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La relazione finale di maggioranza della Commissione parlamentare sulla Loggia P2: resoconto di un documento

6. Considerazioni conclusive

Una volta terminata l'analisi, possiamo stabilire che gli elementi forniti dalla relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta a proposito dell'influenza praticata dell'istituzione piduista negli sviluppi del nostro Paese, sono numerosi. Date le conclusioni di Anselmi e del suo gruppo d'indagine, è lecito trarre le seguenti considerazioni. Innanzitutto, la Loggia Propaganda Due fu, a tutti gli effetti, un potere alternativo; ovvero, non si trattò di un potere parallelo a quello ufficiale e quindi concorrenziale, bensì affiancato. In secundis, la P2 non ha disposto di una struttura autonoma (come ad esempio la mafia), motivo per il quale utilizzò le strutture esistenti creando al loro interno una rete di rapporti con gerarchie tese a sovvertire quelle ufficiali, pur lasciandole sostanzialmente integre. In termini bellici, potremmo considerare l'azione piduista una occupazione piuttosto che un'aggressione, un

golpe dall'interno piuttosto che un colpo di stato vero e proprio. In termini culturali,

potremmo paragonarla ad una sottocultura piuttosto che a una controcultura dove ogni modello di organizzazione sociale viene sradicato e rinnegato. Perché ciò fosse possibile, la segretezza doveva essere assoluta. Mentre la mafia, ad esempio ha una struttura che fronteggia schiettamente le istituzioni, la P2 proprio perché adottava la tecnica di operare dall'interno del sistema richiedeva maggior riservatezza tanto che i massoni ad essa appartenenti erano tutti affiliati all'orecchio del Gran Maestro Licio Gelli.

E Gelli invece? Dalle conclusioni della Anselmi, si evince che Gelli è stato un abile gestore, tuttavia il Piano di rinascita democratica (senza dubbio non compilato dal Venerabile in persona) dimostra che anche altre forze promossero il progetto piduista di controllo e condizionamento:

Un personaggio difficile da definire, un avventuriero certamente che è riuscito attraverso una vita ancora da decifrare per alcuni periodi ad accumulare una grande ricchezza, potere, amicizie molto solidali, ma che non può essere descritto come il responsabile, l'artefice di tutto ciò che oggi viene riferito alla P2. [..] Probabilmente ci sono state persone che hanno aderito alla P2 per essere garantiti nella loro carriera [..] ma certamente quando parliamo della

P2 non possiamo parlare di una combriccola di malaffare perché vi è una presenza della P2 nei Servizi segreti e negli organi di informazione che non può essere spiegata solo in termini di affari evidentemente si sono voluti perseguire anche obiettivi politici196.

Dalla relazione di maggioranza, emerge inoltre come la Loggia P2 identificasse, almeno in parte, il potere occulto dietro al potere eversivo, anch'esso segreto ma più concreto e tangibile mentre il burattinaio Gelli, in qualità di reggente della loggia, fosse con ampia probabilità la voce fuori campo che istigava gli altri a sporcarsi le mani.

Norberto Bobbio nel suo Il futuro della democrazia197 parlava addirittura di prodotti naturali di un governo democratico, consequenziali l'uno dell'altro, che identificano rispettivamente il potere segreto ed il suo anti-potere. Nelle asserzioni di Bobbio, arcana dominationis e arcana

seditionis sono strettamente correlati in quanto, dove esiste il potere segreto (che nel nostro

caso è rappresentato dai gruppi eversivi), c'è anche un potere maggiormente celato che si esprime tramite congiure, complotti e cospirazioni, nel nostro caso rappresentato dall'azione manovrante della loggia sul destino dello Stato.

Appurato ciò, «è ragionevole chiedersi se non esista sproporzione tra l'operazione complessiva ed il personaggio che di essa appare interprete principale»198? É lecito ritenere

che il disegno e l'attuazione del progetto P2 possa sottendere a più uomini e non ad una unica mente? Abbiamo notato come Licio Gelli si sia sempre avvalso di un approccio strumentale: strumentale fu il suo rapporto con la massoneria, la sua vicinanza agli ambienti militari e la relazione con i gruppi eversivi; «ma allora, se tutto ciò deve avere un rinvenibile significato, questo altro non può essere che quello di riconoscere che chi tutto strumentalizza, in realtà è egli stesso strumento»199. In pratica, dichiara Anselmi, tale situazione può graficamente

corrispondere ad una piramide (il cui vertice è occupato da Gelli) sopra alla quale si erge un'altra piramide che, rovesciata, vede il suo vertice inferiore sempre nella figura gelliana, quale punto di collegamento tra le forze della piramide superiore che identificano le finalità ultime, e quella inferiore dove tali finalità trovano pratica attuazione.

Per finire, la relazione dichiarava:

Le conclusioni alle quali la Commissione parlamentare d'inchiesta è pervenuta al termine dei propri lavori muovendo dalla legge di scioglimento della Loggia massonica Propaganda Due, mostrano, in relazione ai quesiti posti dal Parlamento nell'articolo 1 della legge istitutiva della 196 T. Anselmi in E. Biagi, C'era una volta Licio Gelli, regia di S. Nicora, Accasfilm, 1983.

197 N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi Editore, Torino, 1991.

198 Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, IX Legislatura, Relazione della Commissione parlamentare

d'inchiesta sulla loggia massonica P2, cit., p. 153.

Commissione, che tale organizzazione, per le attività poste in essere, ha costituito motivo di pericolo per la compiuta realizzazione del sistema democratico. La presente relazione è in grado di fornire una documentata ricostruzione del fenomeno ed una attendibile spiegazione delle sue origini, della sua struttura e delle sue finalità, tali da consentire al Parlamento una ragionata meditazione in ordine ai problemi dell'ordinamento democratico e delle misure da adottare a difesa della sua conservazione e del suo progresso. Accanto a queste conclusioni la Commissione non ha mancato di sottolineare gli interrogativi di non lieve momento che rimangono tutt'ora aperti: nodi insoluti il cui scioglimento potrà semmai arricchire i risultati ai quali si è pervenuti, nelle loro linee fondamentali, ma difficilmente pervenire a ribaltarne in modo determinante il profilo politico essenziale.

Una conclusione, questa della Anselmi, ampiamente avallata, ma non totalmente; in uno dei prossimi capitoli comprenderemo i termini di questa affermazione, esplicando le ragioni del rifiuto, da parte di alcuni, della tesi di Anselmi.