• Non ci sono risultati.

tra traduzioni fedeli, interpretazioni libere e strategie di elusione

5.3 Il retroterra culturale del tessuto interorganizzativo della sicurezza: il caso del lavoro temporaneo

5.3.2 La cultura del sistema-organizzazione

Nel tessuto interorganizzativo della sicurezza ricostruito vi è una certa presenza di organizzazioni e, al loro interno, di tecnici e professionisti che attraversano

Questioni di in/sicurezza Un percorso di ricerca su contratti a termine e incidenti sul lavoro in provincia di Trento

68

quotidianamente le imprese trentine, svolgendo attività di prevenzione. Si pensi ad esempio agli esperti della sicurezza che si riuniscono in apposite associazioni professionali, ai vertici degli enti bilaterali impegnati nell'organizzazione di percorsi formativi per dipendenti e datori di lavoro o ai tecnici che operano all'interno delle strutture provinciali svolgendo compiti di vigilanza. Tra questi attori sembra essere presente una concezione piuttosto differente di cosa sia un ambiente di lavoro sicuro e di quali siano i processi necessari al fine di tutelare la salute dei singoli rispetto all’appena menzionata

“cultura della colpa”.

Io sono molto convinta che, al di là degli obblighi dei datori di lavoro… poi non è una mia concezione: non so se conosci Gallino [noto sociologo del lavoro] è importante il sistema organizzativo concreto dell’azienda, è importante creare un’organizzazione che funzioni, che tutti sappiano chi fa che cosa, in modo che tutte le relazioni lavorative siano costruite in modo chiaro e consapevole. Invece adesso c’è molta superficialità, invece negli Stati Uniti c’è questo tipo di attenzione. Bisogna creare un’organizzazione cogente, consapevole.

[Dipartimento salute e solidarietà sociale della Provincia Autonoma di Trento]

Non c’è mai un unico fattore che porta alla manifestazione dei rischi. È un aspetto che forse viene un po’ sottovalutato. C’è ancora molto lavoro da fare in termini anticipatori, si tende a lavorare poco in termini di sicurezza nelle fasi di pianificazione, progettazione, decisione. Per fare qualche esempio: sulla scelta di come riorganizzare un ambiente di lavoro, su come rivedere il contesto lavorativo. Sembra sempre che all’inizio ci sia qualcuno che pianifica, e poi si interviene sul miglior modo di agire per limitare i potenziali danni in termini di sicurezza.

Faccio un esempio: da una persona che si occupa di organizzazione e di professione, mi sento dire “Sì, ma io di sicurezza non mi interesso”. Non è ammissibile.

[Formatrice e associata presso un'associazione di esperti sulla sicurezza]

Se tra chi svolge un ruolo centrale nella pianificazione di politiche a livello locale la tutela della sicurezza sembra essere legata al rispetto delle norme vigenti, chi assiste quotidianamente le organizzazioni lavorative nella costruzione di ambienti sicuri tende a sottolineare come la sicurezza e l'insicurezza dei singoli siano l'effetto emergente di ciò che avviene nei processi organizzativi nel loro complesso. Se la prima intervistata sottolinea come sia necessario creare un'organizzazione “cogente” e “consapevole”, in cui

“tutti sanno chi fa che cosa”, la seconda afferma come la sicurezza sia qualcosa di inscindibile dall'organizzazione del lavoro e che, quindi, sia legata a doppio filo alla pianificazione e alla progettazione dell'organizzazione nel suo complesso. È difficile non notare la vicinanza tra le parole delle intervistate e quanto oramai è affermato da tempo negli ambienti di ricerca attraverso lavori come quello presentato in queste pagine: le condizioni di sicurezza e insicurezza sono il prodotto di un sistema costituito da ruoli e pratiche riprodotti quotidianamente, che possono tutelare o mettere a repentaglio la salute individuale. Non è un caso che una delle intervistate citi esplicitamente un famoso sociologo italiano, tra i portatori di tale modo di interpretare la costruzione della sicurezza negli ambienti di lavoro.

La persona che lavora in azienda per periodi di tempo limitati, se non è ben controllata, corre il rischio di essere più esposta alla probabilità di un infortunio rispetto al lavoratore con un contratto più stabile. Io sottolineerei proprio questo: il vantaggio della continuità lavorativa è proprio quello di acquisire la filosofia aziendale, i comportamenti corretti, eccetera.

[Direttore Ente Bilaterale]

In certi casi ci sono i lavoratori che non vanno a denunciare l'infortunio, soprattutto quelli temporanei che lavorano in settori a rischio, perché hanno paura di essere licenziati o messi in infortunio […]. Il lavoratore, non è che lo obbligano a non denunciare, è lui stesso che è impaurito ... i sindacati quindi dicono “No, devi denunciarlo anche se sei temporaneo”, ma

Questioni di in/sicurezza Un percorso di ricerca su contratti a termine e incidenti sul lavoro in provincia di Trento

non saprei dire una percentuale [di chi denuncia] [...]. I rischi che hanno sono legati alla tipologia del lavoro, più accentuati per il fatto che questa persona non può formarsi in maniera sistematica.

[Dipartimento salute e solidarietà sociale della Provincia Autonoma di Trento]

Quando gli intervistati, poi, iniziano a descrivere le condizioni dei/lle lavoratori/trici con contratti temporanei, emerge con forza come i rischi che essi/e corrono siano legati alla loro posizione all'interno dell'organizzazione di appartenenza. Chi è assunto con un contratto temporaneo, infatti, ha una scarsa conoscenza del luogo di lavoro e, spesso, delle mansioni che si trova a svolgere e del settore produttivo in cui è inserito. Inoltre, come nota la seconda intervistata, i/le lavoratori/trici con contratti temporanei hanno con i propri datori di lavoro relazioni di potere fortemente asimmetriche, che portano sovente a rinunciare all'esercizio dei propri diritti, arrivando perfino a non denunciare gli infortuni subiti. Coloro che lavorano con contratti temporanei, quindi, si trovano ad essere periferici nelle comunità professionali di appartenenza, privi di potere contrattuale nei confronti del datore di lavoro e, quindi, con scarse conoscenze pratiche riguardo ai rischi intrinseci alle proprie mansioni e con l'impossibilità di rivendicare i propri diritti in caso di infortunio. Allo stesso tempo, i sindacati si trovano in difficoltà ad esercitare il proprio ruolo, trovandosi di fronte a lavoratori/trici fortemente frenati rispetto all’esercizio concreto dei propri diritti, poiché, come abbiamo visto, intimoriti dall’eventualità di perdere il posto di lavoro.

A orientare l'operato di questo secondo gruppo di attori sembra esserci una cultura denominabile del sistema-organizzazione, in cui la sicurezza è concepita come un prodotto organizzativo e che vede le sue basi in studi accademici e in interventi pratici che nel corso degli anni hanno cercato di superare un approccio individuale e puramente normativo alla sicurezza lavorativa (Vaughan, 1996; Turner e Pidgeon, 1997). Da questo punto di vista, il rispetto formale-legislativo delle norme esistenti è solo uno degli elementi che può portare alla costruzione di un ambiente lavorativo sicuro. Tra questi attori, vi è la convinzione che tutelare i/le lavoratori/trici corrisponda a pianificare con attenzione a priori ogni attività organizzativa e, in caso di infortuni, rivedere radicalmente il design organizzativo, concependo quindi l'evento infortunistico non tanto come il frutto di responsabilità individuali, ma come l'effetto di una mancanza sistemica.

Come visto negli stralci sopra riportati, seguire la cultura del sistema-organizzazione porta a concepire le condizioni di sicurezza dei lavoratori/trici temporanei/e non più come frutto della negligenza o della responsabilità individuale, ma come il risultato emergente di processi organizzativi che comprendono l'affiancamento del lavoratore temporaneo a lavoratori più esperti, la valutazione della sua esperienza nel settore prima dell'assunzione e, più in generale, l'acquisizione nel corso del tempo di un insieme di competenze pratiche che il soggetto può far proprie solo con l'esperienza. La scelta di trascurare la formazione formale e informale dei lavoratori temporanei, la loro marginalità entro le comunità professionali e la loro impossibilità a svolgere il proprio lavoro in maniera sicura si rivelano quindi il frutto di un’azione collettiva che coinvolge i colleghi, i superiori, i formatori e, per ultimo, i sindacati e gli organi di vigilanza, non in grado di tutelare la salute e la sicurezza di questo target di lavoratori.

Come notato in altre sedi (Catino, 2006a), la cultura di sistema porta gli attori coinvolti nella costruzione della sicurezza (in questo caso tecnici, esperti, formatori e così via) a ricondurre la natura degli incidenti non tanto alle responsabilità individuali, quanto piuttosto a quelle collettive. In quest'ottica, quindi, la prevenzione del rischio passa attraverso il cambiamento del sistema-organizzazione e, più in generale, del tessuto interorganizzativo della sicurezza in cui esso è inserito, conducendo a ripensare i ruoli, le norme e le attività che lo caratterizzano.

Questioni di in/sicurezza Un percorso di ricerca su contratti a termine e incidenti sul lavoro in provincia di Trento

70

Outline

Documenti correlati