Il primo intervento sulle azioni proprie, nella legislazione italiana, risale al codice
di commercio del 1882
403. Negli anni precedenti, si era diffusa la prassi di prevedere nello
statuto sociale il divieto di concedere anticipazioni sulle proprie azioni, come veniva
richiesto per poter ottenere i decreti governativi di autorizzazione che, all’epoca, erano
necessari per la costituzione delle società anonime
404. In seguito, in occasione
dell’elaborazione del codice di commercio, la discussione venne ampliata all’acquisto di
azioni proprie, rispetto al quale si mettevano in evidenza gli stessi rischi per il capitale
sociale
405. Perciò, all’art. 144 del codice di commercio, fu previsto da un lato il divieto
assoluto di accordare anticipazioni sulle proprie azioni e dall’altro il divieto di acquistare
azioni proprie, salvo il ricorso di particolari condizioni. Il tenore letterale dell’art. 144 era
il seguente: «Gli amministratori non possono acquistare le azioni della società per conto
di essa, salvo il caso in cui l’acquisto sia autorizzato dall’assemblea generale, e sempreché
si faccia con somme prelevate dagli utili regolarmente accertati e le azioni siano liberate
per intiero. In nessun caso essi possono accordare sulle azioni stesse alcuna
anticipazione»
406.
403 Come viene evidenziato da P. SANTOSUOSSO, Profili economici dell’acquisto delle azioni proprie e
integrità del capitale, in M. NOTARI (a cura di), Dialoghi tra giuristi e aziendalisti in tema di operazioni straordinarie, Milano, 2008, 333.
404 F. CARBONETTI, L’acquisto di azioni proprie, Milano, 1988, 2.
405 La disciplina prevista per l’acquisto di azioni proprie era rivolta ad impedire la restituzione del
conferimento al socio ed il conseguente deterioramento della garanzia offerta ai creditori della società. Si vedano F. CARBONETTI, op. cit., 2 e S. SCOTTI CAMUZZI, Acquisto delle proprie azioni, utile e utile d’esercizio, in Riv. soc., 1970, 617. In questo senso la Relazione del Ministero di Grazia e Giustizia Mancini
al progetto di codice di commercio, cap. LXXX.
406 Sull’art. 144 del codice di commercio del 1882, si vedano C. VIVANTE, Trattato di diritto commerciale,
II, Le società commerciali, 5a ed., Milano, 1923, 324 ss.; A.DE GREGORIO, L’acquisto delle azioni di una
La stessa disciplina, per quanto riguarda l’acquisto, fu dettata al primo comma
dell’art. 2357 del codice civile del 1942, senza modificazioni di carattere sostanziale
407.
Ai commi successivi fu prevista la sospensione del diritto di voto relativo alle azioni
proprie detenute dalla società (comma secondo) e la possibilità di derogare alle condizioni
di cui al primo comma nel caso in cui l’acquisto fosse eseguito in esecuzione di una
delibera di riduzione del capitale sociale, da attuarsi mediante riscatto e annullamento
delle azioni acquistate (comma terzo)
408. Infine, il divieto di anticipazioni sulle proprie
azioni venne collocato in una disposizione autonoma, all’art. 2358
409.
Una delle novità più importanti del codice civile del 1942 era rappresentata
dall’introduzione di due nuove norme: gli artt. 2359 e 2360, con i quali il legislatore si
occupò, per la prima volta, di disciplinare il nascente fenomeno dei gruppi societari
410.
L’art. 2359, oltre a definire per la prima volta la nozione di controllo, vietava l’acquisto
di azioni emesse dalla società controllante da parte della controllata mediante l’impiego
di somme prelevate dal capitale
411. Invece, l’art. 2360 prevedeva il divieto di
sottoscrizione reciproca di azioni, sia in sede di atto costitutivo che in occasione di un
aumento del capitale sociale. Lo scopo di queste norme era quello di tutelare la corretta
formazione e la conservazione del capitale delle società interessate, prevenendo i danni
che sarebbero potuti derivare dal fenomeno delle partecipazioni sociali incrociate
412. In
particolare, con la sottoscrizione reciproca di azioni, il capitale sociale delle società
in onore di Cesare Vivante, II, Roma, 1931, 375 ss. e A.DE GREGORIO,Delle società e delle associazioni commerciali, art. 76 a 250 Cod. comm., Torino, 1938, 293 ss.
407 Questa disposizione continuava a prevedere un divieto generale di acquistare le proprie azioni, che
poteva essere derogato alle stesse condizioni di cui all’art. 144 del codice di commercio. Rispetto al tenore letterale dell’art. 144, furono apportate alcune marginali modificazioni ispirate da un’esigenza di maggiore precisione concettuale. Così, ad esempio, il divieto non fu più rivolto agli amministratori bensì alla società stessa. F. CARBONETTI, op. cit., 3 ss.
408 La sorte dei diritti inerenti alle azioni proprie rappresentava uno degli aspetti maggiormente discussi
dell’art. 144 del codice di commercio del 1882. Nel senso della sospensione si era pronunciato C. VIVANTE, op. cit., 328.
409 All’art. 2358 fu previsto, inoltre, il divieto per la società di concedere prestiti a terzi per acquistare le
proprie azioni.
410 Su cui si vedano G. FANELLI, Le partecipazioni sociali reciproche, Milano, 1957 e C. PASTERIS, Il
«controllo» nelle società collegate e le partecipazioni sociali reciproche, Milano, 1957.
411 Con il D.P.R. dell’8 aprile 1974, n. 95, la disciplina dell’acquisto di azioni o quote da parte di società
controllate fu trasferita all’art. 2359-bis.
412 La Relazione ministeriale al codice civile del 1942, n. 963, dopo aver messo in luce i vantaggi che
possono derivare dal fenomeno dei raggruppamenti societari, affermava che «il pericolo insito in questi raggruppamenti di imprese non sta dunque nel loro funzionamento, ma può sorgere dalla formazione del capitale con il quale le varie società che vi partecipano si presentano ai terzi». Sullo scopo degli artt. 2359 e 2360 c.c., nella loro versione originaria, si veda G. FANELLI, Le partecipazioni sociali reciproche, cit., 25