• Non ci sono risultati.

L’ultimo importantissimo indirizzo di studi antropologici cui ci rivolgiamo è la scuola sociologica francese. Essa non costituisce un movimento omogeneo, anzi presenta al suo interno posizioni teoriche molto differenziate, includendo alcuni ricercatori che, sulla scia di Durkheim, si sono posti questioni tradizionali, in primo luogo quella dell’origine della religione, reimpostandole tuttavia in modo nuovo, indagando cioè i rapporti tra istitu- zioni culturali e collettività umana. Anche se Girard cita tal- volta anche Lévy-Bruhl e Mauss, appartenenti a questo nuovo indirizzo di studi, ci occuperemo del confronto col pensiero di Durkheim, iniziatore della sociologia francese, le cui opere sono considerate da Girard stesso come un elemento imprescindibile per la teoria mimetico-vittimaria.

La complessità di un autore come Durkheim non si presta ad essere racchiusa in poche pagine: egli rappresenta una figura di primo piano nel panorama degli studi antropologici e sociolo-

gici novecenteschi ma, più in generale, è una delle personalità

più influenti dell’intera cultura del secolo scorso. Pertanto, qui ci occuperemo soltanto delle sue ricerche sul fenomeno religio- so, in particolare faremo riferimento al testo fondamentale Le

forme elementari della vita religiosa.34 In questo saggio, l’autore sostiene che, in generale, lo studio delle forme elementari di un qualsiasi fenomeno apra la possibilità di conoscerlo e approfon- dirlo meglio, in quanto la forma elementare coincide con la for-

ma essenziale. In particolare, l’indagine sulle forme elementari

della vita religiosa – osservabili ad esempio presso le comunità di interesse etnologico - permette la comprensione dell’essen-

34 E.Durkheim, Le forme elementari della vita religiosa, Milano, Ed. di Co-

munità, 1982 (tit. orig. Les formes élémentaires de la vie religieuse, Parigi, PUF, 1912). 

za universale della religione come dimensione autonoma. La nozione di essenziale non presenta tuttavia quelle implicazioni ontologiche o metafisiche che siamo abituati ad attribuirle; in Durkheim si apre una prospettiva diversa: essenziale diventa si- nonimo di uniforme, uniformità – intellettuale e morale - che le società primitive possederebbero in misura molto maggiore rispetto alla nostra.

Lo sviluppo minore delle individualità, l’entità più ridotta del gruppo, l’omogeneità delle circostanza esteriori, tutto con- tribuisce a ridurre al minimo le differenze e le variazioni. Il gruppo realizza in modo regolare un’uniformità intellettuale e morale, di cui troviamo soltanto rari esempi nelle società più avanzate. Tutto è comune a tutti. I movimenti sono stereoti- pizzati; tutti eseguono i medesimi nelle medesime circostanza, e questo conformismo della condotta esprime il conformismo del pensiero. Dato che tutte le coscienze sono trasportate dalle stesse correnti, il tipo individuale si confonde quasi con il tipo generico; e come tutto è uniforme, così tutto è semplice.35

Il concetto fondamentale qui espresso da Durkheim è l’omoge- neità pressoché assoluta nei popoli primitivi. Tale omogeneità esclude la presenza di interessi economico-sociali divergenti, dai quali scaturirebbe la superiorità di un gruppo o di un clan. In altre parole, l’uniformità sociale e culturale previene ogni de- formazione sociale dovuta ad interessi di parte. Se trasportiamo questo concetto nell’ambito delle nostre ricerche, ovvero il reli- gioso, si ricava che la religione primitiva non corre i rischi ine- renti a eventuali manipolazioni ad opera delle caste sacerdotali o, al contrario, dell’immaginazione popolare. La religione pri- mitiva mostra pertanto le sue qualità costitutive allo stato puro, e a tale ambito rimanda la nozione di forma elementare. Presen-

tando sinteticamente il suo testo, Durkheim scrive: “Lo studio che affrontiamo è un modo di riprendere ma in condizioni nuo-

ve il vecchio problema dell’origine della religione.”36 Da questa affermazione emerge il profondo rapporto che lega Durkheim all’evoluzionismo; egli si mette sulla strada che più d’ogni altra è propria degli evoluzionisti, ossia il problema dell’origine della religione. Tuttavia, il contrasto con l’evoluzionismo si acutizza laddove Durkheim si rifiuta di ridurre la religione ad errore di una cultura che non conosce ancora la scienza razionale, poiché nessuna istituzione umana può reggersi su un errore.

Noi affrontiamo perciò lo studio delle religioni primitive con la sicurezza che esse siano aderenti al reale e lo esprimano: que- sto principio ricompare continuamente nel corso delle analisi e delle discussioni che seguiranno, e ciò che rimproveriamo alle scuole da cui ci scosteremo è appunto di averlo disconosciu- to. Senza dubbio, quando si considera soltanto la lettera della formula, queste credenze e queste pratiche religiose sembrano talvolta sconcertanti, e si può essere tentati di attribuirle ad una specie di totale aberrazione. Ma sotto il simbolo bisogna saper raggiungere la realtà che esso rappresenta e che gli dà il suo significato autentico. […]. Non vi sono quindi, in fondo, religioni false. Tutte sono vere alla loro maniera; tutte rispon- dono, anche se in modi differenti, a determinate condizioni dell’esistenza umana.37

Come ben visibile in questo passo, la ricerca dell’origine della religione s’intreccia inestricabilmente con la ricerca del senso autentico del fenomeno religioso, e su questo punto la distanza dall’evoluzionismo – per esempio da Frazer – non potrebbe es- sere maggiore. Secondo Durkheim, i primi sistemi di rappresen- tazione elaborati dall’uomo sono di origine religiosa: la Weltan-

36 Ivi, p. 9. 37 Ivi, p. 4.

schauung primitiva è costituita essenzialmente dal simbolismo

religioso. Le rappresentazioni religiose collettive concernono tanto l’ambito dei contenuti quanto quello delle forme, ovvero delle categorie mentali in base a cui i contenuti vengono ela- borati e organizzati. In sostanza, le credenze religiose primitive contengono le principali nozioni razionali, quali il concetto di tempo, di causa, di numero, ecc: “Esse sono nate dalla religione e nella religione; esse sono un prodotto del pensiero religioso.”38 Tra i punti salienti appartenenti al brano citato, va segnalata la caratterizzazione della religione in senso eminentemente so- ciale: se la società si compone di individui che condividono la stessa visione del mondo e le medesime rappresentazioni, e se queste ultime sono un prodotto della religione, ne consegue che la funzione essenziale di questa consiste nell’aggregare la comu- nità, creando le fondamenta dell’esistenza collettiva. È questo un punto fondamentale nell’ottica della genesi della teoria mi- metico-vittimaria.

In definitiva, Le forme elementari della vita religiosa si svol- gono interamente intorno a due ambiti determinati e stretta- mente connessi: quello della sociologia religiosa, che comprende soprattutto la discussione del fenomeno del totemismo, e quello

38 Ivi, p. 11. Ad esempio, la categoria di tempo è impensabile se si trattasse di

un continuum indifferenziato; diventa concepibile solo se è possibile distin- guere in esso momenti diversi, poterlo misurare ed esprimere oggettivamen- te. Affinché ciò si realizzi sono necessari punti di riferimento determinati, rispetto ai quali possiamo situare ogni avvenimento possibile. “Non è il mio

tempo ad essere organizzato così, ma il tempo qual è oggettivamente pen-

sato da tutti gli uomini di una stessa civiltà. Questo basta a far intravedere che una tale organizzazione deve essere collettiva. Ed infatti l’osservazione stabilisce che questi punti di riferimento indispensabili, rispetto ai quali tutte le cose vengono classificate nel tempo, derivano dalla vita sociale. Le divisioni in giorni, settimane, mesi, anni, corrispondono alla periodicità dei

della teoria della conoscenza, che individua entro le rappresen- tazioni religiose l’origine delle categorie intellettuali.

L’uomo arcaico ci appare, nell’analisi di Durkheim, come ani- male sociale che ha già compiuto la più grande delle rivoluzio- ni, l’invenzione di una cultura religiosa che racchiude in boc- cio tutte le future forme culturali. La mens del primitivo non è un luogo ove si concentrino errori, superstizioni, allucinazioni, pigrizie e stoltezze, ma è un crogiolo ove di formano l’ordine intellettuale e morale, un prodromo di quelle che saranno le grandi strutture normative e i grandi significati assiologici del- la vita associata.39

Stabilita la stretta connessione tra le categorie concettuali del pensiero primitivo e le rappresentazioni religiose originarie, Durkheim prosegue la sua ricerca sulle forme pure di religione adottando uno schema bipolare, che vede opporsi le categorie di

sacro e profano: tale antitesi, che costituisce la griglia interpreta-

tiva attraverso cui classificare il reale, rappresenta l’elemento fon- damentale per l’individuazione dell’ambito del religioso. Nella visione di Durkheim l’opposizione tra sacro e profano è assoluta; non è esclusa a priori una qualche comunicazione, ma essa va disciplinata da precise regole culturali. Tanto la dimensione del sacro quanto l’insieme dei rapporti che intercorrono tra sacro e profano devono essere rigidamente istituzionalizzati a livello sociale, e in tale contesto vanno inquadrate le credenze e i riti. Le credenze sono rappresentazioni collettive che definiscono i caratteri delle cose sacre, mentre i riti sono il luogo dell’obietti- vazione delle regole culturali che presiedono al comportamento umano di fronte al sacro. Su questa base, il modello teorico di religione è inteso come un sistema autonomo che abbraccia un

39 R.Cantoni, Introduzione a E.Durkheim, Le forme elementari della vita

religiosa, cit., p. XVII.

certo numero di cose sacre, connesse tra loro da relazioni di co- ordinazione o subordinazione; attorno a tale sistema gravitano le credenze e i riti.

Tuttavia, se questa è la definizione minima di religione, essa si potrebbe adattare benissimo anche alla magia: non c’è dunque differenza tra le due? A livello teorico non c’è differenza: sebbe- ne la religione possegga una maggiore raffinatezza speculativa rispetto alla magia, entrambe sono dei sistemi di credenze e riti. La differenza risiede nella capacità, esclusiva della religione, di aggregare gli uomini formando una società; la religione ha un carattere eminentemente collettivo e sociale, laddove la magia, anche se diffusa in vari strati della società, resta una pratica so- stanzialmente individuale. Scrive Durkheim:

Le credenze propriamente religiose sono sempre comuni a una collettività determinata che fa professione di aderirvi e di pra- ticare i riti ad esse solidali. Esse non sono soltanto ammesse a titolo individuale da tutti i membri di questa collettività, ma sono cosa del gruppo e ne costituiscono l’unità. Gli individui che la compongono si sentono legati gli uni agli altri per il sem- plice fatto di avere una fede comune. Una società, i cui mem- bri sono uniti per il fatto di rappresentarsi allo stesso modo il mondo sacro e i suoi rapporti il mondo profano, e di tradurre queste rappresentazioni in pratiche identiche, viene denomi- nata chiesa. Ma nella storia non si incontra nessuna religione senza chiesa. […]. Diverso è il caso della magia. Indubbiamen- te le credenze magiche hanno sempre una certa generalità: esse sono spesso diffuse tra larghi strati di popolazione, ed esistono anche parecchi popoli in cui non hanno seguaci in numero minore della religione propriamente detta. Ma esse non pro- ducono l’effetto di legare gli uni agli altri gli uomini che vi aderiscono, e di unirli in un medesimo gruppo che viva una stessa vita. Non esiste una chiesa magica.40

La differenza sostanziale tra religione e magia non è quindi di natura speculativa, filosofica o teologica: essa è squisitamente sociale, e determina la religione come l’unica forza in grado di fondare una comunità. La magia ha una valenza generale, la re- ligione ha una valenza collettiva: se la prima, per quanto possa essere diffusa, non riesce mai ad aggregare gli uomini in una

chiesa, intesa in generale come comunità di persone che hanno

fede in una stessa divinità - o in una stessa pluralità di divinità - e che compiono gli stessi riti, la religione esplica il suo potere solo in quanto in grado di legare gli uomini tra loro in un pro- fondo rapporto reciproco.