili ex art. 512 non è del tutto coincidente con quella cui risulta applicabile l’art. 513, per cui ritenere che, nelle ipotesi-limite sopra indicate, vada applicata l’una o

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Sanna, L’interrogatorio e l’esame dell’imputato nei procedimenti connessi, 2000, Giuffrè, p. 150

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Bargis, Le dichiarazioni di persone imputate in procedimento connesso. Ipotesi

tipiche e modi di utilizzabilità, Giuffrè, 1994, p. 121

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In quest’ultimo senso, Nobili, Art. 513, in Commento al nuovo codice di procedura

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l’altra norma, comporta il recupero di certi atti in luogo di altri. Il problema, in definitiva, è capire se la peculiarità della ratio della norma in esame sia tale da non essere suscettibile di integrazioni per opera della disciplina dell’altra.

La differenza è data dall’inclusione tra gli atti leggibili ex art. 513 delle dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari, assenti, invece, nell’altra disposizione, e l’esclusione delle dichiarazioni raccolte dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa, comprese, invece, nell’altra, mentre comune ad ambedue è la leggibilità delle dichiarazioni rese al pubblico ministero, al giudice dell’udienza preliminare, e ai difensori delle parti private. Lo scarto è rimasto notevole pur dopo che il catalogo dell’art. 513 comma 1 ha recepito le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero. Riguardo alle dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari si è opportunamente cercato di giustificare218 il silenzio dell’art. 512, mettendo in luce l’impossibilità di configurare poteri di acquisizione probatoria al di fuori dell’udienza preliminare o dell’incidente probatorio, mentre l’inclusione nell’art. 513 acquista coerenza alla luce delle molteplici occasioni di confronto diretto tra indagato e giudice, cui la fisiologia procedimentale dà spazio (artt. 289 comma 2, 294, 299 comma 3ter, 302, 391, comma 3, c.p.p. ). Riguardo, invece, alle dichiarazioni rilasciate dall’imputato in procedimento connesso alla polizia giudiziaria, la loro esclusione dall’ambito degli atti leggibili si giustifica nella logica tutta interna alla disciplina dell’art. 513, mentre il recupero di tali atti nell’altra norma opera sul presupposto della sostanziale ininfluenza che svolge l’attività di indagine sugli elementi di prova raccolti. Si tratta, infatti, di colloqui affatto garantiti,

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dal momento che non devono essere svolti con le modalità stabilite dall’art. 65 c.p.p., né alla presenza obbligatoria del difensore ai sensi dell’art. 370, comma 1 c.p.p.: il recupero di atti di questo tipo a fini probatori si tradurrebbe in una compromissione intollerabile dei diritti difensivi a favore di dubbie finalità di accertamento processuale. Infatti, assistenza del difensore, contestazione degli addebiti, forme di documentazione precise non sono caratteristiche dell’atto ininfluenti sul suo risultato conoscitivo, in una suddivisione di ruoli che vede l’attività di indagine condotta dal p.m. ampia ed imparziale, mentre mirata essenzialmente in senso accusatorio quella posta in essere dalla polizia giudiziaria219. Dunque, il minor livello di garanzia sancito dall’art. 350 c.p.p. per le sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, contrassegnato persino dalla mancanza dell’avviso della facoltà di non rispondere, ne implica l’inidoneità all’uso probatorio.

Chiariti, dunque, i motivi dell’esclusione degli atti di polizia giudiziaria dal novero di quelli leggibili, residua il problema circa la sorte delle dichiarazioni rese da imputati in procedimento connesso o collegato di cui sia sopravvenuta la morte o l’infermità. Le strade sono due220. La lettura ex art. 512 sembrerebbe autorizzata dalla tradizionale conclusione secondo cui, nel caso di morte e malattia, le disposizioni dell’art. 513 richiedono di essere integrate con l’applicazione dell’art. 512: in questa prospettiva, nei casi accennati, le dichiarazioni rese alla p.g., in quanto ricomprese nell’alveo dell’art. 512, potrebbero essere

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Santacroce, Prosegue il ridimensionamento da parte della Corte costituzionale

dell’impianto accusatorio del processo penale: l’interrogatorio delegato della polizia giudiziaria e la sua utilizzabilità probatoria, in Cass. pen., 1995, p. 1754

220 Rafaraci, Dichiarazioni erga alios, letture e impossibilità sopravvenuta, in Di Chiara (a cura di), Le Eccezioni al contraddittorio e giusto processo, 2009, Giappichelli, p. 307 e ss.

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lette alla stregua di tale norma, nonostante siano estranee al novero di quelle leggibili ex art. 513 comma 1 nelle evenienze ivi considerate (assenza e rifiuto di sottoporsi all’esame). L’alternativa è di ritenere sì leggibili i lasciti di dichiaranti morti o infermi, giusto il riferimento nel secondo comma dell’art. 513 all’art. 512, ma esclusivamente nei limiti previsti dalla prima disposizione, ossia laddove formati dai soggetti indicati nella norma, tra i quali non compare la polizia giudiziaria. Per poter condividere la prima opzione esegetica, bisognerebbe riconoscere che di fronte all’irreparabilità della morte o all’irrimediabilità tendenziale della patologia psichica, l’ordinamento assegni priorità assoluta all’accertamento giudiziale, riappropriandosi della maggior quantità di informazioni possibile, sia pure con livelli di garanzia meno elevati221. Tuttavia, non si può attribuire al mutare dei fattori sopravvenuti di irripetibilità il potere di rivalutare, mutandone la sorte processuale, le dichiarazioni che, in quanto raccolte da determinati soggetti processuali, non sono ritenute abbastanza credibili per l’utilizzazione diretta in giudizio222. Pertanto, si può dire che l’integrazione attraverso l’art. 512 ritenuta residualmente necessaria a completare la disciplina dell’art. 513 comma 2 (nei casi di morte e infermità del coimputato in procedimento connesso o collegato), agisce plausibilmente nel rispetto dei medesimi limiti, in

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Così Cesari, L’irripetibilità sopravvenuta, cit. p. 414. L’A. ipotizza che tali casi di irripetibilità siano tanto gravi da tollerare a fatica distinzioni per categorie di prova: di fronte alla tipica strategia mafiosa dell’eliminazione fisica dei collaboranti, sarebbe difficilmente giustificabile non ammettere un recupero delle precedenti dichiarazioni.

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Come appena visto, infatti, la legge consente che, mancando l’escussione diretta delle persone di cui all’.art. 210 c.p.p., le informazioni da queste fornite siano recuperate, ma solo in quanto godono di un’alta componente presuntiva di genuinità. Perciò devono essere state rese in una sede che non consente manovre sleali: il teste-imputato è fonte interessata e fragile, e il fatto che non sia comparso in giudizio comprometterebbe in radice l’attendibilità delle informazioni offerte, se non trovasse un baluardo nell’alto standard di garanzia che presidia i verbali recuperati ai sensi dell’art. 513.

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ordine alle dichiarazioni leggibili, emergenti dal testo di quest’ultima disposizione223.