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Parte II: Pratica religiosa e opinione sulla Chiesa in Polonia

5. La religiosità polacca

Da un punto di vista sociologico, la religiosità è un fenomeno socio-culturale, ossia un fatto sociale palesato nella coscienza e nella vita sia dei singoli individui sia dei gruppi sociali. Come esposto nella prima parte del presente lavoro, la religione romano-cattolica occupa una posizione di grande importanza nella società polacca, costituendo inoltre un elemento fondamentale dell'identità nazionale. Storicamente, le due sono state spesso strettamente interrelate e la Chiesa ha svolto la funzione di collante sociale e punto di riferimento identitario durante gli anni delle partizioni o dell'occupazione. La vasta maggioranza della popolazione in Polonia è di fede cattolico-romana (92.3%), con un alto numero di praticanti (oltre il 50% della popolazione

124Si veda ad esempio il murale a Ostrowiec Świętokrzyski che celebra il trentennale di Solidarność, con la sua figura in primo piano (Appendice 3, Figura 2). Si noti anche il sacerdote tra le persone sullo sfondo che leva alta la croce.

frequenta la Messa almeno una volta la settimana). Sebbene il Paese non possieda alcuna religione ufficiale, resta ad oggi una delle nazioni più uniformemente cattoliche al mondo. Nel dicembre 2013, il CBOS (Centrum Badania Opinii Społecznej, Centro di Ricerca sull'Opinione Pubblica) ha svolto un sondaggio relativo agli elementi unificanti per la società polacca, all'identità personale dei cittadini e ai loro legami sociali. Alla domanda “cosa unisce le persone in Polonia?”, l'aspetto religioso (risultante dalla confluenza delle risposte “religione”, “fede” e “cattolicesimo”) è risultato al secondo posto fra gli aspetti menzionati più di frequente, subito dopo gli eventi straordinari (disastri naturali, calamità, emergenze) e prima del vissuto storico comune e del patriottismo125. Il cattolicesimo, per la Polonia, svolge le tre funzioni fondamentale

che la tradizione sociologica attribuisce alla religione: a) si tratta di una forma di cultura b) comprendente convinzioni e credenze che prendono la forma di pratiche ritualizzate e c) forniscono un senso di scopo.

Nei capitoli precedenti, abbiamo visto che la Chiesa Cattolica in Polonia ha storicamente rivestito un ruolo fondamentale. Con la caduta del regime comunista, la dissoluzione dell'URSS e la successiva transizione democratica, il Paese si aprì alla liberalizzazione anche in campo religioso. Ciò solleva la questione se, in assenza di un altro contro cui raccogliersi attorno alla figura della Chiesa Cattolica, questa abbia mantenuto il suo basilare ruolo nella società polacca e se la religione sia ancora sentita come caratteristica fondamentale della “polonità”. In altre parole, la società polacca è stata o meno oggetto del processo di secolarizzazione? L'identità biunivoca dei due membri dell'endiadi Polak / Katolik resiste ancora oggi? La religione in Polonia è un valore personale individualmente sentito o è piuttosto considerata il “bene comune”, il tratto unificante della nazione? È connessa principalmente con la dimensione pubblica o privata126? Per

125Fonte: BS/168/2013. Bisogna sottolineare che la religione cattolica è indicata come elemento di unione fra simili (cioè fra appartenenti dello stesso credo), ma non come elemento di divisione con membri di denominazioni religiose differenti. Dal 2001 al 2012, infatti, è diminuita la distanza dichiarata fra cattolici e appartenenti ad altre religioni. Questo è vero soprattutto per le religioni percepite come più “vicine”, quali il cristianesimo ortodosso e l'ebraismo. In particolare, è aumentata l'accettazione sociale di individui di fedi diverse proprio nei ruoli in cui, in precedenza, essa era al livello più basso: datore di lavoro (o comunque superiore in ambito lavorativo) e partner del figlio o della figlia. Per esempio, la percentuale di persone che dichiara di accettare se il proprio figlio o la propria figlia sposasse un cristiano ortodosso è cresciuta dal 63% al 72%, mentre l'opposizione a questa unione è calata dal 24% al 17%. Nel caso dell'ebraismo, l'accettazione è cresciuta dal 49% al 58%, mentre l'opposizione è calata dal 39% al 28% (fonte: BS/130/2012).

126Secondo Piwowarski (1994), la sociologia si occupa della religiosità così come essa si manifesta nei processi di comunicazione e interazione all'interno dei gruppi sociali. La relazione, in questo senso, forma il contesto all'interno del quale le pratiche religiose assumono un senso. Affermare che la Polonia è cattolica, quindi, non è scontato. I polacchi possono essere religiosi – e soprattutto cattolici – perché lo sono internamente (intimamente, profondamente, coscientemente), oppure perché le loro pratiche si rafforzano a vicenda: le relazioni reciproche all'interno delle pratiche religiose hanno un effetto causale sulle esperienze individuali e sulle norme sociali. Ricordiamo, infatti, che due elementi fondamentali di una religione sono identità collettiva e rinforzo intrinseco. La Polonia è cattolica per i beni relazionali emergenti dalle pratiche religiose? O per una sorta di path

poter cercare una risposta a queste domande, è necessario approfondire prima alcuni concetti, dei quali proporremo successivamente un'analisi empirica.

5.1 Religiosità

Con il termine religiosità si intende un sistema di credenze e convinzioni che abbraccia l'esperienza quotidiana dell'individuo, pervadendola e donando un senso ad ogni aspetto di essa (Berger e Luckmann, 1967: 75). Da questa definizione è possibile trarre due aspetti fondamentali della religiosità: a) l'esperienza quotidiana e b) la cultura religiosa, intesa come l'esistenza di un insieme di convinzioni, valori e simboli che trasmettono il senso della fede professata dagli individui collegandoli ad una realtà non empirica. Il concetto di religiosità implica prima di tutto la convinzione personale dell'esistenza di un Dio e di una realtà ultraterrena, non empirica e intangibile. In aggiunta, possiamo aggiungere a questa credenza l'influenza da essa esercitata sulle attività quotidiane, inclusa una componente effettiva di dedizione religiosa, come la partecipazione alla preghiera o al servizio religioso (Glock e Stark, 1965). La religiosità è quindi una ricerca e una partecipazione attiva del sacro (sacrum), dove per sacro si intende un essere divino o una verità ultima. Fra le caratteristiche principali della religiosità vi sono identità collettiva e rinforzo intrinseco127 (Hedden, 2011: 23). Per rendere più gestibile un concetto

complesso e multi-dimensionale come quello della religiosità, la letteratura lo ha suddiviso in due categorie: religiosità pubblica e religiosità privata. La religiosità pubblica viene spesso definita come l'ammontare di tempo investito in attività religiose formali e organizzate, come la partecipazione al servizio religioso, ma anche ai gruppi di preghiera e alle attività di volontariato connesse alla Chiesa. La religiosità privata include invece attività quali la preghiera e lo studio delle Scritture. Questa suddivisione esclude tuttavia le dichiarazioni a carattere soggettivo degli individui riguardanti, per esempio, la percezione della loro religiosità o l'importanza della fede nella loro vita. Piwowarski (1994) separa analogamente la religiosità pubblica da quella privata, ma attribuisce a queste due categorie caratteristiche differenti da quelle sopra descritte. Nella sua distinzione, infatti, la religiosità pubblica può essere operativizzata tramite la cosiddetta “professione globale di fede”128, che indica l'affiliazione di un individuo a un gruppo religioso (e

il grado di essa). Piwowarski va quindi a considerare proprio le auto-definizioni degli individui che la precedente suddivisione escludeva dall'analisi. Per esempio, quindi, si osserva la 127Con questi termini si intende che la religiosità è un elemento costitutivo dell'identità del gruppo sociale, in una

relazione biunivoca positiva di mutuo rafforzamento, e non una patologia nazionalistica. 128Si rimanda a questo proposito a Dingemans e Rémy (1962), in particolare a pag. 117.

descrizione degli individui di se stessi come più o meno religiosi (o atei), il posizionamento della religione su una scala di importanza, la collocazione di un significato ultimo nell'esistenza (orientamento verso il sacrum o il profanum). L'esame di tali auto-dichiarazioni permette di individuare la struttura di opinioni della popolazione sull'argomento. Per contro, secondo Piwowarski, la religiosità privata riguarda l'esperienza quotidiana, ossia si tratta di una religiosità sperimentata ed esteriorizzata nella vita. L'autore considera la religiosità privata come composta da due parametri: cultura religiosa e attività religiosa. Il primo è relativo alla conoscenza delle scritture e dei testi di riferimento129, mentre il secondo riguarda la pratica e l'osservanza religiosa

(quindi la partecipazione alla Messa domenicale, alla preghiera, il rispetto delle tradizioni legate alle festività, etc.). Sebbene la classificazione di Piwowarski abbia il vantaggio di includere nei parametri le dichiarazioni soggettive individuali, essa non convince completamente. Il suo concetto di religiosità pubblica, infatti, pare sovrapporsi a quello di religione pubblica – la fede della nazione, istituzionalizzata.

Anche nel presente lavoro abbiamo deciso di adottare la suddivisione della religiosità in

pubblica e privata. Per religiosità pubblica intendiamo quindi la manifestazione pratica di essa, le

azioni ad essa connesse, come la frequenza della partecipazione alla Messa. Il concetto di religiosità privata da noi impiegato combina invece due elementi: l'assiduità della preghiera e l'importanza della religione.

5.2 Secolarizzazione

Il termine secolarizzazione si riferisce al processo di distacco della società dalla religione (Shiner, 1967), a seguito del quale quest'ultima perde il proprio significato sociale e culturale all'interno di una società, con un conseguente calo del proprio ruolo e della propria influenza. Si tratta di un cambiamento sociale di lungo periodo, in cui la società muove da un'identificazione più o meno stretta con valori, norme e istituzioni di natura religiosa verso istituzioni secolari e fonti valoriali e normative diverse (e.g. i diritti umani). I valori istituzionalizzati nella chiesa vedono quindi gradualmente ridursi la loro rilevanza ai fini dell'integrazione e della legittimazione della vita quotidiana nella società moderna (Luckmann, 1967). In questo senso, la

129Secondo Władysław Piwowarski, la conoscenza delle Scritture è uno degli aspetti fondamentali della cultura religiosa, in quanto l'incremento della conoscenza in questa sfera influenza positivamente l'atteggiamento verso la fede e la sua interiorizzazione. Inoltre, l'autore afferma che, con l'incremento nel livello generale di cultura “secolare” nelle società moderne, la cultura religiosa è sempre più importante per lo sviluppo e il sostegno di una vita spirituale (Piwowarski, 1994: 152).

questione della secolarizzazione solleva anche quella del cambiamento del sistema socialmente oggettivato di significato degli individui. La secolarizzazione è descritta sia come un processo latente sia come il risultato di una politica deliberata. Nel primo caso, essa risulta da un doppio percorso di modernizzazione e razionalizzazione che le società affrontano nel corso del tempo130

ed è la conseguenza non intenzionale di azioni che promuovono la differenziazione funzionale della società, ossia la creazione nella società di sotto-sistemi a seconda delle loro specifiche funzioni. La religione diventa uno dei tanti sotto-sistemi, perdendo così il suo aspetto onnicomprensivo (Dobbelaere, 1981). Questa visione può essere ricondotta a Durkheim, poiché il suo concetto di differenziazione implica che la società si appropri gradualmente di tutte le funzioni “secolari” prima svolte dalla religione – ciò che Shiner (1967) chiama “trasposizione”. Durkheim postula anche che l'evoluzione storica implichi necessariamente un declino dell'influenza della religione sia sulla vita sociale sia sulla coscienza collettiva131. Nella sua opera

“La divisione del lavoro sociale”, pur non utilizzando il termine “secolarizzazione”, Durkheim descrive in maniera dettagliata il processo sociale che caratterizza il passaggio dalla società tradizionale a quella moderna, ossia la marginalizzazione (spostamento a margine) della religione dal punto di vista sia sociale sia strutturale e istituzionale. «Se dunque esiste una verità che la storia ha resa indubbia, questa è proprio l'estensione sempre minore della porzione di vita sociale che la religione ricopre. In origine essa si estendeva a tutto; tutto ciò che era sociale era religioso: i due termini erano sinonimi. In seguito, a poco a poco, le funzioni politiche, economiche, scientifiche si sono rese indipendenti dalla funzione religiosa, costituendosi a parte e assumendo un carattere temporale sempre più accentuato. Dio – per così dire – che in principio era presente a tutte le relazioni umane, si ritira progressivamente da esse; abbandona il mondo agli uomini e alle loro controversie» (Durkheim, [1893] 1999: 180-181). La premessa che sottende questa analisi è che la religione svolgesse sostanzialmente il ruolo di collante nella società tradizionale, basata su legami comunitari caratterizzati da forti sentimenti collettivi di tipo essenzialmente religioso. Analogamente, Tönnies, pur partendo da posizioni teoriche e intellettuali profondamente diverse rispetto a quelle di Durkheim, attribuiva alla religione la fondamentale funzione di tessuto connettivo in una particolare forma di relazione sociale, caratterizzata da intensi e ristretti vincoli di appartenenza, che uniscono fra loro i membri come “membri di un tutto”. Come Durkheim, Tönnies ritiene che l'evoluzione storica comporti il passaggio da “un'età della comunità”, “definita dalla volontà sociale come concordia, costume e religione”, a “un'età della società”,

130Questo processo comprende la divisione del lavoro, l'industrializzazione, l'urbanizzazione, la moltiplicazione delle vie di comunicazione e l'incremento nella possibilità di accedervi, ecc.

“definita dalla volontà sociale come convenzione, politica, opinione pubblica" (Tönnies, [1887] 2011: 295). Alla comunità religiosa si sostituisce, dunque, la società secolarizzata, dominata da relazioni sociali di tipo impersonale, contrattuale, atomizzato. Si hanno quindi due significati attribuiti al termine secolarizzazione, utilizzati spesso come intercambiabili dalla letteratura europea al riguardo: da un lato quello più tradizionale, relativo alla perdita di potere e significato sociale delle istituzioni religiose, dall'altro quello di più recente elaborazione, che si riferisce al progressivo declino delle convinzioni e pratiche religiose nella popolazione. I sociologi europei tendono a vedere i due significati come intrinsecamente connessi, poiché considerano le due realtà come componenti strutturali di un più generale processo di modernizzazione e vedono di frequente la secolarizzazione in Europa sembra essere un fait accompli132.

Il processo di secolarizzazione, tuttavia, non è semplice né lineare. Studi più recenti ne hanno infatti messo in luce la complessità attribuendogli un carattere multidimensionale133. José

Casanova, per esempio, propone di descrivere più approfonditamente il processo di secolarizzazione specificandone tre diverse connotazioni. La prima di queste vede la secolarizzazione come un declino sia di convinzioni sia di pratiche religiose nella società attuale (spesso considerato come un processo universale e un'inevitabile conseguenza dello sviluppo umano. Ciò significa, come afferma Berger, che le persone prendono decisioni relative a molti ambiti della vita senza senza fare alcun riferimento alla sfera religiosa (Berger, 1961). Questa prima accezione del termine secolarizzazione è quella più recentemente emersa, ma anche la più diffusamente utilizzata nel dibattito accademico. La seconda connotazione riguarda la secolarizzazione come un processo di privatizzazione della religione, quindi uno spostamento di essa dalla sfera pubblica, condivisa, e legislativamente regolabile, a quella privata, oggetto di sole scelte personali. Anche questa seconda accezione è vista come una tendenza storica diffusa, oltre ad essere considerata come precondizione necessaria per lo sviluppo della società contemporanea e delle politiche democratiche che la accompagnano134. Infine, la secolarizzazione può essere

intesa come la differenziazione della sfera secolare (stato, scienza, economia) da quella clericale,

132Riguardo la secolarizzazione europea come dato di fatto, si rimanda a Bruce (2002). Per contro, i sociologi americani tendono a restringere l'uso del termine alla sola indicazione del declino progressivo nelle pratiche e convinzioni religiose della popolazione. Si tratta di una forma di bias geografico, dovuto al fatto che gli Stati uniti – così sostengono – si sono configurati come una moderna società secolare fin dalla nascita. La secolarizzazione intesa come perdita di influenza sociale della Chiesa è quindi da loro considerata come un fatto scontato. Il dato storico americano, tuttavia, non punta verso la secolarizzazione, ma piuttosto nella direzione opposta: una progressiva fidelizzazione alla degli americani alla religione. Per approfondire l'argomento si rimanda a Butler (1990) e Greeley (1989).

133Si vedano al riguardo Casanova (2006), Dobbelaere (1981), Sciolla (1988), Wallis e Bruce (1992).

134Per un approfondimento del concetto di privatizzazione, si rimanda al testo di Casanova del 1994, in cui fra l'altro l'autore mette in discussione la validità empirica e normativa della tesi della privatizzazione. Dello stesso autore, si veda anche l'articolo pubblicato su The Hedgehog Review nel 2006.

ossia dalle norme e istituzioni religiose. Questo processo è considerato una sorta di “emancipazione” dello Stato dalla Chiesa. È questa la componente fondamentale delle teorie classiche sulla secolarizzazione, legata al significato originale storico-etimologico del termine nell'Europa medievale: “in senso lato, il passaggio di beni, oggetti, cose, istituzioni, valori dalla dipendenza del potere ecclesiastico a quella del potere civile o secolare” (dizionario Treccani)135.

Anche Karel Dobbelaere (1981) sottolinea il carattere multidimensionale della secolarizzazione individuandone tre dimensioni fondamentali. La prima, che fa riferimento al livello macro- sociologico, corrisponde al processo di laicizzazione, e riguarda il processo di differenziazione strutturale e funzionale delle istituzioni. La prima dimensione di Dobbelaere è quindi affine alla terza delineata da Casanova e il processo di secolarizzazione è visto come la particolarizzazione nel sotto-sistema religioso del processo generale di differenziazione funzionale sul macro-livello. La seconda, invece, è relativa al cambiamento sperimentato dagli stessi universi religiosi, ossia alla loro tendenza a modernizzarsi136. La seconda dimensione della secolarizzazione descritta da

Dobbelaere è simile alla descrizione del processo data da Harold Pfautz (1956): la tendenza dei movimenti religiosi settari di diventare parte del mondo. Al processo di modernizzazione se ne aggiunge quindi uno di “mondanizzazione”. È ciò che J. Milton Yinger (1963) chiama “cambiamento religioso” e che, secondo Berger (1961) costituisce l'inevitabile adattamento della chiesa [convinzioni e pratiche] ai cambiamenti subiti dal mondo entro cui essa opera. La terza dimensione, infine, si colloca a livello micro-sociologico, ossia riguarda gli individui e i loro comportamenti. Fanno parte di questa dimensione, per esempio, le pratiche religiose, l'assiduità della preghiera, la frequenza della partecipazione al servizio religioso, ma anche le convinzioni e credenze personali); possiamo quindi in questo caso parlare di “coinvolgimento religioso”. Questo terzo aspetto è affine alla prima dimensione indicata da Casanova. Mark Chaves (1994) accoglie la distinzione di Dobbelaere, introducendo nuove etichette. Egli parla infatti di

secolarizzazione sociale per il macro-livello, secolarizzazione organizzativa per il meso-livello e secolarizzazione individuale per il micro-livello. La suddivisione del concetto di secolarizzazione

in tre dimensioni permette di intuire che esse possono variare in maniera indipendente, in misura diversa e anche in direzione differente l'una dall'altra137.

135Si veda anche la voce “Secularization,” in The International Encyclopedia of Social and Behavioral Sciences, a cura di Casanova.

136Si vedano al riguardo Weber ([1920] 2008) e Berger (1967).

137Un utile esempio di quanto affermato è il caso americano. Da un punto di vista macro-sociologico (utilizzando la prospettiva di Dobbelaere, quindi comprendente il secondo e il terzo aspetto indicati da Casanova: privatizzazione della religione e separazione Stato-Chiesa), si tratta della società occidentale più secolarizzata, dato il suo alto grado di pluralismo e di differenziazione istituzionale. Tuttavia, dal punto di vista micro- sociologico (primo aspetto indicato da Casanova), è la meno secolarizzata, poiché mostra il livello più alto di appartenenza religiosa. Su questo aspetto si veda Brown (1992).

5.3 De-secolarizzazione

Nel 1999, Peter L. Berger ha rivisto le sue posizioni introducendo il concetto di de-

secolarizzazione, con il quale si indica una serie di manifestazioni globali della rinascita della

religione. Sebbene il suo saggio The Desecularization of the World non contenga una definizione pienamente sviluppata della de-secolarizzazione, essa vi è descritta essenzialmente come una reazione al processo di secolarizzazione (una contro-secolarizzazione), poiché riflette la presenza di forze e tendenze secolarizzanti e si sviluppa come reazione ad esse (Berger, 1999: 7)138. Questa

impostazione consente di distinguere tra la de-secolarizzazione vera e propria e un più ampio e generico insieme di fenomeni relativi alla resilienza delle religioni, alla loro diffusione e alla crescita della loro influenza sulla società, che non necessariamente si sviluppano come reazione a precedenti (o coevi) processi di secolarizzazione139. La sopravvivenza delle religioni durante

regimi secolari – come avvenne nel caso polacco – può successivamente tradursi in una loro recrudescenza, senza che questo sia un processo di de-secolarizzazione. È però vero che sia il perdurare della religione nei regimi secolari sia le rinascite religiose de-secolarizzanti mostrano i limiti della teoria della secolarizzazione. Tuttavia, piuttosto che considerare le teorie di secolarizzazione e de-secolarizzazione come mutualmente esclusive, possono essere intese come metodi complementari per studiare le complesse relazioni esistenti tra religione e società.

Se la de-secolarizzazione è un cambiamento sociale che va contro ai processi secolarizzanti, è possibile suddividerla in più aspetti che saranno opposti alle rispettive tendenze della secolarizzazione. Basandosi sulla tripartizione di Casanova, Karpov (2010: 239-240) concettualizza la de-secolarizzazione come composta da tre processi: (a) un riavvicinamento tra le istituzioni e le norme religiose, (b) una rinascita delle pratiche e credenze religiose e (c) un ritorno della religione nella sfera pubblica. È importante sottolineare che i processi di de-

138Berger considera la de-secolarizzazione anche una risposta alle incertezze della modernità. Per un