Parte I: la Chiesa Cattolica e la costruzione religiosa della storia nazionale polacca
2. Framework teorico di riferimento
2.2 La realtà come costruzione sociale
In The Social Construction of Reality (1967), Peter Berger e Thomas Luckmann sostengono che la società è creata dagli uomini e dall'interazione umana, tramite un processo che essi chiamano “abitualizzazione”. Con questo termine intendiamo il modo in cui l'attività umana è soggetta alla consuetudinarietà: qualunque azione che sia ripetuta frequentemente viene cristallizzata in uno schema fisso (pattern), che può poi essere ripetuta in futuro allo stesso modo e con un'economia di sforzo. A sua volta, l'azione strutturata nella sua ripetizione viene percepita dal suo autore come quel dato schema. La società è, in questo senso, “abitudine”: non solo gli individui costruiscono la propria società, ma la accettano anche nelle sue modalità di esistenza perché altri l'hanno creata prima di essi. Se la società è basata sulla costruzione sociale della realtà, il modo in cui essa viene definita influenza inevitabilmente il modo in cui essa effettivamente è. Analogamente, il modo in cui gli individui vedono se stessi e gli altri influenza le loro reciproche azioni: la routinizzazione comporta l'assunzione di ruoli e l'interazione sociale dipende sia dal tipo di ruoli sia dal contesto in cui essa ha luogo.
83 Oltre al già citato testo di Heidegger, si veda Stephen Mulhall (1996).
84 Si veda al riguardo The Circular Structure of Power di Torben Bech Dyrberg (1997). I discorsi sono inoltre costruzioni contingenti e storiche e come tali vulnerabili a quelle forze politiche escluse dalla loro produzione. Si veda al riguardo E. Laclau (1990, in particolare le pagg. 31-36).
Considerare la realtà come socialmente costruita significa affermare che essa consiste in un sistema di assunzioni e definizioni intersoggettive che viene continuamente prodotto e riprodotto tramite le interazioni sociali85. Ciò implica anche che siano proprio le definizioni sociali a rendere
la realtà accessibile, ossia che gli individui non rispondano alla realtà (oggettiva) in maniera diretta, bensì attraverso strutture di pensiero socialmente costruite. Le strutture sociali stesse non sono indipendenti dalle azioni e percezioni dei loro agenti, ma prodotte e riprodotte dalle azioni e percezioni di questi, mentre allo stesso tempo limitano e incanalano le interazioni stesse. La formazione di agenti e strutture non costituisce quindi due set separati di fenomeni (Giddens, 1979; 1986).
Un esame del ruolo delle comunità epistemiche come comunità di potere nella costruzione e implementazione delle politiche deve prendere in considerazione questa concezione della realtà sociale. Il livello cognitivo su cui agiscono le comunità epistemiche e la struttura sociale perpetuamente costruita e ricostruita interagiscono mutuamente. La realtà sociale si considera composta da tre elementi: fatti, strutture e identità sociali, che allo stesso tempo costituiscono e sono a loro volta costituiti dalla conoscenza intersoggettiva. Le comunità epistemiche esercitano una “autorità cognitiva” per ciò che concerne la conoscenza e dunque anche un ruolo decisivo nelle interazioni che producono e riproducono i costrutti intersoggettivi su cui si basa la realtà sociale, ossia detengono il potere di imporre alla società particolari discorsi e particolari visioni del mondo. La capacità di imporre un discorso implica anche quella di influenzare la formazione dell'identità individuale e collettiva86. Occorre sottolineare che non intendiamo le comunità
epistemiche come esogene rispetto alle interazioni sociali. Al contrario, le comunità epistemiche, prima ancora di influenzare la realtà sociale, sono un prodotto di questa stessa realtà che, ricordiamolo, non è statica ma un processo dinamico e interattivo (nonché iterativo, dato il suo essere perpetuamente costruita e ricostruita). Le comunità epistemiche, possedendo la conoscenza necessaria, hanno il potere di influenzare la direzione di tali interazioni; in altre parole, esse hanno il potere di creare nuove visioni intersoggettive e influenzare l'evoluzione di quelle esistenti, ed è da queste visioni che è formata la realtà sociale. Possiamo dunque affermare che le comunità epistemiche, prodotto della realtà sociale, nel loro sforzo di comprenderla la (ri)costruiscano. La relazione dialettica esistente fra realtà sociale e comunità epistemiche è affine a quanto afferma Edward Carr (1964: 40) relativamente al ruolo degli storici: «lo storico, prima
85 Sulla realtà come costruzione sociale si rimanda al testo omonimo di Peter L. Berger e Thomas Luckmann (1967), nonché a Burkart Holzner (1968).
86 Diane Stone (1996: 94) descrive le comunità epistemiche come «una coalizione di discorso di tipo tecnocratico che articola i propri valori e le proprie idee comuni attraverso il discorso». Sulla capacità di imporre un particolare discorso e influenzare così una precisa visione del mondo, si rimanda a Lukes (2005).
che inizi a scrivere la storia, è il prodotto della storia» e «scrivere la storia è il solo modo per farla». L'assunto che sottende il presente lavoro è dunque la variante del costruzionismo sociale secondo cui gli esseri umani razionalizzano la propria esperienza tramite la creazione di modelli del mondo sociale, per poi condividere e reificare questi stessi modelli tramite il linguaggio (Leeds-Hurwitz, 2009).
Data l'importanza del discorso come pratica sociale, consideriamo due livelli di azione delle comunità epistemiche. Al primo livello, esse contribuiscono a definire le idee costitutive della realtà sociale. Questo aspetto è correlato con altre due caratteristiche: capacità (capabilities) materiali e istituzioni. Il risultato è la creazione di specifici discorsi sociali che contemporaneamente ricevono il loro significato da e conferiscono una chiave interpretativa a ogni fatto e pratica sociale (Antoniades, 2003). Il secondo livello è compreso nella realtà definita dal primo, dove le comunità epistemiche emergono, si confrontano e contrappongono in relazione a specifici problemi di policy. Nel caso in esame, la comunità considerata – ossia la Chiesa Cattolica – è già strutturata (e strutturale), per cui ciò che è rilevante ai fini dell'analisi è la forza con cui essa riesce ad imporsi in una data area tematica.
L'obiettivo del presente lavoro è quindi delucidare il ruolo della Chiesa Cattolica nell'ideazione e implementazione delle politiche riproduttive in Polonia. È possibile distinguere due livelli a cui questa influenza è riscontrabile. Il primo, come da distinzione sopra individuata, è cognitivo e riguarda la (ri)produzione della realtà sociale. Questo aspetto verrà approfondito nella seconda parte della tesi (capitoli 5-7), in cui tratteremo la rilevanza e la cosiddetta
embeddedness nella società polacca sia della religione come pratica sociale sia della Chiesa come
istituzione. Le domande relative a questa parte della ricerca sono:
• Quanto è sentita l'importanza della religione cattolica nel Paese al giorno d'oggi? In che modo essa influenza la realtà sociale e le regole comportamentali degli individui?
• Quanto è percepita l'autorevolezza della Chiesa come istituzione, intesa anche come comunità epistemica? In quale misura gli individui guardano ad essa per quanto riguarda le sue funzioni di guida, interpretazione e promulgazione di concetti?
Il secondo livello è invece pratico ed è più direttamente collegato al processo di scrittura delle politiche pubbliche. In che modo le comunità epistemiche intervengono in tale processo? In che modo influenzano – se lo fanno – la formazione degli interessi e delle decisioni? Una misurazione di questa influenza sarà ricavata nella terza parte del presente lavoro (capitoli 8-22), tramite tecniche di discourse analysis. Lo scopo è valutare quanto la filigrana del discorso
cattolico sia presente nella stesura della legislazione “eticamente sensibile”.