Un incidente sul lavoro difficilmente è incidentale
7.5. Strumenti di prevenzione: le azioni formative
Sono ormai diverse le ricerche che hanno messo in luce il fatto che la limitata permanenza dal punto di vista temporale in uno stesso luogo di lavoro disincentiva la parte datoriale a investire nella formazione dei dipendenti a termine rispetto alle condizioni di sicurezza (Di Nunzio, 2011; Sargeant e Giovannone, 2011; Moffa, 2012). Anche in questa ricerca, in entrambi i settori oggetto di indagine, sono emerse delle situazioni, seppur limitate, di totale assenza di iniziative formative sulla sicurezza.
Facevamo le prove con i vigili del fuoco per tutti, e anche i corsi, ma parlo del mio lavoro di
*** [impiego precedente], perché qui non ho fatto corsi sulla sicurezza. Perché io sono stata per più tempo lì a *** e lì hanno fatto la formazione, non posso dire niente. Mentre negli altri posti ho lavorato poco: 4 mesi qua, 3 mesi lì, non ti posso dire. Lì non ho fatto niente, non sapevo com’erano le regole.
[1A_Donna, 55 anni, infermiera professionale, Albania]
No, da loro [i datori] non ho avuto nessuna formazione, non sono andata a fare nessun corso. […] La sicurezza me la son prevenuta io, diciamo, da parte loro, zero niente, zero! Io avevo il mio estintore, se per caso… sono andata a prendere un paio di ciabattone in un centro sanitario. Io avevo il terrore delle scottature, più che delle cadute o del resto.
[4B_Donna, 67 anni, garzone di cucina, Italia]
Laddove la formazione venga invece regolarmente svolta, il complesso del materiale empirico delinea due elementi principali relativi alla salute e alla sicurezza sul lavoro. In primo luogo, come ampiamente discusso nel dibattito intorno a questi temi (Gherardi et al., 1997; Gherardi, 2009; Giullari, 2013), la formazione è percepita da lavoratori e lavoratrici come distante e inadeguata rispetto alle pratiche lavorative quotidiane: la formazione assume in questo senso i tratti di un adempimento burocratico (i test) o logistico (le esercitazioni anti incendio), capace di incidere in maniera assai limitata sull’effettiva costruzione di procedure lavorative sicure nel quotidiano della vita organizzativa.
La formazione è sulla carta. Fanno i corsi sulla sicurezza e infatti ci dicono che dobbiamo lavorare con gli ausili, sui letti alti… le cose te le dicono, ma se viene attivato un servizio e il letto è basso, cosa fai? Possono avere i letti normali perché sono persone che si sono rotte una gamba o si sono aggravate e tu devi andarci. Il domicilio è un posto dove devi saperti adattare, adeguandoti a quello che c’è. Forse in casa di riposo…
[11A_Donna, 52 anni, assistente domiciliare, Italia]
Ci vorrebbe proprio una formazione su come usare tutto quanto, invece ti danno un opuscolo che nessuno legge. Parlando a voce della formazione, le persone capiscono meglio. Anche gli extracomunitari l’italiano lo capiscono poco, hanno bisogno di formazione. L’opuscolo è solo in italiano, poi con queste parole piccole… sa, come per le assicurazioni. Capisci?
[18B_Donna, 57 anni, addetta mensa ospedaliera, Italia]
In secondo luogo, le persone intervistate descrivono un’attenzione formativa alla sicurezza che si preoccupa più del lavoro inteso in quanto prodotto e servizio rivolto al pubblico-utenza, che non in quanto attività in grado di mettere potenzialmente a rischio chi la conduce (Bellè et al., 2013b). Così, nel settore di cura e assistenza alla persona si dedica gran parte dello sforzo formativo alla gestione logistico-ambientale della messa in sicurezza degli ospiti in caso di emergenze, piuttosto che alle esigenze e ai rischi emergenti dai processi lavorativi (su cui spicca per frequenza di menzione il rischio di subire aggressioni da parte degli utenti, rispetto al quale lavoratori e lavoratrici intervistati/e denunciano una totale assenza di formazione, anche dal punto di vista del forte stress lavoro-correlato). D'altra parte, nel settore alberghiero, del turismo e della
Questioni di in/sicurezza Un percorso di ricerca su contratti a termine e incidenti sul lavoro in provincia di Trento
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ristorazione, l’attenzione è rivolta principalmente agli aspetti d’igiene e conservazione alimentare, che non a quelli di sicurezza lavorativa.
Dei rischi si parla in generale ed è più facile che ti parlino del probabile incendio, e quindi ti fanno il corso se ci fosse da fare l'evacuazione all'interno della struttura, la formazione obbligatoria... dove sono le porte anti-panico, le porte anti-fuoco, dove ci sono gli estintori, queste cose qui... si fan sempre sperando sempre che non succeda niente. Ma io ho sentito più una formazione a livello... [...] Secondo me, è più da lavorare sull'elaborare l'aggressione, sull'accettazione, questo può succedere, quindi non sei te il problema, ma c'è, il problema.
[2A_Donna, 45 anni, assistente educatrice disabili, Italia]
Abbiamo fatto corsi di sicurezza antincendio, corsi di pronto soccorso e corsi sulla sicurezza alimentare. Su quella siamo martellate, puntano molto sulla sicurezza alimentare! Puntano molto su questo e siamo molto seguiti. Noi abbiamo tutta una serie di dispositivi interni di pulizia.
[14B_Donna, 37 anni, cameriera di mensa scolastica, Italia]
Dalle interviste effettuate – sebbene con alcune, significative, eccezioni – emerge un generale rispetto di norme e obblighi in tema di salute e sicurezza lavorativa su un piano giuridico e istituzionale, soprattutto in termini di formazione, rispetto di standard ambientali (la tendenziale salubrità degli ambienti lavorativi) e tecnologici (presenza di macchinari, strumenti di lavoro e dispositivi individuali di sicurezza a norma). Tuttavia, in entrambi i settori, i racconti tratteggiano ambienti lavorativi in cui i “sistemi” o i “dispositivi” di sicurezza, seppur presenti, sono poco utilizzati da lavoratori e lavoratrici, in alcuni casi perché progettati senza tener conto delle effettive pratiche lavorative, in altri per via di prassi consolidate che rendono difficile l'introduzione di nuove misure a tutela della sicurezza sul lavoro.
Un esempio: ci avevano fornito delle ciabatte che pesavano quasi 8 etti, pesanti da portare per otto ore al giorno, sono simili agli zoccoli che hanno in ospedale. [...] Loro hanno risposto di aver speso 82 euro per comprarle, ma erano pesantissime e la sera sentivo male. Quando hanno fatto un corso di aggiornamento sulla sicurezza ne ho parlato e mi hanno risposto che se mi fossi fatta male e non avessi avuto queste ciabatte non mi avrebbero pagato l’infortunio perché non a norma.
[9A_Donna, 58 anni, assistente domiciliare, Italia]
Con l'affettatrice in particolare – che è una delle macchine più pericolose – i dispositivi di sicurezza spesso vengono tolti perché sono d'intralcio, non sono fatti per lavorare. Poi non conosco tutte le affettatrici… nella mia esperienza ho visto tutte affettatrici con una specie di campana di plastica, che sarebbe un dispositivo di sicurezza che sta attorno alla lama, che non ti aiuta a lavorare, al livello pratico è di disturbo. Anche il guantino per usare l'affettatrice, non penso per tutte le macchine, ma per alcune viene consigliato un guanto di metallo per proteggerti, tipo quello da macellaio. Però non lo usa nessuno, non l'ho MAI visto. MAI visto.
[16B_Uomo, 32 anni, aiuto cuoco, Italia]
La formazione in tema di salute e sicurezza sul posto di lavoro dovrebbe dunque puntare alla diffusione di saperi e competenze per il corretto utilizzo di dispositivi di protezione e per fronteggiare situazioni circoscritte di rischio, svolgendo così funzioni “manutentive”, legate alle esigenze aziendali di applicare standard imposti dalle normative vigenti (Neirotti e Paolucci, 2011; Giullari, 2013). Seppur utile, tuttavia, questo tipo di formazione non riesce ad incidere sulla “cultura della sicurezza”, intesa come un tratto che impronta il funzionamento complessivo di un luogo di lavoro ed è caratterizzato da un insieme di credenze, norme, atteggiamenti e pratiche, sia sociali che tecniche, indirizzate (o meno) a minimizzare l’esposizione dei soggetti a condizioni considerate come pericolose o calamitose (Turner, 1992; Gherardi et al., 1997). Per agire sulla cultura della sicurezza,
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infatti, occorre agire sull'insieme complesso di routine organizzative, azioni quotidiane e abitudini di lavoro che prendono forma nello specifico ambiente di riferimento.
A *** mi hanno insegnato varie cose sul campo. La scuola ti insegna tantissimo, ma sul campo mi hanno fatto un buon affiancamento. Naturalmente ogni posto ha le sue politiche organizzative e nell’affiancamento ho capito le modalità del posto.
[7A_Uomo, 36 anni, OSS casa di riposo, Marocco]
La responsabile che c’era prima... Lei è brava perché, proprio parlando di sicurezza, ti diceva a cosa dovevi stare attenta. Parlando delle tende, ad esempio: “Stai attenta perché queste sono pericolose”. Perché alle volte, invece di andare a prendere la scala, si tende a prendere una sedia e lei non me lo permetteva proprio. Voleva che le cose fossero fatte così. Però anche i corsi sulla sicurezza dovrebbero essere fatti obbligatoriamente, ad inizio stagione, dato che il personale viene cambiato spesso.
[7B_Donna, 56 anni, cameriera ai piani, Italia]
L'essere affiancati da parte di colleghi più esperti o dal proprio responsabile è identificata come la modalità più efficace di apprendimento, a conferma del fatto, ormai consolidato in letteratura, che non si impara la sicurezza, bensì delle pratiche di lavoro più o meno sicure (Gherardi et al., 1997; Nardella et al., 2009).
L'attenzione alla sicurezza dei processi di lavoro porta a riflettere sull'importanza di investire in una prevenzione (attraverso la formazione, ma non solo) che non sia concentrata esclusivamente sulla prevenzione secondaria (meno costosa delle rimozioni delle cause del rischio), ma che metta in atto un cambiamento che dovrebbe riguardare al contempo tecnologie e organizzazione del lavoro (Gosetti, 2012), includendo dunque sia la formazione, sia la gestione degli orari di lavoro e il rispetto dei riposi settimanali, sia il corretto utilizzo – e non l’abuso, come emerge dalle esperienze dei soggetti intervistati – dei contratti a termine. La sfida riguarda dunque la transizione da una sicurezza (dei lavoratori) sul lavoro – tipica della prevenzione secondaria – ad una sicurezza del lavoro, che implica la costruzione di “processi di lavoro intrinsecamente sicuri” (Salento, 2013), tipica invece della prevenzione primaria.
Nell'ultimo capitolo di questo volume (9), dopo un excursus storico della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con un particolare focus sul tema della formazione, verrà offerta una riflessione sui metodi didattici che possono essere impiegati per aumentare i livelli di apprendimento, sui requisiti dei docenti e sull’implementazione di modelli organizzativi di gestione. Tra i contributi del progetto SICURTEMP, infatti, vi è senza dubbio l'essersi interrogato sulle strategie per promuovere il passaggio da una formazione intesa come mero adempimento normativo a una formazione intesa come processo organizzativo.