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L’IMPULSO DI PARTE E L’ONERE DELLA PROVA

ANALISI DELLA DISCIPLINA CODICISTICA DELL’IRRIPETIBILITA’

2.2. L’IMPULSO DI PARTE E L’ONERE DELLA PROVA

La lettura ex art. 512 può essere disposta, giusto il tenore letterale della disposizione, solo <<a richiesta di parte>>. È pacifico, dunque, che possano attivarsi il pubblico ministero, l’imputato, la parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria: sono parti in senso tecnico, dal momento che godono di un autonomo ruolo in fase processuale. Sono, invece, esclusi dal novero dei soggetti istanti, la polizia giudiziaria, la persona offesa, gli

173 è controverso, piuttosto, se presupposto per l’inserimento di un atto nel fascicolo del dibattimento sia l’esistenza dell’obbligo di documentarlo mediante verbale, o il fatto concreto dell’avvenuta verbalizzazione

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enti e le associazioni intervenute a norma dell’art. 93 c.p.p. L’unica possibilità di estendere anche a loro l’accesso alla lettura è di ipotizzare un uso atecnico del termine <<parte>> nell’art. 512, cosa abbastanza improbabile visto che nella disciplina codicistica il vocabolo sembra avere sempre un significato preciso (artt. 493, comma 2, 496, 503 c.p.p.). L’esclusione, dunque, è più che legittima perché in profonda coerenza con il sistema. La polizia giudiziaria, in giudizio, è destinata a scomparire dietro la figura del pubblico ministero. La persona offesa dal reato gode di facoltà di natura meramente sollecitatoria, come <<presentare memorie>> o <<indicare elementi di prova>> (artt. 90 e ss. c.p.p.), attività di carattere argomentativo cui la richiesta di lettura non può certo essere ricondotta. Gli enti e le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato, infine, possono sollecitare il giudice ad attivarsi ex art. 507 per l’ammissione di nuovi mezzi di prova utili all’accertamento dei fatti. Il problema circa l’estendibilità dell’istanza di lettura di atti divenuti irripetibili ad enti e associazioni di cui sopra passa attraverso la risoluzione di un problema preliminare: la possibilità per il giudice di disporre d’ufficio la lettura, nonostante la lettera della norma sia sul punto silente. Il punto è stabilire se il potere integrativo della base probatoria assegnato al giudicante dall’art. 507 possa ricomprendere anche la possibilità di disporre d’ufficio la lettura ex art. 512. Nel senso di escludere tale opportunità depone la menzione dei soli <<mezzi di prove>> cui letteralmente non è possibile ricondurre le letture; la collocazione dell’art. 507 prima della disciplina delle letture dibattimentali, cui resterebbe estranea, per ragioni di carattere temporale, la prima norma; l’ignoranza da parte del giudice dell’esistenza degli atti predibattimentali che non sono stati allegati al fascicolo a lui destinato, la quale rende impossibile che egli possa prendere qualsiasi iniziativa in tema di letture. Nel senso opposto si è

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tentato di controbattere che l’espressione <<mezzi di prova>> potrebbe essere interpretata come elementi conoscitivi utili per la decisione, comprensivi, eventualmente, anche di atti di indagine convertiti in prove a seguito di sopravvenuta impossibilità di ripetizione; o che, malgrado la collocazione codicistica, i poteri di integrazione probatoria affidati al giudice possono esercitarsi per colmare le lacune dell’istruzione nel suo complesso, letture incluse, senza alcun limite temporale; oppure che, infine, se è vero che gli atti di indagine sono ignoti al giudice, l’esistenza di essi può emergere nel corso dell’istruzione, o essere allegata dalla parte che poi ometta di attivarsi di conseguenza, rendendo così possibile ciò che astrattamente non sembra tale175. Per quanto le argomentazioni di ambedue le tesi apparino convincenti ce n’è una dirimente. Il principio dispositivo, cui il procedimento probatorio nel rito penale è ispirato, comporta che, di regola, l’introduzione di conoscenze nella base decisoria sia subordinata all’iniziativa delle parti e solo ove espressamente previsto ai poteri officiosi del giudice (art. 190 c.p.p.). Questa osservazione mette in luce la natura eccezionale delle disposizioni che conferiscono poteri probatori al giudicante, e di conseguenza, la necessità di una loro interpretazione restrittiva, rigorosamente limitata alla littera legis. Se ne dovrebbe desumere che laddove il legislatore non abbia espressamente confezionato simili poteri per il giudice, questi semplicemente non sussistono, essendo preclusa ogni applicazione analogica delle disposizioni che li concernono: per esempio, il sistema delle letture è strutturato nel senso di ammettere l’iniziativa del giudicante in maniera espressa nelle ipotesi previste dagli artt. 511 e 511bis. Allo stesso esito interpretativo si giunge se si considera, conclusivamente, che l’art.

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512, in quanto norma attuativa della deroga costituzionale al contraddittorio, ha carattere altrettanto eccezionale, dunque di stretta interpretazione, ragion per cui l’omessa citazione del giudice tra i soggetti legittimati a richiedere la lettura deve essere considerata una presa di posizione definitiva da parte del legislatore sul punto, di cui l’interprete non potrà fare a meno che prendere atto176.

La richiesta di lettura ex art. 512 apre nel bel mezzo dell’istruzione dibattimentale un procedimento incidentale volto all’accertamento positivo dell’esistenza dei presupposti per l’applicazione della norma. A dire il vero, un vero e proprio procedimento incidentale è stato istituito dalla legge solamente in caso di provata condotta illecita (art. 500, commi 4 e 5) probabilmente per la maggiore complessità di questo tema rispetto all’ accertata impossibilità oggettiva oppure, banalmente, perché l’espressione “provata” evoca un’operazione più ritualizzata rispetto ad “accertata”. In ogni caso si può dire che, sostanzialmente, i due termini coincidano177. Pertanto, la verifica dell’impossibilità deve essere rigorosa e approfondita, con diritto delle parti di interloquire in omaggio al principio del contraddittorio ex art. 111, comma 2, Cost.: le parti potranno rivolgere domande ai testimoni riguardo alle circostanze dell’impossibilità di ripetizione,

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Cesari, Dichiarazioni irripetibili e metodo dialettico, cit., p. 252; Conti,

L’irreperibilità volontaria del dichiarante, cit. , p. 234; In giurisprudenza: giusta

l’inequivoco tenore letterale della norma, è indispensabile la richiesta di parte, la cui mancanza non è surrogabile neppure richiamando il disposto dell’art. 507, poiché il giudice non potrebbe mai dare lettura di atti esistenti nel fascicolo senza l’impulso della parte, non potendosi confondere la lettura di atti con l’assunzione di nuove prove (C. 14-4-2003, Grillo, Cass. pen., 2005, p. 875); qualora, accertata l’irreperibilità del querelante, manchi una richiesta di parte volta ad ottenere la lettura della querela ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 512, il giudice non può disporla d’ufficio, esulando, in tal caso, la possibilità di avvalersi del potere di integrazione probatoria di cui all’art. 507 (C. 13-5-2016, Cavaliere, A. n. proc. pen., 2017, p. 73)

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citare ulteriori testimoni per esaminarli su tale oggetto, produrre documenti. Come anticipato nel primo capitolo, infatti, il contraddittorio nella formazione della prova di cui al 4° comma, vale esclusivamente per il thema probandum del processo e non anche per questioni di carattere secondario, con l’ovvia precisazione che non potranno essere prospettati dalle parti al giudice, al fine di desumerne argomenti a favore o contro l’irripetibilità, quelli stessi atti di indagine il cui recupero costituisce oggetto di richiesta: un comportamento di questo tipo vanificherebbe totalmente il divieto d’uso di tali atti introducendo nella base conoscitiva del giudice il verbale in tal modo utilizzato178. L’onere della prova, ergo il rischio per la mancata prova, grava sulla parte istante, la quale deve dimostrare non solo l’impossibilità sopravvenuta di ripetizione dell’atto, ma anche l’imprevedibilità della circostanza impeditiva. In quest’ultimo caso sorge qualche incertezza: poiché il requisito dell’imprevedibilità collega la lettura in dibattimento di atti accidentalmente irripetibili all’assunzione in incidente probatorio di prove prevedibilmente irripetibili, desta qualche perplessità la non coincidenza dei soggetti ammessi alla richiesta di lettura e quelli ammessi alla richiesta di incidente probatorio. Come in parte già illustrato nel paragrafo precedente, parte civile, responsabile civile, persona civilmente obbligata al pagamento della pena pecuniaria non compaiono nella fase delle indagini preliminari. Dunque, nel loro caso la prova circa l’impossibilità di prevedere che si sarebbe verificata una circostanza impeditiva dell’assunzione in dibattimento subisce un correttivo che rischia di sacrificare la ratio della disposizione, volta a sollecitare le parti ad impegnarsi per il contraddittorio anticipato, pena la perdita della prova. Il correttivo consiste nel fatto che questi

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soggetti devono formulare un’ipotesi di imprevedibilità con riferimento alle conoscenza soggettive e oggettive appartenenti al soggetto processuale, imputato o pubblico ministero, con cui abbiano comunanza di interessi processuali e che avrebbe potuto fare richiesta allora di incidente probatorio. L’esito di una ricostruzione di questo tipo è facilmente immaginabile: alcune parti potrebbero finire per fare le spese, vedendosi rigettata, in ipotesi, la richiesta di lettura per difetto del requisito dell’imprevedibilità, di una condotta altrui colpevolmente omissiva179.

2.3. LA LETTURA

Ai sensi dell’art. 515 c.p.p. i verbali degli atti di cui è stata data lettura sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento. L’allegazione segue cronologicamente la lettura, rendendola indispensabile e infungibile ai fini dell’utilizzabilità degli atti di indagine. Non sono ammessi, dunque, equipollenti alla lettura, come, ad esempio, la mera indicazione dei verbali, prevista, invece, per il materiale originariamente confluito nel fascicolo a norma dell’art. 511, comma 5 c.p.p. La ragione è facilmente intuibile. Il recupero di atti dalla fase predibattimentale al giudizio costituisce un’eccezione al metodo del contraddittorio nella formazione delle conoscenze processuali, nonché un sacrificio anche dei principi dell’oralità e dell’immediatezza, che pur non essendo stati costituzionalizzati, si ritengono immanenti al sistema processuale penale italiano. Quando si bilanciano interessi contrapposti bisogna trovare una terza via in grado di conciliarli, nel senso di far prevalere l’uno, senza annichilire gli altri: nel caso in esame il fatto che atti unilaterali e segreti compiuti nella fase delle indagini preliminari siano letti garantisce una tutela minima dei suddetti principi, poiché concede alla parte

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controinteressata la possibilità di apprenderne il contenuto davanti al giudice e, se del caso, contestarlo, pur se attraverso un’attività dal valore euristico minore. D’altronde tale soluzione è , ancora una volta, deducibile dal divieto di applicazione analogica delle norme di carattere eccezionale, qual è l’art. 512 c.p.p. Non si tratta, invece, di estendere la norma ad ipotesi non previste quando si ammette che integrano la previsione anche meccanismi di ascolto o visione dibattimentale di atti documentati in modo diverso dallo scritto, come nastri registrati o videocassette. In un caso di questo tipo, infatti, il problema è di attribuire al termine <<lettura>> il senso di apprensione di un contenuto conoscitivo, un’accezione più ampia coerente con la ratio della disposizione: l’ascolto di un nastro o la visione di una videocassetta garantiscono, ancor meglio della lettura di un verbale, la riproduzione in giudizio di un atto precedentemente compiuto, con una procedura che dà addirittura l’illusione di assistervi180, avvicinando al massimo la percezione dell’atto alla partecipazione ad esso, e riducendo così lo scarto tra regola e deroga al contraddittorio nella formazione della prova.

Bisogna, poi, precisare che la lettura non ha il potere di sanare un atto di indagine che sia invalido, ossia non conforme alla sua fattispecie legale. Di fronte ad un atto insanabilmente invalido, le parti potranno anche richiedere la lettura, ma il giudice che riconosca l’esistenza di un difetto non passibile di sanatoria, dovrà dichiararlo e non dare seguito all’istanza volta a leggere l’atto: se, infatti, si ritenesse irrilevante la legittimità originaria dell’atto, la lettura si tradurrebbe in un anomalo meccanismo sanante. Per contro, l’atto invalido, ma sanabile, potrebbe essere acquisito mediante lettura se fosse integrata una della cause di sanatoria di cui all’art. 183 c.p.p. Cioè

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quando la parte interessata a far valere la nullità abbia fatto istanza di lettura ai sensi dell’art. 512 c.p.p., oppure, non avendo richiesto la lettura, non vi abbia fatto opposizione, nel momento in cui la controparte abbia avanzato la relativa istanza, pur potendo in tale sede far rilevare utilmente la nullità. Questi due tipi di comportamento costituiscono acquiescenza, dunque accettazione degli effetti dell’atto: il giudice che ravvisi l’imperfezione dello stesso, non potrà rilevarla, perché nel momento in cui deve pronunciarsi sull’ammissione della lettura si è già verificato il comportamento sanante, imponendogli la mera constatazione del fenomeno181.

Infine, una questione che rimane scoperta, poiché non espressamente regolamentata, riguarda le conseguenze che discendono dall’inosservanza delle condizioni che legittimano la lettura di atti irripetibili. La norma può dirsi violata laddove il passaggio in dibattimento sia avvenuto senza lettura o tramite la mera indicazione; in presenza del difetto di legittimazione del soggetto attivatosi per la lettura (se il giudice la dispone d’ufficio per esempio, oppure se avanzano la richiesta la persona offesa o gli enti e le associazioni rappresentative degli interessi lesi dal reato); qualora sia accertata l’insussistenza della causa impeditiva alla ripetizione della prova in dibattimento, quando manchi la prova della sua oggettività o della sua imprevedibilità. Il fatto che la norma sia sul punto silente non vuol dire, certamente, che la violazione della stessa integrerebbe soltanto un’ipotesi di irregolarità, come è stato pur considerato in una sentenza della corte di Cassazione182. La soluzione al problema deve essere rintracciata nel combinato disposto degli artt. 514 e 526, comma 1 c.p.p. Il primo, censurando come vietate le letture che si

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Cesari, L’irripetibilità, cit., p. 322

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svolgano fuori dei casi di cui agli artt. 511, 512, 512bis e 513, sottintende che gli atti di indagine possano essere acquisiti solo entro i limiti tracciati dalle disposizioni appena citate. Il secondo, sancendo il divieto di utilizzazione ai fini della deliberazione di prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento, svela il regime sanzionatorio che segue all’infrazione delle regole di formazione delle conoscenza giudiziali. L’inutilizzabilità, dunque, si candida ad essere la sanzione tipica a presidio del sistema: se il meccanismo delle letture, finalizzato a rendere utilizzabili in dibattimento atti che normalmente non lo sono, non ha correttamente funzionato, è logico ritenere che non si produca proprio quell’effetto tipico che da esso deriva183.