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Processi di lavoro intrinsecamente in/sicuri?

di Silvia Gherardi

Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università degli Studi di Trento

La relazione tra condizione contrattuale temporanea e sicurezza sul lavoro e del lavoro è difficile da verificare e dimostrare in termini quantitativi e oggettivi. Per quanto le fonti di rilevazione stiano prestando attenzione al fenomeno, esso rimane difficile da quantificare anche perché la causalità tra i due fattori non è né lineare né diretta. D’altra parte, non è neppure soddisfacente assumere tale relazione come scontata solo sulla base del fatto che essa sia intuitiva e ribadita tanto da fonti informative di tipo divulgativo, quanto da ricerche scientifiche che l’affermano senza portare ulteriori argomentazioni a sostegno.

Sta di fatto che nel discorso pubblico sulla sicurezza e il benessere lavorativo questa relazione è entrata come affermazione data per scontata e che nel tessuto interorganizzativo e istituzionale della sicurezza, all’interno del quale gli operatori possono osservare gli effetti che essa produce, le testimonianze dirette sono numerose. Pertanto il portare elementi conoscitivi e spunti di riflessione che consentano di articolare tale relazione in modo più complesso costituisce una sfida per la ricerca.

Questa sfida è stata raccolta e ad essa si è risposto con un insieme di scelte metodologiche che possono essere sintetizzate nel modo seguente. All’indagine su di un fenomeno complesso è stata applicata una pluralità di punti di vista, sia disciplinari, sia istituzionali: la composizione del gruppo di ricerca e i contributi che ne sono scaturiti riportano la polifonia delle metodologie utilizzate. La scelta di realizzare una ricerca qualitativa mira a sviluppare piste interpretative in grado di fornire ipotesi ed elementi di approfondimento per una maggiore strutturazione del problema in ricerche successive. La ricerca qualitativa ha poi privilegiato un approccio processuale all’evento infortunistico, inserendo l’evento entro una temporalità che abbracciasse tanto la condizione individuale e lavorativa prima dell’incidente, quanto l’iter verso la resilienza, reale o mancata che essa sia. Si è considerato che l’infortunio, contrariamente a quanto afferma il senso comune, non è un evento improvviso e imprevedibile, ma ha un periodo di incubazione. Esso non costituisce un accadimento individuale, ma per quanto succeda alla singola persona e metta in gioco la sua salute personale, esso è un fatto sociale che chiama in causa le istituzioni preposte a garantire e vigilare sulla sostenibilità di una società. Le interviste biografiche hanno poi il pregio di dare voce e vita a vicende dolorose nella loro umanità, rispettando il vissuto dell’esperienza soggettiva.

Questa impostazione teorica e metodologica declina la relazione tra condizione contrattuale temporanea e sicurezza sul lavoro in termini di carriere vulnerabili, sebbene in linea teorica la temporaneità del contratto di lavoro non necessariamente implichi una vulnerabilità sociale. La flessibilità lavorativa può offrire benefici tanto all’organizzazione quanto al lavoratore o alla lavoratrice e nella ricerca empirica ne abbiamo trovata qualche testimonianza. Tuttavia, essa diventa un indicatore di vulnerabilità quando si associa ad altre condizioni individuali, del contesto organizzativo e della tipologia di lavoro svolto. La forma contrattuale diventa fonte di vulnerabilità quando si associa ad altre vulnerabilità, entro una causalità multifattoriale in cui si intrecciano più co-occorrenze. Il lavoro diviene allora una carriera vulnerabile e nell’indagare un fenomeno infortunistico – denunciato o non denunciato – si scoprono delle vere e proprie carriere infortunistiche, i cui inizi e i cui

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esiti diventano difficili da localizzare nel tempo e dunque difficili da rendicontare in termini di causa ed effetto e di individuazione di responsabilità.

Gli antecedenti dell’evento infortunistico sono stati individuati a diversi livelli e, nel loro insieme, essi interagiscono gli uni con gli altri. Alla formazione di carriere vulnerabili contribuiscono fattori socio-economici quali la flessibilizzazione e la deregolazione del mercato del lavoro, a cui si aggiungono fattori organizzativi legati a filosofie di gestione delle risorse umane che puntano all’intensificazione dei ritmi di lavoro ed alla densificazione del tempo di lavoro. I soggetti che si avviano verso carriere vulnerabili e che ne rimangono intrappolati presentano poi una serie di caratteristiche strutturali quali il sesso, l’età e la provenienza geografica, nonché un insieme di caratteristiche congiunturali, quali l’avere o non avere il permesso di soggiorno, possedere maggiore o minore capitale sociale, maggiore o minore possibilità di rivendicare il diritto alla sicurezza.

Soggetti vulnerabili e organizzazioni poco propense a investire in sicurezza (per dimensioni, per tradizione di settore, per il fatto di essere gestite da nuclei familiari e non organizzazioni formali) si associano, anche perché entrambi gli attori attuano strategie opportunistiche, in cui ad esempio il lavoratore, potendo scegliere, si orienta verso organizzazioni più sicure, mentre le organizzazioni che impiegano prevalentemente contratti temporanei, d'altra parte, non si orientano ad investire in formazione e sicurezza, avendo comunque a disposizione un'offerta abbondante. Le carriere vulnerabili racchiudono una serie di rischi che si avvitano gli uni sugli altri: carriere frammentate, che non danno luogo ad una accresciuta esperienza e competenza; rischio di dequalificazione strisciante; scarso inserimento sociale nel gruppo dei lavoratori, con conseguente scarsa conoscenza del luogo di lavoro e limitato sviluppo di forme di solidarietà e di una cultura di resistenza. Infine, il tipo di settore produttivo in cui si sviluppano queste carriere vulnerabili presenta delle incidentalità che sono ricorrenti, ma non sembrano essere altrettanto comprese e contrastate. Lo vedremo meglio descrivendo l’evento infortunistico.

Manteniamo a livello linguistico l’espressione “evento infortunistico”, sia per rispettare il fatto che siamo entrati in contatto con il lavoratore o la lavoratrice a seguito di un infortunio, sia per sottolineare come nel vissuto, e nel linguaggio comune, l’infortunio sia immaginato come un qualcosa che accade una volta e all’improvviso e che si pensa e si desidera che non si ripeta in futuro. Tuttavia, a livello di quanto abbiamo riscontrato nella ricerca empirica, l’infortunio spesso si accompagna ad altri infortuni precedenti (e quindi di frequente costituisce un antecedente per quello successivo) e dunque il suo iter raccoglie una serie di conseguenze di tipo cumulativo.

La tipologia d’infortuni inoltre è nota e ricorrente e insita nella natura del lavoro. Nel settore turistico-alberghiero abbiamo raccolto testimonianze in cui si descrivono principalmente cadute e lesioni da taglio, mentre nel settore della cura alla persona abbiamo racconti in cui vengono descritti ricorrenti mal di schiena e aggressioni personali. Possiamo sottolineare come nel primo settore a questi incidenti corrisponda una prevenzione attraverso dispositivi di protezione individuale e una conoscenza degli accadimenti e delle misure di prevenzione da parte di lavoratori/trici. Viceversa, colpisce nel settore della cura come al tema dell’aggressione non sia riconosciuta la stessa attenzione, formazione e prevenzione che viene ad esempio riservata al mal di schiena. Nel vissuto dei lavoratori e delle lavoratrici l’aggressione è presentata come un fatto non atteso o per il quale non erano in alcun modo preparati. Sicuramente esistono dispositivi di sicurezza individuali e forme di organizzazione del lavoro che possono prendere in carico la possibilità per operatori ed operatrici di essere aggrediti, specialmente in contesti lavorativi formali più che in quelli domestici, ma ciò che colpisce è la non preparazione verso la gestione della violenza psicologica che una aggressione comporta. Eppure essa può essere considerata, a tutti gli effetti, un fattore di rischio e di stress lavoro-correlato.

L’analisi processuale dell’evento infortunistico consente di approfondire ulteriormente la

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non casualità dell’incidente e di comprendere meglio il suo periodo d’incubazione. Infatti, nel momento in cui accade il fatto infortunistico diventa evidente come il contesto lavorativo contenga tutti gli elementi che predispongono a che l’incidente abbia luogo. Un esempio per tutti è dato dall’elemento “intensificazione dei ritmi lavorativi”, presente in egual misura in entrambi i settori produttivi.

Infatti, nel settore turistico alberghiero le caratteristiche della stagionalità, che comporta picchi temporali di lavoro, a cui si aggiungono politiche di gestione del personale che violano o non riconoscono la necessità dei tempi di recupero fisiologici, portano i ritmi di lavoro al limite della soglia di in/sicurezza. La natura del lavoro è tale per cui anche la cultura occupazionale di questi lavoratori si è modellata sull’assunto della necessità di far fronte a ritmi pressanti per un arco temporale che si presume ristretto. L’essere un “buon lavoratore o lavoratrice” in questo settore viene pensato anche in relazione alla capacità di tener testa a questi ritmi, sottostimando le conseguenze sulla sicurezza e non prevedendone le conseguenze a lungo termine, su di un fisico invecchiato o indebolito da una carriera infortunistica. L’assenza di protezione collettiva e di una cultura della sicurezza, tanto nei lavoratori quanto nei datori di lavoro, aggrava la rischiosità e le conseguenze a lungo termine sulla salute. La vulnerabilità delle carriere in questo settore si assomma poi alla predisposizione verso l’evento incidentale, il quale è comunemente presentato come conseguenza dell’errore umano. È sicuramente per accidente che il lavoratore o la lavoratrice cade sul pavimento bagnato o si taglia con gli strumenti di lavoro ed è sicuramente un evento individuale, ma l’organizzazione del lavoro è chiamata in causa quando si chiede cosa viene fatto affinché i singoli non si trovino in situazioni tali da commettere errori o mettere a rischio la salute individuale.

Nel settore della cura ritroviamo le stesse dinamiche del settore precedente, anche nel segmento più protetto di coloro che lavorano in strutture organizzative formali. Le tecniche di gestione del personale ispirate ai principi del new public management intensificano i ritmi lavorativi, introducono il ricorso al subcontratto per prevalenti motivazioni economiche, ma continuano a richiedere gli stessi standard di qualità del servizio erogato in precedenza. Su lavoratrici/tori viene scaricato il costo di mantenere la qualità del servizio, a scapito della sicurezza individuale. È esemplare come ad un aumento dei ritmi corrisponda ad esempio il non utilizzo di strumenti e tecnologie che potrebbero ridurre i rischi infortunistici, ma che non vengono impiegati perché allungano i tempi di esecuzione delle operazioni lavorative.

Quando infine il lavoro di cura è erogato nel domicilio del paziente e a condizioni contrattuali ampiamente non rispettate, la prevenzione è pressoché inesistente e i ritmi e le condizioni lavorative sono lasciate alla completa discrezionalità dei datori di lavoro. Di conseguenza, le probabilità dell’evento infortunistico aumentano in presenza di aggravio dell’orario di lavoro e dei ritmi lavorativi, nonché dell’assenza di strumenti e tecnologie di prevenzione e di formazione professionale e specifica sulla sicurezza.

In sintesi, l’evento infortunistico è la cartina di tornasole che rende visibile il contesto in cui il lavoro viene svolto e le relative carenze che possono predisporre all’accadimento.

Infine, l’analisi processuale degli infortuni prende in considerazione l’arco temporale e le dinamiche organizzative e interorganizzative che portano alla resilienza, nel caso in cui effettivamente lo stato di salute e le relazioni sociali siano ristabiliti nella situazione pre-incidentale, oppure costituiscono la tappa di una carriera infortunistica e vulnerabile che continua a distanza di tempo dall’accadimento preso in considerazione.

Il post-incidente è la fase in cui un tessuto interorganizzativo della sicurezza si attiva per porre rimedio all’accaduto e ristabilire lo stato di salute che ha avuto un breakdown. Nelle dinamiche che sono state raccontate, abbiamo constatato come il pronto soccorso costituisca la prima interfaccia del prestare soccorso e come questo risponda in maniera pro-attiva o meno, tanto al riparare la salute, quanto all’informare il lavoratore o la lavoratrice sui suoi diritti e sul probabile decorso. Il ruolo del pronto soccorso

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nell’indirizzare l’iter della resilienza e nell’aprire la traiettoria delle cure, orientando e individuando gli operatori della sanità chiamati in causa è di primaria importanza. Le persone che vi operano hanno una formazione e una competenza professionale per essere attive sulla scena della cura, ma forse potrebbero essere maggiormente sensibilizzate sulle relazioni tra ambienti di lavoro intrinsecamente poco sicuri e carriere vulnerabili, nelle quali il singolo accadimento si lega ad accadimenti pregressi e purtroppo a volte preconizza quelli futuri. L’attore che poi ha un ruolo primario in questa scena è l’INAIL, che viene vissuto in maniera ambivalente, in parte come alleato nel processo di ripristino della salute, in parte nella sua funzione di formale certificazione.

Nelle immediate vicinanze dell’evento incidentale si colloca la decisione concernente la denuncia o meno del fatto come infortunio sul lavoro. Le motivazioni per sottrarre l’evento a questa etichetta sono ampiamente note e su esse influiscono tanto le ragioni dei datori di lavoro che desiderano sottrarsi ad ogni forma di responsabilità verso i lavoratori e le lavoratrici, quanto le forme di connivenza tra lavoratori e datori di lavoro, nonché le vulnerabilità di lavoratori migranti, i quali o sono molto giovani e non sono al corrente dei propri diritti o non si trovano in situazioni tali da poterli far valere concretamente.

Il post-evento racchiude quindi alcune traiettorie lineari che portano alla resilienza e al pieno reintegro nella situazione precedente, ma le narrazioni che abbiamo riportato descrivono anche traiettorie tortuose, in cui l’incidente ha cambiato e reso vulnerabile una carriera che non lo era, oppure è andato a sommarsi a eventi precedenti, conducendo il lavoratore o la lavoratrice verso percorsi ancora più marginali dei precedenti. Ciò che abbiamo interpretato in termini di “carriera infortunistica” racchiude il senso di una storia in cui il singolo evento si concatena ad altri simili o s’inserisce in un percorso incrementale di problemi relativi alla salute, di sottovalutazione di un danno, d’intervento tardivo e dunque di progressiva vulnerabilità sul piano della salute e delle opportunità lavorative.

A questo proposito si pone sempre la domanda se l’evento incidentale abbia costituito o no un’opportunità di apprendimento organizzativo e individuale. Non abbiamo sufficienti elementi per operare delle generalizzazioni a partire dalle storie raccontate, ma il vissuto dei protagonisti testimonia sia come l’organizzazione si sia attivata per rinforzare le norme anti-infortunistiche ed innalzare il livello di attenzione alla sicurezza, sia come gli individui abbiano tratto una lezione individuale per difendersi da rischi che prima non erano percepiti.

Tuttavia, altrettante testimonianze sembrano rafforzare l’idea che il contesto organizzativo non venga scalfito né cambiato a seguito dell’infortunio occorso, né che aumenti la consapevolezza che l’evento non sia causato sempre o soltanto dall’errore umano o dalla fatalità.

Per concludere, si può sintetizzare brevemente il risultato che proviene da questa ricerca nei termini di un contributo teorico che propone di guardare agli incidenti sul lavoro in una prospettiva processuale, come accadimenti che hanno sì luogo in un momento determinato, ma che maturano entro un periodo d’incubazione, a seguito tanto di vulnerabilità individuali, quanto di: incontri con organizzazioni predisposte all’evento, stili gestionali del personale poco sensibili, la natura specifica del lavoro nel settore e il tessuto interorganizzativo della sicurezza di cui individui e organizzazioni sono parte. Il contributo conoscitivo che viene dato riguarda lo sfondo in cui si realizza la relazione tra condizione occupazionale temporanea e rischi per la sicurezza sul lavoro, che dipinge un contesto socio-economico in cui entrambi i fenomeni sono in aumento e non saranno certo destinati a decrescere, ma rispetto ai quali un investimento sociale in formazione e in prevenzione è possibile, nonché necessario. Alcuni suggerimenti a questo riguardo sono stati formulati espressamente nel corso della ricerca, altri possono provenire dalla riflessione collettiva che gli agenti istituzionali della sicurezza possono mettere in atto a partire dalla conoscenza più approfondita del fenomeno e dall’ascolto delle voci delle persone intervistate, che testimoniano direttamente del come e del perché questa relazione s’inscriva entro percorsi di vulnerabilità sociale

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Appendice 1

Traccia di intervista ai testimoni privilegiati all'interno del progetto “SICURTEMP – Sicurezza e benessere lavorativo in provincia di Trento”.

Obiettivo generale: indagare le implicazioni del lavoro temporaneo sulla salute e la sicurezza nei contesti lavorativi in provincia di Trento, con particolare attenzione alle differenze legate al sesso, all’età e all’etnia di lavoratori e lavoratrici. Le interviste con i testimoni privilegiati sono volte a fornire una prospettiva particolarmente informata e competente sul tema oggetto della ricerca e sul ruolo svolto dalle istituzioni locali nella promozione della salute occupazionale di lavoratori e lavoratrici con contratti a termine.

Sicurezza sul lavoro in provincia di Trento

 Quali sono a suo avviso in provincia di Trento i settori, gli ambienti e le mansioni lavorative in cui sono maggiori i rischi per la salute e la sicurezza di lavoratori e lavoratrici? Per quali ragioni?

 In qual modo a suo avviso influiscono caratteristiche individuali di lavoratori e lavoratrici quali genere, età e provenienza?

 Sulla base della sua esperienza professionale, come viene gestita la formazione rivolta a lavoratori e lavoratrici nelle aziende presenti sul territorio?

 Come si arriva alle situazioni di rischio che generano infortuni e/o malattie professionali?

 La crisi economica, a suo giudizio, sta avendo un particolare impatto sulla sicurezza e sul tasso di infortuni sul lavoro in provincia di Trento?

Lavori a termine e salute occupazionale

 Focalizzando l'attenzione sulla diffusione dei cosiddetti lavori atipici, a suo parere in quali modi la condizione di temporaneità contrattuale può influire sulla salute e la sicurezza di lavoratori e lavoratrici? Potrebbe fare degli esempi a riguardo?

 Quali sono i tipi di contratto che a suo avviso espongono a maggiori rischi in termini di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro? Per quali ragioni? Potrebbe fare degli esempi?

 Ci sono specifiche differenze legate al tema della sicurezza per le diverse forme contrattuali (lavoro dipendente a tempo determinato, somministrato, a chiamata, apprendistato, contratti a progetto, ecc.)? Esempi?

 Vi sono delle differenze rispetto alla formazione tra lavoratori/trici con contratti temporanei e con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato? Potrebbe fare degli esempi? Quanto la formazione riesce a incidere sulla sicurezza nei luoghi di lavoro?

 Per chi lavora con un contratto a termine, vale a dire lavoratori e lavoratrici che cambiano frequentemente mansione o luogo di lavoro, come è possibile individuare i diversi fattori che portano allo sviluppo di malattie professionali?

 Sulla base della sua esperienza, nel caso di lavoratori/trici con contratti temporanei, quanto le sembra rilevante il fenomeno degli infortuni non denunciati o non riconosciuti? E il fenomeno delle malattie professionali non denunciate o non riconosciute? Esempi?

 A suo avviso il rapporto tra lavoro a termine e sicurezza viene tenuto in considerazione da istituzioni e parti sociali? Esiste a suo giudizio una particolare attenzione in termini di politiche, misure di contrasto, contrattazione e promozione

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di una cultura dei diritti e della sicurezza da parte delle istituzioni provinciali, dei sindacati e delle associazioni di categoria?

Rischi legati al lavoro temporaneo e future prospettive di ricerca

 Per quella che è la sua esperienza professionale, come valuterebbe la qualità del lavoro in provincia di Trento e nello specifico le condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro?

 Rispetto alla condizione di chi lavora con un contratto temporaneo, quali sono a suo avviso gli elementi di rischio dal punto di vista della salute e della sicurezza che non emergono dalle statistiche e che dovrebbero essere approfonditi (in quanto poco studiati o fenomeni emergenti)?

 In un contesto di crescente utilizzo di forme contrattuali temporanee, come è possibile stabilire delle forme specifiche di tutela della salute e della sicurezza di lavoratori e lavoratrici che tengano conto non solo della temporaneità contrattuale, ma anche delle diverse caratteristiche individuali (in particolare età, provenienza e genere)?

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Appendice 2

Prima lettera inviata a lavoratori e lavoratrici all'interno del progetto “SICURTEMP –

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