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Parte I: la Chiesa Cattolica e la costruzione religiosa della storia nazionale polacca

3. Il caso in esame: narrative nazionali e la diade Polak / Katolik

3.4 La (ri)costruzione della nazione nel periodo post-comunista

3.4.3 La tragedia di Smoleńsk

Il 10 aprile 2010, il Tupolev TU-154M che trasportava il presidente Lech Kaczyński, sua moglie Maria e oltre 90 altre persone fra componenti del governo polacco, ufficiali militari di alto rango, membri del clero e familiari delle vittime di Katyń, si schiantò nei pressi di Smoleńsk senza lasciare superstiti, per un totale di 96 vittime. I passeggeri erano in viaggio per partecipare alla cerimonia di commemorazione del 70° anniversario del massacro di Katyń (zbrodnia

katyńska), una serie di esecuzioni di massa di intellettuali, politici e ufficiali polacchi perpetuato

dalla polizia segreta sovietica (NKVD) fra l'aprile e il maggio del 1940120. Per la gravità

dell'accaduto e per il legame con l'evento traumatico che il viaggio aveva lo scopo di commemorare, il fatto fu presto definito come una “seconda Katyń”. A pochi giorni dall'incidente, l'Arcivescovo di Cracovia, Cardinale Stanisław Dziwisz, annunciò che sia il Presidente Kaczyński sia la moglie sarebbero stati sepolti nella cattedrale del castello di Wawel, tradizionale luogo di riposo dei primi re polacchi e degli eroi nazionali (quali Adam Mickiewicz e Józef Pilsudski). Il Cardinale motivò la cosa sostenendo che Kaczyński fosse morto in circostanze straordinarie, in quanto si stava recando a Katyń a onorare i martiri in nome della nazione. Membri del PiS assimilarono il Presidente stesso a questi martiri (Dziennik Polski, 13 Aprile 2010), status ottenuto per prossimità ideologica e storica. I funerali, che si tennero il 17 aprile, si aprirono con la lettura di passi dall'Apocalisse e tenuti dal nunzio apostolico in Polonia, Monsignor Józef Kowalczyk. Fu trasmesso anche un messaggio da parte del segretario di Stato Vaticano, Tarcisio Bertone: «Questa tragedia non colpisce solo la Polonia, ma colpisce l'Europa come tale, di cui la Polonia è un Paese fondamentale, anche per la sua salda fondazione nei principi cristiani, nella tradizione cristiana, che hanno forgiato l'Europa nella sua missione di civiltà nella storia del mondo». In quest'occasione riemergono quindi i filoni principali delle narrative polacche fino ad ora incontrate: quello martirologico, come abbiamo visto, ma anche quello di “campione della cristianità”.

In aggiunta a questo, si ripropone il simbolismo della croce: il 15 aprile, infatti, alcuni scout del gruppo “la Polonia e il prossimo” (inicjatywa “Polsce i bliźnim”) ersero spontaneamente una

120Il massacro di Katyń è profondamente inciso nella coscienza collettiva polacca e l'evento ha ispirato numerosi prodotti letterari e cinematografici. Katyń non solo rinnovò la narrativa martirologica, ribadendo la sofferenza polacca alle mani di un invasore, ma divenne anche, nelle parole di Donald Tusk, “il mito fondativo della Polonia libera”, poiché fu solo con la caduta del comunismo e la riconquista dell'indipendenza nazionale che l'evento tornò alla luce.

croce di fronte al palazzo presidenziale di Varsavia allo scopo di ricordare le vittime dell'incidente aereo. Dopo le nuove elezioni presidenziali, il neo presidente Bronisław Komorowski annunciò che il 3 agosto la croce sarebbe stata trasferita in un luogo “più adatto ad ospitare un simbolo religioso”: la vicina Chiesa di Sant'Anna. Parte della popolazione si ribellò all'idea, e il piccolo memoriale divenne nota come la “croce della discordia”. Fin dalla mattina del 3 agosto, coloro che erano contrari al suo trasferimento si radunarono ai piedi della croce per manifestare il proprio dissenso: pregarono, recitarono il rosario, intonarono perfino canzoni patriottiche. Le autorità, che tentarono ugualmente di procedere con lo spostamento della croce, si sentirono affibbiare l'appellativo di traditori e fu necessario l'intervento della polizia. I nuovi “difensori della croce” organizzarono turni di guardia e veglie notturne per assicurarsi che nessuno toccasse il simbolo religioso121. Dall'altro lato, i sostenitori del trasferimento della croce tennero una

propria manifestazione, il 9 agosto, dietro l'inno “abbasso i crociati”122. La situazione si evolse

quindi rapidamente in una seconda “guerra delle croci”, fornendo un palcoscenico per i conservatori cattolici e al contempo mettendo sotto i riflettori le proteste contro la Polonia religiosa e nazionalista che la croce era arrivata a rappresentare negli anni successivi alla caduta del comunismo. Gli organizzatori della contro-protesta chiesero esplicitamente ai partecipanti di non portare alla manifestazione né bandiere nazionali né simboli religiosi di alcun genere, col doppio scopo di marginalizzare il gruppo dei “difensori” (mostrando una massa molto più numerosa e “laica”), sia di separare nettamente il discorso religioso da quello nazionale. Lo stallo si prolungò per tutta l'estate e, come la prima “guerra delle croci”, sebbene fosse stato iniziato da un gruppo marginale, funse come canale attraverso cui numerosi attori sociali – Stato, Chiesa, cittadini – discussero la posizione occupata dalla religione in Polonia.

121L'iniziativa non godeva tuttavia del sostegno di tutta la popolazione, anzi, molti cittadini, specie fra le fasce più giovani, la trovarono eccessiva e non compatibile con una democrazia moderna. Su social network e piattaforme varie di condivisione (come Tumblr e Youtube) fiorirono numerose creazioni derisorie dei “difensori della croce”, fra cui una canzone intitolata “Dov’è la croce?”, composta tramite un remix delle voci dei difensori del simbolo commemorativo, e un gioco su Facebook dal titolo “Difendi la croce” (il principio è lo stesso di “schiaccia la talpa”: bisogna cliccare sulle teste di coloro che non vogliono la croce per eliminarli).

122Il gruppo favorevole allo spostamento del simbolo religioso non mancava di ironia: alcuni degli striscioni da loro esposti dalle finestre dell'Hotel Europejski incitavano: “abbattete il palazzo (presidenziale): copre la croce”. La contro-protesta si coagulò grazie al passaparola tramite Facebook, riuscendo rapidamente a dare vita a un “happening” di svariate migliaia di persone. Il gruppo conservatore e cattolico passò al contrattacco tramite la stazione radio ultra-nazionalista Radio Maryja, lanciando un appello agli ascoltatori per dimostrare contro la contro-protesta.