• Non ci sono risultati.

L’ultimo luogo testuale che esamineremo al fine di sondare i rapporti tra Girard e Freud è il capitolo di Delle cose nascoste intitolato Mitologia psicoanalitica. Esso contiene una serie di riprese delle critiche a Freud esposte ne La violenza e il sacro, ma anche alcuni sviluppi e precisazioni rispetto a quest’ultimo testo. Per ragioni di brevità ci occuperemo soltanto degli aspetti originali di questo testo rispetto a quello del 1972, tralasciando i punti nei quali Girard riprende le critiche a Freud già esposte nella prima opera. Va sottolineato che il discorso affrontato nella

Mitologia psicoanalitica è inserito nel contesto di una esposizione

della psicologia interdividuale fondata sul desiderio mimetico: si tratta pertanto di una sorta di “decostruzione” della psicoanalisi freudiana sulla base del principio della mimesi.

La prima questione che gli interlocutori di Girard, Lefort e

Oughourlian126 pongono è la seguente: i rapporti triangolari

che si instaurano tra il soggetto, l’oggetto desiderato e il rivale, possono essere interpretati come la riproduzione del complesso edipico? Girard risponde risolutamente con un no categorico: il complesso di Edipo e il desiderio mimetico sono incompatibili. Ciò per due ragioni: in primo luogo, secondo Freud il desiderio nei confronti della madre è intrinseco all’inconscio del bambino, è un fondamento che non dev’essere fondato a sua volta su un altro desiderio; in secondo luogo, Freud considera il padre come modello di identificazione per il figlio, ma mai come modello del desiderio. Insomma, il pensiero di Freud, anche se talvolta sembra aprirsi parzialmente alla mimesi, in definitiva la scarta sempre per affermare una concezione del desiderio rigidamen- te oggettuale. Pertanto in Freud le due prospettive, quella mi-

126 Si tratta dei due psichiatri francesi che hanno contribuito alle ricerche di

Girard raccolte in Delle cose nascoste.

metica e quella edipica, sono incompatibili; anzi, Freud inventa l’Edipo proprio per spiegare le rivalità triangolari, mancandogli tutte le possibilità che la riflessione sull’imitazione gli avrebbe prospettato. Soffermiamoci ancora su un punto fondamentale: il padre può fungere da modello mimetico? Scrive Girard:

Non solo non escludo questa possibilità, ma la considero un fenomeno normale, nel senso in cui Freud ritiene normale un’identificazione con il padre che non ha nulla a che vede- re con il complesso di Edipo. È normale che il padre serva da modello al figlio, ma non è normale che il padre divenga per il figlio un modello di desiderio sessuale; non è normale che il padre diventi modello in ambiti nei quali l’imitazione susciterà la rivalità. In altre parole, il padre, secondo la norma famigliare, è modello di apprendimento e non di desiderio. (DDC - 428).

Se confrontiamo questo passo con quello esaminato precedente- mente, tratto da La violenza e il sacro, scopriamo dei mutamenti significativi – almeno apparentemente - nella prospettiva girar- diana. Riportiamo qui di seguito quel brano:

Se il figlio si dirige verso gli oggetti del padre, è insomma per- ché si orienta in tutto e per tutto sul modello che si è dato, e questo modello si dirige necessariamente verso i suoi oggetti, quelli che già gli appartengono o quelli di cui intende appro- priarsi. Il movimento del discepolo verso gli oggetti del mo- dello, compresa la madre, è già abbozzato nell’identificazione, è incluso nell’idea stessa di identificazione qual è definita da Freud.

Sembra che la posizione di Girard nei confronti del rapporto padre-figlio si precisi in modo parzialmente diverso nei due te- sti. Ne La violenza e il sacro, il padre è il modello al quale il figlio

diviene rivalità e desiderio di eliminazione del padre. Il padre è modello in quanto indica al figlio gli oggetti da desiderare, in primo luogo la madre. In Delle cose nascoste, al contrario, il padre, sebbene ricopra ancora la funzione del modello, non sug- gerisce più gli oggetti del desiderio, ma si limita a fungere da modello “di apprendimento”. Come conciliare le due versioni che Girard ci dà dei rapporti familiari?

La famiglia per me non svolge il ruolo necessario che per Freud svolge nella patologia del desiderio. Questa patologia, nel suo principio, non è famigliare. È mimetica. Non vuol dire, cer- tamente, che la famiglia non possa diventare patologica. Non soltanto può diventarlo, ma spesso è ciò che accade nel nostro universo. Più la famiglia diventa patologica, e più si allontana da quella che è quando funziona normalmente. I rapporti in seno alla famiglia diventano allora simili a ciò che essi sono al di fuori di essa; sono caratterizzati sia dall’indifferenza più totale, sia dal tipo di attenzione morbosa che accompagna il desiderio mimetico ovunque fiorisca, in seno alla famiglia o al di fuori. (DDC - 428).

Ecco che le critiche al complesso di Edipo svolte da Girard ne La

violenza e il sacro si rivelano applicabili soltanto ad una famiglia

che non funziona normalmente. In quel testo, Girard ha mostra- to chiaramente che il complesso di Edipo è in realtà un’inter- pretazione errata dei rapporti mimetici che si instaurano entro la famiglia nucleare. Il padre è il modello che indica il desiderabile al figlio, diventando ben presto un ostacolo, venerato e temuto da un lato, ma odiato dall’altro, poiché sbarra la strada al figlio nella realizzazione dei suoi desideri, in primo luogo il possesso della madre. Si instaura il ben noto fenomeno del double bind, l’imperativo contraddittorio “imitami” e “non imitarmi”, che è molto spesso origine delle nevrosi in età adulta. Insomma, ne

La violenza e il sacro, Girard propone una sorta di “complesso di

Edipo mimetico”, che costituirebbe – entro le mura familiari - il primo incontro, a volte devastante, del bambino con la violenza. In Delle cose nascoste, Girard è ancora più radicale. Quando la famiglia funziona regolarmente, il complesso di Edipo – mi- metico o no – non compare affatto: il bambino si identifica nel padre, ma si tratta di una salutare “mimesi d’apprendimento” che non sfocia mai nella rivalità, poiché è sostanzialmente diver- sa dalla “mimesi di appropriazione”. Il distacco da Freud è del tutto compiuto. Se ne La violenza e il sacro il complesso edipico veniva corretto in chiave mimetica, restava tuttavia una tappa fondamentale dello sviluppo psichico del bambino. In Delle cose

nascoste, invece, esso compare solo nelle degenerazioni patologi-

che dei rapporti familiari; se sana, la famiglia è il luogo di prote- zione dalle rivalità, e fornisce al bambino tutti i modelli e divieti essenziali alla prevenzione delle rivalità esterne, preparandolo al mondo nel quale il desiderio mimetico non è pressoché mai in- canalato né frenato in alcun modo.

Alla luce di queste considerazioni, è più agevole ricostruire le vicende della formulazione freudiana del complesso di Edipo. Freud non muoveva dall’analisi di casi clinici infantili, ma dalla considerazione di rapporti triangolari osservati nei malati, oppu- re in opere letterarie celebri, come ad esempio quelle di Dostoe- vskij. Quando si è trovato di fronte tutti questi triangoli, egli ha certamente pensato che dovesse esistere un triangolo archetipico del quale tutti gli altri fossero una riproduzione. Scrive Girard: “Solo il triangolo famigliare fa al caso di Freud e, nell’ordine del triangolare, non si può immaginare nulla in grado di sostituirlo. Sembra posto, sul limitare della vita, per svolgere proprio quel ruolo che Freud vuole che svolga. Come stupirci del prestigio immenso che esercita ormai sullo spirito moderno, in una for- ma o in un’altra, la tesi del complesso di Edipo?” (DDC - 430).

Edipo, ci si accorge che essa incappa nello stesso problema del platonismo: il passaggio dall’essenza all’apparenza, ossia dal mo- dello ideale del rapporto triangolare al triangolo familiare vero e proprio, può avvenire solo per mezzo di un’imitazione. Allo stesso modo, per passare dall’Edipo infantile alle rivalità eroti- che in età adulta bisogna che l’individuo imiti in qualche modo il triangolo originario dei propri rapporti familiari. Come si fa a “copiare” il triangolo familiare? Gli psicoanalisti rispondono che è un segreto dell’inconscio, ma questo è piuttosto un eludere la domanda. Lo stesso Freud, in Al di là del principio di piacere, riconosce che la psicoanalisi non può dire nulla a tal proposito: la ripetizione di ciò che fa soffrire pone un problema insolubile, e Freud stesso è costretto, in quel saggio, a postulare un istinto in più, il famoso istinto di morte, tenuto in gran conto dalla psi- coanalisi successiva.

Per questo problema essenziale c’è un’unica soluzione possibile, ed è la nostra, la soluzione mimetica. C’è un solo modo di pro- durre i triangoli di rivalità, ma è infallibile e consiste nell’imi- tare un desiderio preesistente, nel desiderare unicamente una donna designata dal desiderio di un altro. Desiderare sempre tramite un modello significa desiderare tramite un rivale, pro- vocare certamente il tipo di ambivalenza osservato da Freud! E nello stesso tempo, significa spiegare tutto ciò che è necessario tenere in considerazione in quello che Freud chiama l’istinto di morte. (DDC - 433).

Il solo modo di risolvere il problema della riproduzione mime- tica è il desiderio mimetico stesso, ossia la scelta dell’oggetto del desiderio in base ad un modello, che ben presto diventerà rivale. La mimesi di appropriazione non ha nulla a che vedere con il complesso di Edipo, che anzi rappresenta l’alternativa opposta, in quanto si fissa sul desiderio oggettuale ed esclude quello mi- metico.

Non si può ricorrere alla sola soluzione efficace senza rinuncia- re al sistema archetipico dell’Edipo che, come abbiamo appena visto, la esclude. È il desiderio di un modello che si deve imitare, per procurarsi subito l’indispensabile rivale, grazie ad un mec- canismo perfettamente automatico ma di cui il soggetto, tutto preso dalla sua azione mimetica, non può vedere lo scatto ini- ziale; ed effettivamente non scatta mai: è già fissato prima che tutto cominci, dal momento che il soggetto parassita un desi- derio già formato, e che costituisce il terzo vertice del triangolo e non il primo, come immagina a torto il solipsismo implicito nella concezione archetipica. (DDC - 433).

In ultima analisi, il problema della ripetizione è risolvibile solo grazie al desiderio mimetico, il quale, per definizione, è qualita- tivamente diverso dal complesso edipico. O si genera la rivalità mediante il desiderio mimetico e ci si libera dell’Edipo, oppure si resta fedeli al complesso archetipico e ci si scontra continuamen- te col problema della ripetizione. Dobbiamo riconoscere che il complesso di Edipo è una forma tardiva di mitologia, la quale è diventata la risorsa fondamentale di una società che proietta sul- le istituzioni in via di disgregazione le difficoltà provocate dalla disgregazione stessa. “La famiglia occidentale moderna e quella patriarcale che l’ha preceduta sono all’origine di tali difficoltà, proprio nella misura in cui, invece di essere così repressive e co- ercitive come si pretende, lo sono già molto meno della maggior parte delle istituzioni culturali dell’umanità, e costituiscono i diretti antecedenti dell’indifferenziazione continuamente aggra- vata che caratterizza la nostra attuale situazione.” (DDC - 434).