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Durata periodo lavorativo, crescita di produttività e Previdenza Sociale

2. Demografia e Teoria del Ciclo Vitale

2.7 Le Estensioni rispetto al Modello base

2.7.4 Durata periodo lavorativo, crescita di produttività e Previdenza Sociale

Oltre che per la durata della vita totale dell’individuo, la versione base del LCHM assume valori deterministici anche per la durata del periodo del periodo lavorativo (N), che invece è significativamente variabile da Paese a Paese. Estendere il modello per considerare valori diversi di N ha un forte impatto sui risultati fondamentali del modello stesso. In particolare, con la diminuzione degli anni di lavoro e la conseguente dilatazione del periodo di pensionamento crescono anche la propensione marginale al risparmio – come sottolineato dalla (2.9) e la (2.10) - e la ricchezza totale accumulata dal Paese – come visibile dalla (2.11). Risulta pertanto fondamentale capire quali siano le variabili chiave che determinano N. La letteratura è ricca di studi sul tema; tra i contributi principali si citano Feldstein (1974, 1976), Jappelli e Modigliani (1998), Modigliani e Sterling (1983), la cui

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analisi porta ad identificare nella crescita della produttività e nella Previdenza Sociale le principali determinanti di N.

L’impatto della crescita della produttivit{ sulla durata del periodo lavorativo si articola in due componenti. Da una parte, i lavoratori possono sfruttare la crescita del reddito pro capite indotta dalla crescita della produttività per ritirarsi precocemente dal mondo del lavoro; dall’altra, la crescita della produttivit{ aumenta il costo opportunità di un anno incrementale di pensionamento, incentivando a lavorare più a lungo. L’analisi condotta da Modigliani e Sterling (1983), basata su dati cross-settoriali di 21 paesi dell’OECD relativi al periodo 1960-1970, conclude che la componente predominante sia quella data dalla crescita del reddito, ma che l’impatto non sia tale da produrre un effetto misurabile sul tasso di risparmio.

Anche l’impatto della Previdenza Sociale è molto complesso. Feldstein (1974) sottolinea come la naturale implicazione della Previdenza Sociale sia quella di ridurre il risparmio privato, in quanto fornisce un reddito anche durante il periodo di pensionamento. Parallelamente, essa costituisce però anche un incentivo ad andare in pensione prima di quanto si sceglierebbe altrimenti, in quanto riduce l’utilit{ di ogni anno di lavoro successivo all’et{ di pensionamento minima. Di conseguenza, il risparmio individuale durante gli anni di lavoro aumenta, perché si dilata la durata del periodo in cui la ricchezza accumulata deve essere distribuita. Sulla base di analisi empiriche, Feldstein giunge alla conclusione che l’impatto prevalente della Previdenza Sociale sia la depressione del risparmio personale aggregato; in particolare stima che, in assenza del sistema pensionistico, il risparmio aggregato aumenterebbe di una percentuale che varia tra il 50 e il 100%. Inoltre, il metodo “pay-as-you-go”, largamente utilizzato, implica una riduzione della ricchezza aggregata, perché i contributi versati dai lavoratori passano direttamente nelle mani dei pensionati, senza andare ad accrescere lo stock di ricchezza.

Anche Modigliani e Sterling (1983) sostengono che la Previdenza Sociale agisca contemporaneamente da una parte alzando il tasso di risparmio e dall’altra abbassandolo. A differenza di Feldstein però, le analisi da loro condotte portano alla conclusione che le due componenti si controbilanciano, portando ad un effetto

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netto pressoché nullo. Gli individui inseriti in un programma di Previdenza Sociale infatti mantengono elevata la propria propensione al risparmio, atteggiamento che Modigliani e Sterling ipotizzano essere la conseguenza dell’acquisizione di consapevolezza relativa al problema indotta dall’inserimento nel programma. In particolare, risulta che l’effetto netto sul risparmio aggregato varia dal -0,05% della Grecia al +0,08% dell’Irlanda; la media del campione - 21 paesi OECD -, pari a 10 punti base, appare trascurabile.

Nel 1998 Jappelli e Modigliani tirano le fila del discorso, arrivando a formalizzare una generalizzazione del LCHM che considera in modo rigoroso il contributo della Previdenza Sociale e che fornisce una spiegazione alle osservazioni empiriche secondo cui il risparmio tende ad essere positivo anche durante il pensionamento. La loro analisi si basa sulla distinzione tra i concetti di “reddito disponibile” e “reddito guadagnato”. Il primo, tradizionalmente utilizzato per la conduzione delle verifiche empiriche del LCHM, è calcolato sottraendo dal reddito sia le tasse che i contributi pensionistici; il secondo invece va a sottrarre dal reddito le sole tasse. Modigliani e Jappelli propongono la sostituzione, all’interno del LCHM, del reddito disponibile con il reddito guadagnato, in quanto è più corretto considerare i contributi pensionistici come risparmi che permettono di accumulare ricchezza in vista del pensionamento. Si distingue allora tra i concetti di “risparmio totale”, “risparmio privato” e “risparmio obbligatorio”, di cui l’ultimo, dato dai contributi pensionistici, è pari alla differenza tra i primi due; la grandezza più coerente con il LCHM risulta essere il risparmio totale, in quanto include nel risparmio i contributi pensionistici. Le stesse considerazioni valgono per i concetti di “ricchezza totale”, “ricchezza privata” e “ricchezza pensionistica”. L’ultima modifica introdotta riguarda il modo di considerare i versamenti pensionistici agli anziani: tradizionalmente considerati come trasferimenti, essi devono invece essere interpretati come l’utilizzo da parte degli anziani della ricchezza pensionistica “virtuale” accumulata durante gli anni di lavoro. Modigliani e Jappelli testano l’estensione del LCHM – considerando quindi reddito guadagnato, risparmio totale e utilizzo della ricchezza pensionistica durante il periodo di pensionamento - attingendo ai dati relativi ad una survey condotta dalla Banca d’Italia relativa a reddito e ricchezza peri il periodo 1984-1995 dei nuclei famigliari italiani. Il

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modello così esteso risulta in linea con i dati osservati: il profilo della ricchezza totale presenta infatti la tipica forma “a gobba” teorizzata dal modello. Le analisi condotte mostrano infatti che, nonostante il risparmio totale sia dato per definizione dalla somma tra risparmio privato e risparmio obbligato, un aumento del risparmio obbligato non è compensato da una proporzionale riduzione del risparmio privato. In particolare, il risparmio privato si riduce meno che proporzionalmente, provocando un aumento del risparmio totale. In linea con Feldstein, Modigliani e Jappelli interpretano il fenomeno come conseguenza dell’aumento della lunghezza del periodo di pensionamento, indotto dalla Previdenza Sociale.

Una considerazione addizionale riguarda invece la ricchezza privata presa singolarmente, che appare non soggetta a riduzione durante il pensionamento. Modigliani e Jappelli giustificano questa osservazione rifacendosi al motivo ereditario del risparmio; per un’analisi più dettagliata di questo elemento si rimanda al paragrafo 2.7.5.2.

I contributi sintetizzati in questo paragrafo attribuiscono un ruolo fondamentale alla Previdenza Sociale nella determinazione di risparmio e ricchezza. L’impatto è sia diretto, in quanto i contributi pensionistici si sostituiscono in parte al risparmio e alla ricchezza aggregati, sia indiretto, in quanto la Previdenza Sociale incentiva ad anticipare il pensionamento e, conseguentemente, impatta positivamente sul risparmio privato.

Come effetto netto si avrà quindi un aumento del risparmio totale, dato da una riduzione del risparmio privato meno che proporzionale rispetto all’aumento di quello obbligatorio. Si sottolinea che la validità di questa considerazione dipende da una serie di requisiti che il sistema pensionistico deve rispettare affinché i contributi pensionistici possano essere effettivamente considerati alla stregua di risparmi, come sarà analizzato più avanti in questo capitolo. La ricchezza aggregata invece varierà a seconda del sistema di Previdenza Sociale adottato; in particolare, il metodo “pay-as-you-go” far{ calare la ricchezza aggregata, perché i risparmi obbligatori dei più giovani passano direttamente nelle mani degli anziani sottoforma di contributi pensionistici, senza essere prima accumulati. Nel complesso, risulta chiaro come la Previdenza Sociale risulti un fattore

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fondamentale per giustificare differenze nel risparmio e nella ricchezza di Paesi diversi, e che le sue caratteristiche devono essere tenute in considerazione in occasione della definizione di politiche fiscali e monetarie.

La crescita della produttività risulta invece ricoprire un ruolo nel complesso trascurabile per quanto riguarda la durata del periodo di pensionamento. Sebbene l’impatto indiretto della crescita della produttivit{ su risparmio e ricchezza attraverso N sia quindi poco significativo, si ricorda però come l’impatto diretto sia invece significativo, come commentato in precedenza e come sintetizzato dalla (2.12).