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Il consumo durante il periodo di pensionamento

2. Demografia e Teoria del Ciclo Vitale

2.7 Le Estensioni rispetto al Modello base

2.7.5 Il consumo durante il periodo di pensionamento

In letteratura si utilizza l’espressione “rompicapo del consumo nel periodo di pensionamento” in relazione al calo che il consumo subisce durante il periodo di pensionamento. Questa considerazione, basata su osservazioni empiriche largamente condivise, è in contrasto con il postulato di Modigliani e Brumberg secondo cui gli individui pianificano razionalmente il proprio consumo di modo da mantenerne costante il profilo nel tempo. Nemmeno l’estensione relativa alla composizione reale del nucleo famigliare è capace di rendere conto del fenomeno, in quanto il ridimensionamento del nucleo avviene ben prima rispetto al pensionamento dei genitori. Di seguito si analizzano le principali ipotesi introdotte per spiegare questo fenomeno. Si sottolinea come queste ipotesi non debbano essere considerate tra loro alternative; è infatti verosimile pensare che la riduzione complessiva del consumo durante il periodo di pensionamento sia il risultato dell’azione di più componenti.

2.7.5.1 L’incertezza sulla durata della vita

La versione base del LCHM assume valori deterministici per la durata della vita dell’individuo. Il modello proposto da Tobin esposto nel paragrafo 2.7.2 costituisce un esempio di generalizzazione che rende variabile la durata totale di vita L, in

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quanto ad ogni età della donna del nucleo famigliare sono associate le probabilità di sopravvivenza dei rispettivi figli, del compagno e della donna stessa. Dell’argomento si sono occupati in seguito numerosi autori, in particolare Davies (1981) e Hurd (1990). Il loro contributo è particolarmente interessante, in quanto mettono in evidenza come l’incertezza sulla durata della vita abbia un forte impatto sulla propensione al risparmio. Non essere a conoscenza della data della propria morte infatti spinge l’individuo ad accumulare ricchezza addizionale per far fronte ad una eventuale vecchiaia più lunga della media, inserendo tra le motivazioni al risparmio la “spinta precauzionale” di cui Modigliani e Brumberg gi{ nel 1954 avevano riconosciuto l’importanza, ma che era poi stata esclusa dal modello base.

Secondo Hurd la spinta precauzionale si traduce in un abbassamento del profilo del consumo, che rimane costante lungo la vita; questa visione riflette l’ipotesi che l’individuo sconti l’incertezza della lunghezza di vita fin dal primo anno di lavoro. Secondo Davies invece, l’incertezza sulla durata della vita riduce il consumo di una frazione che aumenta con l’et{. In particolare, osserva che la percentuale media di consumo durante il periodo di pensionamento della ricchezza accumulata scende dal 9 al 3,7%, con valori annuali inversamente proporzionali all’et{.

L’analisi di Davies risulta particolarmente interessante, in quanto dimostra che “l’incertezza sulla durata della vita costituisce un elemento fondamentale nella spiegazione della riduzione della propensione al consumo tra i pensionati [rispetto a quanto risulterebbe dal modello base del Ciclo di Vita]” (Davies, 1981). L’avversione al rischio dei consumatori risulta quindi un parametro importante nel determinare lo stock di ricchezza detenuto durante il periodo di pensionamento. Si conclude che, all’aumentare dell’avversione al rischio, aumenterà anche la ricchezza media detenuta dal consumatore in corrispondenza della fine della propria vita di una quantità mediamente proporzionale alle risorse accumulate lungo la vita26. Anche a livello aggregato si avrà un aumento della ricchezza; in

26 Si assume che il motivo precauzionale spinga i pensionati a mantenere un “buffer” di ricchezza

proporzionale al picco raggiunto al termine del periodo lavorativo; pertanto, la ricchezza detenuta dei pensionati aumenterà –rispetto al LCHM base- di una percentuale che non varia al variare della fascia di reddito considerata.

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particolare, la percentuale di incremento della ricchezza aggregata crescerà con l’avversione al rischio media, mentre sar{ indipendente dalla distribuzione della popolazione nelle diverse fasce di reddito.

2.7.5.2 Il desiderio di lasciare una eredità

Nonostante Modigliani e Brumberg (1954) riconoscano il desiderio di lasciare un’eredit{ tra le motivazioni al risparmio, la versione base del LCHM adotta l’assunzione semplificativa che non vi sia alcun trasferimento di ricchezza sottoforma di eredità. La ragionevolezza di questa assunzione venne profondamente messa in discussione da Kotlikoff e Summers (1981), i quali stimarono che negli Stati Uniti la percentuale di ricchezza ereditata rispetto alla ricchezza aggregata totale fosse compresa tra il 50 e l’80%. Successivamente Modigliani (1985) dimostrò come le loro stime dovessero essere corrette al ribasso, principalmente a causa di errori nella metodologia utilizzata per il calcolo del flusso di eredit{ e a causa dell’utilizzo di una definizione non convenzionale di ricchezza ereditata. Egli giunse a definire una percentuale pari al 20%, con un margine di circa 5%. Anche la visione di Modigliani, seppur più moderata, porta ad attribuire un forte peso all’eredit{. In caso di crescita positiva infatti, affermare che la percentuale di ricchezza ereditata sia pari al 20% significa sostenere che gli individui passino ai propri eredi circa la metà del picco di ricchezza da loro raggiunto durante la vita. Come dimostrato da Kennickell (1984) infatti, nel caso di crescita positiva i risparmi portano ad accrescere velocemente il totale della ricchezza accumulata: per esempio, in corrispondenza di una crescita pari al 3%, la ricchezza lasciata in eredità da un nucleo famigliare è circa 2,5 volte rispetto a quella ricevuta dai nuclei famigliari estinti.

Queste osservazioni contrastano con l’idea di base del LCHM, secondo cui gli individui accumulano ricchezza in vista del pensionamento, per poi esaurirla in corrispondenza della fine della vita. Modigliani (1986) sottolinea però come l’eredit{ possa essere facilmente inserita all’interno del modello del Ciclo di Vita esteso. Prima di tutto, distingue tra il concetto di eredità involontaria e volontaria.

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L’eredit{ involontaria è quella parte di ricchezza non utilizzata che dipende dalla motivazione precauzionale, legata all’incertezza sulla durata della vita; questa parte di eredit{ può essere facilmente inglobata nel LCHM attraverso l’estensione a una durata di vita stocastica e a un comportamento avverso al rischio, come analizzato nel paragrafo precedente. L’eredit{ volontaria è invece la parte di eredità generata appositamente per rispondere al desiderio di lasciare ricchezza ai propri eredi. Secondo Modigliani, questa parte di eredità sarà pari ad una frazione delle risorse totali accumulate lungo la vita27:

(2.20)

dove BL rappresenta la ricchezza lasciata in eredità, BR quella ricevuta e il valore attuale del reddito. Il fenomeno dell’eredit{ appare essere concentrato negli strati più ricchi della popolazione, di modo che “la percentuale di risorse che un nucleo famigliare decide di destinare a eredità volontaria è, in media, una funzione non decrescente del rapporto tra le risorse del nucleo famigliare e la media delle risorse della fascia di età di cui il nucleo fa parte” (Modigliani, 1975). In particolare, Modigliani ipotizzò che la percentuale γ fosse vicina a zero fino a circa l’80-esimo percentile nella distribuzione delle risorse, per poi crescere rapidamente con il reddito.

Questa generalizzazione del modello base del Ciclo di Vita comporta una serie di implicazioni, sia nel caso di economia in stato stazionario che nel caso di economia in crescita . Nel caso di crescita nulla28 la ricchezza media di ogni nucleo famigliare

sarà maggiorata della costante , e il nuovo profilo della ricchezza in funzione dell’et{ rimarr{ parallelo a quello in assenza dell’eredit{.

Con crescita positiva invece, BL risulterà superiore rispetto a BR. In particolare, , dove ρ simboleggia la crescita media e T indica il gap medio di età tra

chi dona e chi riceve l’eredit{. In questo caso allora, il desiderio di lasciare un’eredit{ porter{ gli individui a risparmiare, determinando un aumento della

27 Nel modello esteso, le risorse totali lungo la vita includono non solo il valore attuale del reddito,

ma anche il valore attuale della ricchezza ricevuta sottoforma di eredità.

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propensione marginale al risparmio e del rapporto tra ricchezza e reddito, in misura proporzionale alla crescita ρ.

Dalle considerazioni di cui sopra si conclude che il fenomeno dell’eredit{ ha un impatto significativo sulla ricchezza aggregata di un Paese. L’eredit{ involontaria contribuisce ad aumentare la ricchezza aggregata di una quantità proporzionale alle risorse dei nuclei famigliari lungo il ciclo di vita. Anche l’eredit{ volontaria aumenta la ricchezza aggregata, ma il suo impatto dipende dal numero di nuclei famigliari che cadono nella fascia più alta di reddito. In particolare, in caso di crescita positiva, i nuclei famigliari più ricchi aumenteranno la propria propensione al risparmio motivati dal desiderio di lasciare un’eredit{, determinando una crescita del valore della ricchezza che passa da una generazione all’altra. Si deduce quindi che, in caso di crescita positiva, la propensione al risparmio dei diversi nuclei famigliari crescerà al crescere del reddito – seppur non linearmente –, osservazione che riavvicina il LCHM alla dottrina Keynesiana. Lo stesso vale per la ricchezza aggregata di un Paese che, a parità di altri fattori, crescerà col crescere della percentuale di nuclei famigliari appartenenti alle fasce più alte di reddito.

2.7.5.3 L’utilità del tempo libero e gli shock negativi nella ricchezza

L’introduzione nel LCHM del risparmio precauzionale dettato dell’incertezza sulla durata della vita costituisce una prima ipotesi finalizzata a rendere conto del “rompicapo del consumo nel periodo di pensionamento”. Di seguito si analizza il lavoro di Smith (2004), che sintetizza alcune ipotesi alternative all’incertezza, ed introduce interessanti spunti di riflessione.

La prima ipotesi riportata da Smith si basa sulla constatazione che la caduta della spesa in consumo nell’et{ di pensionamento non implica necessariamente una caduta nel consumo effettivo del nucleo famigliare. Gli individui potrebbero infatti decidere razionalmente di acquistare gran parte dei beni durevoli necessari durante il pensionamento in anticipo rispetto al termine del periodo lavorativo, cosicché il consumo successivo si manterrebbe costante nonostante una

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diminuzione della spesa corrispondente. Smith rimanda però ad uno studio di Miniaci, Monfardini e Weber (2003), in cui si dimostra che non esiste evidenza empirica della creazione di una scorta di beni durevoli come anticipazione del pensionamento.

Una seconda ipotesi si rif{ all’idea che esista una parte di spesa di consumo data dall’attivit{ lavorativa, come ad esempio le spese per l’acquisto degli abiti da lavoro o per il trasporto verso il posto di lavoro, che non sussiste più durante il pensionamento. Anche questa ipotesi è però screditata da Smith, che cita uno studio di Banks, Bundell e Tanner (1998) in cui risulta il calo del consumo in età di pensionamento è significativo anche a valle della sottrazione delle spese indotte dal lavoro dalla spesa in consumo totale.

Smith spiega invece che una significativa parte della riduzione del consumo da parte degli anziani può essere dovuta alla presenza di inaspettati shock negativi nella ricchezza, che sono ammessi dal LCHM in condizioni di incertezza. Le cause principali di questa riduzione inaspettata del valore attuale della ricchezza di cui l’individuo si attende di disporre durante la restante parte della propria vita sono il sopraggiungere di malattie gravi o il pre-pensionamento forzato. In questi casi l’individuo andrà in pensione prima del tempo da lui razionalmente previsto, con una conseguente riduzione del reddito anticipata; l’unica risposta che l’individuo può dare sarà allora quella di rivedere i propri piani di consumo al ribasso. Smith verifica la propria ipotesi andando a comparare panel data relativi alla spesa in cibo pre e post pensionamento di nuclei famigliari del Regno Unito, classificati a seconda che abbiano scelto volontariamente o meno di smettere di lavorare29. I

dati confermano l’ipotesi che gli individui il cui pensionamento è anticipato e involontario riducono il proprio consumo in proporzioni significativamente superiori agli altri. La presenza di questo gruppo contribuisce quindi a rendere conto della riduzione della spesa media in consumo durante la vecchiaia, sebbene non sia tale da poter essere considerata l’unica causa. La seconda motivazione identificata da Smith si basa sull’idea che la funzione di utilit{ dell’individuo dipenda non solo dal consumo durante la vita ma anche dal tempo libero. In questo

29 Si sottolinea come la scelta di utilizzare dati relativi alla spesa in cibo permetta di depurare dalla

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caso allora sar{ l’utilit{ marginale data da consumo e tempo libero a mantenersi costante; il consumo invece si modificherà in relazione a cambiamenti nel tempo libero. L’individuo è vincolato nel monte di tempo libero di cui può disporre; in particolare, in corrispondenza del pensionamento si avrà necessariamente un aumento discreto e ingente dello stesso, in quanto in linea generale non è possibile diminuire progressivamente le ore di lavoro.

Si sottolinea come le considerazioni di Smith attribuiscano un ruolo fondamentale alla salute dell’individuo e alle sue preferenze in relazione al tempo libero. Si deduce pertanto che, a parità di altri fattori, Paesi diversi si differenzieranno per consumo, risparmio e ricchezza aggregati in base allo stato di salute medio di cui gode la fascia di popolazione più anziana e in base all’importanza che mediamente viene attribuita al tempo libero, variabili che non erano emerse dallo studio di Modigliani e Brumberg.

2.8 Conclusioni

I contributi di letteratura analizzati evidenziano come le variabili demografiche

abbiano una fondamentale rilevanza nel determinare consumo,

risparmio/investimento e ricchezza aggregati di un paese. In sintesi, le più rilevanti risultano essere:

- La durata del periodo di pensionamento, che determina il monte di ricchezza che è necessario accumulare durante l’et{ attiva per poter mantenere inalterato lo stile di vita una volta in pensione;

- La composizione in età della popolazione, che costituisce il ponte di

collegamento tra le grandezze individuali di consumo,

risparmio/investimento e ricchezza e i corrispettivi aggregati;

- Il tasso di crescita della popolazione, che a livello aggregato determina un innalzamento del tasso di risparmio.

Oltre alle tre variabili principali sopra elencate, l’analisi condotta ha messo in luce l’importanza di altri fattori, quali la crescita della produttivit{, la composizione del

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nucleo famigliare, la presenza di vincoli di liquidità, il sistema di Previdenza Sociale, l’incertezza sulla durata della vita e il desiderio di lasciare un’eredit{. Questi elementi concorrono nel determinare l’evoluzione del consumo individuale nel ciclo di vita e di conseguenza – filtrate attraverso la composizione in età della popolazione – influiscono sulle grandezze economiche aggregate.

Gli studi analizzati confermano quindi l’ipotesi di base da cui prende le mosse lo studio che si va sviluppando, e cioè che la demografia riveste un ruolo chiave nella determinazione delle grandezze economiche di un paese.

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3. Demografia e mercati finanziari