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e politico-istituzionale nel quale si muovono i protagonisti della ricerca

6. Le relazioni familiar

6.3. Il contatto con la terra di origine

La tendenza soprattutto da parte delle prime generazioni, a continuare ad avere lo sguardo rivolto verso il paese di origine è condizionata dal fat- to che la stessa scelta di partire è stata in molti casi presa non dal singolo migrante, ma dal contesto familiare di origine. Migrare non è soltanto un investimento per il singolo o per il coniuge e i figli, ma anche per gli altri parenti che restano a casa, che hanno investito sulla sua partenza, affinché produca reddito che possa inviare loro, per questo il legame con la madre patria continua ad essere forte (Lauby, Stark, 1988). Tuttavia, tra le donne e gli uomini chi tende a mantenere maggiormente il legame sono le donne, per cui si sono rivelate «il perno delle strategie di mobilità sociale o di di- fesa dello status familiare» (Ambrosini, 2007: 17), ma questa diversità di atteggiamenti non sempre viene gestita in maniera serena all’interno delle famiglie, dove in diverse occasioni sorgono de conflitti, proprio in virtù del legame con i parenti che vivono nel paese di origine, ma questo fenomeno non è stato riscontrato in questa ricerca. Il contatto con la cultura d’origine viene mantenuto anche grazie alla presenza delle reti migratorie e quindi dei reticoli familiari, nell’abito di una doppia appartenenza (Sassen, 1999).

Tra gli intervistati il modo in cui si continua ad essere in contatto con il paese di origine oltre ad essere soggettivo, varia in base alla provenienza, a prescindere dall’età. Gli immigrati, sia adulti che giovani, coinvolti nella ri- cerca sono sospesi tra due polarità: il mantenimento del contatto, attraverso l’informazione, la conservazione delle tradizioni e le relazioni con parenti e amici rimasti a vivere nel paese di origine; la tendenza a storicizzare ogni riferimento alle origini, perché lo sguardo è ormai rivolto interamente ver- so il paese di insediamento.

Tra le due polarità ci sono diverse posizioni intermedie.

Rispetto alla necessità di informarsi su ciò che accade nel paese di ori- gine moltissimi esponenti di seconda generazione non sono interessati, lo stesso vale per alcuni adulti.

No. I miei si, io no, perché essendo cresciuta qua l’ho sempre vista una cosa un sacco lontana da me (Se., 20, bosniaca).

Poco, perché tanto vivo qui, quello che succede lì non mi interessa più di tanto (Ro., 35, italo-brasiliana).

Molti degli esponenti di prima generazione non sentono più l’esigenza di non avere più niente a che fare col paese di origine, da cui sono scappati. In alcuni casi ci si informa sugli avvenimenti del paese di origine, soltanto in occasione di eventi eccezionali.

Ogni tanto, poco. Mi ero informata soprattutto quanto era nata questa primave- ra araba, perché un po’ ero preoccupata che succedesse anche lì in Marocco, pe- rò alla fine è andata bene, sennò di solito quando torno a casa sento il telegiornale marocchino con i miei. I miei seguono sia il telegiornale italiano che quello ma- rocchino, restano informati su entrambi i lati (Si., 25, italo-marocchina).

Restare ‘informati su entrambi i lati’ è una prerogativa quasi esclusiva- mente delle prime generazioni, le seconde vedendosi come proiettati nel paese in cui vivono, sentono poco l’esigenza di tenersi aggiornati su ciò che accade nel paese di origine. Ad avere una maggiore attenzione ai grandi eventi che si verificano nei paesi di origine sono soltanto i ragazzi più ma- turi, allo stesso modo di quanto emerso nel progetto Effnatis5.

Da parte delle seconde generazioni i contatti con parenti e amici del pa- ese di origine vengono mantenuti maggiormente con i primi e in maniera saltuaria con i secondi. La maggior parte degli intervistati è nata in Italia o vi è giunta durante l’infanzia, per cui molte relazioni si sono diradate.

Amici ne ho pochi, quelli dell’infanzia, che conosco, li saluto così, ma non c’ho legami stretti come qua. Ho legami con mio padre, mia zia, con i parenti. Via te- lefono e via internet (Si., 17, albanese).

Tuttavia, in alcuni casi i rapporti si sono intensificati o sono rimasti uguali. Distanze e separazioni coinvolgono in pochissimi casi genitori e fi- gli, più che altro i parenti con cui si è in contatto nel paese di origine sono nonni e zii, dato che questi nuclei sono ricomposti in Italia. Queste fami- glie hanno dunque superato le fasi traumatiche del vivere per anni separati e i genitori non sono più costretti a svolgere la loro funzione a distanza. La differenza tra le due generazioni è che per le prime l’esigenza di conserva- re le amicizie è molto più importante. Nonostante ciò anche tra le prime

5. Il progetto Effnatis (1998-2000) è stato coordinato dal Forum Europeo per gli studi sulle migrazioni presso l’Università di Bamberga ed è stato finanziato dalla Commissione Europea nel quadro del programma di ricerca socio-economico.

generazioni si sono verificati casi di rapporti diradati con parenti e le moti- vazioni sono diverse:

– vergogna per la propria situazione economica:

Sono cambiati, si cambia, uno diventa più materialista, diventa più lontano da quelle che erano le sue radici. Quando sono arrivata mio padre chiamavo tutti i giorni, adesso non lo chiamo da sei mesi, non gli voglio far sapere dei miei pro- blemi economici e non voglio sapere quello che sta passando lui, perché mi sen- tirei ancora di più in colpa e per quel motivo che no chiamo, per non sapere, non soffrire (Mi., 38, peruviana).

Nei processi di insediamento si possono verificare anche fenomeni ca- ratterizzati da legami familiari non più solidi, in particolare se si hanno re- more nel far sapere che l’esperienza migratoria non ha permesso il miglio- ramento della condizione socio-economica. Confrontarsi con un parente rimasto nel paese di origine sulle difficoltà che si stanno vivendo signifi- cherebbe confrontarsi con i propri fallimenti ed esporli, il che avrebbe un costo psicologico altissimo.

– la guerra civile nell’ex Jugoslavia ha causato profondi cambiamenti nelle relazioni tra le persone:

Sono diminuiti, si vede meno, si sente meno, una volta all’anno ti riesci a vedere e poi pure gente è cambiata con questa guerra, non è un rapporto come prima, sia- mo sempre si parenti e tutto, però c’è qualcosa in aria che è cambiata, loro sono rimasti un po’ indietro, si è distaccati, tutti sono diventati un po’ strani le persone, sembra qualche cosa in aria che ci distacca (Ad., 41, bosniaco).

I traumi sociali e personali che provocano le guerre lasciano ferite che difficilmente si rimargineranno, soprattutto quando si tratta di una guerra civile come quella dell’ex Jugoslavia, l’esperienza migratoria può far acu- ire la percezione delle differenze e dei diversi percorsi di vita intrapresi. Dall’ex Jugoslavia nei primi anni ’90 sono fuggite due milioni di persone e soltanto un milione vi ha fatto ritorno. Si è trattato di una vera e propria diaspora, per cui questo milione di persone di origine slava che vive spar- so per il mondo si è portato dietro un’eredità che suscita distacco e diffi- coltà a ristabilire le relazioni di una volta con parenti e amici rimasti in patria.