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L’evoluzione del quadro normativo in materia di formazione su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

Come favorire una formazione “adeguata” nell’attuale contesto normativo

9.2 L’evoluzione del quadro normativo in materia di formazione su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

la salute e sicurezza. In tal senso, acquistano sempre più importanza le metodologie didattiche proposte, le quali divengono uno degli strumenti principali per garantire l’adeguatezza del percorso formativo. Tuttavia, che cosa si intende per “formazione adeguata”? Quando è possibile definirla tale?

Per rispondere a tali quesiti, verranno riportati diversi approfondimenti sui metodi didattici che possono essere impiegati per aumentare i livelli di apprendimento, sui requisiti dei docenti e sull’implementazione di modelli organizzativi di gestione. Sulla base di tale insieme di indicazioni, il capitolo si conclude con la proposta di un cambiamento culturale che sostenga il passaggio da una formazione intesa come mero adempimento normativo a una formazione intesa come processo organizzativo.

9.2 L’evoluzione del quadro normativo in materia di formazione su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

La centralità della tutela della salute e sicurezza nei confronti di lavoratori/trici è stabilita da alcuni principi fondamentali come, ad esempio, l’articolo 2087 del codice civile − Tutela delle condizioni di lavoro – che recita “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”

e l’art. 41 della Costituzione: “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

L’evoluzione delle norme prevenzionistiche in materia di salute e sicurezza sul lavoro ha previsto, nel tempo, il passaggio da un approccio di tipo prevalentemente “tecnicistico” e

“meccanicistico” della prevenzione ad un approccio gestionale e organizzativo, che tiene conto anche del ruolo partecipativo dei lavoratori stessi.

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Le stesse attività di informazione, formazione e addestramento dei lavoratori sono state oggetto nel tempo di un percorso evolutivo che, brevemente, cercheremo di sintetizzare.

9.2.1 Il d.p.r. n. 547 del 27 aprile 1955 e il d.p.r. 303 del 19 marzo 1956

Le normative degli anni ‘50 si caratterizzano per un approccio prevalentemente oggettivo anche rispetto alle attività di formazione. I provvedimenti imponevano obblighi generici in carico ai datori di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, tenuti a “rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici cui sono esposti”; l’obbligo era finalizzato alla conoscenza, da parte dei lavoratori, delle norme essenziali di prevenzione e l’attività poteva essere resa anche

“mediante affissione, negli ambienti di lavoro, di estratti delle norme o, nei casi in cui non sia possibile l'affissione, con altri mezzi”.

Anche riguardo alla gestione di rischi specifici legati all’utilizzo di attrezzature di lavoro le

“Norme generali di protezione delle macchine” previste dal d.p.r. n. 547/55 prevedevano la necessità di “rendere edotti” i lavoratori, mediante avvisi chiaramente visibili, circa i divieti relativi all’effettuazione di operazioni su macchine in moto.

Le attività di formazione dei lavoratori erano quindi identificabili come momenti di informazione o istruzioni operative su determinate fasi lavorative, che potevano essere attuate con l’utilizzo di strumenti quali la cartellonistica, la distribuzione di manuali di istruzioni, le riunioni con i lavoratori.

9.2.2 Il d.lgs. 626 del 19 settembre 1994

Nel corso degli anni, le attività formative a favore dei lavoratori si sono peraltro caratterizzate sempre più come momenti di informazione e formazione all’interno delle aziende. Rispetto alle normative, la formazione viene introdotta come misura specifica di tutela dal d.lgs. n. 277 del 15 agosto 1991, relativamente alla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro.

L’emanazione del d.lgs. 626/94 ha rappresentato il recepimento in Italia della legislazione comunitaria di tipo “sociale” (in primis, la direttiva 89/391/CEE) e ha introdotto un nuovo approccio alla sicurezza nel quale, a fianco alla sicurezza oggettiva, viene previsto un processo metodologico per la gestione dei rischi (valutazione e relativa programmazione, attuazione e verifica delle azioni preventive), l’organizzazione del sistema di sicurezza basato su più soggetti aziendali e una maggiore attenzione alle risorse umane, alla loro formazione e organizzazione.

Riguardo alla formazione (art. 22), il d.lgs. 626/94 dispone che la stessa debba essere

“sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al posto di lavoro e alle mansioni di ciascun lavoratore”; accanto a tale obbligo, il legislatore prevede inoltre una serie di contenuti specifici, la cui trattazione è necessaria per garantire l’adeguatezza della formazione riguardo ai rischi di tipo igienistico, tecnico o per l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale. In taluni casi, è previsto che la formazione venga integrata con l’addestramento specifico e, per alcune attività particolari come i lavori in quota con funi, il montaggio, la trasformazione e lo smontaggio dei ponteggi sono previsti, con appositi provvedimenti, percorsi di formazione specifici.

Appare in tal modo rilevante il legame tra il concetto di formazione e le varie aggettivazioni ad essa legate, che introducono la necessità di un’attenta analisi dei contenuti e delle modalità formative, al fine di garantire i requisiti di sufficienza, adeguatezza e specificità della formazione stessa.

La necessità di erogare la formazione è legata anche a situazioni ben precise della “vita”

del lavoratore che deve essere formato: al momento dell'assunzione, del trasferimento, del

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cambiamento di mansioni o in tutti i casi che prevedono l'introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.

Viene previsto inoltre che la formazione sia periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi, ovvero all'insorgenza di nuovi rischi.

Con i vari provvedimenti attuativi del d.lgs. 626/94, vengono inoltre introdotti percorsi formativi particolari anche per i vari soggetti e i ruoli del sistema di prevenzione aziendale, come gli addetti alle emergenze, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS), gli addetti ed i responsabili del servizio di prevenzione e protezione (ASPP e RSPP).

Un altro elemento che caratterizza il d.lgs. 626/94 è quello relativo alla condivisione delle scelte progettuali in tema di formazione anche da parte degli stessi soggetti del sistema. A tal proposito, le norme attribuiscono compiti ben precisi a carico del RSPP e del medico competente e prevedono una più attiva partecipazione da parte dei lavoratori, attraverso la necessaria consultazione dei RLS. Rispetto alla consultazione e partecipazione dei lavoratori, il d.lgs. 626/94 specifica che le funzioni di orientamento e di promozione di iniziative formative nei confronti dei lavoratori possono essere sostenute anche dagli organismi paritetici tra le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori.

Il quadro normativo dal d.lgs. 626 attiva, di fatto, la necessità che la formazione debba essere intesa come un elemento organizzativo e che il datore di lavoro debba progettare la formazione tenendo conto del contesto organizzativo dell'azienda, dell'analisi delle attività lavorative e dei relativi rischi, dei ruoli aziendali, per rendere sempre più consapevoli le persone del binomio sicurezza-organizzazione.

9.2.3 Il d.lgs. 81 del 9 aprile 2008

Con il d.lgs. 81/08 la formazione, in quanto misura di tutela per la salute e la sicurezza sul lavoro, diventa ancor più un elemento fondamentale nell'organizzazione dell'azienda e delle attività di prevenzione; nel disposto normativo sono previsti, allo scopo, percorsi formativi mirati per tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale23 e riguardo alle figure del preposto e del dirigente è prevista una formazione particolare per rinforzare ulteriormente il binomio sicurezza-organizzazione.

Il d.lgs. 81/08 ha introdotto, all’art. 2, le definizioni puntuali di formazione, informazione ed addestramento, che hanno lo scopo di chiarire le finalità di ciascuno dei tre ambiti formativi. In seguito, l'accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011 ha definito la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione.

Il concetto di formazione (da intendersi come processo educativo) e i contenuti dell'accordo del 21 dicembre 2011 con le relative linee guida, circolari ed interpelli, rappresentano due elementi che il datore di lavoro deve considerare per avere certezza rispetto all'assolvimento degli obblighi di informazione, formazione e addestramento nei confronti dei lavoratori, preposti e dirigenti.

Inoltre, è importante sottolineare la rilevanza delle definizioni, in quanto ciò chiarisce come la formazione debba essere intesa come processo educativo. Ciò significa che rispetto alla formazione alla sicurezza, così come per ogni altra misura di prevenzione, è necessario individuare gli obiettivi formativi, sulla base degli obblighi di legge e della valutazione dei rischi; definire i contenuti e le modalità di attuazione attraverso strategie didattiche;

monitorare l’attuazione e valutare i risultati e l’efficacia una volta effettuata.

23 Cfr. princìpi e criteri direttivi generali contenuti nella Delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Art. 2, comma 2, lettera g) della Legge 3 agosto 2007, n. 123 “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”: g) revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale, compreso il medico competente, anche attraverso idonei percorsi formativi [...].

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L'attuale quadro normativo, anche a seguito delle modifiche introdotte al d.lgs. 81/08 dal c.d. “decreto del fare”24, prevede inoltre un'innovazione rispetto al passato, introdotta al fine di razionalizzare i percorsi formativi rivolti ai dirigenti, ai preposti, ai lavoratori e ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, attraverso il riconoscimento di un sistema di crediti formativi in relazione alla formazione già effettuata. Viene stabilito che la frequenza ad un corso di formazione che, per numero di ore, contenuti e argomenti, possa essere ritenuto equivalente o superiore a quelli oggetto di regolamentazione da parte dell'accordo del 21 dicembre 2011 costituisca un credito formativo rispetto alla formazione da erogare.

È evidente che tale passaggio richiede una adeguata gestione del processo formativo, con un'attenta analisi del contesto e del fabbisogno formativo delle attività da erogare e la contestuale lettura dei percorsi formativi già frequentati dal lavoratore.

Il d.lgs. 81/08 prevede la necessità di garantire ai lavoratori una formazione specifica per alcune attività pericolose, come ad esempio i lavori svolti in presenza di traffico veicolare e introduce una formazione abilitante all'utilizzo di attrezzature particolari25. In tali casi durata, contenuti e i requisiti dei corsi sono disciplinati attraverso ulteriori provvedimenti.

La formazione viene inoltre prevista come uno degli elementi necessari in relazione al sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi previsto all'articolo27 del d.lgs. 81/08.

Un esempio è il d.p.r. n.177 del 14 settembre 2011, che è diretto a disciplinare le caratteristiche di professionalità e qualificazione delle imprese e dei lavoratori operanti in settori a particolare rischio infortunistico quali silos, cisterne, pozzi e simili. In particolare, il provvedimento, oltre a prevedere una formazione specifica per tutti coloro che accedono agli spazi confinati, compreso il datore di lavoro, sancisce che i componenti di imprese familiari e i lavoratori autonomi debbano applicare obbligatoriamente anche quanto previsto al comma 2 dell'articolo 21 del d.lgs 81/08 che, va ricordato, in tutti gli altri casi è facoltativo. Pertanto, per potersi qualificare, i componenti di imprese familiari e i lavoratori autonomi dovranno prevedere anche la partecipazione obbligatoria a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte avendo a riferimento quanto stabilito dall'accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011.

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