2. Analisi dell’evoluzione normativa e del diritto vigente in Germania, Francia e Regno
2.1.2. Il sistema francese
In Francia, il divieto di acquistare azioni proprie fu introdotto con la loi n° 66-537
sur les sociétés commerciales del 24 luglio 1966, all’art. 217
194. Nel vigore della
normativa precedente, silente sul punto
195, l’operazione era ritenuta lecita, purché fosse
realizzata nel rispetto di particolari condizioni
196. La giurisprudenza richiedeva che, per
l’acquisto, non fossero impiegate risorse provenienti dal capitale sociale o dalle riserve
disponibili, fatta eccezione per il caso in cui l’acquisto fosse finalizzato alla riduzione del
capitale con annullamento delle azioni
197. In ogni caso, l’operazione doveva essere posta
in essere nel rispetto del principio di parità di trattamento degli azionisti
198. La
conseguenza della violazione delle condizioni individuate dalla giurisprudenza era la
nullità dell’acquisto con la conseguenza che si sarebbe dovuta ripristinare la situazione
esistente prima dell’acquisto: la società avrebbe dovuto restituire i titoli all’azionista e
costui avrebbe dovuto versare alla società le somme ricavate dalla vendita
199.
Il divieto di acquistare azioni proprie fu stabilito, in termini perentori, dall’art. 217
della legge del 1966, determinando un’inversione di rotta rispetto alla soluzione
194 Per un commento a questa legge, si veda M.HAMIAUT, La réforme des sociétés commerciales, Paris,
1966. Per le disposizioni relative all’acquisto di azioni proprie (artt. 217 e 275-276) si vedano le pagine 190-191 e 262 ss.
195 La normativa precedente era contenuta nella legge 24 luglio 1867. Questa legge aveva disciplinato
estesamente le società per azioni ma non prevedeva alcun divieto o disciplina per quanto riguarda l’acquisto di azioni proprie. Così G.RIPERT, Traité élémentaire de droit commercial, Paris, 1972, 648.
196 Così M. POULNAIS, L’achat de ses propres actions par une société depuis la loi du 24 julliet 1966, in
Revue trimestrelle de droit commercial, 1969, 17. Per le soluzioni adottate da dottrina e giurisprudenza
prima della legge del 1966 si veda soprattutto P.VEAUX-FOURNERIE, L’acquisition de ses propres actions ou parts sociales par la société émettrice, Rennes, 1953.
197 G.RIPERT, op. cit., 648; P. BALZARINI, L'attuazione in Francia della seconda direttiva C.E.E., in Riv.
soc., 1982, 967, in nota e B. POZZO, op. cit., 152 ss. La distinzione tra acquisto lecito e acquisto illecito
dipendeva, perciò, dalla natura dei fondi utilizzati per l’acquisto. Solo nel caso in cui l’acquisto fosse finalizzato alla riduzione del capitale si consentiva che il prezzo fosse pagato impiegando somme vincolate a capitale, purché la riduzione fosse stata deliberata dall’assemblea straordinaria. L’origine giurisprudenziale della disciplina dell’acquisto di azioni proprie accomuna l’ordinamento francese a quello del Regno Unito.
198 G.RIPERT, op. cit., 648. La giurisprudenza aveva elaborato una serie di principi, ai quali l’acquisto di
azioni proprie doveva essere conformato a pena di nullità. Oltre al principio di parità di trattamento, fu richiamato il principio di integrità ed effettività del capitale sociale, il quale era ritenuto essere il principale strumento di garanzia degli interessi dei creditori. Sul punto, si veda P.VEAUX-FOURNERIE op. cit., 82 ss.
individuata dalla giurisprudenza
200. In un primo momento il divieto fu corredato da due
sole eccezioni, le quali avevano, però, uno scarso significato sostanziale. Infatti, in
entrambi i casi l’acquisto era finalizzato all’annullamento dei titoli
201. La prima eccezione
era prevista dallo stesso art. 217 della legge del 1966, al secondo paragrafo: l’assemblea
generale, deliberando una riduzione del capitale sociale non motivata da perdite, poteva
autorizzare l’organo amministrativo ad acquistare un certo numero di azioni proprie al
fine di annullarle
202. La seconda, in materia di clausole statutarie di gradimento e di diritti
di prelazione (artt. 275 e 276) permetteva agli amministratori di acquistare le azioni per
le quali i soci avessero rifiutato di concedere il gradimento
203. Anche in questo caso, però,
le azioni acquistate dovevano essere immediatamente annullate ed il capitale sociale
proporzionalmente ridotto
204. La sanzione prevista in caso di acquisto in violazione della
disciplina era la nullità dell’operazione, oltre alla responsabilità civile e penale dei
soggetti coinvolti
205.
Poco tempo dopo, nel 1967, la disciplina dell’art. 217 fu modificata, con
l’introduzione di due ulteriori eccezioni
206. Queste eccezioni, di cui agli artt. 217-1 e 217-
2, si applicavano esclusivamente alle società quotate. La prima consentì alle società di
acquistare azioni proprie per assegnarle ai propri dipendenti, al fine di attuare una loro
200 Nel tempo si era sviluppata, infatti, una corrente critica nei confronti delle operazioni di acquisto di
azioni proprie. Queste perplessità erano state espresse già relazione alla riforma del codice di commercio del 1948, soprattutto per quanto riguarda la possibilità che tramite queste operazioni si potessero realizzare delle speculazioni. Si vedano Travaux de la Commission de Réforme du Code de Commerce et du Droit de
Sociétés, Paris, 1948; C. COVIAUX, L’achat par une société de ses propres actions, in Dix ans de droit de l’enterprise, Fondation Nationale pour le Droit de l’enterprise – Bibliothèque de Droit de l’enterprise,
Tomo 7, Parigi, 1978, 187 ss. e M. POULNAIS,op. cit., 17-18. Come messo in luce da G.RIPERT, op. cit.,
648, il divieto non restò a lungo assoluto, visto che «Mais des textes successifs ont introduit des exceptions qui ont fini par limiter considéreblement la portée du principe».
201 G.RIPERT, op. cit., 648, il quale rileva che nessuna delle due ipotesi comportano normalmente alcun
rischio di speculazione, visto che i titoli acquistati sono destinati ad essere annullati nel breve periodo.
202 Questa eccezione riprendeva, in effetti, la soluzione stabilita dalla giurisprudenza nel vigore della
normativa precedente ove, come si è visto, l’acquisto di azioni proprie finalizzato alla riduzione del capitale era consentito senza alcun limite. M. POULNAIS,op. cit., 18.
203 Ibid., 18-19.
204 B. POZZO, op. cit., 176, individua una terza eccezione nell’art. 365 della legge del 1966, applicabile a
tutte le società commerciali. Questa disposizione prevedeva che, nel caso in cui il contratto sociale dovesse considerarsi nullo, per vizi del consenso oppure a causa dell’incapacità di un associato, la società avrebbe potuto proporre al giudice competente un progetto di riacquisto delle azioni.
205 M. POULNAIS,op. cit., 32 ss. Per una panoramica delle sanzioni penali si veda B. POZZO, op. cit., 177
ss.
206 Ci si riferisce alle modifiche introdotte dal decreto di attuazione n. 67-236 del 23 marzo 1967 e dalle
ordonnance n. 67-695 del 17 agosto 1967 e ordonnance n. 67-836 del 28 settembre 1967. Si vedano M.