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Parte I: la Chiesa Cattolica e la costruzione religiosa della storia nazionale polacca

3. Il caso in esame: narrative nazionali e la diade Polak / Katolik

3.4 La (ri)costruzione della nazione nel periodo post-comunista

3.4.1 Il dibattito costituzionale

Il ruolo centrale che la religione nella sua forma romano-cattolica giocò – e gioca tuttora – nel definire l'identità polacca può ritrovarsi nell'acceso dibattito che ha circondato la stesura del preambolo alla costituzione del 1997112. L'importanza del preambolo sta nel suo valore simbolico

(è infatti privo di valore legale): poiché introduce il testo costituzionale, funge anche per esso da metro interpretativo: è nel preambolo che vengono indicati gli ideali di riferimento e le basi identitarie su cui fondare la costituzione (Brzezinski, 1997: 250). La sua stesura ha quindi visto cristallizzarsi le questioni principali relative alla costruzione dell'idea di nazione: definizione dell'identità nazionale, interpretazione della storia nazionale e del suo significato, questioni di memoria collettiva, delineazione delle direzioni da prendersi per il futuro, nonché ovviamente il ruolo di chiesa e religione nella Terza Repubblica. In breve, «[i]l preambolo costituzionale è un oggetto di studi privilegiato perché è la rappresentazione testuale delle aspirazioni nazionaliste e di ciò che i nazionalisti sostengono che la nazione sia» (Zubrzycki, 2001: 633). Il preambolo costituisce quindi il punto di riferimento per l'interpretazione del seguente dettato costituzionale, ed iscrivervi l'equazione Polak / Katolik può essere interpretato come «un tentativo di reificare e stabilizzare l'identità nazionale nel passato, nonché di fissarla estendendola nel futuro, nella maniera più ufficiale possibile» (ibid.).

Con il processo di transizione democratica si aprì la possibilità di definire la Polonia in termini di “nazione”, e quindi la contrapposizione fra la visione “etnica” e quella “civica” di nazionalità. Geneviéve Zubrzycki chiama questo processo «il progetto nazionalista di far coincidere “Nazione” e “Stato”» (ibid.: 632). L'aspetto centrale che questa controversia assunse fu il confronto fra una nazione confessionale e una laica. Il conflitto aveva anche un risvolto più prosaico: il gruppo vincitore avrebbe avuto accesso ai simboli socialmente più rilevanti, che avrebbero a loro volta garantito la sa legittimazione agli occhi dell'opinione pubblica e quindi il suo potere sulla gestione statale. La contrapposizione prese soprattutto la forma di un tentativo

112La Costituzione della Terza Repubblica, adottata dall'Assemblea Nazionale (Zgromadzenie Narodowe , ossia

Sejm e senato insieme) il 2 Aprile 1997 e approvata tramite referendum popolare il 25 Maggio dello stesso anno.

Il testo completo della costituzione è reperibile al link http://isap.sejm.gov.pl/DetailsServlet? id=WDU19970780483

discorsivo di costruire e promuovere diverse idee di “Polonia”. In questa guerra di parole, gli esponenti del centro-sinistra trovarono difficoltà a diffondere una visione civica della nazione, a causa dell'ostilità e della sfiducia che il concetto stesso di “civico” e il campo semantico ad esso associato causavano nella popolazione dopo decenni di retorica comunista sul “cittadino”. Per contro, la Chiesa Cattolica godeva ancora di una posizione privilegiata, con accesso diretto alle istituzioni, e cercò di promuovere la propria visione della Polonia come omogenea e con un determinato set di valori immutabili che sarebbero stati meglio protetti in uno stato confessionale. Dal canto suo, la fazione civica, rappresentata principalmente da cattolici liberali, intellettuali e rappresentanti del centro-sinistra, cercò di sottolineare come la religione è solo uno fra tanti possibili sistemi di valore, richiedendo uno stato a-confessionale e senza alcuna connotazione etnica, per meglio difendere i diritti delle minoranze113. L'accezione più civica di nazione si

scontrava però con la visione comunemente diffusa, riassumibile nelle parole del Vescovo Jozef Michalik, presidente della Commissione Episcopale agli Affari Costituzionali114: «Se la

stragrande maggioranza dei cittadini ha una chiara coscienza nazionale polacca, e la considerano come un valore prezioso nella propria vita, e il Parlamento ritiene che non sia necessario includerla nel preambolo perché offenderebbe un piccolo gruppo di un'altra nazionalità o discendenza, dobbiamo porci la domanda: viviamo in un paese democratico o in un democratico totalitarismo? […] Quindi la maggioranza nazionale, cristiana, dovrebbe essere ostaggio della minoranza. Questo sarebbe ingiusto e genererebbe conflitto» (Nasza Polska, 19 febbraio 1997). Nel discorso di Michalik saltano agli occhi tre aspetti principali. In primo luogo, esso tratteggia un legame diretto fra nazionalità polacca e religione cattolica. L'espressione “altra discendenza” applicato alla minoranza non appare casuale, poiché il termine “discendenza” conferisce per contrasto stabilità nel tempo alla realtà polacca, sottolineando l'alterità (nonché la situazione temporanea) delle minoranze. In secondo luogo, esso enfatizza l'assimilazione, che come si è detto era già diffusa fra la popolazione, del discorso civico con la retorica comunista, richiamando lo stato totalitario e accomunandolo a una “imposizione” della concezione civile di nazione sul preambolo costituzionale. Infine, esso dipinge la controparte come agitatori e sobillatori (“genererebbe conflitto”), ossia elementi estranei e non “realmente” polacchi115. La

113Per un'analisi della dicotomia fra democrazia liberale e conservatrice, si veda il già menzionato testo di Waniek (1991).

114Questo dimostra come in Polonia la Chiesa Cattolica si possa considerare come una comunità epistemica, riassumendo in sé le caratteristiche di autorevolezza, accesso ai mezzi di comunicazione e posizione privilegiata nel processo di policy-making.

115Il tentativo di denunciare i propugnatori della visione civica di nazione come “non propriamente polacchi” si rifà a un ramo del nazionalismo romantico che si è evoluto a seguito della Rivolta di Novembre. Dopo questa data significativa, alcuni esponenti della sinistra cominciarono a mettere in discussione il fatto che la nobiltà, vista come una categoria di sfruttatori ed oppressori, meritasse di essere considerata parte della gloriosa nazione

strategia scelta conseguentemente dagli intellettuali e dagli esponenti del centro-sinistra fu di promuovere la visione civica della nazione tra il pubblico tramite la costruzione di una narrativa alternativa a quella Polak / Katolik, sempre riconducendola a ferme radici storico-culturali. Questo nuovo mito nazionale enfatizzava il retaggio civile della nazione polacca, rifacendosi per esempio al commonwealth polacco-lituano quale stato multietnico e caratterizzato dalla tolleranza religiosa116. Questa visione della nazione che appariva al popolo come “straniera” fu

“indigenizzata” tramite il richiamo a precedenti storici di spessore (la Prima Repubblica era considerata “l'epoca d'oro” del Paese), per minimizzarne gli aspetti internazionali e cosmopoliti e renderla quindi più ideologicamente vicina, comprensibile, credibile e desiderabile

La versione finale del preambolo alla Costituzione polacca è la seguente:

Avendo a cuore l’esistenza e il futuro della nostra Patria, che ha riconquistato nel 1989 la possibilità di una determinazione sovrana e democratica del Suo destino, noi, la Nazione Polacca, tutti i cittadini della Repubblica, sia quelli che credono in Dio, come fonte di verità, giustizia, bontà e bellezza, sia quelli che non condividono questa fede ma rispettano questi stessi valori universali come sgorganti da altre fonti, uguali nei diritti e nei doveri verso il bene comune della Polonia, grati ai nostri antenati per le loro fatiche, per la loro lotta per l’indipendenza, ottenuta con immensi sacrifici, per la nostra cultura radicata nell’eredità cristiana della Nazione e nei valori umani universali, richiamandoci alle migliori tradizioni della Prima e della Seconda Repubblica, obbligati a lasciare in eredità alle future generazioni tutto ciò che è prezioso di un patrimonio di più di mille anni, stretti da vincoli di comunione ai nostri connazionali sparsi per il mondo, consapevoli della necessità di collaborare con tutti i paesi per il bene della Famiglia Umana, memori delle amare esperienze dei tempi in cui le basi della libertà e dei diritti dell’uomo erano nella nostra Patria violate, desiderando garantire per sempre i diritti dei cittadini, e assicurare all’attività delle istituzioni pubbliche accuratezza e funzionalità, con senso di responsabilità verso Dio e la nostra coscienza, istituiamo qui la

polacca. Per esempio, Jan Nepomucen Janowski (1803-1888), giornalista e attivista politico, offriva una definizione esclusiva di Polonia, dividendo la nazione fra il “vero” popolo polacco e la nobiltà cosmopolita, vista come un pericoloso nemico. Janowski inserì nella sua concezione di popolo caratteristiche come l'identità linguistica e le usanze comuni, allo scopo di escludere dalla definizione di nazione la ricca nobiltà con la sua cultura elitista e internazionale (Baczko, 1954: 46). Il messaggio trasmesso è, in sostanza, che chi è polacco è per la Polonia e viceversa.

116Le minoranze etniche nella Polonia del periodo erano fra le più vaste d'Europa. La più numerosa era quella ebraica, che godeva di diritti eccezionali rispetto agli altri paesi europei. Le fedi differenti dal cattolicesimo erano tollerate come fait accompli. «La Repubblica costituiva un raro esempio di federazione multinazionale non autoritaria» (Le Moal, 1981: 56). Queste due visioni contrapposte possono trovare un'eco in due principi fondamentali già adottati nelle politiche nazionaliste polacche, sia durante la Prima e Seconda Repubblica, sia sotto il dominio comunista: il Concetto Jagellone e quello di Piast. Il primo si riferisce alla dinastia degli Jagelloni e al commonwealth delle due nazioni che univa il Regno di Polonia e il Granducato di Lituania nella

Rzeczpopolita, uno stato enorme, differenziato da un punto di vista sia etnico sia religioso, caratterizzato da una

tradizione di coabitazione, compromesso politico e tolleranza religiosa. Il secondo, invece, si riferiva alla prima casa regnante polacca, ed enfatizzava l'omogeneità della popolazione e la loro appartenenza ancestrale al territorio.

presente Costituzione della Repubblica Polacca come diritto fondamentale per lo Stato, basato sul rispetto della libertà e della giustizia, sulla collaborazione con le autorità, sul dialogo sociale e sul principio di sussidiarietà, sul rafforzamento dei poteri dei cittadini e delle loro comunità. Chiamiamo tutti coloro che applicheranno questa Costituzione per il bene della Terza Repubblica a farlo nel rispetto dell'innata dignità della persona, del suo dritto alla libertà, dell'obbligo di solidarietà con gli altri uomini, e del rispetto per questi principi quali basi irremovibili della Repubblica Polacca.

La forma definitiva del preambolo mostra chiaramente la sua natura ibrida, giustapponendo fin dall'inizio due coppie fondamentali di principi contrastanti. In primo luogo, esso contrappone una visione civica e una etnica di nazione117; il contrasto è particolarmente chiaro nella frase iniziale

“noi, la Nazione Polacca, tutti i cittadini della Repubblica”, ma è comunque riscontrabile nel resto del testo, sia nei riferimenti agli aspetti generazionali e genealogici (“grati ai nostri antenati” “obbligati a lasciare in eredità alle future generazioni”), sia nel richiamo alla Polonia così come intesa fin dai tempi della wielka emigracja: una comunità tenuta insieme da legami che vanno oltre la compresenza sullo stesso territorio (“stretti da vincoli di comunione ai nostri connazionali sparsi per il mondo”), entrambi aspetti che enfatizzano l'accezione etno-culturale della comunità nazionale. Nella parte finale del testo, invece, si sottolinea ripetutamente il concetto di cittadino. In secondo luogo, il preambolo affianca religiosità e laicità, sia indicando due possibili fonti di valori (“sia quelli che credono in Dio, come fonte di verità, giustizia, bontà e bellezza, sia quelli che non condividono questa fede ma rispettano questi stessi valori universali come sgorganti da altre fonti”), sia una radice cristiana e una illuminista degli ideali nazionali (“per la nostra cultura radicata nell’eredità cristiana della Nazione e nei valori umani universali”). L'ordine non è casuale e la invocatio Dei, seppur stemperata, è sempre presente.

Nel dibattito che si è creato attorno al preambolo alla costituzione polacca, quindi, possiamo riscontrare tre livelli di conflitto: storico-culturale, discorsivo e politico-istituzionale.