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La dinamica contrattuale da una lettura dei dati amministrativi

La diffusione dell’occupazione a termine da una lettura dei dati ISTAT

2.3 La dinamica contrattuale da una lettura dei dati amministrativi

Di seguito si analizzerà la dinamica delle principali forme contrattuali nel periodo 2007-2013, guardando alle comunicazioni obbligatorie delle imprese (nuove assunzioni, cessazioni e trasformazioni lavorative). Si tratta principalmente di flussi in entrata e uscita dall’area del lavoro, che come tali non vanno confusi con i dati sull’intera occupazione dell’indagine continua sulle forze di lavoro ISTAT del precedente paragrafo.

A differenza di questi dati, le comunicazioni obbligatorie delle imprese restituiscono un quadro del mercato del lavoro assai più in difficoltà anche sul versante dell’occupazione dipendente. Nel sesto anno dall’inizio della crisi il sistema delle imprese trentine è stato in grado di attivare 125.855 rapporti di lavoro e ne ha contestualmente chiusi più di 130.200.

In termini di saldi occupazionali, come differenza tra assunzioni e cessazioni10, nel solo 2013 si sarebbero perse più di 4.000 posizioni lavorative.

Anche guardando alle sole entrate, la dinamica è negativa, considerando che nel 2007, prima che la crisi si facesse sentire anche sul mercato del lavoro locale, le assunzioni delle imprese ammontavano a 142.131 unità, oltre 16.000 in più rispetto a quelle del 2013.

In un mercato del lavoro in difficoltà i primi posti a essere tagliati sono quelli a termine, di norma meno qualificati e tutelati. Ma anche sul versante delle entrate, quando le imprese procedono a nuove assunzioni, è ancora il lavoro a termine a essere preferito rispetto al più oneroso e impegnativo contratto a tempo indeterminato.

In effetti, negli anni della crisi gli avviamenti in forma stabile si sono ridotti del 40% in termini percentuali e dunque in misura ben più ampia rispetto ai contrattati a termine (si veda la tab. 3)

10 Le cessazioni lavorative possono riguardare licenziamenti e dimissioni volontarie, ma anche rapporti a termine venuti in scadenza o ancora uscite dal mercato del lavoro per motivi di pensionamento o altro.

2007 2012 2013

Var.

punti%

13/12

Var. punti%

13/12

15-24 anni 47,8 62,9 63,5 +15,7 +0,6

25-34anni 19,6 27,8 27,5 +7,9 -0,3

34-44anni 11,2 11,8 13,5 +2,3 +1,7

45-54 anni 9,0 7,1 8,5 -0,5 +1,4

55 e più anni 7,7 9,3 7,6 -0,1 -1,7

Totale 15,8 17,1 17,3 +1,5 +0,2

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Tab. 3 - Assunzioni a tempo indeterminato e a termine in provincia di Trento (anni 2007-2012 e 2013) (valori assoluti e variazioni assolute e percentuali)

Fonte: OML su dati Agenzia del Lavoro (Centri per l’Impiego) - PAT

2.3.1 Il contratto a tempo indeterminato

Nel 2013, il tempo indeterminato rappresenta il 7% delle nuove assunzioni, lasciando così ai contratti a termine il rimanente 93%.

Le 8.580 assunzioni a tempo indeterminato del 2013, sono diverse centinaia in meno rispetto a quelle dell’anno prima e quasi 6.700 se confrontate con quelle del 2007 (anno pre-crisi, in cui l’inserimento in forma stabile riguardava più di un avviamento su dieci). La stabilità lavorativa non è però data dai soli nuovi rapporti instaurati, ma anche dalle trasformazioni del lavoro a termine in contratti a tempo indeterminato. Anzi, si può essere più certi della stabilità dei contratti trasformati che di tante assunzioni a tempo indeterminato in settori come l’agricoltura, le costruzioni o il turismo. La quota di tempo indeterminato derivata da trasformazioni rappresenta più di un terzo del lavoro stabile rilevato nell’anno. Nel 2013 si sono avute 4.370 trasformazioni e per la verità anche qui con un calo sia rispetto all’anno prima sia nel più lungo periodo.

Tab. 4 - Dinamica di assunzioni, trasformazioni, cessazioni e saldi occupazionali del tempo indeterminato in provincia di Trento (anni 2007, 2012 e 2013) (valori assoluti e variazioni assolute)

Fonte: OML su dati Agenzia del Lavoro (Centri per l’Impiego) - PAT

Le trasformazioni servono anche a calcolare in maniera più corretta i saldi occupazionali.

In effetti, le cessazioni di lavoro a tempo indeterminato nel 2013 sfiorano le 11.500 unità, prevalendo in misura netta sulle assunzioni. Se, però, alle assunzioni a tempo

2007 2012 2013 Var. ass.

13/07

Var. % 13/07

Var. ass.

13/12

Var. % 13/12 Assunzioni a tempo indeterminato 15.253 9.330 8.580 -6.673 -43,7 -750 -8,0 Assunzioni a termine 126.878 122.404 117.275 -9.603 -7,6 -5.129 -4,2 Totale assunzioni 142.131 131.734 125.855 -16.276 -11,5 -5.879 -4,5

2007 2012 2013 Var. ass.

13/07

Var. ass.

13/12

Assunzioni a tempo indeterminato 15.253 9.330 8.580 -6.673 -750

Trasformazioni a tempo indeterminato 7.232 5.690 4.370 -2.862 -1.320

Totale lavoro a tempo indeterminato 22.485 15.020 12.950 -9.535 -2.070

Cessazioni a tempo indetrminato 19.039 12.994 11.496 -7.543 -1.498

+3.446 +2.026 +1.454 -

-Saldo occupazionale

(assunzioni e trasformazione -cessazioni)

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indeterminato si aggiungono le trasformazioni, in termini di saldi vuol dire che in un anno il cosiddetto posto fisso ha guadagnato 1.454 unità. È un dato ancora positivo, ma anche in questo caso in peggioramento rispetto ai flussi in entrata nel lavoro stabile rilevati nei precedenti anni11.

Il fatto che il contratto a tempo indeterminato pesi così poco sul monte assunzioni fa sì che non ci siano grossi scostamenti rispetto al dato medio per tutte le variabili in analisi. Si può quindi parlare di una maggiore propensione ad assumere a tempo indeterminato delle imprese dell’industria, rispetto a quelle del terziario e dell’agricoltura, più sbilanciate verso il lavoro stagionale. Inoltre, le probabilità di essere assunti fin da subito in forma stabile sono leggermente più favorevoli se si è di sesso maschile, di cittadinanza italiana e si appartiene alle classi centrali di età.

2.3.2 Il contratto di apprendistato

Parlare di un contratto di apprendistato12 in declino è forse eccessivo. Il forte calo nei numeri riflette, infatti, anche un diverso e più appropriato uso di questa tipologia contrattuale rispetto a un passato anche recente. Obblighi formativi più rigorosi hanno di fatto reso meno conveniente utilizzare l’apprendistato nei lavori stagionali, visto anche che le possibilità in termini di maggiore flessibilità e minori costi non mancavano e tuttora non mancano. D’altra parte è anche vero che il contratto di apprendistato paga in questi anni la forte contrazione della domanda di lavoro dei giovani13.

Tornando ai numeri, è del tutto evidente la forte flessione delle assunzioni di giovani apprendisti. Solo nell’ultimo anno, peraltro in una dinamica complessiva di forte calo, l’apprendistato mantiene per così dire le posizioni (una cinquantina di unità in meno rispetto al 2012). La caduta è però evidente nel lungo periodo. Dalle 11.733 unità del 2007 si passa alle 3.843 dell’ultimo anno: in soli sei anni le assunzioni con apprendistato in provincia di Trento si sono ridotte per più dei due terzi.

Gli apprendisti fino a 24 anni rappresentano circa il 75% delle assunzioni del 2013 ed è in questa fascia d’età che si concentrano tutte le perdite14. Rispetto all’anno precedente le assunzioni con apprendistato si riducono per oltre un quinto nelle costruzioni, pagando così fortemente la crisi del comparto, mentre sul più lungo periodo il calo investe anche il manifatturiero, il commercio e soprattutto i pubblici esercizi. In quest’ultimo comparto, in soli sei anni si sono perse più di 3.000 opportunità di lavoro in apprendistato, per una contrazione prossima al 65%15. Nonostante questo, le figure del settore turistico continuano a essere le più richieste. Nelle prime tre posizioni del 2013 si trovano i camerieri, i cuochi e i baristi, figure che rappresentano oltre il 38% del totale degli avviamenti con apprendistato (completano le prime cinque i commessi e il personale di segreteria).

11 Nel 2007, ad esempio, la differenza tra entrate (assunzioni e trasformazioni) e uscite (cessazioni lavorative), vedeva prevalere le prime per 3.446 unità.

12 Dopo la riforma Fornero il contratto di apprendistato va considerato come un contratto a tempo indeterminato.

13 Si può dire che tra il 2007 e 2013 la contrazione della domanda di lavoro abbia colpito solo il segmento dei giovani, i cui avviamenti calano di poco meno di 19.000.

14 Le assunzioni dei giovani in apprendistato fino a 24 anni diminuiscono di 135 unità rispetto al 2012 e di 8.045 sul 2007; di 87 e 155 unità nell’analogo periodo sono invece cresciute le assunzioni con apprendistato tra gli oltre 24enni.

15 È evidente il riferimento a quanto già rilevato, e cioè a come l’apprendistato sia sempre meno utilizzato per lavori di tipo stagionale (nonostante la Legge 133 del 2008, abolendo i limiti di durata di 2 anni, abbia legittimato il ricorso all’apprendistato con caratteri di stagionalità). Il dovere del datore di lavoro di assicurare all’apprendista una formazione effettiva, unita alla concorrenza di altre forme lavorative estremamente flessibili (soprattutto il lavoro a chiamata) ha fatto sì che, per questa tipologia di lavori, il contratto di apprendistato abbia perso molto del vecchio richiamo.

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Tab. 5 - Dinamica di assunzioni, trasformazioni e saldi occupazionali del contratto di apprendistato in provincia di Trento (2007, 2012 e 2013) (valori assoluti e variazioni assolute)

* Il saldo occupazionale è dato dalla differenza tra assunzioni e la somma tra cessazioni e trasformazioni a tempo indeterminato

Fonte: OML su dati Agenzia del Lavoro (Centri per l’Impiego) - PAT

Altri numeri sono meno negativi di quelli appena visti.

Ci riferiamo innanzitutto alle cessazioni con apprendistato, che presentano anch’esse un andamento fortemente discendente nel tempo: meno 7.413 unità nel confronto con il 2007.

La caduta delle cessazioni per buona misura è fisiologica, giacché è evidente che al crollo delle assunzioni non possa non corrispondere nel tempo un calo anche delle cessazioni.

Peraltro, anche nelle minori uscite dall’apprendistato si può leggere un uso più corretto di questa forma contrattuale. Dal confronto tra assunzioni e cessazioni con apprendistato si rileva come le prime superino le seconde e il saldo occupazionale si mantenga positivo.

Comunque, ed è forse l’aspetto più importante, i saldi occupazionali ci indicano una situazione dell’apprendistato meno pesante rispetto a quello che si sarebbe potuto pensare guardando alla sola dinamica delle assunzioni. Un altro aspetto riguarda le trasformazioni a tempo indeterminato dei giovani apprendisti. Anche le trasformazioni evidenziano un andamento calante negli anni, passando dalle quasi 1.000 del 2007 alle 551 dell’ultimo anno.

2.3.3 Il contratto di somministrazione di lavoro (ex interinale)

Grazie soprattutto alla ripresa delle assunzioni nell’industria, il contratto di somministrazione risulta essere l’unica tipologia di lavoro in crescita nell’ultimo anno. In effetti, la somministrazione appare particolarmente diffusa nel manifatturiero. Nel 2013, su un totale di 10.570 assunzioni con somministrazione, più della metà sono avvenute nell’industria in senso stretto, con un incremento rispetto all’anno prima che sfiora le 800 unità. Il lavoro somministrato, sfruttando il declino di altre forme contrattuali (soprattutto la chiamata), cresce sempre rispetto al 2012 di alcune centinaia anche nel terziario. Nel più lungo periodo, il lavoro somministrato è invece in calo per 1.863 unità. Paga soprattutto la flessione nel primo biennio del comparto manifatturiero, ma in valori assoluti non va molto meglio nel terziario. La distribuzione settoriale spiega anche il perché di una tipologia lavorativa che si rivolge prevalentemente ai maschi16.

16 In numero di 5.915, le assunzioni maschili rappresentano il 56% del totale, percentuale che è rimasta simile nel corso degli ultimi anni.

2007 2012 2013 Var. ass.

13/07

Var. ass.

13/12

Assunzioni apprendistato 11.733 3.891 3.843 -7.890 -48

Cessazioni apprendistato 10.469 3.169 3.056 -7.413 -113

+1.264 +722 +787 -

-Trasformazioni a tempo indeterminato 990 766 551 -439 -215

Saldo occupazionale (assunzioni - cessazioni)

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Tab. 6 - Dinamica delle assunzioni con lavoro somministrato in provincia di Trento (2007, 2012 e 2013) (valori assoluti e variazioni assolute)

Fonte: OML su dati Agenzia del Lavoro (Centri per l’Impiego) - PAT

Più di sei contratti di somministrazione su dieci, nel corso del 2013, sono stati a favore di persone fino a 34 anni. In particolare, la classe dei 15-29enni è la più numerosa, rappresentando da sola il 48% delle assunzioni. Ciò detto, è anche vero che sono proprio i giovani a perdere posizioni nel corso degli anni, mentre aumentano le assunzioni di lavoro somministrato, soprattutto tra i 35-49enni e anche tra le persone più anziane17. L’aumento della somministrazione in fasce dove la centralità non è data solo dall’età anagrafica, ma anche dal significato e ruolo del lavoro, merita una certa attenzione. Non si tratta, infatti, di un primo lavoro come per i più giovani, né di un’opportunità di reinserimento come per i più anziani. Il vero rischio è che per queste persone il lavoro somministrato non rappresenti un ponte verso un ritorno a un’occupazione più forte e garantita, ma lo scivolamento in una sorta di stabile precarietà. Questo è confermato anche dalle analisi sulla stabilizzazione lavorativa. A due anni e mezzo da un primo inserimento con un contratto di somministrazione, solo il 18% dei soggetti è transitato verso un lavoro a tempo indeterminato; il 30% circa lavora ancora con un contratto a termine (il 7% con un’altra somministrazione); più della metà ha perso il lavoro e comunque non è più occupato.

La diffusione del lavoro somministrato nell’industria risulta evidente anche dall’analisi delle professioni svolte. Tra le prime cinque troviamo, infatti, i fonditori e operatori di altoforno, i conduttori di macchine automatiche e semiautomatiche industriali, il personale non qualificato dell’industria e solo a seguire le figure dei facchini e dei commessi di negozio.

2.3.4 Il contratto a chiamata (intermittente)

Il contratto di lavoro a chiamata, o intermittente, nell’arco di sei anni ha dapprima conosciuto una fortissima crescita delle assunzioni e poi una quasi altrettanto forte caduta a seguito della riforma Fornero del luglio del 201218. Come si può vedere dalla tabella sottostante, si passa dalle 3.378 assunzioni del 2007 alle 11.859 del 2012, per poi ridiscendere alle 7.441 dell’ultimo anno.

17 Nel 2007 i giovani assunti con questo contratto incidevano per il 54% circa, mentre la classe dei 35-49enni è cresciuta dal 26% a oltre il 30% del 2013.

18 La Riforma Fornero ha reso questa tipologia di lavoro assai più rigida e ha fatto sì che a ogni nuova assunzione comunicata debba corrispondere un’effettiva prestazione lavorativa (prima si rimaneva in attesa della chiamata, che poteva anche non avvenire).

2007 2012 2013 Var. ass.

13/07

Var. ass.

13/12

Agricoltura 198 255 225 +27 -30

Secondario 6.829 5.016 5.814 -1.015 +798

di cui manifatturiero 6.289 4.757 5.555 -734 +798

Terziario 5.406 4.117 4.531 -875 +414

di cui commercio 2.011 1.421 1.412 -599 -9

Totale 12.433 9.388 10.570 -1.863 +1.182

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Il lavoro a chiamata è, con ogni probabilità, la forma più precaria di lavoro, tanto che, quando si parla di “cattiva” flessibilità, ci si riferisce soprattutto a questa tipologia contrattuale. Proprio per la sua estrema flessibilità, il lavoro a chiamata non è neppure ricompreso tra le diverse tipologie di assunzioni in molte delle analisi sul mercato del lavoro. È una scelta comprensibile, tuttavia il rischio è poi quello di non cogliere con prontezza alcune importanti dinamiche settoriali. Nel terziario, ad esempio, e nel comparto del turismo e pubblici esercizi, in particolare, si è assistito a una vera e propria esplosione di questa tipologia di lavoro, con un effetto di progressiva sostituzione rispetto ad altri più tradizionali contratti a termine. Se non si tenesse conto del lavoro a chiamata, si sarebbe portati a parlare di un crollo della domanda di lavoro nei pubblici esercizi, il che non è vero.

Il lavoro a chiamata rappresenta nell’ultimo anno il 14% delle assunzioni “turistiche”, ma al suo massimo era arrivato a oltre il 30% degli avviamenti del comparto. Detto del terziario, residuando al secondario e ancor più all’agricoltura quote assolutamente minoritarie.

Anche la graduatoria delle professioni con tale tipologia contrattuale riflette questa particolare distribuzione settoriale. Nelle prime posizioni troviamo, infatti, i camerieri, i baristi, i cuochi e il personale non qualificato della ristorazione, ma anche i commessi e il personale di pulizia.

Il lavoro intermittente si rivolge innanzitutto al segmento più giovane della popolazione. In circa sei casi su dieci il lavoro a chiamata ha interessato giovani fino a 34 anni. E tuttavia negli ultimi anni si è assistito a un aumento (del peso percentuale) di questa tipologia anche nelle fasce più anziane della popolazione (il 31% del lavoro intermittente è tra gli oltre 40enni). Si tratta in molti casi di donne, anche italiane, che la crisi ha spinto a entrare o rientrare nel mercato del lavoro (per sostenere il reddito della famiglia).

Tab. 7 - Dinamica delle assunzioni con lavoro intermittente in provincia di Trento (2007, 2012 e 2013) (valori assoluti e variazioni assolute)

Fonte: OML su dati Agenzia del Lavoro (Centri per l’Impiego) - PAT

2.3.5 Il contratto a tempo determinato

Il contratto a tempo determinato incide per il 76% sulle assunzioni del 2013.

È la tipologia d’inserimento al lavoro che prevale in tutti e tre i settori di attività:

rappresenta la quasi totalità degli avviamenti in agricoltura, dove è impiegato per la raccolta della frutta, circa otto su dieci nel terziario, soprattutto per gli stagionali del turismo e le supplenze scolastiche e il 42% nel secondario. Anche il contratto a tempo determinato ha conosciuto una parabola discendente, così come si può vedere dalla sottostante tabella.

2007 2012 2013 Var. ass.

13/07

Var. ass.

13/12

Agricoltura 11 81 29 +18 -52

Secondario 179 586 304 +125 -282

Terziario 3.188 11.192 7.108 +3.920 -4.084

di cui commercio 300 1.160 577 +277 -583

di cui pubblici esercizi 2.244 8.041 5.026 +2.782 -3.015

Totale 3.378 11.859 7.441 +4.063 -4.418

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Per settore d’attività, il tempo determinato rileva un deciso calo nel terziario, con l’eccezione di una crescita, seppur modesta, nell’ultimo anno nei pubblici esercizi. In questo comparto collegato all’attività turistica, si è verificato sul finire del 2012 un “nuovo”

effetto di sostituzione con il contratto a chiamata, divenuto a seguito della Riforma Fornero meno conveniente per le imprese.

Il tempo determinato presenta un profilo in diminuzione anche nel secondario mentre, prevalendo nettamente in agricoltura, tende a seguire le dinamiche del settore.

È interessante come nel tempo determinato si rilevi la maggior incidenza delle figure di elevata qualificazione (18%), superiore anche a quelle riconducibili alle assunzioni con il tempo indeterminato (13%). Ciò si spiega con l’alto numero di personale non di ruolo della scuola, chiamato, anche per brevissimi periodi, a coprire posti vacanti. Non a caso, dopo la figura del bracciante agricolo e (ancora una volta) del cameriere, troviamo in terza posizione la domanda per l’insegnante di scuola pre-primaria e poi, poco più in giù, quella per professori di scuola primaria e secondaria. Nel solo ultimo anno le assunzioni con contratto a tempo determinato della scuola sono state in provincia di Trento 12.744. Un imponente flusso in entrata e uscita, che pesa per il 13% sul totale delle assunzioni con questa tipologia contrattuale (e rappresenta il 63% di tutti i rapporti di lavoro highly skilled instaurati nell’anno).

Tab. 8 - Dinamica delle assunzioni dei contratti a termine in provincia di Trento (2007, 2012 e 2013) (valori assoluti e variazioni assolute)

Fonte: OML su dati Agenzia del Lavoro (Centri per l’Impiego) – PAT

2.3.6 La flessibilità in tema di orari di lavoro

La riduzione dell’orario di lavoro, in un periodo di difficoltà, può essere un modo per evitare i licenziamenti, ma anche per procedere con cautela a nuove assunzioni.

In effetti, il lavoro a tempo parziale, a differenza di quello a tempo pieno, non è stato colpito dal calo della domanda di questi anni19. Anzi, rispetto al 2007 sfiora le 4.400 unità in più, mentre si riducono per più di 20.600 le assunzioni a tempo pieno.

Il tempo parziale è una tipologia di lavoro notoriamente femminile. Nell’ultimo anno, ad esempio, le assunzioni delle donne rappresentano circa il 75% di tutte quelle a tempo parziale. Nel 2007 questa percentuale era, però, più alta e toccava quasi l’80%; segno di come il part-time si sia gradualmente esteso anche alla parte maschile.

19 La flessione del lavoro di questi anni si evidenzia non solo per il minor numero di rapporti di lavoro stipulati, ma anche in termini di riduzione di orario.

2007 2012 2013 Var. ass.

13/07

Var. ass.

13/12

Agricoltura 18.212 19.627 21.411 +3.199 +1.784

Secondario 8.070 7.161 6.542 -1.528 -619

Terziario 71.281 70.478 67.460 -3.821 -3.018

di cui pubblici esercizi 30.372 28.520 28.587 -1.785 +67

di cui altri servizi 30.910 32.463 29.522 -1.388 -2.941

Totale 97.563 97.266 95.413 -2.150 -1.853

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Tab. 9 - Dinamica delle assunzioni dei contratti a tempo parziale e a tempo pieno in provincia di Trento (2007, 2012 e 2013) (valori assoluti e variazioni assolute)

Fonte: OML su dati Agenzia del Lavoro (Centri per l’Impiego) - PAT

Alcuni aspetti interessanti si possono ricavare dall’analisi per classi d’età, dove alla flessione delle assunzioni a part-time dei più giovani corrisponde una decisa crescita tra i 35-49enni, che raggiunge valori ancor più elevati in termini di variazione tra le persone di maggiore d’età. Sono le stesse persone di cui abbiamo parlato analizzando il lavoro a chiamata, vale a dire donne di una certa età che fanno il loro ingresso nel mercato del lavoro caricandosi di una doppia flessibilità, per durata del contratto e per numero di ore lavorate (anche se in quest’ultimo caso è probabilmente più voluta che nel primo). Come si può immaginare, si tratta anche di lavori scarsamente qualificati e poco tutelati sotto ogni punto di vista.

2.3.7 Il lavoro parasubordinato

Anche il parasubordinato è una forma assai flessibile di lavoro, perché permette di coprire il fabbisogno di manodopera senza dover ricorrere a incrementi nell’organico alle dipendenze. È forse per questa sua elevata flessibilità che il lavoro parasubordinato ha mostrato una maggiore resistenza nella fase di calo della domanda. Nel 2013 sono state 7.425 le attivazioni di lavoro parasubordinato in provincia di Trento, solo otto in meno rispetto a dodici mesi prima e circa 300 in confronto al 2007.

Al calo dei giovani, non fa eccezione neppure il parasubordinato. Le attivazioni per i giovani fino a trentaquattro anni, che rappresentano poco meno della metà del totale,

Al calo dei giovani, non fa eccezione neppure il parasubordinato. Le attivazioni per i giovani fino a trentaquattro anni, che rappresentano poco meno della metà del totale,

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