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Parte I: la Chiesa Cattolica e la costruzione religiosa della storia nazionale polacca

3. Il caso in esame: narrative nazionali e la diade Polak / Katolik

3.2 Spartizioni e Messianesimo

3.2.1 La missione nazionale e la narrativa martirologica

Nei primi decenni del 1800, il pensiero politico polacco, infuso di romanticismo, cominciò ad abbellire la dicotomia tratteggiata da Wybicki con un lessico idealista e trascendentale che non si limitava ad elevare la nazione nel reame dello spirito, ma trasformava l'obiettivo di ricostituzione statale in un principio etico di più grande respiro. Il testo che funse da manifesto al romanticismo polacco fu Prolegomeni alla storiosofia, di August Cieszkowski (1814-1894), filosofo e attivista politico98. Come i suoi contemporanei, egli vedeva la storia come un movimento in avanti e

in un mero insieme di persone coabitanti su un territorio definito da certi confini, ma piuttosto nell'insieme delle loro idee, dei loro sentimenti e pensieri, che dovevano necessariamente risultare da un sostrato comune: storia, religione, legislazione, tradizioni, eccetera (la definizione di nazione di Mochnacki è in forte contrasto con la concezione weberiana di stato che considera come elemento fondamentale il risiedere della comunità in un territorio debitamente determinato). Mochnacki affermava che solo il territorio polacco era stato suddiviso con le spartizioni, mentre ciò che costituiva l'essenza intrinseca della Polonia era stato preservato. Tale concetto di identità nazionale poneva l'accento soprattutto sulla consapevolezza: la nazione deve essere cosciente del suo essere, per l'appunto, una nazione, deve (ri)conoscere se stessa (uznawanie się w swoim jestestwie). Questa Polonia immortale era un concetto sociologico: un legame sociale (spoļeczny związek secondo le parole dello stesso Mochnacki). Ma il pensiero di Mochnacki non si limitava a questo, attribuendo alla sua visione di nazione un significato assai più profondo: la rappresentazione di un ideale universale, ossia il principio di libertà, inteso non come un principio morale statico e immutabile, bensì in progresso, in movimento verso la realizzazione di uno scopo, un telos interno. La lotta stessa del paese per la libertà era dunque parte e sinonimo di una battaglia più ampia fra oppressi ed oppressori. Vale la pena menzionare come, secondo Durkheim, un legame sociale (lien

social) consiste nella combinazione di due variabili: integrazione e regolazione. La prima designa il modo in cui

gli individui sono attaccati alla società, mentre la seconda indica il modo in cui essa li disciplina. Lo stesso vale per la definizione di nazione di Mochnacki: l'integrazione riguarda il senso di identità e la regolazione il piano d'azione. Per un approfondimento del pensiero di Mochnacki, si rimanda alla raccolta di testi scelti a cura di Stanisław Pieróg (1987).

98 Il testo fu scritto nel 1838 in tedesco come Prolegomena zur Historiosophie e solo successivamente tradotto in polacco. Il termine storiosofia fu coniato da Gershom Scholem (1897-1982). Come la filosofia della storia, la disciplina tratta del significato della storia e della possibilità di esistenza di uno scopo ultimo, ossia di un suo eventuale fine teleologico, aggiungendo però aspetti metafisici.

infondeva l'azione, individuale e collettiva, con la consapevolezza del proprio ruolo nella costruzione del futuro. Come per Mochnacki, le nazioni erano spiriti trascendenti con missioni chiaramente definite. la volontà nazionale di indipendenza divenne più importante che mai, poiché poneva la Polonia e la sua situazione all'interno di una cornice grandiosa: l'eterna lotta fra bene e male. All'interno della cornice storiografica (o storico-filosofica) sopra descritta, tuttavia, l'indipendenza non era più semplicemente un obiettivo geopolitico, ma parte di una più ampia missione di salvezza per tutta l'umanità. Il il popolo polacco divenne il campione della giustizia e della libertà. Fu dalla sollevazione di novembre che in Polonia emerse quella tendenza retorica etichettata dagli storici come messianesimo. Questa visione aumentava ulteriormente il significato simbolico della lotta nazionale polacca, giustificandola attraverso l'uso di una terminologia religiosa eterodossa: non solo la ricerca dell'indipendenza era un imperativo divino, ma la Polonia stessa era il “Cristo delle nazioni”99. La visione messianica e martirologica fornì

una struttura ideale di riferimento e una grammatica di elaborazione per permettere ai polacchi di dare un senso alla situazione politica che stavano vivendo, nonché fornire loro un vocabolario per renderla in parole. Le spartizioni erano descritte utilizzando metafore religiose, come il periodo della “cattività babilonese”, la “discesa nella tomba”100 o anche “la croce” (Davies, 1981, vol. 2:

18). Il discorso religioso, con le sue allegorie, era presente nella vita quotidiana e contribuiva alla sovrapposizione ideale fra religione e Stato.

Uno dei primi a giocare la carta della metafora messianica fu Kazimierz Brodziński (1791- 1835), critico letterario e poeta101. Se la Polonia fosse risultata vittoriosa nella sua lotta contro

l'oppressione aliena, egli scriveva, ne avrebbero beneficiato tutte le nazioni. Se invece avesse fallito, “le nostre ceneri saranno sacre e la croce levata sopra di esse sarà oggetto di pellegrinaggio da parte di tutte le genti, alla tomba di quella nazione che fu lo studente di Cristo”

102. Con la trasformazione del Paese in un discepolo di Cristo si formulò una delle più potenti e

durature metafore della retorica nazionale polacca.

La metafora messianica prese piede e si propagò principalmente grazie all'opera di Adam Mickiewicz (1798-1855), poeta, scrittore e patriota, la cui importanza nella formazione dell'identità culturale polacca può difficilmente essere sopravvalutata. Basti pensare che il suo poema in dodici libri Pan Tadeusz (Il signor Taddeo, 1811-12), per esempio, una vera epopea

99 Sulla visione messianica della storia polacca, si vedano Talmon (1980) e Walicki (1982). 100Si veda più oltre l'opera di Mickiewicz.

101Brodziński non fu in realtà il primo ad utilizzare il termine “messianesimo”, ma fu il primo a inserirlo in una cornice nazionalista.

102Citato da Ujejski (1931: 303-306). Riguardo l'importanza di Brodziński per la formazione culturale del romanticismo polacco della sua generazione, si veda Zieliński (1969: 44). Sull'argomento più generale del movimento romantico polacco si rimanda a Chrzanowski (1971).

nazionale, costituisce ancora oggi lettura obbligatoria in tutte le scuole polacche. Di particolare importanza per il movimento nazionalista fu l'opera teatrale Dziady (Gli Avi, 1822-1832), il cui linguaggio influenzò il modo di parlare della nazione della generazione coeva. In questo testo, Mickiewicz attribuì alla Polonia il ruolo di guida per le altre nazioni europee e, nella terza parte, ne presentò il martirio attuale connesso a una profezia riguardo al futuro, paragonandone le sofferenze alla passione di Cristo103. Di grande influenza fu anche il poema filosofico Konrad

Wallenrod (1828). Il testo forse più significativo di Mickiewicz per quanto riguarda la metafora

messianica è il suo Księgi narodu polskiego i pielgrzymstwa polskiego (Libri della nazione polacca e del pellegrinaggio polacco, 1832) idealizza la Polonia antecedente alle spartizioni descrivendola come un luogo connotato da fratellanza e armonia, in cui gli individui sono liberi e uguali: «E Dio ci diede i sovrani polacchi e i cavalieri della Libertà, che tutti chiamavano fratelli, il più ricco come il più povero» (maiuscolo nell'originale). Libertà ed uguaglianza erano non solo le caratteristiche principali della Polonia, ma anche la fiaccola da essa portata nel mondo: «E alla fine disse la Polonia: Chiunque venga a me sarà libero e uguale, perché io sono la libertà». Si comincia già a intravedere da questa frase un linguaggio liturgico o evangelico-messianico, che diventa ancora più evidente proseguendo: esattamente come Cristo fu ucciso per il suo messaggio, una trinità malvagia di sovrani oppressori distrusse la Polonia perché temevano la libertà che incarnava «Ma dopo averla sentito parlare, i cuori dei re [rivali] si turbarono ed essi dissero, ecco il paese della libertà [o “guidato dalla libertà”], ed ecco una nazione giusta, che non si piega ai nostri idoli. Andiamo, cerchiamo di uccidere questa nazione». Si rende qui evidente la somiglianza con i testi sacri, sia per il linguaggio utilizzato sia, soprattutto, per la cadenza. Con i sovrani che si accordano per uccidere la Polonia, infastiditi dalla libertà che essa simboleggia e reca, il parallelo fra il paese e Cristo è ormai chiaro. Il testo prosegue rafforzando ulteriormente la giustapposizione: la morte della Polonia è solo apparente: «Perché la nazione polacca non è morta, il suo corpo giace nella tomba e la sua anima ha lasciato la terra, cioè la vita pubblica, per il purgatorio, cioè la vita domestica di coloro che soffrono per la schiavitù, e vede le loro sofferenze». Il riferimenti qui non è solo ai cittadini polacchi, sofferenti perché privati della libertà dalla spartizione del territorio del paese, ma si rivolge più generalmente a tutte le nazioni d'Europa, private della guida offerta dalla Polonia nel cammino verso la libertà. Ciò è evidente nel terzultimo verso, in cui la metafora messianica raggiunge il suo culmine: «E il terzo giorno l'anima ritornerà al corpo, e la nazione risorgerà, e libererà tutti i popoli d'Europa dalla schiavitù», per essere poi palesata nella chiusa, che ripete nuovamente la missione universale di pace del 103Per un'analisi dell'immagine della nazione polacca in quest'opera, si veda l'articolo omonimo di Andrea

paese: «E come con la risurrezione di Cristo sulla terra cessarono tutti i sacrifici di sangue, così con la risurrezione della nazione polacca nel cristianesimo cesserà la guerra»). Gli scritti di Mickiewicz divennero enormemente popolari e i Libri furono presto il testo di riferimento dell'emigrazione polacca104. Il suo successo fu così completo che, fra i nazionalisti, anche coloro

politicamente non allineati a Mickiewicz (il cui programma politico rimase comunque sempre abbastanza vago) finirono per adottare la metafora messianica. Walicki (1983: 8-44) descrive il messianismo come l'espressione di una speranza nella totale rigenerazione dell'umanità.

Le metafore coniate da Mickiewicz permisero al pensiero nazionalista romantico polacco di concepire la nazione come una duplice entità in possesso di un'esistenza sia spirituale sia terrena (come Cristo). Era quindi possibile separare la nazione dallo Stato (lo spirito dal corpo) senza che questa cessasse di esistere. Con il messianismo, per di più, la Polonia era posta all'interno del piano divino di salvezza, e la retorica nazionalista si imbibiva di una dinamica teleologica che garantiva sia una giustizia universale sia la risurrezione della nazione. La combinazione di questi due aspetti conduceva a una fede assoluta nella rinascita nazionale, di natura allo stesso tempo politica e religiosa105. Il messianesimo fungeva quindi come un centro semiotico attorno a cui si

raggruppavano i simboli nazionali e religiosi, formando un copione da seguire per la ribellione collettiva (Kertzer, 1988; Kubik, 1994). Al momento della sua formulazione, tuttavia, questa teoria fu considerata quantomeno eterodossa, tanto più che la Santa Sede stessa aveva sanzionato le spartizioni. Il Vaticano e le gerarchie ecclesiastiche tendevano quindi a intimare ai fedeli di concentrarsi sulle questioni spirituali, lasciando quelle terrene ai legittimi governanti, sanciti dalla storia – ossia alle potenze occupanti (Żywczyński, 1995; Porter, 2000). Dall'altro lato, però, il basso clero era fortemente votato alla causa nazionale e nazionalista e ne perpetuava dal pulpito gli ideali (Casanova, 1994: 93).

Il periodo delle spartizioni costituì non solo la base ideologica per il radicamento profondo nella coscienza collettiva polacca di narrative a sfondo religioso, ma anche il primo impeto per l'ampliamento del ruolo della Chiesa Cattolica nel paese. Dato il contesto in cui si muoveva il movimento nazionalista polacco, caratterizzato da una forte limitazione della libertà di educazione e stampa, nonché dalla proibizione dell'uso pubblico della lingua polacca, la religione costituiva uno dei pochi spazi rimasti di affermazione del senso di sé e contemporaneamente del

104Il testo andò talmente a ruba fra i polacchi della Wielka Emigracja che a un mese dalla sua pubblicazione anche la seconda edizione era sparita dagli scaffali delle librerie. Entro un anno era stato tradotto in inglese, francese e tedesco. Per via della metafora messianica eterodossa, se non addirittura eretica, la chiesa cattolica lo pose all'indice (Porter, 2000: 293).

105La metafora messianica venne tuttavia considerata eretica dalla Santa Sede, in quanto prometteva un'incarnazione terrena e sociale del divino. Sull'ostilità della chiesa cattolica al messianismo di Mickiewicz, si veda Walicki (1978, 1983 e 2002).

senso di comunità, ossia l'unico metodo possibile di auto-espressione nazionale e per preservare i legami sociali (Olszewski, 1996; Kłoczowski, 2000)106. La Chiesa Cattolica divenne quindi

portatrice di questa narrativa, in quella che Ewa Morawska definì come una “religione civile romantica” (Morawska, 1984). Il messianesimo fu per la nazione polacca anche una cornice interpretativa che andava a fornire ciò che Tim Edensor (2002: 2) chiama una “struttura di sentimento”, ossia un modo comune di vedere il mondo, condividendo un insieme di punti di riferimento che fornisce la base per azione e discorso nel quotidiano. Si sviluppò così un senso di appartenenza nazionale che combinava le narrative sopra osservate, con i loro sottesi filosofico- religiosi, e la struttura formale della Chiesa.

Fin dal 1700, la Chiesa Cattolica in Polonia non è stata solo un'istituzione spirituale, ma anche una forza sociale e politica. Le dinamiche dei rapporti fra Stato e Chiesa durante l'esistenza della Repubblica Socialista Polacca e successivamente alla disgregazione dell'URSS sono state modellate dall'identità poliedrica assunta dalla Chiesa durante i molti decenni in cui le istituzioni politiche e sociali tradizionali erano state soppresse. Questa identità, che si configura come una “religione civile”, unisce simboli religiosi e politici nella concezione che i cittadini hanno della loro storia nazionale – nonché del loro destino. Aspetti importanti di questo ruolo sociale e politico rimangono intatti ad oggi, alimentando controversie per l'attivismo delle gerarchie ecclesiastiche nella politica sociale.