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Mutamenti nella strategia della tensione

Gli anni Settanta registrarono un'inversione di tendenza. Inizialmente, la strategia della

tensione sembrava aver funzionato: il Paese aveva davvero temuto sconvolgimenti profondi

dell'ordine costituito finendo per privilegiare un approccio conservatore ed anticomunista. Tuttavia, progressivamente, si iniziò a titubare di quel partito d'ordine i cui esponenti avevano avallato, o comunque coperto, i complotti a danno della Repubblica. La sinistra appariva sempre più una risorsa, piuttosto che un rischio per le istituzioni; mentre, la destra personificava sempre più i fenomeni di degenerazione e di corruzione dilagante. La copertura alla strategia della tensione attuata da certi apparati dello Stato andava cedendo e l'opinione pubblica ne prese atto.

Conseguentemente a ciò, quello che avvenne fu, coerentemente con le opinioni di Crainz, Fasanella e Sestieri60, «il culmine di un processo eversivo che costituiva in realtà il visibile

annuncio del suo epilogo61»: l'acuirsi del succedersi delle stragi neofasciste, specialmente nel

'74, può dunque essere interpretato come un disperato, ultimo tentativo di quella manovalanza che ancora sperava in una svolta autoritaria. Quando i neofascisti compresero che certi apparati statali, dapprima sostenitori, si stavano ritirando, risposero all'oltraggio uccidendo. Ancora una volta, ci tornano utili le parole di Pasolini:

Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpe istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del vertice che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori del golpe, sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine 60 G. Fasanella, C. Sestieri, G. Pellegrino, Segreto di Stato. Verità e riconciliazione sugli anni di piombo, Sperling &

Kupfer, Milano 2008.

gli ignoti autori materiali delle stragi più recenti. Io so i nomi che hanno gestito le due differenti, anzi, opposte, fasi della tensione: una prima fase anticomunista (Milano 1969) e una seconda fase antifascista (Brescia e Bologna 1974). Io so il nome del gruppi di potenti che, con l'aiuto della CIA (e in second'ordine dei colonnelli greci e della mafia), hanno prima creato (del resto miseramente fallendo) una crociata anticomunista, a tamponare il '68, e in seguito, sempre con l'aiuto e per ispirazione della CIA, si sono ricostituiti una verginità antifascista, a tamponare il disastro del referendum. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi62.

Certo, l'interpretazione dell'intellettuale non è sufficientemente comprovata, lo ammette lui stesso, e necessita senz'altro di alcune delucidazioni; tuttavia, sorprende la tempistica con cui Pasolini abbia intuito ciò che, nei tempi a venire, avrebbe costituito sempre più un'ipotesi plausibile, quella di un mutamento nel rapporto delle istituzioni con i gruppi dell'estrema destra. Le azioni neofasciste avevano, inizialmente, lo scopo di provocare allarme e disagio così che una svolta autoritario del governo fosse giustificata; favorevoli ad una traslazione conservatrice dell'asse politico, gli estremisti di destra avrebbero ben voluto un colpo di Stato di stampo militare:

Il fine politico che attraverso le stragi si è tentato di raggiungere è molto chiaro: attraverso gravi provocazioni innescare una risposta popolare di rabbia da utilizzare poi per una successiva repressione. In ultima analisi il fine massimo era quello di giungere alla promulgazione di leggi eccezionali o alla dichiarazione dello stato di emergenza. In tal modo si sarebbe realizzata quell’opera di rafforzamento del potere che di volta in volta sentiva vacillare il proprio dominio. Il tutto, ovviamente inserito in un contesto internazionale nel quadro dell’inserimento italiano nel sistema delle alleanze occidentali63.

Eppure, l'ipotesi del colpo di Stato durò poco: già nel 1970, a seguito del golpe di Borghese, si capì, sia a livello nazionale sia internazionale, che l'Italia non era la Grecia, che nel Bel Paese un colpo di Stato avrebbe condotto alla guerra civile. É in questo momento che gli apparati statali che fino a poco prima aveva usufruito dei gruppi della destra radicale (Ordine

Nuovo, Lotta di Popolo o OLP, Avanguardia nazionale ecc...) tentarono di spiegare agli

estremisti il motivo per il quale un piano golpista non poteva più essere attuato: i neofascisti però non accettarono la ritirata, bensì la vissero come un tradimento che decisero di rivendicare attaccando lo Stato. Iniziò allora un processo di liquidazione, dallo scioglimento di alcuni gruppi fino all'allontanamento di alcuni degli esponenti più votati all'azione 62 P.P. Pasolini, Scritti corsari, Corriere della Sera, 14 novembre 1974. Consultato su http://www.corriere.it, in data

25 novembre 2017.

63 Corte d'assise di Venezia, sentenza n. 2/86, 25 luglio 1987, pp. 238 e ss. Consultato su

(Giannettini fu spedito a Parigi, Delle Chiaie dapprima in Spagna e poi in Sud America) tramite il quale lo Stato tentò di prendere le distanze dalla destra estrema.

Questa premessa ci consente di analizzare la moltitudine di eventi sovversivi che si verificarono nei primi anni Settanta e che possono facilmente inserirsi nell'ottica precedentemente riportata.

Il 31 maggio 1972, nella campagna di Peteano, paese vicino Gorizia, tre carabinieri che erano accorsi sul luogo a seguito di una telefonata anonima, rimasero uccisi dall'esplosione di una

cinquecento carica di tritolo. Per lunghi anni, i responsabili della strage vennero cercati nei

luoghi sbagliati: si tentò addirittura di indirizzare le indagini sulla pista rossa ed in particolare verso Lotta Continua. Allora un attentato da parte di un elemento della destra estrema contro le istituzioni dello Stato non era ipotizzabile, perché il terrorismo doveva essere solo di marca comunista. Solamente nel 1984, Vincenzo Vinciguerra, allora militante in Ordine Nuovo, rivendicò la strage definendosi a tutti gli effetti un soldato politico. L'attentato, confessò: [..] Si inquadra in un logica di rottura con la strategia che veniva allora seguita da forse che ritenevo rivoluzionarie, cosiddette di destra, e che invece seguivano una strategia dettata da centri di potere nazionali e internazionali collocati ai vertici dello Stato. [Fu] un'azione di guerra contro lo Stato (nelle persone dei carabinieri) e non contro la folla, in maniera indiscriminata64.

Il 28 maggio 1974, un'altra strage: in Piazza della Loggia a Brescia, una bomba nascosta in un cestino porta-rifiuti scoppiò durante una manifestazione indetta dai sindacati e dal Comitato antifascista. La violenza neofascista contro cui si manifestava, interruppe brutalmente la protesta civile causando otto morti e più di cento feriti. In ordine alla svolta istituzionale di cui abbiamo riferito, la strage di Piazza della Loggia sarebbe stata la conseguenza della decisione delle forze armate di interrompere i rapporti con il Movimento d'azione

rivoluzionaria (MAR) di Carlo Fumagalli, il cui arresto precedette di appena venti giorni

l'attentato. Gaetano Orlando, vice del Fumagalli, dichiarò:

Il nostro gruppo faceva parte di un quadro più ampio e pienamente sostenuto da apparati istituzionali e cioè esponenti dei carabinieri e dell'esercito, ed aveva come fine di impedire che il comunismo andasse al potere in Italia. I militari volevano che [..] vi fosse una buona organizzazione di civili pronti a ricevere le armi dai carabinieri ed affiancarli quando fosse giunto il momento del mutamento istituzionale, sempre in un'ottica anticomunista com'era la nostra. A queste riunioni erano presenti [..] ufficiali americani della NATO [..] carabinieri e 64 Corte d'assise di Venezia, sentenza n. 2/86, cit.

noi civili65.

Quindi, a Brescia, l'obiettivo dei terroristi furono proprio i carabinieri, che in qualche modo, erano venuti meno al patto; infatti, solitamente, durante le manifestazioni erano proprio le forze dell'ordine a disporsi sotto il portico di Piazza della Loggia; quel giorno fu la pioggia a spingere i civili sotto il portico e a far spostare le forze dell'ordine verso il cortile della Prefettura. Quello che avvenne in seguito fu una lunga sequela di depistaggi: poco meno di un'ora dopo l'esplosione, il generale dei carabinieri Francesco Delfino predispose la pulizia della piazza con degli idranti; a questo si aggiunsero l'uccisione di Ermanno Buzzi, (condannato come esecutore della strage nel 1979 e strangolato nel carcere di Novara nel 1981 da due militanti di estrema destra, Mario Tuti e Pierluigi Concutelli, perché confidente dei carabinieri), la morte di Pietro Iotti (testimone rimasto ucciso in un incidente automobilistico) e l'assassinio di Pierluigi Pagliai (estremista di destra ucciso da un colpo alla nuca mentre stava consegnandosi alla polizia boliviana).

Passano poco più di un paio di mesi quando la strage si ripete: questa volta è l'attentato dell'Italicus. Nella notte fra il 3 e il 4 agosto, il treno espresso Roma-Brennero scoppiò presso San Benedetto di Val Sambro, in provincia di Bologna, causando dodici morti e poco meno di cinquanta feriti. Avremo, in seguito, modo di riconsiderare l'episodio in quanto implicato nelle trame tessute dalla Loggia Propaganda Due, rea di aver finanziato, con ampia probabilità, questo attentato dinamitardo.

Sempre nel 1974, un altro colpo di stato si preparava a fallire. Stavolta l'artefice fu Edgardo Sogno, un diplomatico, medaglia d'oro per la Resistenza. Sogno definì liberale il suo colpo di Stato, altri invece parlarono di golpe bianco: nel programma si prevedeva l'istituzione di un nuovo governo energico e senza tentennamenti, che si sarebbe insidiato a seguito del golpe, fissato per il 10 agosto 1974. La massima testimonianza del mancato colpo di Stato fu rilasciato dallo stesso Sogno, alla vigilia della sua morte; i diversi reparti dell'esercito, confessò, erano stati tutti personalmente contattati, inoltre aggiunse: «Giovanni Colli, la massima carica della magistratura italiana, procuratore generale presso la Corte di Cassazione, era totalmente d'accordo con me sulla necessità di rovesciare il regime catto- comunista con qualsiasi mezzo66». Il progetto prevedeva una riforma costituzionale che

rendesse l'Italia una Repubblica presidenziale, anticomunista ma anche antifascista: Giovanni Leone, allora Presidente della Repubblica, avrebbe dunque dovuto modificare l'assetto 65 G. Fasanella, C. Sestieri, G. Pellegrino, Segreto di Stato, cit., p. 76.

66 E. Sogno, Testamento di un anticomunista. Dalla Resistenza al golpe bianco, Sperling & Kupfer, Milano 2000, pp. 173-174.

istituzionale a favore del modello gollista; ma tutto questo non si verificò.

Solamente in seguito, il Tribunale di Torino guidato dal giudice istruttore Luciano Violante, accusò Sogno di aver pianificato il golpe insieme a Randolfo Pacciardi e Luigi Cavallo: nel '76, Violante dichiarerà la competenza del tribunale di Roma a proseguire l'inchiesta e denuncerà il governo alla Corte costituzionale per avergli negato la documentazione dei Servizi segreti perché coperta dal segreto di Stato. La magistratura romana si dimostrò, nuovamente, un porto delle nebbie, e la faccenda rimase, dal punto di vista giudiziario, irrisolta. Se l'impegno della magistratura non ottenne i risultati sperati era anche perché «il sistematico occultamento degli indizi e delle prove [aveva] la prontezza e l'efficacia che soltanto un disegno strategico può assicurare67».