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Il recepimento della direttiva negli Stati membri

Il termine previsto per l’attuazione della seconda direttiva in materia societaria

77/91/CEE, ai sensi dell’art. 43, era di due anni dalla sua notifica

107

. Tuttavia, il

recepimento fu tardivo in quasi tutti gli ordinamenti nazionali, fatta eccezione per quello

tedesco

108

. In Germania, la direttiva fu recepita con la Gesetz zur Durchführung der

Zweiten Richtlinie del 13 dicembre 1978

109

. La riforma non ebbe un impatto

particolarmente innovativo sulla normativa in vigore, in virtù della notevole influenza

esercitata dal diritto tedesco nell’elaborazione della direttiva

110

. Ciononostante,

105 Si vedano COMUNITÀ EUROPEE, IL CONSIGLIO, Allegato alla Nota concernente la Proposta di seconda

direttiva del Consiglio, Bruxelles, 14 maggio 1973, 924/73 (E.S. 50), 8b e PARLAMENTO EUROPEO, Documenti di seduta, 1971-1972, Relazione presentata a nome della commissione giuridica sulla proposta della Commissione delle Comunità europee al Consiglio concernente una seconda direttiva, 18 ottobre

1971, documento 144/71, 28.

106 Si vedano COMUNITÀ EUROPEE, IL CONSIGLIO, Nota concernente la Proposta di seconda direttiva del

Consiglio – seconda lettura: articoli da 12 a 18, Bruxelles, 29 luglio 1974, 1481/74 (ES 127), 10;

COMUNITÀ EUROPEE, IL CONSIGLIO, Allegato alla Nota concernente la Proposta di seconda direttiva del Consiglio – Seconda lettura, Bruxelles, 24 febbraio 1975, 145/75 (E.S. 12), 13; COMUNITÀ EUROPEE, IL

CONSIGLIO, Nota concernente la Proposta di seconda direttiva del Consiglio – articoli 1-19, Bruxelles, 19

marzo 1976, 249/76 (E.S. 19), 19 e COMUNITÀ EUROPEE, IL CONSIGLIO, Allegato II al Documento di lavoro concernente la Proposta di seconda direttiva al Consiglio, Bruxelles, 11 maggio 1976, T/371/76 (ES), 2.

107 Per l’Italia, il termine di attuazione era il 16 dicembre 1978.

108 Per un elenco completo di tutte le leggi di recepimento della seconda direttiva emanate negli Stati

membri, si veda G. HOHLOCH, Supranationales Recht, in G. HOHLOCH, A. ALBRECHT (Hrsg.), EU- Handbuch Gesellschaftsrecht, Berlin, 1997, 17. In Italia la seconda direttiva fu attuata con il d.p.r. 10

febbraio 1986 n. 30, su cui si tornerà nel capitolo successivo.

109 Gesetz zur Durchführung der Zweiten Richtlinie des Rates der Europäischen Gemeinschaften zur

Koordinierung des Gesellschaftsrechts vom 13.12.1978, BGBI I, Nr. 68 19. 12. 1978, 1959 ss. Il testo

integrale di questa legge si può trovare in L. BUTTARO,A.PATRONI GRIFFI (a cura di), op. cit., 684 ss. Per

un commento si veda J.GANSKE,op. cit.,2461ss.

110 Queste considerazioni valgono soprattutto se si confronta l’impatto innovativo che il recepimento della

seconda direttiva ebbe in Germania rispetto a quello di paesi come il Regno Unito e l’Irlanda. Così J. GANSKE,op. cit.,2461e M. LUTTER,W.BAYER,J.SCHMIDT,op. cit., 510. Contrario, M. HABERSACK,D.A.

l’Aktiengesetz all’epoca vigente subì numerose modifiche ed integrazioni, soprattutto in

materia di conferimenti in natura e di operazioni sulle proprie azioni

111

.

In Francia, il recepimento della direttiva si ebbe con la Loi No. 81-1162 del 30

dicembre 1981

112

. Anche in questo caso, il diritto societario non subì modificazioni

significative, visto che, sotto molti aspetti, la legislazione nazionale era già conforme alla

direttiva

113

. La legge 81-1162, sposando lo spirito della seconda direttiva, pose l’accento

sul capitale sociale quale strumento di garanzia per i creditori, elevandone il minimo

legale ed assicurandone l’effettività e la permanenza nel corso della vita della società

114

.

Sulla base degli stessi presupposti, fu riformata la materia delle operazioni sulle proprie

azioni, estendendo il divieto previsto per l’acquisto anche alla sottoscrizione,

all’accettazione in pegno e alla concessione di prestiti e garanzie per l’acquisto o la

sottoscrizione di azioni proprie, fatte salve le eccezioni consentite dalla direttiva

115

.

Le maggiori difficoltà nel recepimento furono riscontrate nel Regno Unito, visto

che, per adeguarsi alla direttiva, si dovettero apportare numerose e significative modifiche

al diritto vigente, anche di carattere sostanziale

116

. Nel processo di attuazione mancò,

inoltre, il supporto della dottrina, visto che molti autori si pronunciarono in maniera

111 Sulle modificazioni dell’Aktingesetz si vedano J.GANSKE,op. cit.,2461ss.; M. HABERSACK,D.A.

VERSE, op. cit., 142 e, per quanto riguarda le azioni proprie, A. KITANOFF, Der Erwerb eigener Aktien, Aktienrückkäufe und Interessen der Gläubiger, Aktionäre und des Kapitalmarkts, Frankfurt am Main, 2009,

73 ss.

112 Loi No. 81-1162 du 30.12.1981, in Journal Officiel No. 306 du 31.12.1981, 359 ss. Pochi mesi prima, a

causa del ritardo nell’attuazione, la Commissione aveva presentato un ricorso davanti alla Corte di Giustizia per violazione delle obbligazioni derivanti dall’art. 189 del Trattato di Roma da parte del governo francese, come riportato in Riv. soc., 1982, 651. Il testo integrale della legge si trova in L. BUTTARO,A.PATRONI

GRIFFI (a cura di), op. cit., 763 ss. Per un commento, si vedano A. LE FÈVRE, La traduction en droit français des sociétés commerciales de la 2e directive du conseil des communaés économiques européennes: la loi

n° 81-1162 du 30 décembre 1981 et le décret n° 82-460 du 2 Juin 1982, in Revue des sociétés, 1982, 441

ss. e P. BALZARINI, L'attuazione in Francia della seconda direttiva C.E.E., in Riv. soc., 1982, 959 ss.

113 Anche il diritto francese, come quello tedesco, aveva esercitato una significativa influenza

nell’elaborazione della direttiva. Proprio per questo motivo, secondo, P. BALZARINI, op. cit., 960, il ritardo

nel recepimento risultava di difficile comprensione. In senso contrario, A. LE FÈVRE,op. cit., 442, mette in

luce che la semplicità dell’attuazione della direttiva era solo apparente, visto che ivi venivano disciplinati alcuni aspetti particolarmente importanti e delicati, sia politicamente che economicamente, come quello delle operazioni sulle proprie azioni.

114 Con ciò, il legislatore francese intendeva aiutare le imprese a risolvere la crisi finanziaria in cui si

trovavano. Al fine di comprendere lo spirito della riforma, basti pensare che l’importo minimo del capitale sociale fu innalzato da 500.000 franchi a 1.500.000 franchi. Si vedano P. BALZARINI, op. cit., 959-960 e A.

LE FÈVRE,op. cit., 443 ss.

115 Si vedano P. BALZARINI, op. cit., 967 ss. e A. LE FÈVRE,op. cit., 454 ss.

116 V. EDWARDS, op. cit., 51-52; P. DAVIES, D.D. PRENTICE, Gower’s Principles of Modern Company Law,

6th ed., London, 1997, 239; M. LUTTER,W.BAYER,J.SCHMIDT,op. cit., 510. Sugli adeguamenti necessari

per conformare il diritto inglese alla direttiva si veda U.K. DEPARTMENT OF TRADE, Implementation of the Second ECC Directive on Company Law, an explanatory and consultative note, cit., 1.

fortemente critica sia sul contenuto sia sulla sua compatibilità della direttiva con i principi

di common law

117

. Infatti, il recepimento della seconda direttiva fu da molti percepito

come un massiccio processo di adozione di principi tipici degli ordinamenti continentali

nel sistema del common law

118

Il processo di recepimento iniziò con il Companies Act

del 1980 e fu portato a termine con il Companies Act 1981

119

. Poco tempo dopo, questi

due atti furono consolidati nel Companies Act del 1985. Le principali novità

riguardavano: il capitale sociale minimo, le distribuzioni ai soci, i conferimenti in natura,

il diritto di opzione, la competenza assembleare per l’emissione di nuove azioni e la

necessità di convocare l’assemblea in caso di perdite significative

120

. In occasione del

recepimento, fu introdotta, inoltre, una chiara e netta distinzione tra public e private

companies, al fine di limitare alle prime l’ambito applicativo della direttiva stessa

121

.

In tutti gli Stati membri, uno dei problemi più importanti riguardava

l’individuazione del margine di discrezionalità concesso ai legislatori nazionali in sede di

recepimento

122

. Non era chiaro, infatti, se la normativa contenuta nella seconda direttiva

intendesse stabilire uno standard minimo oppure massimo

123

. Questo problema, che resta

tutt’oggi dibattuto, è particolarmente rilevante perché dalla sua soluzione dipende la

117 B.J. MILLER, Harmonisation of Company Law: The Second EEC Directive, in, Journal of the Law

Society of Scotland, 1977, 370 ss., descriveva la direttiva come «obscure» (art. 6), «orotund and rather

futle» (art. 7), «luckless» (art. 25). In senso critico anche G. MORSE,op. cit., 126. Queste reazioni vengono

evidenziate anche da V. EDWARDS, op. cit., 51-52 e M. ANDENAS,F.WOOLRIDGE, op. cit., 44. Inoltre, come

evidenziano, P. DAVIES, D.D. PRENTICE, op. cit., 56 e 44 ss., con l’attuazione della direttiva furono

reintrodotte alcune tutele per i creditori che, inizialmente previste anche nell’ordinamento inglese, erano state da tempo abbandonate in favore di una disciplina più minimale.

118 Secondo P. DAVIES, D.D. PRENTICE, op. cit., 239, il processo di recepimento della seconda direttiva fu

«the most fundamental adoption so far by English company law of civil law practices».

119 Il testo di entrambi i Companies Act, per la parte relativa all’attuazione della direttiva, si trova in L.

BUTTARO,A.PATRONI GRIFFI (a cura di), op. cit., 694 ss. Sul Companies Act del 1980, si vedano D.D.

PRENTICE, Companies Act 1980, Londra, 1980 e M.F. DURHAM, The Companies Act, 1980: Its Effects on British Corporate Law, in Northwester Journal of International Law & Business, 1982, 551 ss. Sul Companies Act del 1981, si vedano G.MORSE,A.ARORA,C.RYAN,R.MORRIS, The Companies Act 1981,

London, 1982 eE.A. FAVA, A simple guide to the U.K. Companies Act 1981, in Hypen, 1983, 253 ss.

120 V. EDWARDS, op. cit., 52.

121 Ibid., 52. Su questo aspetto si veda, inoltre, M. SCHMITTHOFF, The Second ECC Directive on Company

Law,cit.,43 ss. Il dibattito relativo all’esclusione delle private companies dall’ambito applicativo della direttiva è stato trattato al paragrafo 2.1.

122 In altre parole, si trattava di capire se i legislatori nazionali, in sede di recepimento, fossero liberi adottare

una normativa più severa rispetto a quella stabilita a livello europeo. Questo problema è tutt’ora discusso e privo di una soluzione univoca. Il dibattito viene riportato, con richiami alla dottrina favorevole e contraria, da S. GRUNDMANN, op. cit., 158 ss. e M. HABERSACK,D.A.VERSE, op. cit., 141 ss. Questo aspetto fu

oggetto di dibattito fin dalla prima proposta di direttiva, si veda E. STEIN, op. cit.,329.

123 In altre parole, si trattava di capire se i legislatori nazionali, in sede di recepimento, fossero liberi adottare

compatibilità della legislazione nazionale con la direttiva europea

124

. Nonostante esistano

indici normativi sia in un senso che nell’altro, l’opinione più accreditata è quella per cui,

essendo la direttiva orientata alla tutela degli interessi dei creditori e dei soci, gli Stati

membri possono adottare una normativa più severa e stringente, purché orientata a questo

scopo

125

. È stato evidenziato, però, che queste esigenze di tutela devono essere bilanciate

con il contrapposto interesse della società ad operare liberamente sul mercato europeo,

senza essere ostacolata da restrizioni e vincoli che non siano pienamente giustificati o

necessari

126

. Per questo motivo, secondo un’altra tesi, le disposizioni nazionali possono

imporre un regime più rigoroso rispetto a quello previsto dalla direttiva soltanto se

espressamente consentito

127

.

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