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e politico-istituzionale nel quale si muovono i protagonisti della ricerca

4. Adolescenza e percorsi identitar

4.3. Il rapporto con la cultura di origine e con quella del contesto di ricezione

4.3.3. Il rapporto con la cultura italiana

Nei confronti del patrimonio culturale italiano, inteso da un punto di vi- sta artistico, c’è da parte degli intervistati ammirazione, interesse e rispetto, soprattutto tra le seconde generazioni. Questo atteggiamento è attribuibile al processo di strutturazione del senso di appartenenza al contesto nel qua- le stanno crescendo, pur non perdendo di vista le proprie origini. Questa

dinamica è un elemento positivo e di propensione all’assimilazione, prope- deutica per giungere all’assimilazione selettiva. A ciò va aggiunta la consa- pevolezza che essendo stati educati anche in base al modello educativo ita- liano, sono diventati ormai parte importante della loro personalità i valori e i principi a cui sono stati socializzati. D’altronde nell’indagine Itagen 25,

era ampiamente emerso che «i giovani stranieri socializzati in Italia sono molto simili a coetanei italiani, specialmente a quelli appartenenti a clas- si sociali basse o medio-basse» (Della Zuanna, Farina, Strozza, 2009: 58).

Rispetto ad altre caratteristiche della cultura italiana, in particolare per quanto riguarda la relazione con l’immigrato, gli intervistati sono consape- voli dell’enorme ambivalenza presente in Italia: accoglienza e rifiuto.

Gli aspetti giusti della cultura italiana sono le regole che ci sono in Italia, però c’è tante volte che vedono stranieri che fanno troppa parità6. Nel senso che se parla

un italiano è tutto fatto, se parla uno straniero devi stare un po’ da parte, ti met- tono da parte. Mi sento distante dalla cultura italiana quando fanno parità. De- gli italiani mi piace quando per esempio che ci stiamo, che non ti senti che sei nel momento che ti dice: ‘o straniera, straniera, straniera’. Questo per esempio mi fa molto male. Io so che sono figlia di straniera, che sono figlia di me stessa, però tante volte ti fanno capire come se sei uno straccio. Questo non mi va bene, per- ché siamo tutti uguali e deve esserci un certo modo e poi devi dire le parole giu- ste, quando devi parlare, perché io non offendo nessuno, ma non voglio neanche che mi offendono. Del modo di comportarsi degli italiani mi piace per esempio che quando mi trattano come loro, che stiamo tutti insieme, quindici ragazzi ita- liani, io sono straniera, devo essere anch’io, che lavoriamo insieme, che mi fanno aggregare come italiana. Lo so che sono straniera, però al momento non lo devo sentire. I miei colleghi e questo lo apprezzo tanto perché è come se sto a casa mia con loro (Li., 42, albanese).

Quando si tira fuori il fascismo e il razzismo. Diciamo l’arroganza, l’ignoranza di gente che non lo sa, che non ha girato altri posti, non è andata da nessuna par- te, non ha visto niente e pensa che è tutto qui, invece, che ha scoperto lui l’Ameri- ca e invece non è vero. Uno che gira magari ha le idee un po’ più aperte, gli occhi aperti (Ad., 41, bosniaco).

La parte negativa della cultura italiana è che si credono i migliori al mondo e i migliori al mondo non sono loro. Poco, ma sicuro. Per unificarsi l’hanno dovu- to fare nella seconda metà dell’800, dove magari già nella seconda metà dell’800 c’erano imperi che duravano da 200, 300 anni. Aspetti negativi delle culture la

5. Si tratta dell’indagine Itagen2, la prima ricerca quantitativa statisticamente rappre- sentativa a livello nazionale sui figli degli immigrati. È stata svolta in 48 province italiane, sugli alunni delle scuole medie dell’a.a. 2005/2006, dunque con un’età compresa tra gli 11 ed i 14 anni. Il campione ha riguardato 10.554 figli di coppie con almeno un componente straniero e 10.150 con entrambi i genitori italiani.

6. Per parità l’intervistata intende discriminazione. Usa il termine in maniera impro- pria.

mafia in politica e non solo. Aspetti positivi una corazza dura l’Italia, ma che for- se dentro ha un buon cuore, perché accettare tutti quegli immigrati a Lampedusa, che magari ha posti per 5.000 persone, già in un giorno ne sbarcano 5.000 vuol dire un gran cuore. Chiedere aiuto all’Europa e non riceverlo è un brutto segnale, perché ho capito che è vicino, però allora te Francia, Spagna e altri paesi dovresti portare degli aiuti a Lampedusa e aiutare. Aspetto negativo è Bossi e quelle per- sone lì (El., 20, bosniaco).

Per l’aspetto negativo, nella cultura italiana il chiudersi troppo, molto spesso l’Ita- lia, nonostante la storia ci insegna che l’Italia è formata da più culture, quindi la cultura dell’Italia non c’è, perché è stata sempre formata da più culture, però si di- mostra molto chiusa, molto poco sensibile verso certe tematiche. Positivi, che la storia italiana, la cultura italiana ci da un prospetto verso il futuro fantastico, nel senso che la storia che ha l’Italia ci dimostra che è un paese culturalmente alto, quindi guardando la filosofia, la storia stessa, basti guardare i musei di cui è for- nita l’Italia, basti guardare la pittura, l’arte che è in Italia, che è fantastica (Am., 23, italo-marocchino).

È sintomatico che ad aver riportato esperienze vissute in prima persona di rifiuto siano soltanto gli esponenti di prima generazione. I giovani, inve- ce, rispetto a questo fenomeno fanno una valutazione di carattere culturale. C’è poi unanimità sia nel non tollerare atteggiamenti di ostilità e razzismo, nei quali va compresa la rigidità ufficiale dello stato determinata dalla leg- ge Bossi-Fini e dal pacchetto sicurezza7, grazie ai quali non a sproposito

di parla di razzismo istituzionale (Bartoli, 2012), sia nel riconoscere la soli- darietà presente in buona parte degli autoctoni, dato che molti genitori so- no stati aiutati e sostenuti nel momento del bisogno da questi.

Altri elementi positivi dei comportamenti italiani, evidenziati, in parti- colare da alcuni genitori, nel confronto tra le due culture, riguardano alcu- ne caratteristiche della famiglia italiana, come la tradizione di riunirsi per il pranzo della domenica e la minore propensione degli uomini italiani, ri- spetto ai connazionali, ad avere problemi di alcolismo:

La cosa di stare molto in famiglia è bello, cioè da noi sì, si sta in famiglia però, anche il fatto che la domenica si riunisce la famiglia a tavola, da noi queste co- se poco, la domenica ognuno, c’è chi va al mare, chi va con gli amici, c’è poco la domenica (Ro., 35, italo-brasiliana).

Mi piacciono come si comportano gli uomini italiani. La maggior parte sono gen- tili, non li vedo ubriachi per strada, sono pochissimi. Poi da voi comanda la don- na a casa. In certe famiglie c’è proprio la donna che comanda e questa cosa mi piace. Non mi piace questo razzismo, qualche volta, che è sempre, qualche battu- ta c’è sempre. Anche questi giorni è venuto uno a casa di riposo: ‘qua non si parla

7. Si tratta rispettivamente del T.U. sull’immigrazione, la l. 189/2002, e dell’insieme di leggi che hanno introdotto il reato di clandestinità, la l. 94/2009.

più italiano’, ‘di fatti i malati vostri li guardiamo noi, mica voi’. Io ho risposto, so- no diventata triste (Pa., 47, romena).

In quest’ultimo stralcio di intervista torna il tema della diffidenza verso gli immigrati, ma non solo. Questa donna romena, infatti, con poche fra- si ha messo in evidenza uno dei principali problemi strutturali del welfa- re italiano, dovuti a una contraddizione di fondo, caratterizzata da un lato dall’emancipazione femminile e dall’altro dall’incapacità dei governi ita- liani di gestire nel corso degli ultimi decenni l’allungamento della vita e il conseguente aumento di anziani in stato di bisogno, di cui si stanno occu- pando principalmente le assistenti familiari non italiane (Ponzini, Puglie- se, 2008; La Rosa, Zanfrini, 2003; Vicarelli, 2005; Paci, Pugliese, 2011; Piperno, Tognetti Bordogna, 2012). La donna romena lavora come opera- trice socio-sanitaria presso una casa di riposo, occupazione molto ambita dalle assistenti familiari che lavorano a domicilio, perché lavorare in una casa di riposo significa godere di alcuni diritti come la turnazione e lo sti- pendio regolari, che nel lavoro a domicilio non sempre vengono garanti- ti. L’incapacità di gestire il fenomeno migratorio da parte dello stato ita- liano viene evidenziato anche da frasi come ‘qua non si parla più italiano’, un’affermazione da cui si evince che da un lato agli immigrati sono sta- ti affidati i lavori marginalizzati, e dall’altro si è diffusa l’intolleranza, per- ché non è stato programmato nessun intervento di mediazione sociale, per far comprendere alla popolazione autoctona gli importanti mutamenti so- ciali in atto.

Va sottolineato, infine, che è abbastanza diffusa l’idea secondo la qua- le tra la cultura d’origine e quella italiana ci sono molti punti in comune, messo in luce soprattutto da persone provenienti dall’area mediterranea.

Ci sono un po’ di differenze tra queste culture, ci sono punti di incontro tra la no- stra cultura, la cultura araba ha anche una radice profonda. La cultura nostra ri- guarda soprattutto di vivere insieme, dove va questa gente, sono aperti, hanno cul- tura che dice di amare anche l’altro, di rispettare gli altri, perché siamo venuti da un padre, da Adamo e Eva, perciò rispetto di altre religioni allora da tanti secoli è stato, perciò la gente che vive qua ha una cultura che rispettano la cultura. La dif- ferenza è semplice, la maggior parte credono nella religione musulmana, vivono in maniera semplice. Hanno il loro modo di vivere, le loro usanze, ci sono ami- ci tra queste due culture. Ci sono tanti punti di contatto, in comune tra cristiani e musulmani, perché Gesù è nato dalla parte nostra, è stato battezzato in Giordania, perciò se parliamo della religione ci sono tante cose delle radici in comune. È un clima Mediterraneo che fra noi e voi, la cultura è una cultura profonda. La gente che prega o che segue un certo ritmo nella loro cultura hanno paura anche di am- mazzare un uccello. Perciò la gente ha paura della gente che non credono in nien- te, fanatici in tutti i sensi, che non hanno principi, non hanno rispetto. Per giudi- care bisogna entrare, conoscere. Secondo me il cervello è come il paracadute, se

tu apri il cervello arrivi giù tranquillo, però se fai chiudere il cervello arrivi giù e sei finito (Sh., 53, giordano).

A prescindere dai confini geografici le culture si intrecciano, si mescola- no e hanno molti più elementi di contatto di quanto generalmente si pensi. Questo dipende da come ci si pone rispetto alle differenze, se vengono vi- ste come insormontabili o come arricchimento. L’atteggiamento nel quale si è posto questo migrante di origine giordana è volto al confronto con l’al- tro e al reciproco arricchimento culturale.