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Relazione di minoranza: parla Alessandro Ghinam

Le relazioni di minoranza: motivazioni di un dissenso

2. Relazione di minoranza: parla Alessandro Ghinam

La seconda espressione di dissenso che intendiamo esaminare è quella di Ghinami, esponente del Partito socialdemocratico. Differentemente da Bastianini, le cui osservazioni si soffermavano principalmente sul contenuto della relazione maggioritaria, Ghinami motivava il suo dissenso a partire da considerazioni di carattere metodologico: secondo l'onorevole, la relatrice Anselmi avrebbe dovuto prediligere un approccio che partisse da fatti accertati, rifiutando dunque un assetto esclusivamente teorico; questo perché, quando si voglia riferire a proposito di certe vicende, dichiarava Ghinami, l'unico metodo contemplabile è quello che verte verso l'umiltà dei fatti e che dunque segue una prospettiva storica:

[..] compito principale della Commissione [era] quello di ricercare la verità storica di questa amara vicenda; [..] quanto la Commissione relazionerà [..] potrà avere gravi conseguenze [..] di ordine politico, ma anche di ordine amministrativo, [..] rischiando di travolgere la dignità e la onorabilità di chi, forse, delle trame della P2 non ha [avuto] alcuna responsabilità o ne [è stato] totalmente estraneo219.

Secondo Ghinami, la relazione conclusiva aveva seguito un metodo deduttivo: a priori, aveva dato per certa un'ipotesi prima di verificarla; per di più, quando anche la suddetta tesi veniva confutata dai fatti, la relatrice non aveva ritenuto necessario sostituirla con un'altra ipotesi più adeguata. Mantenendola valida, prima e dopo l'osservazione degli eventi che avrebbero dovuto accreditarla, tale tesi si rivelava, dunque, nient'altro che un'interpretazione personale dei fatti. Addirittura, Ghinami accusava Anselmi di aver omesso alcune espressioni, presenti nel testo della pre-relazione ed eliminate dalla relazione finale. Certi termini (non si può

escludere, si deve ritenere ecc..), che testimoniavano l'infondatezza di quanto si stava

dichiarando, non erano stati tolti perché i dubbi che ne giustificavano la presenza nella pre- relazione erano stati chiariti, ma bensì perché, parafrasando Don Chisciotte, certe vicende dovevano essere così e così erano.

219 Commissione parlamentare sulla Loggia massonica P2, IX Legislatura, A. Ghinami, Relazione di minoranza, Legge del 23 settembre 1981, n. 527, Roma 1984, p. 5. Consultato su http://www.laprivatarepubblica.it, in data 30

Un altro aspetto che minava la fondatezza della relazione di Anselmi concerneva l'attendibilità delle liste rinvenute a Castiglion Fibocchi; allora, sottolineava Ghinami, soltanto per un terzo dei nominativi esisteva la ragionevole sicurezza della loro iscrizione alla loggia, per i restanti, la perentorietà con cui la Commissione aveva affermato la veridicità degli elenchi era del tutto ingiustificata. Il fatto che non si fosse diretta un'attenta indagine sui singoli personaggi apparsi sugli elenchi faceva sì che, a comprovare la loro appartenenza alla loggia, fosse solamente la furbizia documentale di Gelli che, per quanto ne sappiamo, poteva aver manipolato le liste. E dunque, quali potevano essere le ragioni che avrebbero spinto la relatrice ad escludere tutte le ipotesi di errore e deliberata provocazione da parte di Gelli, presenti invece nella pre-relazione?

- una reazione irritata [..] alle critiche spesso eccessive che erano state rivolte da più parti a questo aspetto della pre-relazione [e] che lo ha portato a ribadire con più perentorietà [..] il giudizio di autenticità e di attendibilità delle liste;

- oppure, come taluno ha sostenuto, questa maggiore rigidità è stato il prezzo politico pagato per [..] essere autorizzato ad attenuare altre parti della pre-relazione che per qualche parte politica avevano sapor di forte agrume.

Assolutamente non condivisa anche la questione sulla responsabilità personale degli iscritti alla Loggia P2. Ghinami, accusava la relatrice e chiunque avesse appoggiato la relazione conclusiva, di aver condotto una vera e propria caccia alla strega, di non aver tenuto in considerazione le consistenti prove che testimoniavano l'estraneità di alcuni iscritti agli obiettivi di Gelli. Nel documento di Ghinami si accennava dunque all'iscrizione inconsapevole, avvenuta negli anni '71-'74, di tutti i massoni alla memoria del Gran Maestro; all'affidamento a Gelli dei circa duecento massoni all'orecchio del Maestro Salvini, episodio tra l'altro documentato da una lettera del luglio 1977; oltre al fatto che un numero consistente di soci aveva la consapevolezza di appartenere ad una comune loggia massonica, non certo segreta e anomala come venne appellata.

É proprio a proposito della natura della Loggia P2 che Ghinami trovava un ulteriore punto di dissenso. Nella relazione di maggioranza, dichiarava l'onorevole, l'istituzione P2 era presentata come un'associazione segreta a fine politico che aveva tramato contro la democrazia: a supporto della tesi, si era fatto appello al comportamento di Gelli e degli affiliati, al gran numero di alti ufficiali delle forze armate e dei Servizi segreti iscritti alla loggia ed infine a quanto contenuto nel Piano di Rinascita Democratica. Queste teorie, proposte come riprova della congiura politica che la P2 andava organizzando, secondo

Ghinami, erano banalità: innanzitutto, la loggia non avrebbe potuto organizzarsi in questi termini perché non si tenevano riunioni cadenzate, non esisteva una sede stabilita e i soci non si conoscevano l'uno con l'atro; inoltre, la presenza di figure militari fra gli iscritti non avrebbe dovuto suscitare tanto scalpore: da Garibaldi, a Diaz fino a Badoglio, tutti avevano fatto parte del mondo massonico, a dimostrazione che l'esercito aveva costituito, da sempre, un ampio bacino di utenza; infine, il ritrovamento del Piano di Rinascita Democratica era stato, con ampie probabilità, organizzato dallo stesso Gelli:

Che il Piano sia stato fatto ritrovare da Gelli non vi sono dubbi: la figlia di Gelli viaggiava con un passaporto intestato a Gelli Maria Grazia e la sua valigia aveva un grosso strappo nella fodera, malamente cucito, da cui occhieggiavano le carte del Piano! I finanzieri in servizio alla dogana non avrebbero potuto ignorarlo, neanche volendo220.

Luoghi comuni e giudizi superficiali avevano lasciato credere che le proposte del Piano fossero sommessamente eversive: eppure, molti sicuri democratici si erano a lungo battuti per la soluzione presidenziale esposta nel documento. Dunque, secondo Ghinami, il vero intento di Gelli era ben più concreto: esso, più che nell'intento di destabilizzazione politica, trovava nell'attacco al Presidente Leone la sua più profonda motivazione.

La congiura politica, secondo Ghinami, non costituiva dunque il fine ultimo dell'istituzione P2, piuttosto a determinare la natura dell'associazione era stata la cospirazione affaristica: Le cordate carrieristiche che spingevano tanti ufficiali e burocrati ad entrare nella Loggia P2, servivano a Gelli per penetrare [..] in tutti i settori dell'amministrazione pubblica e della società e di utilizzare tutti costoro al momento opportuno per il successo delle sue trame affaristiche e non al fine di destabilizzare politicamente il Paese.

La finanza cinica e spregiudicata di Sindona, Calvi ed altri, legata agli ambienti piduisti, andava poi affiancata alla mafia tradizionale, nazionale ed internazionale, con cui la il raggruppamento Gelli-P2, quale nuova espressione mafiosa, avrebbe tessuto trame. Non a caso, Ghinami parlava di degenerazione mafiosa: Gelli ed il suo gruppo, come la mafia, avevano ampiamente utilizzato le armi del ricatto intimidatorio e dell'infiltrazione all'interno dei poteri amministrativo, bancario, finanziario, commerciale ed editoriale. Occorreva comunque tenere distinte queste due manifestazioni del potere occulto che, seppur ravvicinate da metodi e pratiche comuni, erano tutt'altro che identiche.

220 Commissione parlamentare sulla Loggia massonica P2, IX Legislatura, A. Ghinami, Relazione di minoranza, cit., p. 13. Consultato su http://www.laprivatarepubblica.it, in data 1 dicembre 2017.

Così come la P2, caratterizzata da un profilo puramente affaristico, dichiarava Ghinami, anche Licio Gelli non mirava «ad altro che al guadagno, disposto a tutto per il denaro: anche a vendere la vita dei partigiani ai Tedeschi e la vita dei Tedeschi ai partigiani, nello stesso giorno221». La figura di Gelli, nelle parole dell'onorevole, veniva privata di ogni riferimento

ideologico e politico: un uomo senza valori se non il guadagno, come avrebbe potuto gestire l'eversione nera o rossa, portatrice invece di una forte carica idealistica, per quanto deviata e distorta? La presentazione di Gelli formulata dalla relazione di maggioranza, mostrava (nonostante gli spiacevoli appellativi attribuitegli) un personaggio forte, di grande statura e lucida intelligenza quale valido supporto alla tesi della P2 come grande congiura politica: tuttavia, con Ghinami, decaduta la prospettiva politica dell'istituzione piduista, anche Gelli si rivelava per quello che realmente era: «un uomo senza ideali e senza scrupoli morali [e] senza princìpi222».

Dunque, l'elaborato di Ghinami proponeva una punto di vista alternativo, in moltissimi suoi punti, alla proposta Anselmi: la vicenda P2, secondo l'onorevole, non era stata altro che un fenomeno di progressiva corruzione che aveva indebitamente investito le istituzioni politiche e sociali per fini di profitto privato; esso si era potuto avvalere di molteplici compiacenze e appoggi da parte di uomini politici, la maggior parte dei quali non figuravano certo negli elenchi sequestrati a Castiglion Fibocchi. La ragione doveva essere ricercata nella struttura della nostra società, ormai così largamente politicizzata in tutte le sue articolazioni che, chiunque intendesse operarvi con intenti corretti o perversi, non poteva non ricercare il sostegno o la mediazione della classe politica.

Un ultimo appunto, Ghinami si sentì di muoverlo a sfavore del numero di partecipanti alla Commissione, secondo l'onorevole troppo elevato: oltre a comportare una scarsa funzionalità ed una cospicua perdita di tempo dovuta agli accesi dibattiti scaturiti da questioni anche marginali, l'ampiezza della Commissione aveva portato alla necessità di delegare interamente alla Presidentessa Anselmi la compilazione della relazione, a scapito della collegialità della Commissione stessa.

Facendo focus sul metodo di conduzione dell'indagine, da subito pregiudiziale, Ghinami espresse il suo dissenso in maniera, ci si passi il termine, teatrale; nella relazione, infatti, si è fatto largo utilizzo di punti esclamativi e non è mancato l'ampio ricorso a riferimenti filosofici e letterari, usati come parabola di quanto si stava affermando (Aron, Popper, ma anche rimandi a Don Chisciotte e al Màlleus Maleficarum). Insomma si trattò di una trattazione sui 221 Ivi, p. 17.

generis volta, per usare le parole dell'autore, ad esprimere «con fermezza quello che è

sembrato vero e importante alla coscienza223».