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Crescita demografica e politiche monetarie: un modello della BCE

4. Demografia e politiche monetarie: sviluppi recenti

4.5 Crescita demografica e politiche monetarie: un modello della BCE

I modelli fino ad ora presentati sono di indubbio interesse, ma poco rilevanti nell’ambito delle politiche monetarie. Il modello di Fujiwara e Teranishi per esempio, ha un occhio di riguardo per le politiche fiscali e, solo in un secondo momento, si concentra sui possibili effetti di manovre monetarie in condizioni statiche. Ciò che si vuole introdurre ora è, invece, un modello di Kara e Thadden (2010) presentato dalla Banca Centrale Europea (BCE) che vuole concretamente arrivare alla determinazione di quelli che possono essere dei fattori correttivi di interesse di cui tenere conto nell’applicazione delle manovre stesse. A mutare inoltre è anche il contesto preso in considerazione: nell’opera della BCE i fattori che variano sono legati alla crescita dell’et{ media della popolazione, più che alla variazione del numero di lavoratori e pensionati.

E’ importante comunque notare come questo modello prenda direttamente spunto dai lavori citati in precedenza di Gertler. In particolare, si sviluppa un framework DSGE che incorpori delle variabili demografiche sulle quali si può agire simulando il verificarsi di uno shock come può esserlo, per esempio, uno shock tecnologico. Per farlo si prende spunto dalle idee introdotte nel modello Neo-Keynesiano di Gertler stesso.

Lo scopo del lavoro della banca centrale è fondato sull’idea, gi{ vista in Bean, che sia possibile che l’introduzione della demografia nello studio delle politiche monetarie porti ad un ottimo differente in base alla composizione in età della popolazione. Nello specifico, si crede che diverse fasce di età abbiano differenti composizioni di portafoglio e vengano quindi più o meno avvantaggiate da una determinata politica scelta. E’ bene sottolineare però come questo modello, con le ipotesi impiegate, non porti a conclusioni confortanti: si sostiene la tesi che i cambiamenti demografici, sebbene influenzino il tasso naturale di interesse, non siano sufficientemente rapidi da richiedere delle politiche monetarie attive che ne tengano conto.

Per quanto riguarda il modello vero e proprio, si elencano di seguito, solo in maniera qualitativa, le modifiche introdotte al modello di Gertler.

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- Modifica della funzione di utilità: nella funzione di utilità si introduce la moneta in termini reali, costituita dal rapporto tra la moneta disponibile e un indice dei prezzi adeguatamente scelto.

- Introduzione di caratteristiche di offerta tipiche dei modelli Neo- Keynesiani: il nuovo modello aggiunge equazioni al lato dell’offerta e ne modifica altre per raggiungere un maggiore realismo. Tra queste, si rimuove l’ipotesi di concorrenza perfetta nel mercato intermedio dei beni e si introducono l’accumulazione del capitale, similmente a quanto fatto da Calvo (1983). In tale opera si introduceva un modello comprendente tali caratteristiche, anche basato su individui a vita infinita, con obiettivi però molto differenti: dimostrare la superiorit{ dell’applicazione di politiche monetarie in contrasto a politiche fiscali al fine di migliorare il benessere di una nazione.

Come si può notare, la prima di queste due modifiche ha lo scopo di permettere un’analisi efficace dell’effetto di variazioni della quantit{ di moneta sull’output del modello. Il secondo set di modifiche invece è stato attuato con il solo fine di rafforzare la veridicità dei risultati raggiunti.

Si può così formulare la funzione di utilità di lavoratori e pensionati, che come si potrà facilmente dedurre è molto simile a quella presente in Gertler:

(4.9)

Dove z sta genericamente ad indicare w e r nelle due funzioni che riguardano le due tipologie di individui. La principale novità rispetto al modello di Gertler è presente nella prima funzione nella forma di m che rappresenta appunto la moneta in termini reali. Con l’introduzione di questa sola modifica, i passaggi richiesti per

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calcolare l’equilibrio sono del tutto analoghi a quelli del modello presentato in precedenza, rendendo questo nuovo modello di facile applicazione.

Ciò che è interessante presentare sono i vari risultati ottenuti applicando a questo modello alcuni scenari probabili in merito ai cambiamenti demografici in atto nell’Unione Europea. Tali cambiamenti riguardano principalmente due trend: da una parte vi è la rapida crescita dell’et{ media lavorativa, dovuta ad un progressivo invecchiamento della popolazione legato a numerosi fattori quali i bassi tassi di nascita; d’altra parte, si riscontra un innalzamento della durata della vita e quindi del periodo di pensionamento dovuto al miglioramento nella medicina e negli stili di vita. Questi due trend non agiscono però indipendentemente dal contesto in cui sono applicati. Gli effetti che essi determineranno saranno, infatti, fortemente legati alle decisioni politiche e sociali sulle pensioni e sull’et{ di pensionamento. Combinando i vari possibili fattori sopra presentati, il modello viene testato variando alcuni dei parametri presenti. Questo permette la costruzione di sei possibili scenari. I primi quattro fanno riferimento al caso in cui le pensioni vengano ridotte con l’aumentare dei pensionati in modo tale da mantenere inalterato l’equilibrio pensioni-tasse ai lavoratori. Gli ultimi due si riferiscono invece a situazioni in cui vengono mantenute costanti le pensioni, dovendo così aumentare le tasse alla popolazione lavorativa per mantenere i bilanci statali in equilibrio. In tutti gli scenari l’orizzonte temporale impiegato va dal 2008 al 2030, impiegando dati previsionali. Si esaminano di seguito i primi cinque scenari, in quanto l’ultimo non riguarda direttamente il tema demografico:

- Scenario I: esso fa riferimento alla semplice situazione in cui l’unico fattore a variare è il tasso di crescita della popolazione lavorativa, in diminuzione. Questo causa un aumento della popolazione anziana, con più alta propensione al consumo, e causa, nel caso di una riduzione del tasso di crescita della popolazione dell’1%, una decrescita del tasso di interesse naturale dello 0,9%. Considerando che l’arco temporale preso in considerazione è di 32 anni, si può comprendere come questo scenario sia poco significativo. I risultati di questo scenario sono molto simili a quelli che si sarebbero ottenuti con un modello a vita infinita degli agenti.

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- Scenario II: in questo caso, ceteris paribus, a variare è la longevità degli individui, che cresce di 3.4 anni nell’orizzonte considerato. Questo implica per ipotesi una riduzione delle pensioni erogate, costringendo gli individui a risparmiare di più durante il loro periodo lavorativo. Questo causa di conseguenza una riduzione del tasso naturale di interesse che passa da 3.9% a 3.6%. Tutti gli effetti che si hanno in questo scenario sono dovuti alla particolare costruzione del modello, che introduce delle dinamiche della LCH. In un modello tradizionale, con individui a vita infinita, non sarebbe possibile registrare tale variazione.

- Scenario III: in questo step si combinano le variazioni precedentemente introdotte con i primi due scenari. Si vogliono così valutare gli effetti complessivi, in modo da comprendere se sia presente un certo “spiazzamento” o se le due variabili generino una variazione aggregata che è la combinazione delle due. I risultati portano a concludere a favore della seconda ipotesi: il tasso di interesse naturale scende fino ad un valore del 2.8%.

- Scenario IV: l’ultimo scenario testato in cui si mantengono costanti le spese aggregate per la previdenza sociale combina lo Scenario III con la possibilità che si accompagni l’invecchiamento della popolazione e l’allungamento della durata della vita con un innalzamento dell’et{ di pensionamento. In particolare, tale aggiustamento accompagna interamente l’aumento di et{: a un invecchiamento di 3.4 anni corrisponde un innalzamento dell’et{ pensionabile di 3.4 anni. Non sorprende per cui che i risultati a cui si giunge sono praticamente indistinguibili da quelli dello Scenario I, in quanto la situazione descritta nello Scenario II viene pareggiata dalla nuova età di pensionamento.

- Scenario V: in questo caso si applica una situazione del tutto analoga a quella dello Scenario III, con l’ipotesi però che il contributo previdenziale pro capite rimanga invariato nel tempo. Di conseguenza, il risultato sarà differente. Ciò che avviene è che ad un aumento dell’et{ media corrisponde un aumento della tassazione sulla popolazione lavorativa. Questo controbilancia l’effetto che si aveva nello Scenario III che avrebbe portato

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ad un aumento dei risparmi da parte dei lavoratori, smorzando così la decrescita del tasso naturale di interesse. In questo caso si ha infatti una riduzione del tasso più moderata, a 3.4%.

L’analisi di questo scenario porta a riflettere su una rilevante particolarit{ che distingue l’area Euro dal resto del mondo: perché si possa ragionare in certi termini riguardo alle politiche monetarie, è necessario che vi sia una certa collaborazione anche nello sviluppo delle politiche fiscali.

Figura 4.4: Variabili previsionali dell'area Euro fondamentali per lo sviluppo del modello.

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Terminata l’analisi per scenari atta a definire il funzionamento del modello, si passa all’utilizzo del framework applicandolo alle variabili stimate per i prossimi vent’anni nell’area EURO. I dati impiegati fanno riferimento a una serie temporale basata sulle reali previsioni degli andamenti demografici, i quali sono facilmente prevedibili anche per ampi orizzonti temporali. Anche in questo caso ovviamente, si sono dovute fare delle ipotesi legate alle variazioni nelle pensioni erogate. Nello specifico, si sono costruiti due scenari facenti riferimento ai due possibili sistemi pensionistici precedentemente menzionati, in modo da ottenere i due casi limite entro i quali si troverà lo scenario reale. Si avrà così un limite superiore con contributo totale della previdenza sociale fissato e un limite inferiore nel caso in cui si decida invece di tenere costanti le pensioni pro capite erogate. La definizione di uno scenario unico e deterministico non è purtroppo possibile in quanto le politiche fiscali di ogni paese non sono controllate centralmente dall’unione Europea e non è di conseguenza possibile sapere in anticipo quali saranno le decisioni dei vari governi.

Passando allo svolgimento vero e proprio, si attua una linearizzazione del modello in ipotesi di perfetta prevedibilit{, ottenendo così l’andamento delle variabili fino al 2030. Come è evidente, si avranno differenti variazioni a seconda dello scenario considerato:

- Nel caso in cui venga mantenuto costante lo sforzo previdenziale dei governi, riducendo così le pensioni a disposizione degli individui, si avranno conseguenze più marcate sul tasso naturale di interesse, in modo similare a quanto studiato negli scenari di test. La vera differenza in questa applicazione reale è l’orizzonte in cui avviene il cambiamento. Dato che le variazione qui introdotte sono più lente a manifestarsi rispetto a quelle negli scenari di test, più lenta sarà anche la decrescita del tasso naturale che si attester{ a soli 50 punti base nell’arco dei trent’anni considerati. Inoltre, nel 2030, ultimo anno dell’orizzonte previsionale, il transitorio del modello non sarà ancora terminato, in quanto le variazioni demografiche si propagano lentamente e hanno effetto sul tasso di interesse in modo indiretto.

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- Nel caso i governi vogliano mantenere lo stato di welfare così com’è ora, sarà ovviamente necessario finanziare le maggiori spese, dovute ad un maggior numero di popolazione in pensione, tramite deficit di bilancio, con un conseguente aumento del debito pubblico. Questo avrebbe quindi un effetto negativo sulle posizioni finanziarie degli Stati Europei e, vista la situazione attuale, è poco probabile che sia una strada perseguibile. I risultati del modello sotto queste ipotesi portano, come era prevedibile in seguito alle simulazioni prima eseguite, ad una riduzione del tasso naturale minore rispetto al caso precedente. Nello specifico, si assiste ad un declino di soli 35 punti base di tale tasso, in un arco di tempo ventennale.

Osservando i risultati raggiunti dal modello della BCE ci si rende conto di come, nel caso ci si trovi di fronte ad una situazione in cui le decisioni dei governi vengano attuate in modo coordinato e preventivo, gli effetti di variazioni in età della popolazione siano troppo lenti perché possano costituire un termine rilevante nelle decisioni di politica economica. Questa conclusione si scontra con quanto teorizzato da Bean, il quale presuppone un più difficile scenario politico. Anche in questo caso però il modello presentato mantiene valore, dal momento che integra in modo efficace gli effetti del ciclo di vita in un framework tradizionale come quello di Gertler, ed è quindi ulteriormente estendibile o modificabile per analisi in differenti condizioni.

In ogni caso non è possibile ignorare una questione immediatamente chiara: i cambiamenti di variabili demografiche non hanno mai sola rilevanza per le decisioni delle banche centrali, interagendo fortemente con le decisioni prese dai vari governi. Ci si trova così nella difficile situazione di dover bilanciare politiche fiscali ed economiche, in modo da evitare che tali variabili provochino uno shock non voluto di proporzioni maggiori di quanto previsto. Si presenta così una ulteriore sfida che certamente la maggior parte dei paesi avanzati si troverà ad affrontare nei prossimi decenni.

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4.6 Conclusioni

Dalle analisi condotte in questo capitolo emerge come gli sforzi presenti in letteratura indirizzati verso la studio della relazione tra variabili demografiche e politica monetaria siano esigui e molto concentrati. I modelli che si occupano del tema sono scarsi in numero e, soprattutto, abbracciano un punto di vista ristretto, che si limita ad integrare il comportamento del Ciclo Vitale all’interno di framework tradizionali senza tenere in considerazione i numerosi ed eterogenei elementi demografici emersi nel Capitolo 1 (Demografia, volatilità e altri elementi strutturali) e nel Capitolo 3 (Demografia e mercati finanziari). Nondimeno, i contributi analizzati forniscono spunti di riflessione molto interessanti.

Dal modello di Fujiwara e Teranishi (2007) emerge come le variabili demografiche ricoprano un ruolo di rilievo nella definizione delle manovre monetarie, in quanto:

- Il tasso di interesse naturale varia in base alla composizione della popolazione in lavoratori e pensionati;

- Gli shock economici hanno effetti diversi su lavoratori e pensionati, portando ad una potenziale redistribuzione di ricchezza. In particolare, una politica monetaria espansiva tende a favorire i pensionati a discapito dei più giovani, mentre vale il contrario per una politica monetaria restrittiva; - La volatilità delle variabili economiche rispetto agli shock aumenta al

crescere del numero di pensionati che lavorano nello stato stazionario.

Per quanto riguarda invece il modello di Kara e Thadden (2010) proposto dalla BCE, gli spunti più interessanti risultano essere:

- Le variabili demografiche di crescita della popolazione e speranza media di vita concorrono alla determinazione del tasso di interesse naturale, parametro fondamentale nella conduzione delle manovre monetarie;

- Le politiche fiscali devono essere coordinate con l’evoluzione demografica per evitare l’amplificazione degli shock demografici;

- L’evoluzione demografica prevista per i paesi dell’Unione Europea avr{ un effetto sul tasso di interesse naturale limitato e comunque inferiore a 50 punti base nell’arco di vent’anni.

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A differenza di quanto emerso dall’articolo di Fujiwara e Teranishi, le conclusioni cui giunge la BCE sembrano ridimensionare il ruolo della demografia in ambito macroeconomico. Ciò dipende però dal fatto che la BCE analizzi esclusivamente cambiamenti molto lenti nel tempo, che non tengono in considerazione la composizione statica della popolazione in fasce di età né i possibili shock demografici conseguenti a cambiamenti nel sistema di previdenza sociale. Le successive analisi relative all’interazione tra demografia e politica monetaria dovranno quindi prestare particolare attenzione a questi elementi.

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