3. Il recepimento della seconda direttiva in Italia
3.1. L’introduzione dell’art 2357-quater nel codice civile e le soluzioni proposte ne
Con il d.P.R. 10 febbraio 1986, n. 30 fu introdotto nel codice civile l’art. 2357-
quater, con il quale si vietava alla società di sottoscrivere le proprie azioni, disciplinando
altresì le conseguenze dell’eventuale violazione del divieto. Ai fini della presente
trattazione è interessante esaminare, oltre alla versione definitiva della norma, anche
quelle contenute nei tre progetti di recepimento della direttiva, sopra richiamati.
In tutti e tre i progetti, il primo comma era dedicato all’esplicitazione del divieto
di sottoscrizione in termini generali ed assoluti, con una formula che fu mantenuta nella
versione definitiva dell’art. 2357-quater, c. 1
447. I due commi successivi, invece,
445 Sul sistema delle sanzioni civilistiche prima della riforma del 1986, su cui l’art. 2357 non prendeva
espressamente posizione, si veda A.A. DOLMETTA, Sulle conseguenze civilistiche dell’acquisto di azioni
proprie compiuto in violazione dei divieti di legge, in Riv. soc., 1996, 338 ss. Le altre novità riguardano la
necessità di un’autorizzazione assembleare per poter disporre di tali azioni, il computo nei quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea e, infine, l’iscrizione in bilancio di un’apposita riserva indisponibile
446 L’art. 2357-ter disciplinava, inoltre, il computo delle azioni proprie nei quorum costitutivi e deliberativi
dell’assemblea (c. 2) e prevedeva l’iscrizione in bilancio di una riserva indisponibile in caso di acquisto di azioni proprie (c. 3).
447 Il primo comma dell’art. 2357-quater, nella sua versione originale, prevedeva che «In nessun caso la
presentavano delle differenze. Innanzitutto, furono adottate delle soluzioni diverse per
quanto riguarda l’ambito applicativo della responsabilità prevista per i promotori, soci
fondatori ed amministratori in caso di violazione del divieto
448. Il progetto Colombo-
Liguori-Nobili prevedeva che tale responsabilità si applicasse solamente in caso di
sottoscrizione diretta mentre, in caso di sottoscrizione per interposta persona, la titolarità
delle azioni, e così la responsabilità per il conferimento, spettavano esclusivamente al
terzo sottoscrittore
449. Il progetto Ferri
450e il progetto d’Alessandro
451, invece,
prevedevano il sorgere della responsabilità in tutte le ipotesi di violazione del divieto,
compresa la sottoscrizione per interposta persona
452.
448 Come si è avuto modo di vedere, uno dei principali problemi lasciati aperti direttiva riguardava
l’individuazione dell’ambito applicativo della responsabilità prevista per i promotori, fondatori e amministratori, dal terzo comma dell’art. 18. Non era chiaro, infatti, se questa responsabilità dovesse intendersi applicabile soltanto in caso di sottoscrizione in nome e per conto della società, soltanto in caso di sottoscrizione per interposta persona, oppure in entrambi i casi.
449 Le due ipotesi (sottoscrizione per interposta persona e sottoscrizione diretta) rimanevano così del tutto
separate, senza sovrapposizioni di disciplina. La struttura della norma prevista nel progetto Colombo- Liguori-Nobili era la seguente: al primo comma si prevedeva genericamente il divieto di sottoscrizione, il secondo comma disciplinava la sottoscrizione per interposta persona e il terzo comma prevedeva la responsabilità di promotori, fondatori e amministratori in caso di violazione «del primo comma». Ciò lasciava presumere che questa responsabilità non si applicasse nell’ipotesi di cui al secondo comma, cioè alla sottoscrizione per interposta persona. In questo senso L. GIORGIO, Sottoscrizione di azioni proprie, in
L.BUTTARO,A.PATRONI GRIFFI (a cura di), La seconda direttiva CEE in materia societaria, cit., 266, in
nota.
450 Nel progetto Ferri l’ordine dei tre commi era invertito rispetto a quello previsto nel progetto Colombo-
Liguori-Nobili: il primo comma sanciva il divieto di sottoscrivere azioni proprie «né direttamente né per interposta persona», il secondo comma prevedeva la responsabilità di promotori, soci fondatori ed amministratori per la violazione del «primo comma» e il terzo comma disciplinava la sottoscrizione per interposta persona. L’esplicito richiamo contenuto nel primo comma sia alla sottoscrizione diretta che alla sottoscrizione per interposta persona, faceva presumere che la responsabilità di cui al secondo comma si applicasse in entrambi i casi. Così L. GIORGIO, Sottoscrizione di azioni proprie, in L.BUTTARO,A.PATRONI
GRIFFI (a cura di), La seconda direttiva CEE in materia societaria, cit., 273.
451 La proposta della Commissione d’Alessandro strutturava l’art. 2357-quater nel modo seguente: il primo
comma sanciva il divieto di sottoscrizione, il secondo comma prevedeva la responsabilità dei promotori, fondatori ed amministratori «in caso di violazione del divieto di cui al comma precedente» e il terzo comma disciplinava la sottoscrizione per interposta persona. In questo caso, però, a differenza che nel progetto Colombo-Liguori-Nobili, il primo comma si apriva precisando che «in nessun caso» la società può sottoscrivere azioni proprie e, inoltre, l’ordine del secondo e del terzo comma erano invertiti. Su questi elementi, quindi, si basa la diversa interpretazione dell’ambito applicativo della responsabilità dei promotori, fondatori ed amministratori. In favore di questa tesi, L. GIORGIO, Sottoscrizione di azioni
proprie, in AA.VV., Riflessioni in margine allo schema di legge delegata sulla II direttiva CEE in materia societaria, cit., 873 ss.
452 Questa costruzione, se da un lato garantiva in maniera più ampia l’integrità del capitale sociale, dall’altro
faceva nascere una problematica ulteriore: stabilire quale fosse il rapporto intercorrente tra la responsabilità del terzo sottoscrittore e quella dei soggetti indicati nel secondo comma. Nessuno dei due progetti risolveva espressamente questo quesito interpretativo come veniva evidenziato, in sede di commento al progetto d’Alessandro, da L. GIORGIO, Sottoscrizione di azioni proprie, in AA.VV., Riflessioni in margine allo schema di legge delegata sulla II direttiva CEE in materia societaria, cit., 874-875.
Un’altra differenza riguardava la sorte delle azioni sottoscritte in nome e per conto
della società, fermo restando che l’obbligo del conferimento spettava ai promotori, soci
fondatori e amministratori
453. Questo quesito era particolarmente delicato visto che, in
assenza di precisazioni, i futuri interpreti sarebbero potuti arrivare alla conclusione che le
azioni, dopo essere state liberate da soggetti terzi, sarebbero restate attribuite alla
società
454. L’unico progetto che risolveva adeguatamente il problema era il progetto Ferri,
ove la titolarità delle azioni direttamente sottoscritte dalla società veniva attribuita a
coloro che erano tenuti a liberarle e cioè ai promotori, fondatori o amministratori. Invece,
nel progetto Colombo-Liguori-Nobili e nel progetto d’Alessandro, nulla veniva
specificato sul punto, lasciando aperto un quesito interpretativo.
Infine, tra i tre progetti si registravano delle discrepanze relativamente alla
clausola di esonero da responsabilità di cui dall’art. 18, c. 3, della direttiva, che consentiva
ai soggetti ivi indicati di liberarsi dall’obbligo di liberare le azioni dimostrando di essere
personalmente esenti da colpa
455. Il progetto Colombo-Liguori-Nobili e il progetto Ferri
riconobbero esplicitamente questa possibilità ai soli amministratori, richiamando la
disciplina generale prevista all’art. 2392 c.c. per la responsabilità dell’organo
amministrativo nei confronti della società
456. Non era chiaro, quindi, se anche i promotori
e i fondatori, per i quali era sancito lo stesso obbligo di liberare le azioni illegittimamente
sottoscritte dalla società, potessero beneficiare dello stesso trattamento
457. Questo dubbio
fu risolto nel progetto redatto dalla commissione d’Alessandro, ove la clausola di esonero
453 Anche su questo aspetto, come si è avuto modo di vedere, la direttiva non forniva una soluzione univoca.
Su questo problema si veda sempre L. GIORGIO, Sottoscrizione di azioni proprie, in AA.VV., Riflessioni in margine allo schema di legge delegata sulla II direttiva CEE in materia societaria, cit., 875 ss.
454 In questo modo, però, il divieto di sottoscrizione avrebbe sofferto di un’importante eccezione, non
potendosi più considerare assoluto, come viene messo in luce da L. GIORGIO, Sottoscrizione di azioni proprie, in AA.VV., Riflessioni in margine allo schema di legge delegata sulla II direttiva CEE in materia societaria, cit., 875.
455 Si ricorda che, ai sensi dell’art. 18, c. 3 della direttiva, la previsione di questa clausola era rimessa alla
discrezionalità degli Stati membri.
456 L’art. 2392 c.c. disciplinava la responsabilità degli amministratori nei confronti della società,
prevedendo, al terzo comma, la possibilità di liberarsi per coloro che avessero fatto annotare il proprio dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia al presidente del collegio sindacale. Il progetto Colombo-Liguori-Nobili si limitava a rinviare a questa norma, mentre il progetto Ferri ne riportava integralmente il testo.
457 L. GIORGIO, Sottoscrizione di azioni proprie, in L.BUTTARO,A.PATRONI GRIFFI (a cura di), La seconda
direttiva CEE in materia societaria, cit., 271, in nota. La scelta di prevedere la possibilità di esonero da
responsabilità per i soli amministratori, se consapevole, poteva essere motivata dalla necessità di salvaguardare il capitale della società, in maniera più rigorosa e senza alcuna eccezione, nel momento della sua costituzione.
venne riferita a tutti i soggetti responsabili
458. Restava fermo, come già previsto nella
direttiva, che il terzo interposto non potesse beneficiare di questa clausola in caso di
sottoscrizione per interposta persona.
Il d.P.R. 10 febbraio 1986, n. 30, introducendo nel codice civile l’art. 2357-quater,
risolse tutti i problemi interpretativi menzionati, recependo le critiche che erano state
mosse dalla dottrina
459. Dopo aver sancito, al primo comma, il divieto generale di
sottoscrizione, al secondo comma fu precisato che le azioni sottoscritte in violazione del
divieto si intendono sottoscritte e devono essere liberate dai promotori, soci fondatori o
amministratori. In questo modo fu risolto il problema di stabilire a chi sarebbe spettata la
titolarità delle azioni sottoscritte in nome e per conto della società, attribuendola a coloro
che erano obbligati a liberarle. Al terzo comma fu disciplinata, invece, la sottoscrizione
per interposta persona, prevedendo che il terzo si considera a tutti gli effetti sottoscrittore
per conto proprio e che i promotori, soci fondatori o amministratori rispondono della
liberazione delle azioni solidalmente con lui
460. In favore di questi soggetti fu prevista,
infine, la possibilità di liberarsi dimostrando di essere esenti da colpa.
La disciplina delle conseguenze civilistiche della sottoscrizione di azioni proprie,
prevista ai commi secondo e terzo, rappresentò la vera portata innovativa dell’art. 2357-
quater, visto che la vigenza implicita del divieto di sottoscrivere azioni proprie era già
stata sostenuta anteriormente all’emanazione della seconda direttiva
461. L’esplicitazione
di tale divieto, però, non fu del tutto priva di effetti, visto che risolse in senso definitivo
il dibattito che si era sviluppato relativamente alla possibilità, per la società, di
sottoscrivere le proprie azioni in esercizio del diritto di opzione relativo a quelle già
detenute in portafoglio. Un’altra innovazione si ebbe con l’introduzione di una sanzione
penale, prevista in aggiunta alle sanzioni civili per i promotori, soci fondatori ed
458 In questo modo, fu evitato il nascere di un potenziale problema di disparità di trattamento. Anche nel
progetto redatto dalla Commissione d’Alessandro restava fermo il richiamo, per gli amministratori, all’art. 2392 ultimo comma.
459 Queste critiche furono mosse soprattutto da L. GIORGIO, Sottoscrizione di azioni proprie, in AA.VV.,
Riflessioni in margine allo schema di legge delegata sulla II direttiva CEE in materia societaria, cit., 874
ss. L’art. 2357-quater si componeva (e si compone tutt’ora) di tre commi: il primo sanciva genericamente il divieto di sottoscrivere azioni proprie, il secondo disciplinava la responsabilità di fondatori, promotori ed amministratori ed il terzo la sottoscrizione per interposta persona.
460 Nell’ordinamento italiano, quindi, l’ambito applicativo della responsabilità dei promotori, fondatori ed
amministratori è la più ampia possibile perché riguarda sia la sottoscrizione diretta che la sottoscrizione per interposta persona.
461 Così N. DE LUCA, sub art. 2357-quater, in D.U. SANTOSUOSSO (a cura di), Delle società, dell’azienda,