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Verso una Commissione parlamentare d'inchiesta

La Commissione parlamentare sulla Loggia Propaganda Due: quando, chi, come e perché

2. Verso una Commissione parlamentare d'inchiesta

Ma torniamo al 1981: il 12 marzo, il giudice istruttore del Tribunale di Milano Giuliano Turone ed il collega Gherardo Colombo firmarono una comunicazione giudiziaria e un ordine di perquisizione domiciliare a carico di Licio Gelli, indiziato del reato di estorsione continuata, in concorso con i citati Michele Sindona, Giuseppe Miceli Crimi, Joseph 94 S. Turone, Partiti e mafia. Dalla P2 alla droga, Laterza, Roma 1985.

Macaluso, John Gambino ed altri. Su mandato dei due giovani giudici, una spedizione di militari della Guardia di Finanza si era diretta nei luoghi frequentati da Gelli: alcuni finanzieri avevano raggiunto l'Hotel Excelsior a Roma, alcuni si erano diretti a Frosinone, altri in provincia di Arezzo presso un'antica villa, Villa Wanda, altri ancora in un'azienda di Castiglion Fibocchi, chiamata Giole. Tutti questi indirizzi erano stati annotati, a fianco al nome di Licio Gelli, sull'agenda di Michele Sindona. Il testo autobiografico di Colombo, ricorda così quegli episodi:

Si lavora e si scopre [..]. Si scoprono i rapporti tra Michele Sindona e Licio Gelli, si scopre la Loggia P2, già toccata più volte dall'interesse dei media e indicata come sede di trame occulte e influenze inconfessabili. Molti erano gli elementi, emersi nel primo periodo delle indagini, che collegavano i due: un affidavit95 firmato da Gelli per evitare che Sindona venisse estradato dagli Stati Uniti in Italia; la documentazione sequestrata all'avvocato di Sindona, Guzzi [..] i contatti che Joseph Miceli Crimi [..] ebbe con lo stesso Gelli. Si decide di perquisire i locali di cui Gelli dispone, la casa, la fabbrica di confezioni che dirige [..] l'albergo romano, l'Excelsior, dove tiene udienza, ricevendo processioni di maggiorenti del regime dell'epoca, di questuanti, di futuri adepti. Ci si rende conto del potere di Gelli, che aveva confessato qualche mese prima la propria aspirazione a fare, da grande, il burattinaio in un'intervista a Maurizio Costanzo sul Corriere della Sera96.

Le parole di Colombo si riferiscono alle indagini che, lo ricordiamo, i magistrati stavano conducendo a proposito del falso sequestro di Sindona; in quell'occasione fu il medico italo- americano Miceli Crimi, nel novembre '79, a nominare Gelli97. A questa dichiarazione si

sommavano poi le testimonianze rese a verbale del giornalista titolare dell'Agenzia A Luigi Cavallo che, nel maggio 1979 aveva accennato ai rapporti esistenti tra Gelli, Sindona e Calvi98

e un appunto, come ricordava Colombo, dell'avvocato di Sindona, Rodolfo Guzzi, nel quale rendicontava di un incontro tra lui e Calvi avvenuto nel dicembre '77.

95 Per evitare l’estradizione in Italia, Sindona nel 1976 presentò al Tribunale di Manhattan una decina di affidavit, ovvero dichiarazioni giurate, che sostenevano la tesi della persecuzione politica in Italia nei confronti dell’intrepido banchiere anticomunista. A firmare gli affidavit furono Anna Bonomi Bolchini, l’alto magistrato romano Carmelo Spagnuolo, Edgardo Sogno, ex ambasciatore e regista del golpe bianco, John McCaffery, l’amico americano, Philip Guarino, esponente di rilievo dei gruppi massonici italoamericani e, appunto, Licio Gelli.

96 G. Colombo, Il vizio della memoria, Feltrinelli Editore, Milano 1996, p. 31. 97 Vedi p. 59.

98 Il 23 maggio 1979, presso la Procura della Repubblica di Milano, il giudice Guido Viola interrogava Luigi Cavallo. Alla domanda su Gelli, Cavallo rispondeva: «non lo conosco personalmente. Il Sindona mi ha detto che è un uomo potente, al servizio di Calvi, al quale deve la sua personale fortuna. Dopo la pubblicazione sull’Agenzia A delle notizie su Calvi, ho avuto parecchi fastidi. Il Sindona mi ha anticipato alcune cose che il Gelli avrebbe fatto nei miei confronti, che poi si sono puntualmente verificate. Parlando con Sindona per telefono dell’omicidio del giudice Alessandrini, gli dissi che avevo letto su L’Espresso che lo stesso stava per prendere dei provvedimenti nei confronti di Calvi prima di essere ammazzato e lui mi rispose che per operazioni del genere si serviva di Gelli [..]. Il Sindona reiteratamente mi diceva che Gelli era in frequente contatto con Andreotti. Documentazione trasmessa alla Procura della Repubblica di Roma il 17 marzo 1980.

La perquisizione delle proprietà del Venerabile, condotte dalla Guardia di Finanza di Milano, senza facoltà di delega (ovvero potendo tener segreta la missione alle autorità locali)99,

avrebbero dovuto condurre al ritrovamento della nominata lista dei 500, cinquecento come gli esportatori clandestini, correntisti privilegiati dei quali Sindona aveva occultato all'estero trentasette milioni di dollari, violando le leggi valutarie. Il documento sarebbe stato utile all'inchiesta di Turone e Colombo in quanto si riteneva potesse svelare, insieme ai nomi dei correntisti, anche quelli delle società estere, costituite dallo stesso Sindona, per conto dei maggiori partiti politici italiani (DC, PSI e PSDI).

Le perquisizioni di Villa Wanda e degli uffici della società Giole, tuttavia, non fornirono quella lista; bensì, in una straripante valigia giacente nell'ufficio di Gelli, i finanzieri trovarono «numerose buste sigillate [..] e siglate, cartellette con documenti, rubriche con schede alfabetiche e elenchi nominativi, lettere di Gelli, un'istanza di affiliazione e giuramento alla P2, ricevute di quote versate e altri documenti100». Il fatto che i documenti

fossero stati rinvenuti in una valigia, e non in un archivio, lasciò sospettare un imminente trasferimento di quella mole cartacea nell'archivio uruguaiano di Gelli, presso Montevideo. Il sequestro, cominciato alle nove del mattino, fu sommessamente ostacolato: la segretaria Carla Venturi negli uffici della Giole, il custode Vincenzo Benincasa nella villa gelliana interferirono, generando ritardi nel processo investigativo.

La gravità delle carte rinvenute negli uffici di Gelli venne immediatamente intuita. La mole documentale mostrava il pungente interesse del Venerabile per le questioni Sindona e Calvi; specialmente il dossier-Calvi era fornitissimo: il fascicolo vantava copia delle operazioni condotte dal banchiere in Italia e all'estero, degli atti giudiziari (vincolati dal segreto istruttorio) e delle richieste di accertamenti sulle attività del Banco Ambrosiano volute da procuratori e ispettori. A questi documenti, si aggiungevano altrettanti atti informativi che comprovavano l'interesse della loggia per il procacciamento di segreti di Stato. Come poteva Gelli possedere documenti appellati con i termini riservato e segreto? La risposta risiedeva negli elenchi di nominativi dove comparivano esponenti della dirigenza dei Servizi segreti, della Guardia di finanza, dell'Arma dei carabinieri e via dicendo.

La lista rinvenuta nella valigia contava novecentoventidue nominativi, elencati in ordine alfabetico; un'altra lista, trovata invece nella cassaforte, contava novecentosessantadue 99 I magistrati affidarono le perquisizioni al Nucleo regionale di polizia tributaria della Guardia di finanza di Milano in

quanto da tempo circolavano indiscrezioni secondo le quali alti ufficiali della Guardia di finanza, dell'Arma dei carabinieri e della Polizia avrebbero aderito alla Loggia massonica di Gelli. La cautela dei magistrati tuttavia non bastò: Orazio Giannini, comandante della Guardia di finanza, cioè degli stessi finanzieri che perquisirono le proprietà del Gelli, compariva nella lista. Era il n. 832, ma negherà sempre la sua affiliazione.

nominativi, alcuni dei quali evidenziati, come quelli di Michele Sindona, Silvio Berlusconi, Federico D'Amato, Giannini Orazio e altri ancora. Una terza lista, probabilmente quella contenente la totalità degli affiliati, non venne rinvenuta: sarà la Commissione sulla Loggia massonica P2 ad ipotizzare una lista definitiva con oltre due migliaia di nominativi: un'ulteriore riprova della incompletezza delle liste era data dal fatto che tra i novecentosessantadue nominativi trovati mancavano i nomi di otto fratelli la cui appartenenza era accertata dall'attività epistolare di Gelli: Mario Ciccutto, Augusto De Megni, Giordano Gamberini, Luigi Notti, Lino Salvini, Elvio Sciubba, Carlo Stievano e Ludovico Tomaseo; avremo modo di affrontare ancora questo argomento.

In un primo momento, il Presidente del Consiglio Arnoldo Forlani tentò di minimizzare la portata dello scandalo, insistendo nel definire fantasiosi101 i nominativi dei presunti iscritti alla Loggia P2 pubblicati su alcuni giornali. Il Presidente del Consiglio valutò, per oltre due mesi, le conseguenze della pubblicazione dell'elenco: Gelli, per ben due volte, tentò di dirigere le intenzioni di Forlani appellandosi al diritto costituzionale del cittadino e alla minaccia di ripercussioni, anche a livello internazionale, che la divulgazione avrebbe causato.

In quegli stessi giorni, un gruppo di tecnici prescelti per le proprie competenze in ambito costituzionale, detto il Comitato dei tre saggi, era stato incaricato di capire cosa fosse quella loggia e quali fossero le finalità da essa perseguite; composto da eminenti giuristi quali Aldo Sandulli, Lionello Levi Sandri e Vezio Crisafulli, il comitato aveva concluso il proprio lavoro in poche settimane giungendo a formulare un giudizio pesante sulla P2 e sul ruolo che essa rivestiva. Il Comitato amministrativo cominciò i suoi lavori il 7 maggio 1981 e li concluse il 5 giugno dello stesso anno; nella relazione finale la P2 veniva descritta come:

una formazione postasi fuori dall’ordinamento massonico [..]. Il vertice della cosiddetta Loggia P2 gelliana ha vissuto e si è proposto di operare in Italia come un luogo di influenza e di potere occulto insinuandosi nei gangli dei poteri pubblici e della società civile, e di ordinare in un unico disegno di bisogni, aspirazioni, ambizioni e interessi individuali sì da convogliarli verso tutt’altri risultati che quelli della solidarietà umana intesa nel suo autentico significato. [..] Un'associazione occulta può diventare uno Stato nello Stato. E questo non può esser consentito nell’ordine democratico. Un'associazione occulta potrebbe non soltanto contribuire a snaturare il sistema rappresentativo della Repubblica, potrebbe altresì far deviare quegli organi pubblici che sono tenuti a far puntuale applicazione delle scelte del potere politico e ad osservare l'imparzialità nell’esercizio delle rispettive attribuzioni. Nè può essere taciuta la nefasta azione che i centri di influenza occulti potrebbero essere in grado di esercitare in tutta la società civile condizionando le attività economiche, l’informazione, la vita dei partiti e dei 101Smentita di Forlani sulla loggia di Gelli, Corriere della Sera, 12 maggio 1981. Consultato su http://www.corriere.it,

sindacati102.

Il 19 maggio, interpellato a Montecitorio, Forlani fu investito dalle interrogazioni dei deputati che pretendevano di conoscere i nomi contenuti in quegli elenchi e le ragioni che avevano spinto il Presidente a negare tali nozioni al Parlamento. Forlani, nel rispondere aveva provato a coprire il proprio temporeggiamento facendo appello a quella ispirazione garantista che non gli consentiva di accusare qualcuno prima ancora che fossero accertate le sue responsabilità, ma questo non bastò a giustificarlo. Il giorno seguente, il Presidente Forlani proseguì alla pubblicazione dei nominativi. Nella lista figuravano ex ministri, vertici dei Servizi segreti, alti magistrati, ufficiali di elevato grado delle Forze armate, banchieri di istituti di credito pubblici e privati, industriali, imprenditori, editori, giornalisti, dirigenti Rai103, ma soprattutto c'erano:

molti dei protagonisti della strategia della tensione, personaggi coinvolti nelle inchieste giudiziarie relative al Piano Solo, alla strage di Piazza Fontana, al golpe Borghese, alla Rosa

dei Venti, al SID parallelo, al piano golpista di Edgardo Sogno, alla strage dell'Italicus, alla

strage della stazione di Bologna ed altri delitti politici104.

Nei giorni successivi alla pubblicazione degli elenchi, DC, PCI, PSI e PSDI depositarono alla Camera quattro proposte di legge per l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia di Gelli.

Lo scandalo P2 causò la caduta del governo democristiano di Forlani; così Pertini decise di affidare l'incarico della formazione di un nuovo governo al segretario del Partito repubblicano Giovanni Spadolini che, nel luglio '81, pose al primo punto del programma di governo la lotta alla P2 e al malaffare con l'obiettivo di «rendere irrespirabile per ogni tipo di intrigante fazioso che voglia tendere, mediante la creazione di centri di potere occulto, a svuotare di contenuto gli istituti della democrazia105». L'infiltrazione nei gangli vitali dello Stato ed il

vincolo di segretezza, come attestò il suddetto Comitato amministrativo d'inchiesta erano 102 Comitato amministrativo, Relazione finale, 5 giugno 1981, in G. Colombo, Il vizio della memoria, cit., p. 67. 103La lista rinvenuta a Castiglion Fibocchi contava: 208 militari e forze dell'ordine, 67 uomini politici, 52 dirigenti

ministeriali, 49 istituti bancari, 47 industriali, 38 medici, 36 docenti universitari, 28 commercialisti, 27 avvocati, 23 dirigenti industriali, 27 giornalisti, 18 magistrati, 18 imprenditori, 17 liberi professionisti, 12 presidenti di società private, 12 dirigenti di società pubbliche, 12 appartenenti a attività varie, 11 segretari politici, 10 associazioni, 10enti assistenziali e ospedalieri, 7 funzionari regionali. 8 dirigenti comunali, 8 presidenti di società pubbliche, 4 notai, 6 antiquari, 4 direttori alberghieri, 2 sindacalisti, 9 diplomatici, 2 provveditori agli studi, 1 commerciante, 4 consulenti finanziari, 8 compagnie aeree, 4 editori, 6 dirigenti editoriali, 3 scrittori, 10 dirigenti Rai-tv, 6 compagnie assicurative, 7 architetti. (M. Crocoli, Loggia massonica P2, cit., p. 46-47)

104 S. Flamigni, Trame atlantiche, cit., p. 21.

105G. Spadolini, Senato della Repubblica, trecentoquattresima seduta pubblica, VIII Legislatura, Resoconto

stenografico della seduta pomeridiana, mercoledì 5 agosto 1981. Consultato suhttp://www.senato.it, in data 24

elementi che accertavano «ai sensi dell'articolo 18106 della Costituzione [che] la Loggia P2

[fosse] da considerare una associazione segreta107», e quindi anticostituzionale; urgeva dunque

una forte risposta da parte delle istituzioni.

Così il 23 settembre 1981, la legge n. 527 istituiva una Commissione parlamentare d'inchiesta bicamerale (Camera e Senato)108 per:

Accertare l'origine, la natura, l'organizzazione e la consistenza dell'associazione massonica denominata Loggia P2, le finalità perseguite, le attività svolte, i mezzi impegnati per lo svolgimento di dette attività e per la penetrazione negli apparati pubblici e in quelli di interesse pubblico, gli eventuali collegamenti interni ed internazionali, le influenze tentate o esercitate sullo svolgimento di funzioni pubbliche, di interesse pubblico e di attività comunque rilevanti per l'interesse della collettività, nonché le eventuali deviazioni dell'esercizio delle competenze istituzionali di organi dello Stato, di enti pubblici e di enti sottoposti al controllo dello Stato109.

La Commissione sarebbe stata composta da venti deputati e venti senatori, scelti rispettivamente dai presidenti della Camera e del Senato in numero proporzionale ai componenti dei gruppi parlamentari. Il Presidente sarebbe stato scelto in comune accordo dai presidenti delle due Assemblee, mentre i due vicepresidenti e i due segretari sarebbero stati eletti direttamente dai membri della Commissione.

La Commissione era inoltre tenuta a concludere i suoi lavori entro sei mesi dal suo insediamento, presentando una relazione conclusiva che vertesse, ovviamente, sugli esiti delle indagini. La scadenza fu poi prorogata di due anni: l'inchiesta attraversò l'VIII e la IX Legislatura concludendo i suoi lavori nel luglio 1984.

106 Art. 8 della Costituzione italiana: i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Consultato su http://www.senato.it,

in data 25 ottobre 2017.

107 Relazione del Comitato amministrativo d'inchiesta del 13 giugno 1981. Consultato suhttp://www.senato.it, in data

25 ottobre 2017.

108 Componenti della Commissione d'inchiesta sulla Loggia massonica P2: Presidente: On. Tina Anselmi, Vice Presidente: on. Andò Salvatore (PSI) – on. Cecchi Alberto (PCI), on. Piero Angelini (DC), sen. Attilio Bastianini(PLI), on. Adolfo Battaglia (PRI), sen. Nereo Battello (PCI), on. Antonio Bellocchio (PCI), sen. Claudio Beorchia (DC), sen. Luigi Covatta (PSI), sen. Giorgio Covi (PRI), on. Famiano Crucianelli (PDUP), sen. Severino Fallucchi (DC), sen. Sergio Flamigni (PCI), sen. Elio Fontana (DC), on. Rino Formica (PSI), on. Elio Gabbuggiani (PCI), on. Akberto Garocchio (DC), on. Alessandro Ghinami (PSDI), sen. Gino Giungi (PSI), se. Bruno Giusti (DC), sen. Giuseppe Graziani (PCI), sen.Manlio Ianni (DC), on. Sergio Mattarella (DC), on. Altero Matteoli (MSI- DN), sen. Leandro Melandri (DC), on. Giampaolo Mora (DC), on. Achille Occhetto (PCI), sen. Pietro Padula (DC), on Claudio Petruccioli (PCI), sen. Francesco Pintus (PCI), sen. Giorgio Pisanò (MSI-DN), sen. Raimondo Ricci (PCI), on. Aldo Rizzo (Ind. di sinistra), sen. Roberto Ruffilli (DC), sen. Roberto Spano (PSI), on. Massimo Teodori (radicale), on. Giancarlo Tesini (DC), on. Felice Trabacchi (PCI), on. Antonio Ventre (DC), on. Bruno Vincenzi (DC), sen. Giuseppe Vitale (PCI). I profili biografici dei membri sono reperibili presso l'Archivio della Camera dei Deputati (http://www.archivio.camera.it), dove è possibile trovare iniziative, proposte di legge, interrogazioni di

ogni singolo esponente nelle diverse legislature.

La Commissione cominciò i lavori il 9 dicembre 1981. La sede prescelta fu il palazzo di San Macuto, luogo fitto di deputati, giornalisti e studenti universitari che usufruivano della sterminata biblioteca di cui era dotato l'edificio.

Il progetto fu, almeno negli intenti, al femminile: fu il Presidente di Montecitorio, Nilde Iotti110, a nominare Presidente della Commissione Tina Anselmi, la partigiana bianca,

«l'improbabile guerriera, la Giovanna d'Arco che avrebbe dovuto trafiggere i mostri degli anni Ottanta111» e prima donna ad aver ottenuto un dicastero. Nei suoi appunti, la Presidentessa

Anselmi raccontava come, il 30 ottobre 1981, fosse stata invitata da Nilde Iotti, deputata del PCI e Presidente della Camera, ad assumere la presidenza della suddetta Commissione parlamentare. Iotti aveva pensato a Tina Anselmi sia perché entrambe erano state partigiane durante la Resistenza, e dunque accomunate da un passato significativo, sia perché, come sottolineò Vincenzo Giaccotto ex-segretario della Anselmi, la Iotti temeva l'indicazione di Fanfani come Presidente della Commissione. Nei suoi appunti, raccolti da Anna Vinci, Anselmi raccontava di aver riflettuto quindici minuti prima di accettare l'incarico: fin da subito, Anselmi ebbe la percezione della delicatezza del suo compito, per questo contattò Leopoldo Elia, allora Presidente della Corte Costituzionale per chiedere un parere sull'incarico. Elia le consigliò di accettare.

Una volta individuato il Presidente, era necessario che il materiale a disposizione della Commissione venisse suddiviso in categorie: documentazione libera, ovvero già edita, documentazione riservata costituita da fonti prodotte dalla Commissione e documentazione

segreta e dunque non pubblicabile. Questa suddivisione rimase per lo più sulla carta; la

Commissione difficilmente riuscì a mantenere un profilo segreto in quanto numerosi erano gli interessi politici e le pressioni esterne che lo minavano incessantemente112. I lavori, infatti,

principiarono in una situazione confusa e caotica. La pressione esercitata sulla neonata Commissione aveva un ritorno, oltre che organizzativo, anche politico: l'immagine che si proiettava era quella di un corpo debole e litigioso; il problema del travaso di notizie verso l'esterno, oltre che mostrare una continua violazione dell'articolo 6 della legge istitutiva che obbligava i membri al massimo riserbo, incrinava il rapporto di fiducia fra i commissari e sottolineava la forte strumentalizzazione del fenomeno P2 che la Commissione poteva generare. L'unica soluzione plausibile fu quella di intensificare il rapporto con la stampa, così 110 Leonilda Iotti, detta Nilde, (1920/1999), ricoprì la carica di presidenza della Camera dei deputati per tre legislature

dal 1979 al 1992.

111 Ministero delle Pari Opportunità, Italiane. Dizionario biografico delle donne italiane, Roma 2004. La scheda biografica di Tina Anselmi è di P. Bianco.

112 Come attestato da un intervento di Mauro Seppia, contenuto in Commissione parlamentare d'inchiesta sulla Loggia

da rendere irrilevante la fuga di notizie. Nonostante questo la proposta, approvata all'unanimità, non sortì gli effetti sperati; nel marzo '82, la Presidentessa Anselmi fu costretta a minacciare l'intera giunta di ricorrere a denuncia contro chiunque lasciasse trapelare i dettagli delle sedute.

Le difficoltà che la Commissione Anselmi dovette affrontare durante le indagini sono innegabili. Gli Italiani, del resto, furono emotivamente coinvolti dalla scandalo: lo spiccato interesse dell'opinione pubblica generò una intensa attività di stampa che, come abbiamo visto, ostacolò il lavoro d'indagine. L'istituzione della Commissione rispondeva, in prima battuta, alla necessità di far recuperare credibilità alla classe politica che, agli occhi degli Italiani, aveva assunto una immagine deteriorata; era dunque logico che il popolo italiano esigesse impazientemente risposte, ma la fuga di notizie cui abbiamo riferito ostacolò notevolmente l'operato della Commissione che cominciò le indagini in un clima difficile. Antonino Calarco113, membro della Commissione, riassunse così l'interesse nei confronti

dell'inchiesta:

Vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi sul fatto che noi apparteniamo ad una Commissione istituita su un fatto che appassiona l'opinione pubblica al di là di quanto non abbia appassionato gli argomenti e le motivazioni per cui sono sorte altre Commissioni d'inchiesta. La P2 è un fatto di opinione, di costume.114

Calarco, così come altri membri della Commissione, riteneva importante procedere alla pubblicazione integrale degli atti prodotti in seduta plenaria; questa divulgazione fu tuttavia motivo di strumentalizzazione da parte di chi, internamente alla Commissione, mirava a screditare i partiti diversi dal proprio; avremo modo di approfondire.

La Commissione si proponeva di dare lettura politica al fenomeno P2: che cosa era stata? Quali le sue finalità? Come aveva agito e con quali obiettivi? Stabilire una metodologia condivisa attraverso la quale rispondere a certi interrogativi non fu semplice: l'approccio investigativo da adottare così come i temi sui quali concentrare la ricerca costituirono un fertile terreno di discussione.

La Commissione predispose di una mole documentale eterogenea che, da quanto valutato 113 Antonino Calarco, (1932/ -), giornalista e politico italiano. Esercitò la professione di direttore presso la testata

Gazzetta del Sud nel 1968, poi dal 1979 al 1983 fu eletto senatore della Repubblica per la DC. Al termine

dell'incarico tornò alla direzione del giornale per essere poi eletto alla presidenza della società incaricata di