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La riforma del diritto societario del 2003

4. Le successive modificazioni alla disciplina prevista per le azioni proprie

4.2. La riforma del diritto societario del 2003

La riforma del diritto societario del 2003 non rivoluzionò la disciplina prevista per

le operazioni sulle azioni proprie. Ciononostante, furono introdotte due importanti novità:

la prima riguardava il trading sulle proprie azioni, mentre la seconda aveva ad oggetto

l’attribuzione, in favore della società, del diritto di opzione sulle azioni proprie in

portafoglio. Per quanto riguarda il primo punto, fu esplicitamente riconosciuta la

legittimità del c.d. trading di azioni proprie, che consiste in operazioni successive di

acquisto ed alienazione, già ammessa dagli interpreti nel silenzio della normativa

precedente

472

. Al primo comma dell’art. 2357-ter fu disposto che l’assemblea che

autorizza la disposizione delle azioni proprie può prevedere operazioni successive di

acquisto ed alienazione, purché siano rispettati i limiti previsti dai primi due commi

470 Sulle differenze esistenti tra la sottoscrizione reciproca e la sottoscrizione di azioni della controllante da

parte della controllata, solo parzialmente sovrapponibili, si tornerà nel capitolo seguente.

471 Il secondo comma prevedeva la responsabilità degli amministratori per la liberazione delle azioni

sottoscritte in violazione del divieto e il terzo comma disciplinava la sottoscrizione per interposta persona. L’unica differenza esistente tra gli artt. 2357-quater e 2359-quinquies, riguardava il fatto che, nel secondo caso, la responsabilità era attribuita soltanto agli amministratori e non anche ai fondatori e promotori. Questa operazione, infatti, non può essere realizzata in sede di atto costitutivo, ma soltanto nel corso della vita della società.

472 In favore del c.d. trading di azioni proprie si erano espressi F. GRANDE STEVENS, Questioni in tema di

azioni proprie, in Riv. soc., 1982, 529 ss.; A. DALMARTELLO, Ammissibilità del c.d. «trading» di azioni proprie, in Riv. soc., 1983, 649 ss.; G. PARTESOTTI, op. cit., 431 ss.; F. CARBONETTI, op. cit., 129 ss. F. D’ALESSANDRO, Sulla legittimità del c.d. «trading» di azioni proprie (Parere pro veritate), in Giust. civ.,

1988, I, 2998 ss. Contrari G. FERRI, Le società, 2a ed., in F. VASSALLI (fondato da), Trattato di diritto civile italiano, Torino, 1985, 434. Ricostruisce l’evoluzione della disciplina S.A. CERRATO, Le azioni proprie tra diritto interno riformato e prospettive comunitarie, in Riv. soc., 2004, 387 ss.

dell’art. 2357. Sull’evoluzione della disciplina del diritto di opzione relativo alle azioni

proprie in portafoglio si tornerà nei paragrafi successivi.

4.3. Il recepimento della direttiva 2006/67/CE avvenuto con il D.Lgs. 4 agosto 2008, n.

142

Il secondo emendamento alla direttiva (direttiva 2006/68/CE) fu recepito in Italia

con il D.Lgs. 4 agosto 2008, n. 142

473

. La riforma intervenne, per quanto riguarda

l’acquisto di azioni proprie, su due aspetti principali: il limite quantitativo previsto per il

possesso azionario da parte della società ed il limite temporale di durata

dell’autorizzazione assembleare

474

. Per quanto riguarda il primo profilo, il legislatore

abolì del tutto, per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, il

limite, precedentemente previsto all’art. 2357, c. 3, nella misura del decimo del capitale

sociale

475

. Tale limite restò immodificato, invece, oltre che per le società che fanno

ricorso al mercato del capitale di rischio, anche per l’acquisto di azioni della società

controllante da parte della controllata, ai sensi dell’art. 2359-bis. Il mancato

coordinamento tra le due norme fu criticato, visto che introduceva una disparità di

trattamento incompatibile con l’equiparazione richiesta dalla seconda direttiva tra le

operazioni sulle proprie azioni e quelle effettuate dalla società controllata sulle azioni

473 Per i commenti al decreto, emanato sulla base della delega contenuta negli artt. 1 e 23 della L. 25 febbraio

2008, n. 34, si vedano M.S. SPOLIDORO, Attuazione della direttiva 2006/68/CE su conferimenti non in contanti, acquisto di azioni proprie e assistenza finanziaria, in Notariato, 2009, 64 ss.; G. MARASÀ, Considerazioni introduttive sul d.lgs. N. 142/2008 di attuazione delle modifiche della seconda direttiva comunitaria in materia di s.p.a. in Nuova Giur. civ. comm., 2009, II, 569 ss.; N. ABRIANI, Il capitale sociale dopo la «nuova» Seconda Direttiva e il d.lg. 4 agosto 2008, n. 142: sulla c.d. «semplificazione» della disciplina dei conferimenti in natura, dell’acquisto di azioni proprie e del divieto di assistenza finanziaria,

in Riv. dir. impr., 2009, 227 ss.

474 La riforma intervenne, inoltre, sulla disciplina dell’assistenza finanziaria per l’acquisto di azioni proprie,

che non è compresa nella presente indagine.

475 L’eliminazione del limite quantitativo consentiva alla società, purché vi fossero utili distribuibili e

riserve disponibili, di acquistare un numero potenzialmente illimitato di azioni proprie. L’unico limite, più teorico che reale, era costituito dall’ipotesi della società unico socio di sé stessa. Secondo M.S. SPOLIDORO, op. cit., 74, questa situazione, nel caso in cui si fosse verificata, non potrebbe potuto che essere transitoria,

essendo destinata a cessare nel momento in cui si deve approvare il bilancio e nominare gli organi sociali. In quel momento, infatti, la società avrebbe dovuto essere sciolta per impossibilità di funzionamento dell’assemblea. In argomento si veda anche R. MAGGI, I Limiti impliciti all’acquisto di azioni proprie, in Società, 2013, 806 ss.

della controllante

476

. La riforma ampliò, inoltre, la validità temporale di durata

dell’autorizzazione assembleare richiesta per l’acquisto, portandola da un massimo di

diciotto mesi a cinque anni

477

.

4.3. Le modifiche successive

Il legislatore italiano intervenne nuovamente sulla disciplina delle azioni proprie

con il D.L. 10 febbraio 2009, n. 5 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009,

n. 33. In questa sede fu nuovamente modificato l’art. 2357, c. 3, c.c., portando il limite

quantitativo previsto per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio

dalla decima alla quinta parte del capitale sociale

478

.

Infine, la disciplina venne ulteriormente riformata con il D.Lgs. 29 novembre

2010, n. 224, con il quale il legislatore, accogliendo le critiche espresse dalla dottrina,

ritenne opportuno rivedere alcune disposizioni in materia di azioni proprie

479

.

Tralasciando la disciplina del diritto di opzione sulle azioni proprie in portafoglio, sulla

quale si tornerà nel paragrafo successivo, gli interventi riguardarono i quorum in presenza

di azioni proprie e l’acquisto di azioni o quote della società controllante. Per quanto

riguarda il primo profilo, fu modificato l’art. 2357-ter, c. 3, distinguendo tra società c.d.

chiuse e società c.d. aperte. Per le società che non fanno ricorso al capitale di rischio, fu

476 Si vedano M.S. SPOLIDORO, op. cit., 74 e N. ABRIANI, op. cit., 247. I due autori concordavano sul fatto

che non fosse possibile immaginare un’abrogazione tacita della norma, nonostante le perplessità che derivavano da questa differenza di disciplina.

477 Si veda G. MARASÀ, op. cit., 573, secondo il quale il legislatore italiano mantenne una posizione più

severa e rigorosa rispetto a quanto veniva concesso dalla seconda direttiva, come modificata. La direttiva non prevedeva, infatti, alcuna differenziazione tra società che fanno ricorso e società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.

478 Si veda A. DENTAMARO, Le azioni, in G. COTTINO,G.BONFANTE,O.CAGNASSO,P.MONTALENTI

(diretto da), Il nuovo diritto societario nella dottrina e nella giurisprudenza: 2003-2009, Commentario, Bologna, 2009, 213, secondo la quale si trattava di un intervento che, insieme ad altri provvedimenti simili, fu realizzato dal legislatore al fine di fornire alle società per azioni italiane uno strumento per difendersi dalle manovre speculative, in un momento di difficile congiuntura economico finanziaria.

479 Il provvedimento era intitolato «Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 4 agosto

2008, n.142, recante attuazione della direttiva 2006/68/CE che modifica la direttiva 77/91/CEE relativamente alla costituzione delle società per azioni, nonché alla salvaguardia e alla modificazione del loro capitale sociale». Nella relazione di accompagnamento si leggeva che «la prima attuazione della novella del 2008 e le prime riflessioni della dottrina hanno evidenziato l’opportunità di una limitata revisione di talune disposizioni, di carattere eminentemente tecnico, anche al fine di un migliore coordinamento con le modifiche alla disciplina dell’acquisto delle azioni proprie introdotte dal decreto legge 10 febbraio 2009, n.5, convertito in legge 9 aprile 2009, n. 33». Per un’analisi del decreto si veda M. ZAPPALÀ, La nuova disciplina dell'acquisto di azioni proprie per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, in Società, 2011, 1303 ss.

prevista la regola generale per cui le azioni proprie sono computate ai fini del calcolo

delle maggioranze e delle quote richieste per la costituzione o per le deliberazioni

dell’assemblea. Invece, per le società che fanno ricorso al capitale di rischio fu effettuato

un rinvio all’art. 2368, c. 3, ove era disciplinato il computo nei quorum delle azioni per

le quali non può essere esercitato il diritto di voto

480

. Per quanto riguarda il secondo

profilo, fu posto rimedio all’incongruenza risultante in seguito al D.Lgs. 4 agosto 2008,

n. 142. La disciplina del limite quantitativo previsto dall’art. 2357 per il possesso

azionario da parte della società fu riprodotta all’art. 2359-bis. In questo modo, il

legislatore pose rimedio al paradosso per cui la società poteva acquistare direttamente

azioni proprie senza limiti quantitativi, mentre tali limiti continuavano ad essere previsti

per gli acquisti effettuati da parte di società controllate.

5. Il diritto di opzione sulle azioni proprie

5.1. La disciplina del diritto di opzione in vigenza del codice di commercio del 1882 e del

codice civile del 1942

La disciplina del diritto di opzione relativo alle azioni proprie detenute dalla

società subì un’evoluzione particolare, sulla quale pare opportuno soffermarsi. Prima del

d.P.R. 10 febbraio 1986, n. 30, il codice civile non conteneva alcuna previsione esplicita

su questo aspetto e la dottrina aveva espresso opinioni discordanti

481

. Secondo l’opinione

prevalente, già sostenuta in vigenza dell’art. 144 del codice di commercio, tutti i diritti

derivanti dalla proprietà delle azioni dovevano rimanere sospesi finché tali azioni si

trovavano in possesso della società

482

. In quel tempo, tuttavia, l’attenzione degli interpreti

480 Secondo M. ZAPPALÀ, op. cit., 1303 ss., si trattava di un rinvio coerente. Tutte le norme che stabiliscono

i quorum deliberativi delle società che fanno ricorso al mercato di capitale di rischio si riferiscono, infatti, unicamente al capitale rappresentato in assemblea. Pertanto, le azioni proprie, per le quali il diritto di voto è sospeso, risultano irrilevanti per l’adozione delle delibere. Per approfondire si veda V. SALAFIA, Le azioni

proprie nel calcolo delle maggioranze assembleari, in Società, 2017, 277 ss.

481 Questo dibattito era strettamente collegato a quello relativo alla vigenza del divieto di sottoscrizione di

azioni proprie. Infatti, come si è avuto modo di evidenziare, l’analisi condotta dalla dottrina relativamente alla sottoscrizione si riferiva esclusivamente all’aumento di capitale, mentre quasi nessun autore si era soffermato sulla sottoscrizione di azioni proprie in sede di atto costitutivo.

482 A.DE GREGORIO, L’acquisto delle azioni di una società anonima per conto della stessa società e l’art.

144 cod. di comm., cit., 391 ss., C. VIVANTE, op. cit., 328. A quel tempo, non esisteva alcuna norma

era concentrata sul diritto di voto, la cui sospensione venne esplicitamente disposta a

partire dal codice civile del 1942.

La tesi della sospensione dei diritti, ivi compreso il diritto di opzione, continuò ad

essere prevalente nell’interpretazione dell’art. 2357 del codice civile del 1942

483

.

Secondo questo orientamento, i diritti di opzione relativi alle azioni proprie non potevano

essere esercitati dalla società e dovevano essere offerti, pro quota, ai soci titolari delle

azioni ancora in circolazione

484

. La previsione della sospensione del diritto di voto aveva

confermato, infatti, il principio generale per cui i diritti relativi alle azioni proprie

dovevano rimanere sospesi

485

.

Fu sostenuto, però, un altro orientamento, secondo il quale la società non poteva

esercitare direttamente i diritti di opzione ma poteva disporne in favore di terzi, a titolo

oneroso

486

. Il diritto di opzione sulle proprie azioni spettava alla società ai sensi dell’art.

2441, ma essa non poteva esercitarlo in maniera diretta in virtù della sua posizione

peculiare. La cessione in favore di terzi consentiva di superare questo difetto di

legittimazione e di reperire nuove risorse, coerentemente con lo scopo dell’aumento

oneroso, consentendo alla società di mantenere inalterato il valore proporzionale del

pacchetto azionario detenuto in portafoglio

487

. Questa soluzione, tuttavia, avrebbe potuto

prestarsi ad abusi da parte degli amministratori, consentendo loro di avvantaggiare o

svantaggiare determinati soggetti nell’allocazione dei diritti di opzione

488

.

5.2. La soluzione espressa adottata nell’art. 2357-ter

483 Nel senso della sospensione del diritto di opzione A. BRUNETTI, Trattato di diritto delle società, II,

Milano, 1948, 135 ss.; P. BOERO, op. cit., 1096ss.;G. ADDESSI, op. cit., 139. Nel senso della sospensione

dei diritti relativi alle azioni proprie, senza riferirsi espressamente al diritto di opzione G. FRÈ, op. cit., 266

ss.; G. ROSSI, Utile di bilancio, riserve e dividendo, Milano, 1957, 103 ss. e G. DE FERRA, La circolazione delle partecipazioni azionarie, Milano, 1964, 188 in nota. Secondo un’altra tesi, rimasta isolata, il diritto

di opzione poteva essere esercitato dalla società.

484 Così P. BOERO, op. cit., 1100 e A. BRUNETTI, op. cit., 137. Si pronunciarono contro l’attribuzione dei

diritti di opzione alla società, senza però prendere posizione sulle sorti di tali diritti G. ADDESSI, op. cit.,

462 e T. SEGRÈ, op. cit., 139.

485 Oltre a questo argomento valevano, naturalmente, tutti quelli a favore della vigenza implicita del divieto

di sottoscrivere azioni proprie.

486 Così P. BOERO, op. cit., 1098,secondo il quale, inoltre, la cessione del diritto di opzione costituisce una

forma di esercizio del diritto.

487 R. ALESSI, op. cit., 486. 488 R. ALESSI, op. cit., 486.

L’art. 2357-ter c.c., introdotto in occasione del recepimento della direttiva, risolse

definitivamente il problema, prevedendo l’attribuzione proporzionale dei diritti di

opzione alle altre azioni in circolazione

489

. Questa soluzione non era l’unica astrattamente

consentita, visto che la seconda direttiva non prevedeva alcuna soluzione esplicita

relativamente alla sorte del diritto di opzione, ma soltanto la sospensione del diritto di

voto

490

. Dalla sospensione del diritto di voto non discende automaticamente l’esclusione

del diritto di opzione

491

e l’unico impedimento derivante dal divieto di sottoscrizione

riguarda l’esercizio diretto del diritto di opzione, ma non la cessione di tale diritto in

favore di terzi

492

. Perciò, le alternative disponibili per i legislatori nazionali erano,

astrattamente, le seguenti: non tenere conto delle azioni proprie nel calcolo dei diritti di

opzione, prevedere la vendita di tali diritti prima della scadenza del termine previsto per

l’aumento e, infine, ripartirli tra gli altri azionisti, pro quota

493

. L’art. 2357-ter, come

detto, recepì la terza soluzione precisando, opportunamente, la sorte di tutti i diritti sociali

connessi alle azioni proprie

494

.

5.1. La riforma del diritto societario e l’attribuzione del diritto di opzione in favore della

società che detiene azioni proprie

489 In base a questa disciplina, con l’acquisto di azioni proprie, il rapporto di partecipazione entrava in uno

stato di quiescenza, che si protraeva fino alla loro rimessa in circolazione, oppure si estingueva come effetto del loro annullamento.

490 Così all’art. 22, attualmente art. 63 della direttiva (UE) 2017/1132. Dall’analisi dei lavori preparatori

alla direttiva emerge che, in realtà, il legislatore europeo aveva aderito alla tesi per cui alle azioni proprie non deve essere connesso alcun diritto. Si veda COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Proposta di seconda direttiva del Consiglio, Relazione, COM(70) 232 def., 5 marzo 1970, 31-32, ove si legge che: «Se

l’acquisto è fatto a titolo oneroso, l’operazione si traduce di fatto in un rimborso dei conferimenti. Le azioni proprie non rappresentano di conseguenza nel patrimonio della società alcun valore intrinseco. (…) Pertanto, nessun diritto dovrebbe essere connesso alle azioni proprie mantenute nel patrimonio sociale». Queste considerazioni si tradussero nella previsione della sospensione del diritto di voto mentre, per quanto riguarda il diritto di opzione, non fu adottata alcuna soluzione esplicita.

491 Così A. ANTONUCCI, I diritti inerenti alle azioni proprie, in L.BUTTARO,A.PATRONI GRIFFI (a cura di),

La seconda direttiva CEE in materia societaria, cit., 411 ss., la quale ribadì la propria posizione in IBID., La disciplina della detenzione di azioni proprie, in L. BUTTARO,A.PATRONI GRIFFI (a cura di), Problemi in tema di formazione del capitale e operazioni sulle azioni proprie, Napoli, 1993, 150, nota28e G. PARTESOTTI, op. cit., 441 ss.

492 A. ANTONUCCI, Sui diritti inerenti alle azioni proprie, cit., 418 ss.

493 G. PARTESOTTI, op. cit., 441 ss. in nota e S.A. CERRATO, op. cit., 422 ss. Ciò spiega la varietà di soluzioni

adottate negli Stati membri, per cui si rimanda al capitolo precedente. F. CARBONETTI, op. cit., 130 ss.

dimostra che l’attribuzione proporzionale di diritti di opzione agli altri azionisti non discende logicamente dalla sospensione di tali diritti.

494 Come evidenziato nella relazione che precedeva la proposta della Commissione d’Alessandro in Schema

di legge delegata per l’attuazione della seconda direttiva CEE, cit., 988-989, l’adozione di formulazioni

La riforma del diritto societario del 2003 introdusse un’importante modifica nella

disciplina del diritto di opzione inerente alle azioni proprie. Al secondo comma dell’art.

2357-ter fu prevista la facoltà, per l’assemblea, di autorizzare l’esercizio totale o parziale

di tale diritto da parte della società, nel rispetto delle condizioni previste per l’acquisto

dall’art. 2357

495

. Contestualmente, fu inserita, quale incipit dell’art. 2357-quater, la

precisazione che la società non poteva sottoscrivere azioni proprie «salvo quanto previsto

dall’articolo 2357-ter, secondo comma»

496

. In questo modo, il divieto di sottoscrizione,

non più assoluto, restava valido soltanto in due ipotesi: qualora la società, non possedendo

azioni proprie, intendesse sottoscrivere un aumento di capitale a pagamento e nel caso,

più teorico che reale, della sottoscrizione di azioni proprie in sede di atto costitutivo

497

.

Ciò, secondo la maggioranza degli interpreti, si poneva in contrasto con l’assolutezza del

divieto di sottoscrizione stabilito all’art. 18 della direttiva, con il rischio dell’apertura di

una procedura di infrazione a carico dello Stato italiano

498

.

Non mancarono, però, opinioni favorevoli alla legittimità della riforma e tentativi

di interpretazione conforme

499

. Da parte di alcuni, fu vagliata la possibilità di individuare

495 Questa soluzione corrispondeva alla tesi già sostenuta da F. CHIOMENTI, op. cit., 407 ss. Sulla nuova

disciplina si vedano E.GINEVRA, La sottoscrizione di azioni proprie, inP. ABBADESSA,G.B.PORTALE

(diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, I, Torino, 2007, 704 ss.; V. DONATIVI, sub art. 2357-ter, in M. SANDULLI e V.SANTORO (a cura di), La riforma delle società, Commentario,II, Torino, 2003, 199 ss. e M. BIONE, Sub art. 2357-ter, in G. NICCOLINI eA.STAGNO D'ALCONTRES (a cura di), Società di capitali, Commentario, I, Napoli, 2004, 372 ss. e S.A. CERRATO, op.

cit., 430 ss.

496 Questa modifica non era prevista nella bozza originaria e fu inserita in sede di ultima revisione, come

suggerito da V. CARIELLO,M.S.SPOLIDORO, Azioni e altri strumenti finanziari, in AA.VV. Parere dei componenti del Collegio dei docenti del dottorato di ricerca in diritto commerciale interno e internazionale, Università Cattolica di Milano, in Riv. soc., 2002, 1472.

497 R. MARGIOTTA,S.PUGLISI, Riflessioni in tema di azioni proprie, in Riv. not., 2009, 800.

498 Così M. BIONE, op. cit., 377; G.B. PORTALE, Riforma delle società di capitali e limiti di effettività del

diritto nazionale, in Corriere giur., 2003, 148; M.F. BARONI, Sub art. 2357-ter, in Il nuovo diritto delle società, Commentario, a cura di A. MAFFEI ALBERTI, I, Padova, 2005, 401 e V. DONATIVI, op. cit., 200.

Da parte di alcuni, fu presa in considerazione la possibilità di disapplicare la norma interna incompatibile con la direttiva da parte del giudice nazionale. Si trattava di rimuovere la deroga in via interpretativa, in virtù della supremazia della fonte comunitaria (rappresentata dall’art. 18 della direttiva) con la quale la deroga introdotta nella legislazione nazionale si poneva in contrasto. Questa possibilità, tuttavia, non era facilmente percorribile. Per questa soluzione S.CARBONE, La riforma societaria tra conflitti di leggi e principi di diritto comunitario, in Dir. comm. int., 2003, 91 e S.A. CERRATO, op. cit., 413 ss.

499 E. LA MARCA, Le operazioni su proprie azioni, in M.CASSOTTANA,A.NUZZO, Lezioni di diritto

commerciale comunitario, 2a ed., Torino, 2006, 99 ss., sosteneva la compatibilità dell’art. 2357-ter, c. 2

c.c., come riformato, con la seconda direttiva. L’autore mette a confronto l’assegnazione di azioni in favore della società nell’aumento gratuito, comunemente ammessa, con la sottoscrizione di azioni in opzione. Nei due casi, ricorrono le medesime ragioni organizzative: conservare inalterata la propria partecipazione

un, seppur limitato, margine di applicabilità della nuova disciplina in senso non

confliggente con la normativa europea

500

. Per arrivare a questo risultato, la disposizione

di cui all’art. 2357-ter fu scomposta in due momenti: la riattribuzione del diritto di

opzione in favore della società, che modificava il previgente regime legale

dell’assegnazione proporzionale alle altre azioni e la possibilità di esercitare questo diritto

in via diretta

501

. La direttiva, attraverso il divieto di sottoscrizione, poneva un vincolo

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