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Tasso di interesse diverso da zero

2. Demografia e Teoria del Ciclo Vitale

2.7 Le Estensioni rispetto al Modello base

2.7.1 Tasso di interesse diverso da zero

L’assunzione di Modigliani e Brumberg (1954) secondo cui il tasso di interesse non abbia impatto alcuno sulle decisioni di consumo degli individui, e che di conseguenza possa essere considerato nullo, fu profondamente messa in discussione negli anni successivi. Il primo ad occuparsi dell’argomento fu Tobin (1967), che elaborò una generalizzazione del LCHM che, insieme ad altre estensioni – durata probabilistica della vita, infanzia, e struttura famigliare – ammetteva la presenza di un tasso di interesse positivo diverso da zero.

Il modello proposto da Tobin sottolinea come il tasso di interesse abbia un impatto sul reddito dell’individuo e sulla regola di allocazione del consumo nel tempo.

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Il reddito aumenta, in quanto alla componente del reddito da lavoro si va a sommare la componente del reddito da interessi sugli assets. Approssimando il reddito da interessi a , la funzione di consumo aggregato (2.7) può essere riscritta nella forma

(2.14)

dove sta ad indicare la propensione al consumo del reddito da interessi che, in generale, è diversa rispetto a quella del reddito da lavoro .

La regola di allocazione, che nella versione base prevedeva che il consumo si mantenesse in valore assoluto constante nel tempo, viene riformulata nella forma: “l’individuo massimizza la propria utilità quando il valore attuale del consumo è uguale per ogni anno” (Tobin, 1967). A mantenersi costante pertanto non è più il consumo in valore assoluto ma il corrispondente valore scontato al tasso di interesse reale. Le successive ricerche condotte da Hansen e Singleton (1983) e Summers (1985) hanno portato alla definizione del modello di distribuzione congiunta di consumo e tasso di interesse: “la distribuzione congiunta del logaritmo del consumo nel periodo t, , e gli interessi guadagnati sugli assets dal periodo t-1 al periodo t, , è una normale con matrice di covarianza stabile nel tempo” (Hall, 1988). Le medie allora seguono la relazione lineare

(2.15)

Il cambiamento atteso nel logaritmo del consumo perciò coincide con il prodotto tra il tasso di interesse reale e l’elasticit{ di sostituzione, che misura l’elasticit{ della frazione di consumo al prezzo relativo corrispondente, più una costante k. Vengono così a delinearsi due casi possibili di consumo, a seconda del valore assunto dall’elasticit{ di sostituzione. Nel caso di sostituzione nulla, l’individuo continuerà a scegliere un tasso di consumo costante lungo la vita, come nel caso particolare del modello con tasso di interesse pari a zero. Il profilo di consumo continuerà perciò ad essere una linea orizzontale come in Figura 2.1, ma il valore costante sarà più alto per effetto della presenza del reddito da interesse. La

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ricchezza aggregata invece, come osservato da Modigliani (1986), diminuirà all’aumentare di r, e così anche il tasso di risparmio. Nel caso di sostituzione positiva invece, il profilo del consumo sar{ inclinato positivamente. L’individuo infatti attribuirà valore alla possibilità di consumare di più nel futuro a patto di aumentare i risparmi nel primo periodo di vita, in quanto si attende che gli stessi, investiti al tasso reale atteso r, garantiscano rendimenti tali da permettere un innalzamento del profilo futuro di consumo. Come conseguenza, i risparmi aumenteranno e così anche la ricchezza aggregata. Nel breve termine pertanto, a fronte di un aumento del tasso di interesse, si osserverà una riduzione dei consumi, con un parallelo aumento dei risparmi e degli investimenti.

Dalle considerazioni sopra riportate risulta chiaro come la definizione del corretto valore di elasticità di sostituzione sia di fondamentale importanza in ambito macroeconomico. Nel caso in cui la sostituzione fosse significativamente diversa da zero, allora le politiche macroeconomiche avrebbero un effetto diretto e immediato su consumi e risparmi, agendo sulla leva del tasso di interesse; al contrario, in caso di sostituzione nulla l’impatto del tasso di interesse sui consumi sarebbe trascurabile. Con questo non si nega il legame tra ciclo di vita e politiche monetarie; semplicemente, la connessione tra politiche monetarie e ciclo di vita sarebbe di carattere indiretto, mentre il legame diretto dovuto al tasso di interesse verrebbe a mancare.

In letteratura si distinguono due filoni di pensiero a seconda che si attribuisca all’elasticit{ di sostituzione un valore positivo o nullo. Tra i sostenitori dell’elasticit{ di sostituzione positiva si citano Hansen, Singleton e Summers. Hansen e Singleton (1983) interpretano il parametro sigma come il reciproco del coefficiente di avversione al rischio. Sotto determinate ipotesi il tasso di avversione può essere considerato il reciproco della sostituzione, in quanto l’aumentare dell’avversione al rischio porta il consumatore a prediligere un consumo sicuro oggi rispetto a un consumo maggiore domani, facendo così calare la sostituzione. Gli autori procedono alla stima del coefficiente di avversione al rischio misurando come il consumo si modifica in corrispondenza di differenti tassi di interesse reale attesi. L’analisi dei dati di consumo mensili aggregati e del tasso di interesse reale atteso per gli anni dal 1959 al 1978 portano a stimare il

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valore del coefficiente di avversione al rischio tra 0 e 2, corrispondente a un valore della elasticità alla sostituzione molto elevato e in ogni caso non inferiore a 0,5. Summers (1982) utilizza dati di consumo e tasso di interesse atteso relativi allo stesso periodo temporale ma quadrimestrali; anch’egli arriva alla conclusione che l’elasticit{ di sostituzione sia significativamente maggiore di zero, ipotizzando un valore medio pari all’unit{.

Hall (1998) sostiene invece l’ipotesi di elasticit{ di sostituzione nulla. Egli analizza i dati di consumo e tasso di interesse reale atteso per lo stesso periodo di tempo considerato da Hansen, Singleton e Summers, arrivando però alla conclusione opposta che l’elasticit{ di sostituzione sia presumibilmente nulla, e in ogni caso inferiore a 0,1. Hall giustifica la discordanza tra i risultati da lui ottenuti e quelli ricavati da Summers per il fatto che quest’ultimo abbia trascurato di utilizzare l’estimatore di Hayashi-Sims, necessario per evitare di ottenere una regressione spuria. Le stesse considerazioni valgono anche per Hansen e Singleton; secondo Hall il loro lavoro è però ulteriormente viziato dall’utilizzo di dati mensili, in quanto introducono una componente di autocorrelazione negativa.

Nonostante l’acceso di battito, ad oggi ancora non si è giunti ad una conclusione relativamente alla presenza o meno di una correlazione tra tasso di interesse atteso e cambiamenti nel consumo. Si ritiene che entrambe le ipotesi trovino riscontro nel comportamento del consumatore. Da una parte, è sensato pensare che gli individui non si lascino condizionare dal tasso di interesse atteso nel momento in cui prendono decisioni d’acquisto routinarie: non si studia l’andamento di r per acquistare un elettrodomestico o un paio di scarpe. Dall’altra, risulta intuitivo che il tasso di interesse atteso possa impattare su decisioni più rilevanti: ad esempio, nel momento in cui r cala, il consumatore può essere incentivato ad acquistare una casa finanziandosi tramite l’accensione di un prestito, oppure dismettendo investimenti in titoli sicuri il cui rendimento risulta ridotto.

Data la mancanza di una risoluzione definitiva e sulla base delle considerazioni sopra riportate, si conclude che, ad oggi, non si possa assumere la presenza di una correlazione diretta tra tasso di interesse reale atteso e consumo nel prosieguo dell’analisi della relazione tra demografia e politiche monetarie.

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