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I diritti riproduttivi in Polonia nelle sentenze della Corte Europea dei Diritt

Parte III: Analisi del discorso pubblico

11. Evoluzione della legge sull'aborto in Polonia

11.9 Il governo conservatore e il dibattito del 2007

11.9.1 I diritti riproduttivi in Polonia nelle sentenze della Corte Europea dei Diritt

I limiti all'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza in Polonia non sono posti solamente dalla scarsa permissività della legislazione al riguardo, ma anche dalla sua effettiva implementazione negli ospedali e nelle cliniche pubbliche. A questo riguardo, la Corte Europea di Strasburgo ha riscontrato in tre casi esemplari una violazione dei diritti umani sanciti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo del 1950. I tre casi sono Tysiąc contro Polonia (2007), R.R. contro Polonia (2011) e P. e S. contro Polonia (2013)257. Le donne coinvolte si sono

trasposizione della Polonia dalla carta d'Europa al cuore e alla mente dei suoi figli, i polacchi. La prima strofa recita: «Jeszcze Polska nie zginęła, / Kiedy my żyjemy» [La Polonia non è ancora scomparsa, / Finché viviamo]. 254Non ci è dato sapere se i luoghi di ritrovo delle due manifestazioni fossero casuali o voluti per ragioni

simboliche. Vale tuttavia la pena ricordarli: il gruppo pro-life si radunò attorno alla Chiesa di Sant'Alessandro (XIX secolo), mentre i manifestanti pro-choice erano in Piazza della Costituzione, la cui architettura presenta il caratteristico stile stalinista detto “classicismo socialista”.

255A seguito del fallimento di inserire la tutela della vita nella fase prenatale nella costituzione, alcuni membri del PiS lasciarono il partito per formare un gruppo di orientamento nazional-conservatore: la Destra della Repubblica (Prawica Rzeczypospolitej).

256Fonte: Human Rights Watch, 30 agosto 2011 https://www.hrw.org/news/2011/08/30/poland-reject-blanket-ban- abortion

257Tysiąc, gravemente ipovedente, si vide negare l'accesso all'interruzione di gravidanza, nonostante essa fosse ammissibile secondo la legislazione polacca in quanto ricadeva nella clausola di tutela della salute della madre. Svariati medici confermarono che la gravidanza e il parto avrebbero potuto causare ulteriori danni alla sua vista, ma nessuno di essi certificò la cosa come una ragione per interrompere la gravidanza. Come previsto, dopo il parto la sua vista si deteriorò gravemente per via di emorragie alla retina.

Anche nel caso di R.R. La procedura di interruzione di gravidanza era ammissibile ai sensi della legislazione polacca, poiché il feto era gravemente malformato. Tuttavia, le fu impedito un reale accesso a questo diritto perché i medici e gli ospedali da lei contattati rifiutarono deliberatamente di condurre un test genetico conclusivo

rivolte alla Corte con il sostegno dell'Organizzazione Non Governativa “Centro per i Diritti Riproduttivi” (Center for Reproductive Rights). I casi costituiscono un'interessante costruzione del diritto alla salute riproduttiva nelle sentenze della Corte dei Diritti dell'Uomo. Cumulativamente, in esse si riscontra la violazione, da parte della Polonia, degli Artt. 3, 8 e 5 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, quindi una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare. Nelle sentenze, la Corte applica implicitamente la nozione di “consenso informato”, che richiede che all'individuo siano date informazioni comprensibili e sufficienti per poter consentire volontariamente a un certo trattamento sanitario. Inoltre, si sancisce il diritto della donna incinta di essere ascoltata personalmente e di veder tenute in considerazione le sue opinioni. Secondo l'Art. 3, invece, è riscontrata una violazione al diritto di libertà da trattamenti inumani e degradanti e quindi una “soglia minima di gravità” (o “livello minimo di severità”) dei fatti contestati. La sentenza R.R. contro Polonia è la prima occasione in cui la Corte applica questo concetto a un caso di libertà riproduttiva. Nell'ultimo caso, infine, essendo coinvolta la reclusione della donna interessata in un centro detentivo, la Corte ha riscontrato una violazione, oltre che degli articoli precedenti, anche dell'Art. 5 § 1 (diritto alla libertà). In nessuno dei casi, invece la Corte ha scelto di non pronunciarsi riguardo all'affermazione di discriminazione nei confronti delle donne, in violazione dell'Art. 14.

Questi casi possono essere considerati come un fallimento sistemico / strutturale da parte delle autorità polacche, che non sono riuscite a fornirle il servizio sanitario a cui le cittadine avevano diritto. Il problema nasce sia dai singoli professionisti del settore sanitario, cioè da un atto di interferenza, sia soprattutto da un atteggiamento generale negativo e disapprovante da parte delle autorità quando si tratta di aborto. È il sistema nella sua interezza che ha reso l'aborto, anche quando legalmente disponibile, inottenibile nella pratica. Nella causa R.R. contro Polonia, in aggiunta, la Corte ha esplicitamente risposto all'argomento del governo polacco secondo cui il singolo medico ha il diritto di rifiutare alcuni servizi per ragioni di coscienza che «per la Corte, gli Stati sono obbligati a organizzare il servizio sanitario in modo da assicurare che un effettivo

prima dello scadere del limite temporale imposto dalla legge.

P., un'adolescente rimasta incinta a seguito di uno stupro, fu umiliata e manipolata nel suo tentativo di ottenere un aborto, sebbene anche in questo caso ammesso secondo la legge. Uno degli ospedali in cui P. si era recata con la madre S. divulgò i suoi dati medici e personali alla stampa e al grande pubblico. In nessuno di questi ospedali vennero fornite informazioni sufficientemente chiare circa la procedura di interruzione di gravidanza. Intrusioni successive da parte i personale ospedaliero, sacerdoti e poliziotti condussero all'intervento dei servizi sociali che rimossero P. dalla custodia di S. e la condussero in un centro minorile. Quando P. riuscì finalmente ad ottenere un aborto grazie all'intervento del Ministero della Salute, avvenne clandestinamente, senza registrarla come paziente e senza fornirle alcuna cura post-operatoria. In aggiunta, la polizia avviò un'indagine nei confronti della ragazza per aver commesso un crimine (rapporti sessuali illeciti), quando emergeva chiaramente dalla documentazione che era in realtà vittima di un abuso sessuale.

I testi delle sentenze sono consultabili a, rispettivamente: http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-79812,

esercizio della libertà di coscienza dei professionisti non impedisca ai pazienti di ottenere accesso ai servizi di cui hanno diritto secondo la legislazione vigente». La libertà di coscienza dei singoli professionisti non dovrebbe quindi mai andare a svantaggio del paziente. Nuovamente la Corte non confina questo giudizio alla salute riproduttiva, rendendo quindi questa affermazione rilevante per tutti i trattamenti eticamente sensibili, come per esempio l'eutanasia.