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L’IRRIPETIBILITA’ ORIGINARIA E SOPRAVVENUTA

I PROFILI SISTEMATICI DELL’IRRIPETIBILITA’

2. L’IRRIPETIBILITA’ ORIGINARIA E SOPRAVVENUTA

Gli atti compiuti nelle indagini preliminari possono eccezionalmente giungere in dibattimento attraverso due sentieri diversi: la strada dell’irripetibilità originaria aperta dall’art. 431 c.p.p., e quella dell’irripetibilità sopravvenuta spianata dall’art. 512 c.p.p.69 Le due ipotesi si collocano in due momenti diversi del processo: nel primo caso è in discussione l’inserimento degli atti di indagine nel fascicolo del dibattimento al momento della sua formazione che avviene, nel contraddittorio tra le parti, davanti al giudice dell’udienza preliminare70, nel secondo caso l’acquisizione al fascicolo attraverso la lettura che avviene, a richiesta di parte, davanti al giudice del dibattimento. L’equivoco che un approccio superficiale alla distinzione può ingenerare è quello di ritenere che essa sia puramente cronologica: la

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Il binomio viene talora descritto altrimenti: irripetibilità ex ante ed ex post, intrinseca ed estrinseca, congenita ed accidentale, senza, però, che alle diverse tecniche definitorie corrispondano peculiari elementi differenziali nella distinzione tra le due categorie

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è un adempimento di estrema importanza per il successivo sviluppo del processo che segue all’emissione del decreto che dispone il giudizio: consiste nella distribuzione degli atti del procedimento in due fascicoli diversi, quello del dibattimento, da trasmettere alla cancelleria del giudice competente per la fase dibattimentale insieme al decreto che dispone il giudizio (art. 432 c.p.p.), quello del pubblico ministero, destinato ad essere conservato nella segreteria della parte pubblica, con facoltà per i difensori di prenderne visione ed estrarne copia (art. 433, comma 2 c.p.p.)

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prova che appaia non rinnovabile già al momento della formazione dei fascicoli sarebbe destinata al dibattimento, quella che si riveli non rinnovabile solo nel corso dell’istruzione sarebbe suscettibile di lettura. Un’esegesi di questo tipo sarebbe in primo luogo difficilmente giustificabile: controllare che l’atto sia irripetibile al momento di formazione del fascicolo processuale significherebbe svuotare di senso l’art. 512, ridotto in tal modo al recupero di atti la cui irripetibilità si sia manifestata nel lasso di tempo che divide la nascita dei fascicoli dall’udienza dibattimentale. Poi sarebbe preoccupante perché si lascerebbe alle questioni sul fascicolo, che dovrebbero essere agili e veloci, la valutazione di avvenimenti che occupano l’intera fase investigativa intercorsa tra il compimento dell’atto e la chiusura delle indagini, periodo che virtualmente può estendersi da sei mesi a due anni. Dunque il significato della distinzione deve essere ricercato altrove. In dottrina il carattere dirimente viene individuato nella materialità71 dell’impossibilità sopravvenuta rispetto a quella congenita. Mentre quest’ultima sarebbe una costruzione astratta, legata alla figura legis dell’atto procedimentale posto in essere, l’altra sarebbe invece determinata dal concreto atteggiarsi dello sfondo fattuale su cui l’attività di indagine viene realizzata. In altri termini, gli atti irripetibili di cui alle lett. b e c dell’art. 431, compiuti rispettivamente dalla polizia giudiziaria da un lato e dal pubblico ministero e dal difensore dall’altro, meritano un posto nel fascicolo del giudizio perché è nella natura dell’atto stesso la sua irriproducibilità: non è consentito valutare la possibilità di rimandare l’assunzione ad un momento procedimentale successivo; l’impossibilità di ripetizione deve essere già nelle cose quando l’atto si

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Panzavolta, Le letture di atti irripetibili al bivio tra impossibilità oggettiva e libera

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conclude, in modo da poterne affermare l’insuscettibilità di una reiterazione che si collochi anche solo nell’attimo seguente72.

Se per l’irripetibilità originaria si valuta l’atto mentre viene compiuto, ai fini di quella sopravvenuta si prendono, invece, in considerazione gli accidenti verificatisi dal compimento dell’atto fino al momento in cui la rinnovazione avrebbe dovuto collocarsi73. Non si può, tra l’altro, fare a meno di osservare come il rapporto tra l’art. 431 c.p.p. e l’art. 512 c.p.p. sia di reciproca esclusione: delle due l’una, o l’atto di indagine è irripetibile ex ante e dunque ammesso fin dall’inizio nel fascicolo processuale, o è astrattamente ripetibile e dunque destinato ad essere ripetuto in giudizio con le garanzie del contraddittorio e solo eccezionalmente recuperabile tramite lettura in presenza di ostacoli materiali che ne abbiano impedito la rinnovazione. Il problema, a questo punto, è un dato normativo scarsamente compiacente nel guidare l’interprete a distinguere correttamente tra atti ripetibili e non. Da un lato indirettamente è possibile individuare gli atti ripetibili nella disciplina dell’incidente probatorio, funzionale, così come è stato congegnato nell’art. 392 c.p.p., al recupero anticipato di prove che, normalmente ripetibili in dibattimento, minaccino, di non esserlo più: sommarie informazioni, individuazioni, confronti, componente valutativa di accertamenti tecnici, esperimenti giudiziali. Dall’altro lato nulla si dice su quali siano gli atti originariamente irripetibili, fatta eccezione per la rubrica di cui all’art. 360 c.p.p. che qualifica expressis verbis irripetibili gli accertamenti tecnici compiuti dal p.m. in via d’urgenza. Col senno del poi, a fronte

72 così Cesari, L’irripetibilità, cit., p. 84 73

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delle difficoltà emerse tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza74 si può dire che sarebbe stato preferibile che il legislatore avesse enumerato gli atti irripetibili75, pur astenendosi dall’individuarne un

numerus clausus, sottraendo così al marasma delle esegesi

contrapposte alcuni atti che intendeva chiaramente far confluire in sede dibattimentale sin dall’inizio, e lasciando, invece, che dottrina e giurisprudenza individuassero, desumendone i caratteri tipici dagli atti nominati, i contorni dell’irripetibilità riferibile anche a quelli non espressamente menzionati76. Ad oggi vi è concordia di opinioni nel ritenere che sono fisiologicamente irripetibili i mezzi di ricerca della prova: perquisizioni, sequestri e intercettazioni. Un luogo perquisito

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Tra i tanti fraintendimenti: l’atto sarebbe irripetibile quando è impossibile recuperarne il contributo conoscitivo in maniera alternativa. Un’interpretazione simile è intollerabile per varie ragioni: si condiziona l’irripetibilità, che deve essere stabilita al momento della formazione del fascicolo, all’esame globale del quadro probatorio disponibile che potrà essere verificato solamente in un momento successivo, in sede di ammissione di richieste di prova; l’irripetibilità sarebbe di assai rara verificazione perché è sempre ipotizzabile in astratto che un atto possa essere riferibile da chi l’ha compiuto; determinerebbe inoltre dei risultati paradossali laddove si riconoscesse la facoltà di riferire i contenuti dell’atto realizzato solo alla polizia giudiziaria e non anche al p.m. per il quale vige un’incompatibilità con l’ufficio di testimone. L’atto sarebbe irripetibile quando è compiuto a sorpresa, ossia senza l’avviso all’imputato e al suo difensore. Impossibile avallare questa interpretazione per due ragioni: non si spiegherebbe l’esclusione dal fascicolo del dibattimento dei verbali di sommarie informazioni, così come, viceversa, non si giustificherebbe l’irripetibilità per definizione di atti come gli accertamenti distruttivi ex art. 117 disp. att. c.p.p. per i quali non solo è contemplato il preavviso, ma è addirittura previsto il contraddittorio in sede di assunzione. L’atto sarebbe irripetibile quando è indifferibile: una conclusione, questa, cui si giunge facilmente dall’espressa configurazione come atti irripetibili degli accertamenti tecnici su persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione e dunque a rischio di prossima dispersione. Ma non è inutile osservare come lo sforzo di definirne per tabulas l’irripetibilità è indice del fatto che, evidentemente, in assenza di una previsione espressa, non sarebbero rientrati nel fascicolo del dibattimento perché non irripetibili.

75 Tra i tanti: a parere di Rossi, La nozione giuridica dell’irripetibilità, in Arch. nuova proc. pen., 1993, p. 5 così facendo si è gravemente violato il principio di tassatività, che imporrebbe la determinazione delle fattispecie penali. Critico sulla mancata tipizzazione degli atti irripetibili anche Iacoviello, Contro l’attuale teoria degli atti

irripetibili, in Cass. Pen., 1996, p. 3001

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non è più quello sul quale gli inquirenti hanno messo mano iniziando le operazioni di ricerca; la materiale apprensione di una cosa utile al processo non può che avvenire una sola volta, a meno di considerare la ripetizione dell’atto una messa in scena da allestire in sede dibattimentale, dopo aver rimesso la cosa al suo posto per consentire al giudice di impossessarsene nel contraddittorio delle parti; la captazione di conversazioni tramite intercettazione è un’operazione irriproducibile perché cattura un oggetto che, un volta appreso, non esiste più e non può subire alcun tipo di accertamento della medesima natura, ma potrà essere solamente letto o ascoltato una volta tradotto il suo contenuto in un atto del procedimento77. Dubbi permangono circa un altro mezzo di ricerca della prova che è l’ispezione78. Devono, poi, ritenersi irripetibili le attività di appostamento e di pedinamento svolte dalla polizia giudiziaria in quanto consistenti in un accertamento occulto su comportamenti umani, fonte insuscettibile di conservazione per un secondo espletamento. Sono, infine e senza pretesa di esaustività, irripetibili per definizione gli accertamenti distruttivi di cui all’art. 117 disp. att. c.p.p. trattandosi di atti che comportando l’annientamento del proprio oggetto, non possono essere rinnovati già dal primo istante successivo a quello in cui si sono conclusi79. Il giudice dell’udienza

77 Cesari, L’irripetibilità, cit., p. 87 ess. 78

A fronte della naturale ripetibilità dell’osservazione della realtà, possono ipotizzarsi dei casi, rari, ma possibili, in cui mutamenti radicali della stessa che avvengano sotto gli occhi di chi sta compiendo l’atto rendano l’ispezione non più attuabile in un momento anche solo successivo, per esempio l’osservazione di una sede stradale in presenza di agenti atmosferici che dilavino impronte, tracce, segni materiali oppure l’ispezione personale effettuata contestualmente alla medicazione di ferite o lesioni. Si tratterebbe dunque di un caso in cui l’irripetibilità non è astrattamente congenita all’atto, ma deve essere verificata in concreto dal giudice chiamato a inserire quella risultanza nel fascicolo processuale.

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Di sicuro l’atto è irripetibile quando distrugge completamente il proprio oggetto. Dovrebbe, inoltre, ritenersi tale l’atto che cagiona alterazioni che non consentano di

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preliminare, chiamato a formare il fascicolo da destinare al giudizio, si muove all’interno di una discrezionalità vincolata dal momento che dovrà valutare l’inserimento tra le carte degli atti di indagine irripetibili sulla base dei criteri espressi più o meno genericamente dalla legge80. Il dubbio circa la presenza di tali atti nel fascicolo potrà essere, tutt’al più, posto sollevando una questione preliminare ai sensi dell’art. 491, comma 4, c.p.p. Residua, in ogni caso, la possibilità per le parti di esporre le proprie argomentazioni davanti al giudice, al momento dell’istruttoria dibattimentale, circa le risultanze probatorie alla cui formazione non abbiano partecipato coralmente. Gli atti esclusi dal fascicolo del dibattimento potranno essere riesumati in giudizio solamente se eventi di carattere eccezionale, che sopravvengono nel lasso di tempo intercorso tra il compimento dell’atto e l’istruttoria dibattimentale, e non diversamente evitabili, rendono assolutamente impossibile l’assunzione del mezzo di prova omologo con le garanzie del contraddittorio.