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Gelli, Servizi segreti e movimenti evers

La relazione finale di maggioranza della Commissione parlamentare sulla Loggia P2: resoconto di un documento

5. Gelli, Servizi segreti e movimenti evers

Le biografie su Gelli non mancano; a queste si aggiunge l'autobiografia del Venerabile, La

Verità. Questo per dire che in questa sezione non riferiremo con esaustività la vita di Gelli,

piuttosto ci limiteremo a riportare i fatti salienti che concorsero alla costruzione del personaggio del Venerabile168, anche in base alla ricostruzione che la Anselmi ne fa all'interno

della sua deposizione. La documentazione di cui si è servita la Commissione parlamentare ha due diverse provenienze: le fonti informative prodotte dai Servizi di informazione (SIFAR, SID e infine SISMI e SISDE) e le fonti prodotte da altri organi informativi pubblici come la Guardia di Finanza e l'Ispettorato generale antiterrorismo. Tali documenti, come afferma Anselmi, acquistano valore non soltanto per ciò che esplicitamente riferiscono, ma anche per ciò che sottendono; per questo, meritano spazio nella trattazione. Anselmi ci tiene inoltre a specificare che i documenti citati, seppur verosimili, hanno valore spesso esclusivamente informativo e non di prove inequivocabili a carico di Gelli.

Da quello che emerge, comunque, Licio Gelli è stato senza dubbio un personaggio ampiamente al margine dell'ortodossia e della legalità. Condizione ricorrente nella vita del Gelli è stata lo stare in bilico tra diverse situazioni, in attesa che la scelta più conveniente si palesasse; per questo, nel ricostruire il suo vissuto, lo vediamo rivestire ruoli in netta contrapposizione. Attivista, intraprendente, dalle spiccate capacità organizzative e 167 Ivi, p. 55.

168 Per approfondire la biografia di Licio Gelli si consigliano i testi: Mario Guarino, Fedora Raugei, Licio Gelli.

Vita,misteri, scandali del capo della Loggia P2, Dedalo Editore, 2016; Licio Gelli, La Verità, Demetra Editore,

opportunista, Gelli non ebbe scrupoli qualora fosse in ballo la propria promozione sociale. Il giovane Gelli come quello più maturo, rivelò la sua natura di abile calcolatore: dai Tedeschi, ai partigiani durante la guerra; dai democristiani ai socialisti in epoca repubblicana; dall'Argentina della dittatura militare alla Romania comunista nelle relazioni internazionali; nessuno fu escluso dalla rete di rapporti che il Gelli intraprese. Nel 1981, anche Giorgio Pisanò segnalò la natura doppiogiochista del Gelli e tuttavia il Venerabile è morto rivendicando la propria indole fascista.

Nato il 21 aprile 1919 a Pistoia, da Gelli Ettore e Gori Maria, il giovane Gelli trovava impiego nel mulino del padre. Era un ragazzo come molti altri, provinciale e di umili origini quando, ispirato dagli ideali del fascismo, lasciò la campagna per la Spagna assieme al fratello Raffaello. Durante il conflitto civile169, che i fratelli Gelli affrontarono da volontari, Raffaello

perse la vita.

L'episodio doveva aver colpito significativamente il Gelli, tanto che in un'intervista rilasciata a Enzo Biagi, Michele Sindona descriveva così il suo fratello d'affari:

Licio Gelli è un uomo che è rimasto scosso sul piano politico dal fatto che, nella guerra di Spagna, i comunisti gli hanno ucciso il fratello, in trincea con lui. Da questo momento lui si è fatto, diciamo così, una crociata per cercare di combattere il comunismo170.

Al suo ritorno in patria, Mussolini lo accolse insieme ad alcuni parenti dei caduti in Spagna: in questa occasione, il giovane Gelli esprimeva al Duce il desiderio di rimanere al servizio del partito. L'intraprendenza dimostrata colpì positivamente Mussolini che lo rese inizialmente funzionario del partito a Pistoia e, in un secondo momento, ispettore dei fasci di combattimento all'estero.

La perspicacia di Gelli non tardò a manifestarsi nuovamente. Durante la seconda guerra mondiale, le truppe italiane invasero la Jugoslavia nell'ottica nazifascista della conquista dello spazio vitale; in questa occasione, gli Italiani si erano impossessati del tesoro della Banca di Stato jugoslavo, una somma considerevole di lingotti d'oro che anche i Tedeschi rivendicavano. Varcare il confine strettamente sorvegliato dai Tedeschi era missione tutt'altro che banale; Gelli, incaricato dal partito di portare quell'oro in Italia, nascose i lingotti sotto le traversine di legno di un vagone su cui erano caricati soldati portatori di malattie infettive e 169 La guerra civile in Spagna copre gli anni dal 1936 al 1939. Il conflitto che vide opporsi nazionalsocialisti e

repubblicani, sancì l'inizio della dittatura di Francisco Franco. La Germania nazionalsocialista e l'Italia fascista collaborarono alla causa franchista inviando volontari, fra i quali emerge il nome di Licio Gelli.

170 E. Biagi, C'era una volta Michele Sindona, regia di Sarah Nicora, montaggio e musiche di Andrea Menchicchi, documentario vincitore del Premio Current 2011 al Festival Hai Visto Mai di Siena.

appose davanti alla locomotiva, come era usuale, la bandiera gialla. Al confine, i soldati tedeschi non ebbero il coraggio di controllare il vagone e l'oro giunse così a Trieste. Da Trieste a Roma, circa un terzo dei lingotti andò disperso: alcune interpretazioni hanno ipotizzato che il Gelli fosse riuscito a trafugare per sé quei lingotti con i quali costruì la base del suo potere, ma di questo non vi è alcuna conferma.

Secondo sua stessa ammissione, il 9 settembre 1943 il Gelli si trovava a Viterbo in qualità di tenente dei paracadutisti quando venne rastrellato da un reparto tedesco e costretto, pena la deportazione in Germania, ad aderire alla Repubblica di Salò. In veste di ufficiale di collegamento con le SS presso la Federazione dei Fasci, Gelli cominciò a prendere contatti con il Comitato di liberazione nazionale pistoiese e ad offrire servizi ai partigiani171. I

comandi nazifascisti, venuti a conoscenza del doppio gioco gelliano, istituirono una taglia di centomila lire per chiunque lo avesse catturato: il supporto del CLN permise a Gelli di sfuggire alla cattura. Addirittura, Italo Carrobi, Presidente del CLN, gli rilasciò un attestato di libera circolazione nell'ottobre 1944; non mancarono critiche da parte del CLN pistoiese, tanto che il settimanale La Voce del Popolo dovette pubblicare un articolo172 di chiarimento

sulla vicenda. Ma del resto, il Gelli aveva:

- avvisato i partigiani che dovevano essere arrestati; - messo a disposizione e guidato personalmente il furgone della federazione fascista per portare sei volte consecutive rifornimenti di viveri ed armi alla formazione di Silvano e alle formazioni di Pippo dislocate in Val Lima; - partecipato e reso possibile la liberazione dei prigionieri politici detenuti alla Villa Sbertoli173.

La documentazione su Gelli, conservata negli archivi dei Servizi di informazione ed inviata dal SISMI alla Commissione parlamentare d'inchiesta, contiene informative di rilevante interesse per la ricostruzione dei trascorsi del Venerabile. Oltre quanto già riportato, possiamo affermare che il periodo di fine conflitto mondiale fu tutt'altro che roseo per Gelli: nel 1944 fu oggetto di rappresaglie e aggressioni e nel marzo del 1945, la procura di Pistoia emise nei suoi confronti un mandato di cattura per i delitti commessi durante il periodo fascista, tra i quali il sequestro di Giuliano Bargiacchi, figlio di un collaboratore dei partigiani. Assolto dalla Corte 171 A questo periodo si fanno risalire anche le azioni di rastrellamento cui il Gelli avrebbe partecipato a discapito di

prigionieri inglesi e antifascisti. Inoltre Gelli fu complice della fucilazione nella fortezza di Pistoia di quattro renitenti alla leva.

172 U n c h i a r i m e n t o d e l C P L N, L a V o c e d e l P o p o l o, 4 f e b b r a i o 1 9 4 5 . C o n s u l t a t o s u

http://www.istitutostoricoresistenza.it in data 27 novembre 2017.

173 I . C a r o b b i , Attestato di libera circolazione per Licio Gelli, 2 ottobre 1944. Consultato su

http://www.istitutostoricoresistenza.it in data 27 novembre 2017. Il documento si conclude con questa frase: «Resta

salva la facoltà di esaminare con maggiore cura le attività svolte dal Gelli Licio onde stabilire definitivamente la sua posizione».

di appello di Firenze perché il fatto non costituiva reato, l'attenzione su Gelli sembrava man mano distogliersi.

La totale sconfitta subita dalla dittatura fascista pose il problema ai sopravvissuti di come continuare a far politica nel nuovo assetto storico: a parte una fazione minoritaria che scelse di persistere dando luogo a nicchie di resistenza dove coltivare il culto della memoria, nella speranza di un glorioso ritorno, i più si integrarono nei nuovi partiti fra i quali svettava la Democrazia Cristiana. Anche il MSI174, a malincuore consapevole dell'impossibilità di una

restaurazione, si inserì nei giochi parlamentari.

Il 1950 è l'anno dell'informativa Cominform: ad un centro SIFAR periferico, giungeva nota proveniente dall'Ufficio romano in cui si segnalava la possibilità che un certo Gelli fosse agente del Cominform175. Gelli, legato al partito comunista fin dal 1944, avrebbe svolto il

ruolo di agente dei Servizi segreti dell'Est a partire dal 1947; avrebbe coperto la sua attività con un impiego nel settore industriale e commerciale e si sarebbe iscritto ai partiti moderati di destra (DC, PNM, MSI) per ottenere un passaporto. Alcuni mesi a seguire, il centro periferico inviò un documento, noto appunto come informativa Cominform, in cui si smentiva quanto sospettato: la libreria di Gelli, si dichiarava, era stata sottoposta a sorveglianza e l'attività di quest'ultimo non aveva destato sospetti. L'informativa Cominform segnò un mutamento nell'approccio dei Servizi segreti nei confronti di Gelli: alla consistente attività investigativa dedicata al personaggio sino al 1950 si sostituì una attività informativa quasi inesistente. Proprio in ragione delle gravi accuse, piuttosto che assistere ad un arresto delle segnalazioni, si sarebbe dovuto inaugurare un periodo di significative documentazioni, ma così non fu. Un documento SIFAR del 1960 presentava Gelli come un uomo di affari, ormai lontano dalla politica; seguì poi un silenzio di tredici anni alla fine del quale una nota si chiedeva se fosse possibile identificare Gelli con un certo Luigi Gerla, segnalato nel 1964 per aver collaborato con i Servizi segreti ungheresi (A.V.H).

La contraddittorietà di questo atteggiamento viene denunciata anche dal fatto che altri organi informativi, estranei ai Servizi segreti, come la Guardia di Finanza e l'Ispettorato Antiterrorismo, nel 1974, concordarono nel valutare il Gelli un pericoloso soggetto prossimo agli ambienti eversivi di destra: la giustapposizione tra l'assenza di documenti da parte dei Servizi segreti e l'attività investigativa di altri organismi ci lascia intendere che:

174 Il Movimento Sociale Italiano nasce il 26 dicembre 1946 per volontà di alcuni reduci della Repubblica sociale di Salò ed ex esponenti del regime fascista fra i quali Giorgio Pisanò, Giorgio Almirante e Arturo Michelini. Fra le relazioni intraprese dal Gelli non mancarono noti militanti del MSI.

175 Ad informare l'Ufficio romano del SIFAR sarebbe stato un organo collaterale non identificato; nei documenti rilasciati alla Commissione di inchiesta da parte del SIFAR stesso sono infatti stati cancellati i destinatari e i mittenti.

il Gelli [fosse] egli stesso persona di appartenenza ai Servizi, poiché solo ricorrendo a tale ipotesi trova logica spiegazione la copertura da questi assicurata al Gelli in modo sia passivo, non assumendo informazioni sull'individuo, sia attivo, non fornendone all'autorità politica che ne faceva richiesta176.

Detto questo, è lecito pensare che la sospetta adesione del Gelli alle attività dei Servizi, avesse influito sulla mancata redazione di un certo tipo di documentazione. In un secondo momento, l'interessamento di Gelli per gli ambienti militari (soprattutto nelle alte gerarchie) sembrarono confermare quanto ipotizzato. L'intreccio tra ambienti militari e Loggia P2, attesta la Anselmi, fu concreto. A fornircene prova sono le vicende relative alla divisione Carabinieri Pastrengo di Milano: gli esponenti della divisione, i cui nomi trovano riscontro negli elenchi rinvenuti a Castiglion Fibocchi, ebbero ruoli strategici nella seconda metà degli anni Settanta nella lotta contro il terrorismo ed è proprio in relazione alla loro mancata collaborazione ed operatività che il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, allora al comando della brigata di Torino, si lamentò. In conclusione, esponenti di primo piano nel panorama militare si inserirono attivamente nel programma piduista, perseguendo finalità non proprio rispettose delle istituzioni democratiche: la ragione deve ricercarsi nella:

frustrazione morale e materiale che hanno costituito il fertile terreno di coltura dell'interessato proselitismo [nella] Loggia Propaganda, facendo balneare la possibilità di una presenza [determinante] nella vita del Paese dei cittadini in divisa177.

Nei primi anni Sessanta, Licio Gelli si avvicinava al mondo massone e di lì a poco, Loggia Propaganda Due e Licio Gelli sarebbero divenuti praticamente interscambiabili. Varcare la soglia dell'organizzazione gli avrebbe permesso di giovare della sua già consistente rete di rapporti e di accrescerla, anche in termini internazionali: di questo egli era ben consapevole. Quale uomo di destra, Gelli avrebbe dovuto avvicinarsi alla Piazza di Gesù; infatti l'anticlericalismo del Palazzo Giustiniani non era certo un punto di affinità con le preferenze di Gelli. Eppure è proprio ai Giustiniani che decise di affiliarsi. Il motivo di questa scelta risiede, ancora una volta, nell'opportunismo del Gelli calcolatore: la confessione giustinianea contava un maggior numero di contatti internazionali e un maggior numero di seguaci, prerogativa essenziale per i piani di Gelli.

Nel frattempo, in quegli stessi anni, i movimenti extraparlamentari e le organizzazioni 176 Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, IX Legislatura, T. Anselmi, Relazione della Commissione

parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2, cit., p.70. Consulato suhttp://www.senato.it in data 23 novembre 2017.

paramilitari o terroristiche insieme ai gravi delitti politici furono fatti ricorrenti. In un'epoca che prende il triste titolo di strategia della tensione, l'opera di politicizzazione della Loggia P2 si contraddistinse per i collegamenti che il Gelli promosse con l'eversione nera. Una vasta mole di materiale documentale attesta che dentro il quadro di crisi economica e instabilità politica di questi anni, la Loggia P2, attraverso il suo leader ed i suoi maggiori esponenti, si collegava con organizzazioni eversive incitandole nei loro propositi criminosi.

La prima tra le situazioni che videro un coinvolgimento significativo (e di cui possediamo riscontro nella documentazione) di Licio Gelli e degli uomini della loggia, è il cosiddetto

golpe bianco di Borghese, attuato nella notte fra il 7 e l'8 dicembre 1970, per volontà degli

esponenti oltranzisti del Fronte Nazionale. Il golpe Borghese è stato molto più che una messa in scena: gruppi armati della destra extraparlamentare e alcuni reparti delle forze armate avrebbero dovuto occupare i centri nevralgici del potere come la Rai, la Presidenza della Repubblica, il Ministero dell'Interno, mettendo in atto un piano insurrezionale che prevedesse l'arresto dei sindacalisti e di altri scomodi personaggi politici. Eppure, le truppe di Junio Valerio Borghese, comandante della X Flottiglia Mas durante la Repubblica di Salò, ricevettero ordine di fermarsi proprio a un passo dalla insurrezione. Questo contrordine che paralizzò la squadra di Borghese celava la finalità politica dell'operazione: nella mente di chi stava dietro alle quinte, l'effetto che il golpe tentato poteva provocare, in termini di reazione presso l'opinione pubblica e presso la classe politica, prevaricava il reale conseguimento di una conquista del potere che il piano avrebbe garantito solo ai pochi e non molto ravveduti congiurati che agivano in prima persona. Remo Orlandini, stretto collaboratore di Borghese, ammise che gli fosse costato non poca fatica fermare quei gruppi di oltranzisti già entrati in azione, ma era evidente che ai piani alti, qualcosa non aveva funzionato. Bene, alcune deposizioni di appartenenti ai contesti dell'eversione nera hanno consentito di indirizzare la responsabilità di quella inversione di marcia direttamente su Licio Gelli, ritenuto elemento determinante in quanto rappresentante di ambienti che:

in forma più o meno palese venivano contattati, però non con l'esplicita richiesta di aderire ad un golpe, quanto per avvicinarli a posizioni che implicassero un loro consenso per una svolta autoritaria o comunque per una democrazia forte178.

Nel 1974, il Servizio segreto preparò il dossier sul golpe Borghese: fu Eugenio Henke, nella veste di capo di Stato maggiore della Difesa, a disporre la cancellazione dei riferimenti ad 178 Ivi, p.89. La Anselmi riporta l'interpretazione di Fabio de Felice. De Felice fu deputato nelle file del MSI fino al

alcuni collaboratori del SID tant'è che, quando venne consegnato alla magistratura romana che indagava sull'episodio, il dossier era ormai solo un fascicoletto. A questo proposito, il giornalista Barbieri affermava: «Il SID ha ora consegnato i documenti, anche se la magistratura li giudica insufficienti. Non è la prima volta che il Servizio segreto entra in questa vicenda»179. Dunque, i nomi che scottavano erano stati tolti: ad oggi, la materia

documentale è in grado di dimostrare che questa scrematura di notizie fu il risultato di una decisione politica presa da un «summit svolto nello studio del ministro della Difesa dell'epoca Giulio Andreotti alla fine del luglio 1974»180.

La Loggia P2 risultò immischiata anche nella formazione del gruppo neofascista la Rosa dei

Venti. La nascita del gruppo fu la conseguenza del mancato colpo di Stato di Borghese.

Quando nel marzo successivo la notizia del tentato golpe divenne pubblica, il principe nero fuggì in Spagna per evitare la cattura; fu allora che molti gruppi, facenti parte del Fronte nazionale, si proclamarono autonomi, confluirono in Ordine Nuovo o rientrarono nel MSI. Dopo la parentesi di Dante Ciabatti, l'avvocato genovese Giancarlo De Marchi fu eletto nuovo responsabile del Fronte nazionale. Contemporaneamente, nasceva un'altra figura nel panorama eversivo: quella di Dario Zagolin. Egli riuscì a collegare i gruppi neofascisti veneti con quelli della struttura militare-civile del Fronte nazionale guidato da De Marchi; dalla sua intraprendenza nacque così la Rosa dei Venti. Inizialmente formata da venti leader delle formazioni clandestine (fra cui Ordine Nuovo, Avanguardia nazionale, La Fenice, Movimento

di azione rivoluzionaria ecc..), l'organizzazione si dette l'obiettivo di determinare un

mutamento istituzionale attraverso una strategia eversiva. Nel progetto figuravano Edgardo Sogno e Randolfo Pacciardi (assertori della Repubblica presidenziale, di un governo autoritario e di ordine sociale) Franco Picchiotti (generale dei carabinieri e piduista), Francesco Nardella (capo dell'organizzazione di estrema destra Movimento di opinione

pubblica che editava il periodico omonimo Opinione pubblica), Remo Orlandini e infine,

come testimoniato dal rapporto informativo del giudice Emilio Santillo, Ugo Ricci (ufficiale attivo nella promulgazione di idee di destra e appartenente alla cupola gelliana). Il processo relativo alle vicende eversive del SID parallelo181 e della Rosa del Venti, unificato con gli atti processuali inerenti ai tentati golpe di Borghese e di Sogno, videro emergere il 179 A. Barbieri, Il piano eversivo di Borghese perno di tutte le trame nere, in La Stampa, domenica 29 settembre 1974.

Consultato su http://www.archiviolastampa.it, in data 23 novembre 2017.

180 A. Cipriani, L'Unità, 10 gennaio 1992, in M. Guarino, F.Raugei, Licio Gelli: Vita, misteri, scandali del capo della

Loggia P2, Dedalo, Bari 2016, p. 98.

181 Le svariate connessioni fra Rosa dei venti e SID indurranno Roberto Cavallaro (attivista neofascista, arrestato dal giudice di Padova Giovanni Tamburino, titolare dell'inchiesta Rosa dei venti) a definire l'associazione segreta SID

coinvolgimento di numerosi affiliati alla P2: il generale Miceli, il suddetto Orlandini, i generali Ricci e Nardella, sono solo i più noti. Dalle testimonianze, inoltre, ottenute dalle investigazioni di Tamburino, emersero anche i nomi di Michele Sindona e Andrea Piaggio nel ruolo di finanziatori delle organizzazioni eversive della destra neofascista.

Inoltre, gli esiti delle indagini suggerirono che durante le riunioni segrete che l'organizzazione neofascista era solita indire, era assidua la partecipazione di ufficiali della NATO: è anche in questi termini che sembra chiarirsi l'opera di depistaggio operata dal binomio P2-Servizi segreti a seguito degli attentati. Si trattava di una operazione sistematica, di un compito istituzionale affidato alla loggia da parte del potere internazionale interessato a stabilizzare l'assetto politico e la sovranità limitata dell'Italia.

La figura del citato Zagolin ci è di aiuto nel delineare lo spessore della loggia nel piano di depistaggio della trama eversiva e di protezione dei responsabili. Quando nel '74, il giudice Tamburino ne ordinò la cattura, l'esecuzione dell'arresto fu affidata al comandante del Gruppo dei carabinieri di Padova, il capitano Manlio Del Glaudio. Il mandato tuttavia non venne eseguito; Del Glaudio, massone sin dal '58 e in contatto col Gelli sin dal '68, lasciò che Zagolin fuggisse all'estero, riparandosi dapprima in Grecia e poi a Parigi. Nella trama eversiva, Zagolin ricopriva un ruolo di primissimo piano ed inoltre intratteneva relazioni con gli ambienti americani; prerogative le sue che meritavano la massima copertura e protezione