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Sebbene nelle principali opere girardiane Malinowski non sia citato molto spesso, ed anzi i luoghi testuali cui possiamo rife- rirci si riducano ad un paio di pagine de La violenza e il sacro, in realtà le sue ricerche sono tenute in gran considerazione dal pensatore avignonese, che le ha sempre apprezzate come le prime in grado di uscire dallo schema evoluzionistico tipico di molti etnologi, primo fra tutti Frazer.

Il punto fondamentale della teoria funzionalista di Malinow- ski, sul quale certamente Girard ha riflettuto, traendone non pochi spunti, riguarda la relazione tra la religione e le situazio- ni di crisi che si profilano nelle comunità d’interesse etnolo- gico. Come abbiamo visto, per Malinowski la religione i suoi riti s’impongono nella comunità quando essa deve fronteggiare pericoli e condizioni angosciose in cui ne va della propria so-

pravvivenza. La religione nasce in funzione del bisogno di al-

lontanare la crisi. È il concetto di standardizzazione tradizionale degli aspetti positivi ad interessare Girard: la crisi è aperta ad ogni

soluzione, anche quelle potenzialmente distruttive: è la religione che si occupa di coprire tali aspetti distruttivi per riportare la pace nella comunità, rivelandosi un elemento fondamentale per l’unità sociale. Proprio tale nozione del religioso come soluzione pacificatrice delle crisi periodiche è parte integrante della teoria mimetico-vittimaria. Il sacro, coi suoi meccanismi, irrompe pre- potentemente nella vita sociale in determinati momenti di vio- lenza indifferenziata, che Girard denomina crisi sacrificali. Esso agisce sempre attraverso la designazione di una vittima a cui viene attribuita la responsabilità di tutta la violenza interna alla città o villaggio; la vittima viene sacrificata alla presenza di tutta la comunità, che, trovandosi per la prima volta unita nell’unani- mità contro la vittima, canalizza tutta la violenza contro di essa e, dopo averla immolata, si trova improvvisamente pacificata, senza più avversari. Il ritorno della calma suggerisce che davvero la vittima era la causa della crisi; la comunità si percepisce come del tutto passiva di fronte alla vittima, che appare come la sola attrice della vicenda, prima causa della violenza e poi liberatrice. Proprio perché responsabile del ritorno della pace essa diventa

sacra, oggetto di venerazione da parte degli uomini che l’hanno

uccisa. Di qui si generano i riti, ovvero la ripetizione di quel primo sacrificio – la cui vittima sarà un sostituto della vittima originaria - che ha allontanato la violenza e riappacificato la co- munità, al fine di poter beneficiare nuovamente dei suoi effetti positivi a livello sociale. “Noi quindi affermiamo che il religioso ha come oggetto il meccanismo della vittima espiatoria; la sua funzione consiste nel perpetuare o nel rinnovare gli effetti di quel meccanismo, ossia nel mantenere la violenza fuori dalla co-

Girard riconosce però che il meccanismo del capro espiatorio, per funzionare appieno, ha bisogno di restare costantemente na- scosto, coperto, al fine di tener celata la sostanziale menzogna in cui esso consiste. Insomma, il sacro, una volta fatta irruzione nella vita umana e risolta la crisi sacrificale, deve tornare a na- scondersi perché nessuno – ed è essenziale che questo nessuno comprenda la totalità della comunità, pena la rottura del mec- canismo – ne scopra il funzionamento, in modo che esso possa ritornare ad intervenire in caso di una nuova crisi.

La sostituzione sacrificale implica un certo misconoscimento. Fintanto che rimane vivo, il sacrificio non può rendere manife- sto lo spostamento sul quale è fondato. Non deve dimenticare completamente né l’oggetto originario né il passaggio che fa scivolare da questo oggetto alla vittima realmente immolata, senza di che non ci sarebbe più alcuna sostituzione e il sacrifi- cio perderebbe la sua efficacia. (VS - 19).

Dopo questa breve analisi comparata, possiamo affermare che il concetto girardiano di misconoscimento va pensato in relazio- ne costante con la standardizzazione dell’aspetto positivo della

crisi di cui parla Malinowski. Certo manca alla riflessione di

quest’ultimo la sistematizzazione teorica che troviamo in Gi- rard, ma troviamo invece l’intuizione geniale del religioso come forza che agisce in funzione del bisogno umano di tenere lontana la violenza dal corpo sociale come dai singoli individui. Ben più radicalmente, è lo stesso concetto di funzione che ricorre anche in Girard. Egli accoglie da Malinowski l’idea del religioso come forza operante in risposta ai bisogni umani, ed è proprio questo il significato della nozione di funzione così come l’ha intesa Ma- linowski. Il sacro, per Girard, è il meccanismo la cui funzione è di tenere la violenza fuori dalla comunità, così come per l’etno- logo polacco la religione è ciò che allontana gli aspetti negativi

(violenti) della crisi, per risolvere quest’ultima e riportare la pace nella comunità.

Vi è un ultimo nucleo tematico che ha occupato le ricerche dell’etnologo polacco, e riguarda la psicologia primitiva. Il testo cui ci riferiamo maggiormente è Il padre nella psicologia primi-

tiva 29, ed è proprio a questo testo che Girard si riferisce ne La

violenza e il sacro, nel quadro della descrizione dei caratteri della

crisi sacrificale.

In una società matrilineare, come quella delle isole Trobriand, in cui tutti i parenti da parte di madre sono considerati ap- partenenti ad un solo e stesso corpo e in cui il padre, invece, è un estraneo, ci si aspetterebbe che le somiglianze di viso e di corpo siano riferite alla sola famiglia della madre. Accade inve- ce il contrario, contrario che è fortemente affermato sul piano sociale. Non soltanto esiste una specie di dogma familiare se- condo il quale il bambino non assomiglia né alla madre né ai fratelli e sorelle o a qualunque altro parente del ramo materno, ma è una cosa assai malvista e persino un grave insulto fare allusione a tale somiglianza.30

A questo estratto dal saggio di Malinowski, Girard fa seguire il racconto dell’autore di un breve aneddoto circa la propria espe- rienza sul campo nelle Isole Trobriand; senza conoscere le rego- le della comunità, egli – pensando di fare cosa gradita – notò la somiglianza tra un informatore e suo fratello, provocando lo sdegno di tutto il villaggio, quasi come se li avesse insultati. Perché l’orrore per la somiglianza tra parenti del ramo mater- no? E, al contrario, perché la predilezione per la somiglianza col

29 B.Malinowski, The Father in Primitive Psychology, New York, Norton,

1966; trad. it. Il mito e il padre nella psicologia primitiva, Roma, Newton Compton, 1976.

padre, che in quella comunità non è considerato partecipe nella riproduzione, quindi non parente dei propri figli? Malinowski ci presenta tale resoconto come un enigma impenetrabile; la sua testimonianza è tanto più attendibile quanto più slegata dal tentativo di sostenere alcuna tesi al riguardo. Secondo Girard, l’orrore per la somiglianza tra parenti del ramo materno va letta nei termini di orrore per l’ indifferenziato, il quale è sempre sino- nimo di violenza. La somiglianza col padre, che non è propria- mente un parente, va letta al contrario nei termini di differenza: il padre è il principio differenziatore tra i consanguinei, assomi- gliare a lui significa non assomigliare alla madre e ai parenti ma- terni. “Il padre è forma e la madre materia: fornendo la forma, il padre differenzia i figli dalla madre e anche gli uni dagli altri. Ciò spiega perché i figli debbano assomigliargli senza che tale

somiglianza con il padre, benché comune a tutti i figli, implichi la somiglianza dei figli tra di loro.” (VS - 92).

Girard mette in relazione questo esempio etnologico, citato da Malinowski, ma da quest’ultimo ancora lasciato senza una spie- gazione, con un tema ricorrente nella mitologia, ma anche nella letteratura moderna: i fratelli nemici. Comunemente consideria- mo il rapporto tra fratelli come il più armonioso possibile, ma non sempre è così. Nella mitologia, il conflitto più frequente è tra fratelli – Caino e Abele, Giacobbe ed Esaù, Romolo e Remo, ecc. - e quasi sempre si conclude con il fratricidio. Tra i fratelli ci sono un gran numero di caratteri in comune: hanno la stessa madre, lo stesso padre, hanno gli stessi diritti e doveri nei con- fronti del resto della famiglia. I gemelli rappresentano un caso particolare di fratellanza rafforzata: tra di loro sparisce l’unico carattere che distingueva i fratelli, la differenza di età, e diventa impossibile distinguerli. Girard mette in luce come da questi rapporti di indifferenziazione possa scatenarsi la violenza mi- metica, con gli esisti che conosciamo. Malinowski ha intravisto

questo legame tra parentela e violenza, e nell’aneddoto riportato l’ha vissuto in prima persona. Ma per lui tutto questo è ancora un enigma.

Un ultimo punto de La violenza e il sacro va analizzato per definire i rapporti tra Girard e Malinowski. Si tratta di un pas- so tratto dal capitolo su Freud e il complesso di Edipo31, in cui Girard riporta l’interpretazione malinowskiana della psicanalisi. Ne Il mito e il padre nella psicologia primitiva, Malinowski sem- bra negare che il complesso di Edipo possa avere una validità universale, fuori dalla nostra civiltà occidentale. Tuttavia, dopo l’analisi del ruolo dello zio nella cultura trobriandese, molto si- mile a quello del padre nella nostra, egli sembra concludere in favore della psicanalisi. Tuttavia, obietta Girard, le considerazio- ni di Malinowski si fondano sull’osservazione di tensioni esplici- te e coscienti tra zio e nipoti, mai sulla possibilità di radicare tali tensioni in un dramma inconscio e originario in cui protagoni- sta sarebbe ancora lo zio. Il merito di Malinowski non risiede tuttavia nell’analisi del Complesso di Edipo, che, in generale, risulta piuttosto oscillante, ma nell’aver mostrato, sebbene senza rendersene conto, che i trobriandesi sono in grado di opporre alla rivalità mimetica e al fenomeno del double bind32 degli osta- coli molto più efficaci dei nostri. Non si tratta della severità dello zio o dell’indulgenza del padre. Il punto fondamentale è che “il padre e il figlio non appartengono al medesimo lignaggio; il padre, e la cultura paterna in generale, non servono da modello.

31 VS - 235-265.

32 Il double bind è un termine che ricorre nella teoria della schizofre-

nia di G.Bateson, appartenente alla scuola di Palo Alto. Girard utilizza quest’espressione per indicare il rapporto mimetico tra il mediatore, che è allo stesso tempo modello e ostacolo, e il discepolo, in quanto esso si strut- tura in un doppio imperativo contraddittorio: “Imitami” e “Non imitarmi”.

Non c’è, proveniente dal padre, alcuna ingiunzione che dica:

imitami.” (VS - 258). Malinowski descrive così la vita dei bam-

bini presso i trobriandesi: “I bambini crescono in una comunità in cui sono stranieri dal punto di vista legale; non hanno alcun diritto sulla terra; non traggono alcuna fierezza dalle glorie del villaggio; la loro vera dimora, il polo del loro patriottismo locale, il loro retaggio, l’onore dei loro antenati, sono altrove. Da que- sta duplice influenza, risultano strane combinazioni e una certa confusione.”33

I bambini vivono col padre, un uomo che non incarna però il loro modello, non è il Super-io di Freud. Tale modello esiste, ed è il parente adulto più prossimo, lo zio, che tuttavia entra nella vita dei bambini piuttosto tardi, ed anche allora non è una presenza costante. L’Edipo avuncolare, cui sembra alludere Ma- linowski, è del tutto illusorio, le tensioni tra zio e nipote sono tanto più esplicite quanto non chiudono il bambino nella con- traddizione del double bind edipico.

Se si studiassero altri sistemi primitivi, si verrebbe probabil- mente a scoprire che la sfera d’attività del modello cultura- le, supponendo che tale modello sia sempre incarnato in un personaggio determinato, non coincide mai abbastanza con la sfera del discepolo da permettere la convergenza dei loro due desideri. Queste due sfere si toccano su punti precisi destinati ad assicurare, venuto il momento, l’iniziazione del discepolo in seno alla cultura. (VS - 259).

Girard deduce dagli esempi di Malinowski una maggior difesa delle comunità primitive nei confronti del fenomeno dell’impe- rativo contraddittorio – quello che abbiamo definito double bind – costitutivo del complesso di Edipo, rispetto alla società occi- dentale. In quest’ultima, infatti, si sono accumulate nella figura

33 B.Malinowski, Il mito e il padre nella psicologia primitiva, cit. in VS - 258.

Bozza

del padre tutte le funzioni che presso i Trobriandesi sono divi- se tra padre e zio; il nostro sistema appare perciò molto meno differenziato, e quindi più esposto alla mimesi violenta. Nella società occidentale, anche e soprattutto durante l’epoca patriar- cale, il padre è già modello. Ma affinché ci sia double bind egli deve divenire anche ostacolo, e ciò avviene con la diminuzione progressiva, nel corso dell’età moderna, della patria potestà, che avvicina in qualche modo il padre al figlio e al suo universo. Il momento migliore per lo sviluppo del complesso di Edipo è proprio quello in cui il ruolo del padre si è indebolito ma non è del tutto perduto, vale a dire la famiglia occidentale contem- poranea. “Il padre è allora il primo modello e il primo ostacolo in un mondo in cui il dissolvimento delle differenze comincia a moltiplicare le occasioni di double bind.” (VS - 260).

Malinowski ha avuto certamente delle ottime intuizioni sul- la struttura della famiglia nelle società primitive; tale questione sarà ripresa da altri antropologi, primo fra tutti Lévi-Strauss, che ne farà uno dei cardini dell’antropologia strutturale. Girard assume il materiale fornito da Malinowski come un serbatoio di questioni da esaminare, le quali fungono da banco di prova per la teoria mimetico-vittimaria. Nel contesto del confronto con Freud, al quale dedicheremo un prossimo capitolo, Girard assu- me le critiche malinowskiane alla psicanalisi e le approfondisce grazie alle sue ricerche sulla mimesi violenta, mostrando come le ricerche del grande etnologo polacco siano di fondamentale im- portanza per progredire sulla strada dello svelamento del nesso profondo tra il sacro e la violenza.