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e politico-istituzionale nel quale si muovono i protagonisti della ricerca

4. Adolescenza e percorsi identitar

4.2. La formazione identitaria delle seconde generazion

La formazione identitaria, la cui fase cruciale è l’adolescenza, delle se- conde generazioni è lo snodo cruciale per comprendere se e come questi neo-italiani si sentono accettati o rifiutati e quali sono i percorsi che intra- prendono per rielaborare la relazione con l’ambiente di vita. Questi proces- si sono determinanti per il processo di assimilazione.

L’adolescenza3 è una delle fasi più traumatiche che vive l’individuo, per-

ché le difficoltà vissute in questo momento di transizione possono essere risolte in modo costruttivo e dialettico o, al contrario, possono lasciare del- le questioni indefinite, determinando problemi di tipo intrapsichico, inter- personale o di inserimento sociale grave. Il periodo adolescenziale è anche uno dei più importanti della socializzazione dell’individuo, che inizia a rie- laborare e ad introiettare i valori e le regole che governano la vita della so- cietà. La socializzazione dei giovani non è un meccanismo unidirezionale, perché è caratterizzata dall’interazione tra attori sociali in grado di dialo- gare tra loro, anche se hanno background diversi. In questa fase i ragazzi e le ragazze prendono consapevolezza che ci può essere una discordanza tra il modo in cui loro si percepiscono e il modo in cui si sentono percepiti da-

3. «In psicologia è considerata una fase precisa della crescita umana che inizia con la maturazione biologica dell’individuo e si conclude con il momento in cui egli è in grado di stabilire rapporti stabili con se stesso, con gli altri significativi, con i gruppi di riferimento e con il proprio ambiente di vita» (Garelli, Polmonari, Sciolla, 2006: 233).

gli altri, in particolare dalle figure educative di riferimento. Sono così in- dotti a riflettere profondamente su questa discrepanza e valutano se confor- marsi o se differenziarsi e rendersi autonomi, rispetto alle aspettative degli altri. Questa dinamica va considerata alla luce del fatto che la modalità con cui l’individuo si è sentito accolto dai suoi genitori nei primissimi anni di vita e il modo in cui si sente percepito dagli altri sono le basi per l’autosti- ma e per la strutturazione dell’identità (Menditto, 2006). Durante l’adole- scenza, l’individuo acquisisce la capacità di analizzare se stesso, grazie alla percezione dei cambiamenti che sta sperimentando, infatti «la tensione tra i possibili sé, fra i diversi livelli di realtà che vanno differenziandosi all’in- terno della propria esistenza, la consapevolezza di porsi in rapporto con gli altri secondo modalità tanto diverse, la constatazione dei tanti cambiamen- ti fisici e pulsionali sono tutti elementi che inducono gli adolescenti a riflet- tere su loro stessi in modo consapevole» (Polmonari, 2001: 64). Il quadro contemporaneo nel quale si acquisisce questa capacità è caratterizzato da un’enorme mole di stimoli, che inducono l’individuo a vivere molte espe- rienze ed esplorazioni, di conseguenza l’identità dell’adolescente si configu- ra come la tendenza a trovare un equilibrio tra impegno e confusione, per giungere ad un’auto-definizione.

Famiglia, insegnanti, compagni di scuola e gruppi di amici sono gli at- tori sociali che permeano la vita degli adolescenti. Nell’interazione, che implica l’inevitabile scoperta dell’altro, gli adolescenti si mettono in gioco per attribuire un nuovo senso alla propria identità.

Nel momento in cui poniamo sotto la lente d’ingrandimento le seconde generazioni notiamo subito che per questi giovani la situazione è più diffi- cile, perché vivono contemporaneamente due condizioni complesse: quel- la di adolescenti e quella di avere un’origine straniera. Nella costruzione dell’identità l’adolescente deve fare i conti con i cambiamenti, con i valori di riferimento del passato e con l’esigenza di riconoscersi parte di un grup- po, che non è soltanto quello dei pari, ma è anche familiare, etnico, so- ciale, nazionale. Gli esponenti di seconda generazione possono vivere una crisi esistenziale, che se non vengono aiutati a gestire, possono incontra- re enormi difficoltà nel trovare l’equilibrio tra differenza e uguaglianza, tra individuazione e identificazione, tra cultura di origine e cultura nella qua- le stanno crescendo. Il loro problema, infatti, è quello di trovarsi nella con- dizione di oscillazione tra due diversi sistemi valoriali e culturali. Tuttavia, questi giovani possono anche attivare delle strategie attraverso le quali so- no in grado di annullare o ridurre lo scarto tra l’immagine di sé e l’imma- gine di sé nell’ambiente, vale a dire tra le auto ed etero percezioni. Se que- sto scarto rimane accentuato l’individuo è indotto a mettere in discussione la propria costruzione personale. La strategia identitaria svolge dunque la funzione di ridurre o annullare questo scarto, in una determinata situazio-

ne. Rispetto alle seconde generazioni Carmel Camilleri (1979) sostiene che queste trovandosi di fronte a tale conflitto, adotterebbero, in una sorta di operazione di bricolage, i valori e le norme di comportamento che sembra- no più vantaggiosi, più utili e più convenienti, mentre secondo Hanna Ma- lewska-Peyre e Maryla Zaleska (1980) gli individui tenderebbero a conser- vare i valori e le norme di comportamento che sono centrali ed essenziali alla loro identità, anche se il mantenerli può andare, per altri aspetti, a loro svantaggio, come per esempio le pratiche religiose che possono essere man- tenute anche se tale fatto può esporre l’individuo a pericoli e sofferenze.

Coloro che sono emigrati dopo la pre-adolescenza, avendo vissuto un periodo abbastanza lungo nel paese di origine ed essendosi socializzati in un contesto socio-culturale diverso da quello di immigrazione, possono vi- vere una frattura interna e avere molte difficoltà a svolgere quel lavoro di mediazione tra la cultura di origine e quella nella quale stanno crescendo. Questa difficoltà può essere vissuta anche da coloro che sono nati nel pa- ese di arrivo dei genitori o che vi sono giunti nei primissimi anni di vita, qualora la loro famiglia abbia riferimenti culturali molto radicati e sia po- co disponibile ad un atteggiamento cosmopolita e di confronto con la cul- tura del contesto di ricezione. Questi adolescenti, a differenza dei loro co- etanei autoctoni, vivono con enfasi anche lo sradicamento e una duplice oscillazione tra due desideri opposti: essere uguali sia ai loro coetanei, sia ai loro stessi genitori, dato che nella costruzione dell’identità è inevitabile l’identificazione con i genitori, generalmente dello stesso sesso. Contempo- raneamente in questi giovani sorge l’esigenza di differenziarsi da questi ul- timi, sia per la ricerca di una propria identità (situazione propria dell’adole- scenza), sia perché temono di svolgere i loro stessi lavori umili (Ambrosini, Molina, 2004; Marra, 2005a). Altra prerogativa delle seconde generazio- ni è l’identità etnica (Erikson, 1968; Phinney, 1990), che condiziona le suc- cessive identificazioni degli individui, per questo assume una fondamentale importanza il livello di ricezione/accoglienza del contesto nel quale intera- giscono, in quanto l’identità etnica si rafforza in situazioni di dissonanza culturale (Rumbaut, 1994).

Identità ed etnicità sono dunque collegate molto più di quanto si pensi e i percorsi che le seconde generazioni possono intraprendere sono di due ti- pi: l’ibridazione o la rivendicazione etnica. In entrambi i casi, il ragazzo di origine straniera deve ridefinire i propri confini etnici, per stabilire e mi- surare la distanza tra sé e l’altro. In adolescenza la ridefinizione dei confi- ni è un processo evolutivo e variabile che si definisce soltanto all’ingresso nell’età adulta. La modalità con la quale gli adolescenti di origine stranie- ra si pongono nel confine, vale a dire se sono in grado di definire da che parte stare o se oscillano da un lato all’altro, passando dal gruppo etnico al

questa oscillazione è influenzata da aspetti culturali, religiosi, linguistici, legali (la cittadinanza), socio-economici (standard di consumi) e tratti so- matici. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto non si può porre in secon- do piano la questione del razzismo.

Le seconde generazioni sono quelle che hanno le maggiori possibilità di costituire le loro identità in maniera ibrida. Queste sperimentano sin dal- la tenera età o dall’adolescenza il contatto sia con persone appartenenti al- la propria etnia, sia con gli autoctoni, ma, rispetto alle prime generazioni sono maggiormente ricettive alla realtà, ai valori e alla cultura della socie- tà nella quale crescono. Questi individui riescono così più agilmente a rap- portarsi sia alla comunità etnica che a quella dove stanno crescendo, se c’è da parte di questo secondo contesto un approccio volto all’accoglienza ed empatico nei loro confronti, ma anche una propensione all’integrazione da parte delle loro famiglie.

4.3. Il rapporto con la cultura di origine e con quella del contesto