3. IL DISASTRO AMBIENTALE GIUDIZIARIO
4.1 La nozione unitaria di disastro come delitto di pericolo comune
L’epilogo del caso Eternit ha costituito l’ultima, in ordine di tempo, e forse più drammatica dimostrazione, dell’inadeguatezza nel caso del disastro ecologico delle risposte approntate dal diritto penale di fronte alle istanze di protezione della collettività e della forzatura esegetica posta in essere dalla giurisprudenza. La “ghigliottina” della prescrizione caduta sul processo Eternit ha “smascherato” la finzione cui aveva dato luogo la prassi creativa: “il vero
volto dell’art. 434 c.p. è il vuoto normativo che l’‘horror vacui’ giurisprudenziale aveva rimosso392.
Dopo aver ricostruito le tappe fondamentali del percorso interpretativo intrapreso dai giudici in tema di disastro ambientale, è necessario esaminare le ragioni per le quali le fattispecie di disastro ambientale e, ancor più, di disastro sanitario, non siano sussumibili sotto l’art. 434 c.p..
Se è vero che nel Codice Rocco è stata inserita con la fattispecie di disastro innominato una clausola generale pressoché in bianco, in grado di assicurare un “baluardo contro i rischi ingenerati dallo sviluppo tecnologico e produttivo, anche a costo di derogare al criterio della sufficiente determinatezza”, la dottrina maggioritaria aveva da lungo tempo evidenziato come tale figura non potesse essere impiegata per colpire le ipotesi più gravi di inquinamento ambientale senza incorrere in inaccettabili forzature esegetiche393. “Se nel linguaggio comune si può descrivere il fenomeno
(dell’inquinamento) nei termini di un disastro, nel linguaggio penalistico l’operazione si presenta come piuttosto problematica”394.
L’errore in cui sono incorsi i giudici, animati dall’intento di fornire una risposta all’esigenza di difesa sociale ricorrendo all’art. 434 c.p., è stato quello di non intendere la locuzione “altro disastro” come “analogo disastro”, nel senso di accadimento non sussumibile nelle altre disposizioni del Capo I del Titolo VI - come si ricava dalla clausola di riserva posta in apertura della norma (“fuori dai casi preveduti dagli articoli precedenti”) - che però presenti un’identità tipologica, morfologica e contenutistica rispetto agli eventi in esse tipizzati395.
392 F. FORZATI, op. ult. cit., p. 13.
393 S. CORBETTA, I delitti, cit., p. 633 ss.; G. DE SANTIS, Il diritto penale dell’ambiente, cit., p.
166 ss.; A.GARGANI, Reati, cit., p. 453 ss.; F. GIUNTA, I contorni del disastro innominato, cit., p. 3451 ss.; G.M.FLICK, Parere pro-veritate sulla riconducibilità del c.d. disastro ambientale
all’art. 434 c.p., cit., p. 12 ss.; R. MARTINI, Il disastro ambientale, cit., p. 341 ss.; M.PAOLI,
Esposizione ad amianto e disastro ambientale, cit., p. 1802 ss.; C. PIERGALLINI, Danno da
prodotto e responsabilità penale, Milano, 2004, p. 280 ss.; A.L.VERGINE, Il c.d. disastro
ambientale: l’involuzione interpretativa dell’art. 434 c.p., cit., p. 535 ss.. 394 D.BRUNELLI, Il disastro populistico, cit., p. 263.
Non vi sarebbe alcun dubbio, per i teorici del diritto, circa il fatto che il legislatore abbia concepito e previsto il disastro “senza nome” per relationem rispetto a quelli tipizzati, i quali fungono da imprescindibile termine di riferimento nell’interpretazione della norma396. Dunque, per individuare i
contorni di questa figura neutra e residuale, è necessario ricostruire i profili strutturali e teleologici che sono comuni a tutte le figure di disastro contemplate nel Capo I, Titolo VI, Libro II del codice penale397.
Anzitutto, è opportuno osservare come la nozione di disastro sia stata impiegata nel Capo I del Titolo VI, Libro II del codice penale, in sede di tipizzazione dell’evento di “pericolo comune mediante violenza”. Nell’ambito delle fattispecie ivi previste, “l’offesa all’incolumità pubblica (e alla salute collettiva) assume rilevanza penale in quanto conforme ai requisiti strutturali, modali e tipologici del pericolo comune”, che costituisce “il criterio generale di individuazione e caratterizzazione dell’offesa” e funge da “trasformatore della qualità dell’offesa dalla dimensione di tutela dei beni individuali alla prospettiva della salvaguardia di interessi di rango sociale” 398.
I fatti di pericolo comune si caratterizzano per la diffusività del danno e l’indeterminatezza delle vittime potenziali399: due requisiti strutturali di
difficile determinazione e definizione, di cui il legislatore si serve per “‘calibrare’ la tutela dell’interesse sociale su un piano qualitativamente distinto e ulteriore rispetto a quello della difesa dell’incolumità individuale”400.
Sulla base dei requisiti fondanti il pericolo comune quale modo di aggressione all’interesse diffuso dell’incolumità pubblica, il legislatore individua e tipizza determinate specie di evento, che incardinano in sé la
396 Ivi, p. 455.
397 S. RIONDATO, Nota introduttiva ai delitti contro l’incolumità pubblica, in A. CRESPI, F.
STELLA, G. ZUCCALÀ, Commentario breve al codice penale, Padova, 2003, p. 1242.
398 A.GARGANI, Incolumità pubblica (delitti contro la), cit., p. 577.
399 Nei lavori preparatori si evidenzia come i requisiti comuni alle figure criminose previste nel
Titolo VI, sono individuati nella “potenza espansiva del nocumento” e nella “diffusibilità del danno ad un numero indeterminato di persone” con la precisazione secondo cui “solo i fatti che possono esporre a pericolo un numero indeterminato di persone, sono presi in considerazione da questo titolo”. In Relazione ministeriale sul progetto definitivo del codice penale, II, Roma, 1929, p. 219.
suddetta offesa diffusiva e indeterminata, mediante il riferimento alla nozione di disastro, quale elemento di raccordo, “che attraversa e accomuna trasversalmente pressoché tutte le figure criminose, assurgendo a baricentro della tipicità”. Il concetto astratto di disastro ha natura normativa e deve essere precisato nel suo significato giuridico, dal momento che questo diverge da quello comunemente attribuito in termini di complesso unitario di danni a persone e a cose.
Dal punto divista strutturale, il disastro si configura come un elemento normativo “a doppio parametro”, ossia risulta fondato su un referente materiale, costituito da un evento di danno consistente nella modificazione materiale di cose, e su una proiezione teleologica, rappresentata dal pericolo per i beni primari di una pluralità indeterminata di persone401. In altre parole, per integrare il disastro è necessario anzitutto un evento distruttivo che assuma proporzioni non comuni a cui si accompagnino danni e gravi ed estesi. Secondariamente, il disastro rileva come evento di comune pericolo se e nella misura in cui provochi il concreto pericolo per la vita e/o l’incolumità fisica di un numero indeterminato di persone, senza che sia richiesto anche l’effettivo verificarsi della morte e/o delle lesioni di una o più persone402. Ne consegue che il reato di disastro si presenta al contempo come reato di risultato, rispetto all’evento naturalistico prodotto (la modificazione di cose) e come reato di pericolo, rispetto ai beni materiali che fungono da substrato dell’interesse diffuso: “un danno qualificato dal pericolo”403.
In assenza di una definizione legislativa di disastro, per determinare il contenuto e il profilo morfologico-strutturale di tale nozione, risulta indispensabile condurre un’analisi di carattere sistematico delle fattispecie tipiche previste nel Capo I del Titolo VI. Incendio, inondazione, frana, valanga, disastro aereo navale, disastro ferroviario, disastro conseguente all’attentato a
401 Ivi, p. 171.
402 S. CORBETTA, Delitti contro l’incolumità pubblica, cit., p. 630.
403 A.GARGANI, Esposizione ad amianto e disastro ambientale, cit., p. 10. Per un’analisi più
approfondita della nozione di disastro, si rinvia a A.GARGANI, Reati contro l’incolumità
pubblici trasporti o impianti di energia elettrica e del gas, ovvero delle pubbliche comunicazioni, pur apparendo disastri assai eterogeni tra loro, dotati ciascuno di specifiche caratteristiche, presentano alcuni elementi costanti e qualificanti.
Il disastro è un macro-evento di danno, contraddistinto da un impatto violento e traumatico “di tale rilevanza da potersene dedurre l’attitudine a mettere in pericolo la pubblica incolumità”404. La dottrina e la giurisprudenza
hanno evidenziato come un tale evento debba essere caratterizzato da gravità,
complessità, estensione, diffusività che, essenzialmente, indicano le modalità
con cui si verifica il danneggiamento405. Deve essere considerato grave l’evento che determina un sensibile mutamento della realtà materiale; l’evento assume i caratteri della complessità, invece, quando è il risultato dell’operare di più forze interattive, il cui sviluppo incontrollabile rende problematico il contenimento degli effetti diffusi ed estesi del danno, che va a colpire collettivamente persone o cose406.
Riepilogando, il disastro è un macro-danneggiamento, che interessa un insieme composto e quindi assume il carattere della complessità, che coinvolge un insieme di vaste proporzioni e quindi è esteso, che si esprime in termini distruttivi e quindi è grave, che deve essere suscettibile di espandersi e quindi è diffuso. Last but not least, la diffusività è quel coefficiente che permette di orientare il macro-danneggiamento verso la pubblica incolumità, fungendo da sorta di ponte di collegamento tra l’evento e l’offesa al bene giuridico.
Questa interpretazione di disastro, peraltro, è stata sostanzialmente accolta dal legislatore nella definizione di incidente rilevante di cui all’art. 3 lett. f) d.lgs. 334/1999, inteso come “un evento quale un’emissione, un incendio
o un’esplosione di grandi entità, dovuti a sviluppi incontrollati che si verificano durante l’attività di uno stabilimento (…), che dia luogo ad un pericolo grave immediato o differito per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o
404 Relazione del Guardasigilli, cit., p. 221. 405 A. GARGANI, Reati, cit., p. 122.
all’esterno dello stabilimento e in cui intervengono uno o più sostanze pericolose”.
Per poter essere qualificabile come disastro l’evento deve presentare l’ulteriore requisito dell’istantaneità. Gli eventi di disastro, infatti, presentano “una precisa connotazione spazio-temporale”: sia che si tratti di disastri dal carattere pressoché istantaneo, come il disastro aereo o ferroviario, o che si tratti di disastri con una durata più prolungata, come l’incendio o l’inondazione, “l’evento ha un inizio e una fine determinati”407. La determinabilità delle
coordinate spaziali e temporali del fatto, risulta indispensabile ai fini probatori, in quanto consente “l’individuazione delle cause, la commisurazione degli apporti, nonché la valutazione della dimensione effettuale del disastro”408.
La concentrazione spazio temporale rende il disastro un fenomeno da valutarsi hic et nunc: ciò porta ad escludere la possibilità di far rientrare in tale nozione un accadimento materiale che, pur essendo grave e complesso, sia costituito dallo stratificarsi nel tempo di molteplici micro-eventi di danno. Al contrario, come abbiamo evidenziato nei paragrafi precedenti, in giurisprudenza si è cercato di negare che l’istantaneità possa assumere la funzione di requisito costitutivo del disastro, al fine di consentire la riconduzione sotto tale fattispecie di fenomeni di inquinamento ambientale lungo-latenti, altrimenti privi di un’apposita copertura penale409. In particolare, si è fatto leva sull’esistenza sia di disastri statici, in cui l’evento di danno è inevitabilmente circoscritto nel tempo e nello spazio (disastro ferroviario, disastro navale, disastro aereo, crollo di costruzioni), sia di disastri dinamici, in cui, invece, gli accadimenti sono suscettibili di espandersi e di progredire in maniera incontrollata con il trascorrere del tempo (incendio, inondazione, frana)”410.
In realtà, è stato correttamente obiettato che, nei casi dei disastri dinamici, “il fatto che gli eventi di danno assumano una consistente dimensione
407 S. CORBETTA, Il disastro innominato, cit., p. 287.
408 A. GARGANI, Reati contro l’incolumità pubblica, cit., p. 180. 409 R. MARTINI, Il disastro, cit., p. 349.
temporale, all’interno della quale l’evento si viene a sviluppare fino a raggiungere la sua massima espansione, non impedisce che il reato legato alla loro realizzazione si perfezioni in un ben determinato momento storico”. A titolo esemplificativo, il delitto di frana si perfeziona in un determinato momento storico, quando una porzione considerevole di suolo si distacca dalla propria sede e rappresenta un pericolo immediato per la collettività, non rilevando il tempo impiegato, che può essere più o meno lungo, per cadere e raggiungere la popolazione sottostante411.
Le suddette considerazioni ci permettono di individuare come ultimo requisito comune a tutti i tipi disastrosi l’immediatezza: la gravità e la complessità del danno assieme alla sua pericolosità per la collettività devono poter essere oggetto di un univoco riscontro in un determinato momento storico. In altre parole, non vi è un intervallo temporale tra il verificarsi del disastro e il sorgere del pericolo per l’incolumità pubblica: il manifestarsi dell’evento con la sua forza distruttiva, determina, senza soluzioni di continuità, l’istantaneo pericolo per la pubblica incolumità412.
Concludendo, il disastro è un evento di portata distruttiva, circoscritto nel tempo e nello spazio, con un inizio e una fine determinati e agevolmente individuabili, da cui deriva simultaneamente il pericolo per la vita e l’integrità fisica delle persone che si trovano esposte alla dinamica lesiva.
La definizione appena enunciata è valida per ogni disastro, non solamente per quelli tipizzati, con la conseguenza che la figura innominata di disastro deve essere necessariamente ricostruita secondo i connotati caratteristici delle fattispecie disastrose che la precedono. Ciò sta a significare che per l’integrazione del disastro innominato di cui all’art. 434 c.p. non è sufficiente “la creazione omnimodo di un pericolo comune, ossia la minaccia per la vita o l’integrità fisica di più individui, indeterminatamente considerati”, ma è necessario che i modi del danneggiamento assumano natura disastrosa. Non è possibile trascurare lo specifico profilo modale dell’offesa che distingue
411 R. MARTINI, op. cit., p. 349. 412 Ivi, p. 350.
le fattispecie di disastro, sia esso nominato o meno, dai delitti contro la persona e il patrimonio413.
Dunque, la formulazione aperta dell’art. 434 c.p. permette di ricondurre alla nozione di “altro disastro” qualsiasi evento, non espressamente nominato, innescato da una condotta violenta, di portata distruttiva, con conseguenze dannose gravi, complesse ed estese, avente un’alta potenzialità lesiva, tale da provocare un effettivo pericolo alla vita e/o all’incolumità fisica di un numero indeterminato di persone, senza che all’evento debba necessariamente accompagnarsi anche la morte o le lesioni di una o più persone414.
4.2 Le ragioni dell’inconciliabilità tra disastro e condotte di inquinamento.