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LA SORTE PROCESSUALE DELLE DICHIARAZIONI DEL TESTIMONE VOLONTARIAMENTE IRREPERIBILE

I PROFILI SISTEMATICI DELL’IRRIPETIBILITA’

3. L’IRRIPETIBILITA’ SOGGETTIVA E OGGETTIVA

3.3 L’IRREPERIBILITA’ TRA IMPOSSIBILITA’ OGGETTIVA E LIBERA SCELTA

3.3.3 LA SORTE PROCESSUALE DELLE DICHIARAZIONI DEL TESTIMONE VOLONTARIAMENTE IRREPERIBILE

Il tema della recuperabilità attraverso l’art. 512 delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini da parte del teste divenuto successivamente irreperibile è strettamente connesso a quello dei rapporti da un lato di questa disposizione con l’art. 526, comma 1bis, dall’altro lato del comma 5 art. 111 Cost. con il comma 4, secondo periodo, dello stesso. L’art 526, comma 1bis, nasce come mera trascrizione della regola di inutilizzabilità del secondo periodo del comma 4 entro il tessuto codicistico. Come anticipato nel primo capitolo di questo lavoro, si pongono problemi di coordinamento tra la deroga per impossibilità di natura oggettiva e il divieto di utilizzare dichiarazioni rese da chi si è sottratto volontariamente al contraddittorio dibattimentale. La domanda principale è la seguente: il fatto che nello stesso testo costituzionale sia presente un criterio di valutazione, nella specie un divieto di valutazione a favore della colpevolezza, avente ad oggetto dichiarazioni di chi si è volontariamente sottratto all’esame della difesa non significa, forse, che quelle dichiarazioni sono state acquisite al fascicolo del dibattimento? Ma se sono state acquisite vuol dire che sono state lette, vuol dire, quindi, che l’impossibilità oggettiva non è stata sufficiente ad evitare che entrassero nell’orizzonte conoscitivo del giudice elementi di prova che non sono stati ripetuti in dibattimento per scelta volontaria dei loro creatori. Questa lettura132 è del resto

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In dottrina sono di questo avviso: Conti, Irreperibilità volontaria del dichiarante, cit., p. 232; Paulesu, Irreperibilità del testimone, cit., p. 3821; Aprile, Silvestri,

Strumenti per la formazione della prova, cit., p. 247; Ferrua, Il giusto processo, cit.,

p. 131 e ss ; secondo Valentini, Impossibilità dell’esame dibattimentale del teste, cit., p.1125 , unica ipotesi, al momento, in cui è configurabile la presenza nel fascicolo di materiale raccolto al di fuori del contraddittorio con la difesa per libera scelta dell’autore della dichiarazione parrebbe essere quella supposta dall’art. 512bis c.p.p.: il dichiarante residente all’estero, che si sottragga volontariamente

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confermata dal fatto che il criterio di valutazione, nella legge ordinaria di attuazione, è stato inserito tra le disposizioni inerenti alla fase della deliberazione, una sorta di garanzia finale posta a chiusura del sistema probatorio con la funzione di fare da argine a quelle dichiarazioni accusatorie rese da chi si è sottratto al contraddittorio che siano passate indenni attraverso le maglie della disciplina sulle letture dibattimentali. In particolare la debolezza dell’art. 512, che rende la disposizione una valvola di ingresso di atti precedenti potenzialmente a prescindere dall’impossibilità oggettiva della loro ripetizione, è proprio l’assenza del requisito dell’oggettività all’interno del testo codicistico. E a servirsi di questa fragilità è proprio il caso del testimone irreperibile: una volta che sia stata accertata l’imprevedibilità dell’irreperibilità del testimone, la lettura è consentita senza che sia necessaria alcuna ulteriore indagine circa la causa della mancata presentazione del soggetto. L’art. 526, comma 1bis, agirebbe in funzione di selezione sugli effetti dell’acquisizione dell’art. 512, precludendone l’uso solo in senso sfavorevole all’imputato. Da tale norma si ricava, infatti, che anche se lette legittimamente ai sensi dell’art. 512, le dichiarazioni rese in precedenza dal dichiarante divenuto irreperibile non possono essere utilizzate contro l’imputato, qualora l’irreperibilità sia il frutto di una scelta libera e consapevole, volta ad eludere il contraddittorio.

Il presupposto di questo percorso interpretativo è evidentemente quello di ritenere che la debolezza della deroga al contraddittorio risalga alla formulazione dello stesso testo costituzionale. L’alternativa esegetica, proposta da altrettanto autorevole dottrina133,

alla citazione, resta presenza incoercibile in dibattimento. Di conseguenza questo sarebbe l’unico caso in cui opera l’art 526, comma 1bis.

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è stata quella di leggere il quinto comma alla luce del quarto, secondo periodo, senza analizzarne le contrapposizioni, ma sforzandosi di ricondurre ad unicità le due previsioni. Si è ipotizzato che il richiamo del comma 5 all’impossibilità di natura oggettiva sia assorbente e costituisca il moltiplicatore del riferimento unilaterale alla libera scelta del testimone di non collaborare con la difesa: come l’opzione volontaria del teste di sottrarsi all’esame difensivo impedisce l’uso contra reum delle dichiarazioni da questi rese, la sua deliberata sottrazione al contraddittorio tout court esclude che si possa parlare di legittima deroga al medesimo e preclude il recupero per irripetibilità, risultando questa, appunto, soggettiva e non oggettiva. In particolar modo una lettura originale134 consiste nel cogliere un’accezione specifica di impossibilità oggettiva, che fa acquisire significato al divieto immediatamente precedente: l’oggettività può essere intesa come non soggettività riferibile alla parte dell’evento impediente, ossia come impossibilità non dipendente da cause rimproverabili alla parte processuale che aveva interesse alla prova. Questa soluzione consentirebbe di ritenere che nell’impossibilità di natura oggettiva possano ricadere anche le ipotesi di sottrazione al confronto per libera scelta, rispetto alle quali il divieto del comma 4 opererebbe nel senso di restringere la portata della deroga al contraddittorio. Seppure attraverso una ricostruzione diversa,

l’approdo è il medesimo dell’impostazione dottrinale

precedentemente citata: dal combinato disposto delle due norme si ricava che le dichiarazioni rese preliminarmente da chi si sottragga poi al controesame difensivo non sono passabili di acquisizione in alcun modo; come ulteriore conseguenza deriva che l’art. 526, comma 1bis,

133 Grifantini, Utilizzabilità in dibattimento, cit., p. 237; Marzaduri, La riforma dell’art

111 Cost., cit., p. 797

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non ha spazi di operatività perché è superato dall’obbligo di adeguamento interpretativo dell’art. 512 c.p.p. alla Costituzione (il presupposto per l’applicazione del divieto di valutazione è che siano state acquisite dichiarazioni di chi si è sottratto volontariamente al controesame, presupposto che non si verificherà mai se si interpreta l’art. 512 come appena visto)135.

A seconda che si interpreti la norma in esame come regola di esclusione dall’orizzonte conoscitivo del giudice delle dichiarazioni rese da chi si è volontariamente sottratto al confronto o come criterio di valutazione, orientativo del suo orizzonte decisorio, l’onere della prova circa la volontarietà dell’assenza del testimone è calibrato in modo diverso. Nel primo caso la prova concernente la libera scelta graverebbe sulla parte istante, interessata al recupero degli atti pregressi: se la regola è l’esclusione di atti formati al di fuori del contraddittorio e l’eccezione è ammessa solo qualora questi non siano ripetibili in dibattimento per una causa soggettivamente non imputabile, allora la libera scelta deve essere provata da chi intende avvalersi della deroga al metodo del contraddittorio136.

135 A questo proposito Valentini, Impossibilità dell’esame dibattimentale del teste , cit., p. 1126, osserva come tanto nella sentenza n. 440 del 2000, quanto nell’ordinanza n. 375 del 2001, la Corte costituzionale mostra di servirsi del divieto contenuto nel comma 4, secondo periodo, dell’art. 111 Cost., come ausilio interpretativo per estrapolare il significato completo delle eccezioni al principio del contraddittorio nella formazione della prova, giungendo, quindi, ad affermare come sia oggettiva, nel senso voluto dal legislatore costituzionale al comma 5 dell’art. 111, solo quell’impossibilità che non sia riconducibile a determinazioni soggettive, liberamente determinate. Per questa ragione l’A. propone di interpretare il canone di cui al comma 4, secondo periodo, non come una regola, bensì come un principio. 136

Tra gli altri sono di questo avviso: Grifantini, Utilizzabilità in dibattimento, cit., p.228; Panzavolta, Le letture di atti irripetibili, cit., p. 3991; Valentini, Impossibilità

dell’esame dibattimentale del teste, cit., p. 1126; in giurisprudenza: ai fini della

lettura e dell’utilizzabilità delle dichiarazioni predibattimentali rese da un soggetto divenuto successivamente irreperibile, è necessario che risulti esclusa la riconducibilità dell’omessa presentazione del testimone ad una libera scelta (C. 18-

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Depongono a favore di questa tesi varie osservazioni: la prova dell’assenza della libera scelta di cui sarebbe gravata la parte istante non è tanto diversa dalla prova della sua esistenza (di cui sarebbe onerata la controparte, nel caso si accogliesse la tesi opposta), poiché si tratta di un elemento psicologico il cui accertamento dovrebbe essere in ogni caso indiziario; e pur ammettendo la difficoltà di una prova di questo tipo, essa sarebbe comunque giustificata dal rigore richiesto per derogare al principio del contraddittorio; infine è piuttosto ovvio che la parte che richiede l’escussione del teste (e che presumibilmente sarà anche quella che, in caso di assenza del teste, vorrà azionare l’art. 512) abbia molte più informazioni su quest’ultimo rispetto alla controparte, che di quel soggetto potrebbe conoscere solo il nome, con la conseguenza che , seguendo la tesi opposta, si farebbe gravare su quest’ultima una prova davvero diabolica137. Se, invece, si considera il divieto d’uso di cui al quarto comma, art 111 Cost., secondo periodo, come criterio di valutazione di dichiarazioni legittimamente acquisite, l’onere di provare il presupposto di applicabilità del divieto, ossia la presenza di libera scelta, grava sulla parte che di quel divieto intende giovarsi138. Con la conseguenza che in caso di dubbio sulla volontarietà della condotta, si presumerà insussistente e le dichiarazioni saranno utilizzabili ai fini della decisione sulla responsabilità dell’imputato. E di fatti più volte la giurisprudenza si è mostrata orientata in tal senso: il divieto di provare la colpevolezza sulla base delle dichiarazioni di chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’esame dell’imputato

1-2017, S., 269397); nello stesso senso C. 11-2-2013, Tiani, in A. n. proc. pen., 2014, p. 511

137 Queste le osservazioni svolte da Panzavolta, Le letture di atti irripetibili, cit., p. 3992

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Ferrua, Il giusto processo, cit., p. 131 e ss.; Silvestri, Strumenti per la formazione

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o del suo difensore non opera nel caso in cui sia incerta o equivoca la volontarietà della sottrazione da parte del dichiarante in quanto, nell’impossibilità di accertare i fattori impeditivi del confronto dibattimentale, non può ritenersi sussistere il requisito della libera scelta, cui è subordinato dal codice di rito vigente il divieto di utilizzazione139. Decisioni di questo tipo compromettono la centralità del metodo del contraddittorio nel processo penale italiano, eppure ciò accade in quanto ab origine il legislatore costituzionale ha inserito una disposizione dissonante, come è stato illustrato nel primo capitolo. C’è chi140 ha proposto, in dottrina, in considerazione della prevalenza della tutela del diritto al confronto rispetto all’esigenza di accertamento dei fatti, un’attenuazione del quantum di prova richiesto a chi voglia avvalersi del divieto d’uso: l’uso del termine <<provata>> a proposito della deroga al contraddittorio per condotta illecita farebbe intendere, secondo l’impostazione in parola, che si presume esistente la libera scelta a meno che la controparte non provi che sia stata posta in essere una condotta illecita sul dichiarante con la conseguenza che alla parte che si oppone all’uso degli atti di indagine spetterebbe provare solamente la consapevolezza in capo al dichiarante di dovere rendere un contributo probatorio in

139 così C. 26-3-2010, Cass. pen., 2012, p. 2197 ; il mero richiamo alle condizioni di vita del teste irreperibile, operato per indicarne la precarietà, non costituisce, di per sé, motivo di inutilizzabilità delle dichiarazioni predibattimentali, in quanto ove difetti la prova che l’assenza sia dovuta alla scelta di sottrarsi al dibattimento, non ricorre alcuna condizione ostativa alla lettura (C. 11-5-2010, Cass. pen., 2012, p. 2198); la mera circostanza che il dichiarante non sia stato più reperibile sia ai fini dell’incidente probatorio, disposto nella fase delle indagini preliminari, sia ai fini del dibattimento, non costituisce ex se, in mancanza di idonei riscontri probatori, fatto univoco da cui possa desumersi con certezza che trattasi di condotta assunta dallo stesso per libera scelta e allo scopo precipuo di sottrarsi volontariamente all’esame dell’imputato o del suo difensore (C. 4-12- 2002, Dieng Mame, Guida dir., 2003, p. 65)

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dibattimento al fine di evitare il recupero delle dichiarazioni pregresse, che sarebbero così acquisite solamente se la controparte provasse l’esistenza di una coercizione nei confronti della fonte di prova tale da integrare l’ultima deroga al contraddittorio prevista dalla norma costituzionale, la condotta illecita. Nonostante questa ricostruzione sia animata dal nobile intento di favorire l’imputato, non può essere condivisa perché introduce un meccanismo presuntivo volto ad invertire la naturale distribuzione degli oneri probatori e a cristallizzare, per tale via, trattamenti differenziati tra le parti, cosa che difficilmente può essere accettata visto la solenne proclamazione che ha ricevuto il principio della par condicio nel comma 2 della stessa disposizione. Un’altra proposta dottrinale orientata a mitigare l’alea della mancata prova è stata quella di affidare ai poteri di iniziativa del giudice il compito di mitigare in capo all’accusa e alla difesa l’onere probatorio141. Conclusivamente, considerato quanto la ricostruzione della trama normativa costituzionale e codicistica sia ardua e, per questo, opinabile, sarebbe, forse, stata opportuna una presa di posizione più chiara sul punto da parte del legislatore stesso.

4. L’IRRIPETIBILITA’ PREVEDIBILE E NON PREVEDIBILE