3. IL DISASTRO AMBIENTALE GIUDIZIARIO
3.3 Il disastro di matrice giurisprudenziale al banco di prova del
3.3.3 La sentenza della Corte di Cassazione: la ghigliottina della
I giudici torinesi di primo e di secondo grado, per pervenire alle sentenze di condanna degli imputati, hanno dovuto forzare le maglie dell’art. 434 c.p. con correzioni interpretative in contrasto con il principio di legalità. Il vero punctum
dolens delle decisioni è costituito dall’individuazione del momento consumativo
del disastro, determinante per la decorrenza del termine di prescrizione, di fronte a fatti di disastro ambientale, caratterizzati da fenomeni di inquinamento che continuano a produrre nuova contaminazione delle matrici ambientali e danni alle persone anche a distanza di anni dalle condotte che hanno innescato la fonte di pericolo.
La ricostruzione del disastro in termini di macro-evento, idoneo a realizzarsi in un arco di tempo anche molto lungo, ha comportato il vantaggio di un significativo prolungamento del momento consumativo del reato: in primo grado, fino a che risultasse perdurante l’esposizione a pericolo della pubblica
381 M. PAOLI, Esposizione ad amianto e disastro ambientale, cit., p. 1823.
incolumità, in forma ancora più estrema in appello, fino a quando non fosse cessato il fenomeno epidemico383. Tali interpretazioni sono state, però, censurate dalla Corte di Cassazione, che, invece, ha individuato la cessazione del reato nel momento della chiusura degli stabilimenti, con il conseguente proscioglimento degli imputati per intervenuta prescrizione già prima dell’inizio del procedimento384.
Raffrontata con le pronunce emesse nei precedenti gradi di giudizio, la sentenza, da un lato si è posta in continuità con le soluzioni dei giudici di merito, dall’altro presenta, invece, profili di discontinuità, nei quali risiedono le ragioni della dichiarazione di prescrizione del reato.
Per quanto concerne il primo aspetto, la Corte di Cassazione ha fornito un ulteriore avvallo alla fattispecie pretoria di disastro ambientale. La Cassazione, infatti, persiste nel suffragare la consolidata tendenza giurisprudenziale ad avvalersi della fattispecie del disastro innominato per perseguire i responsabili dei fatti di contaminazione ambientale con pericolo per la vita e l’incolumità degli individui, riconoscendo, in aggiunta, la riconducibilità del macro-evento offensivo derivante dall’esposizione ad amianto alla fattispecie di disastro ambientale385. Tenuto conto della “possibilità di considerare azione ‘violenta’ anche la semplice emissione di sostanze che dia luogo ad un pericolo per la pubblica incolumità” e in considerazione della “compromissione imponente delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettività, che consentono di affermare la lesione della pubblica incolumità”, i giudici hanno ritenuto che anche la dispersione continuativa di fibre di amianto sia suscettibile di essere sussunta nell’art. 434 c.p.386. La Suprema Corte perviene a tale conclusione
negando che l’immediatezza della manifestazione esteriore, la percepibilità, la
383 S. CORBETTA, Il disastro innominato, cit., p. 287.
384 Cass. pen., sez. I, 19 novembre 2014 (dep. 23 febbraio 2015), n. 7941, Pres. Cortese, Est. di
Tommass, imp. Schmidheiny, con nota di S. ZIRULIA, Il disastro è prescritto. Le motivazioni
della Cassazione, www.penalecontemporaneo.it.
385 M. VENTUROLI, Il caso eternit: l l’inadeguatezza del disastro innominato a reprimere i “disastri ambientali”, cit., p. 1222.
forza distruttiva e l’istantaneità costituiscano requisiti essenziali della figura unitaria di disastro387.
Il profilo di discontinuità della sentenza, invece, si apprezza in ordine all’individuazione del momento consumativo del disastro, identificato nel momento in cui ebbero fine le immissioni delle polveri e dei residui della lavorazione dell’amianto, ossia non oltre il mese di giugno del 1986, in cui venne dichiarato il fallimento della società del gruppo. Tale conclusione si basa sull’accoglimento da parte dei giudici di legittimità della distinzione tra perfezione e consumazione del reato sostenuta da parte della dottrina388. La
perfezione del reato, secondo i giudici, si compierebbe al tempo della verificazione di tutti gli elementi essenziali dell’illecito penale, e, nel caso di specie, con il venir in essere del disastro; la consumazione, invece, si verifica quando il reato già perfezionatosi raggiunge la massima gravità in concreto. Nel caso di specie, la consumazione avrebbe avuto luogo nel momento in cui le polveri di amianto raggiunsero la massima concentrazione nell’ambiente circostante i siti in questione, ossia il giorno della chiusura degli stabilimenti Eternit. La prescrizione maturata fin prima della sentenza di primo grado ha determinato non solo il proscioglimento dell’imputato, per estinzione del reato, ma ha anche travolto il diritto al risarcimento dei danni già riconosciuto alle persone offese nei precedenti giudizi di merito389.
Il supremo collegio, dunque, se da un lato ha confermato l’applicabilità a fatti di contaminazione ambientale del reato di disastro innominato; dall’altro, ha messo a nudo l’effettiva inidoneità della struttura istantanea del reato di disastro innominato a sanzionare fatti i cui effetti dannosi si manifestino a distanza di decenni dalla cessazione della condotta del reato 390 . Inevitabilmente, i processi aventi ad oggetto disastri incardinati su questa
387 A. GARGANI, op. ult. cit., p. 9.
388 F. MANTOVANI, Diritto penale, Parte generale, Padova, 2007, p. 416 ss.; A.PAGLIARO, Il reato, in G. GROSSO, T. PADOVANI, A. PAGLIARO, Trattato di diritto penale, Milano, 2008.
389 M. VENTUROLI, Il caso Eternit, cit., pp. 1222-1225; S. ZIRULIA, Eternit, il disastro è prescritto. Le motivazioni della Cassazione, in Dir. trim. pen. cont., 2015, p. 34 ss..
390 G. L. GATTA, Il diritto e la giustizia penale di fronte al dramma dell’amianto: riflettendo sull’epilogo del caso Eternit, cit., p. 77 ss..
fattispecie incriminatrice sarebbero destinati a “cadere” sotto la scure della prescrizione.
La pronuncia assolutoria della Cassazione ha generato nella collettività una sensazione di sdegno e di ingiustizia profonda: la dichiarazione di estinzione del reato è apparsa come uno “sfregio” nei confronti delle migliaia di persone offese e dei loro congiunti, che hanno visto vanificate sia l’aspettativa giustizia, sia la rispettiva pretesa risarcitoria nei confronti dei responsabili del disastro.
Dietro il clamore mediatico della vicenda vi è, però, un più complesso problema giuridico, che non si esaurisce nella sola questione del dies a quo della prescrizione. Si tratta del contrasto tra l’interpretazione costituzionalmente conforme del delitto di disastro innominato fornita dalla Corte Costituzionale e il diritto vivente, che ha fatto ricorso a quella figura criminosa per sanzionare la causazione di eventi, quali i fenomeni di grave inquinamento e da ultimo, nel caso in questione, di dispersione prolungata nell’ambiente di fibre di amianto, che risultano disomogenei rispetto ai disastri nominati391.
4. L’irriducibilità delle condotte di inquinamento al disastro innominato.
4.1 La nozione unitaria di disastro come delitto di pericolo comune