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Un risveglio difficile: l’ingresso negli anni di transizione

IV.II. Tra discordie e concordie: una lotta su due pian

La mattina del 31 ottobre, mentre gli operai vivono il loro “ritorno alla normalità”, nelle sale sindacali lucchesi il dibattito sul contratto aziendale fresco di firma continua a produrre divergenze piuttosto nette tra le varie componenti. A far sentire immediatamente la propria voce è la CISL di Arturo Pacini, certamente la più interessata nel voler presentare il risultato raggiunto come “insoddisfacente”: a riprova di ciò, il segretario dell’Unione Sindacale Provinciale si vede infatti recapitare una lettera di Bruno Fassina, segretario nazionale cislino per il settore tessili, in cui il pavese aveva espresso profondo compiacimento per la conclusione della vertenza, ponendo allo stesso tempo l’accento sulla differenza di posizioni che aveva visto la CISL scindere intelligentemente “le proprie responsabilità da quelle delle organizzazioni sindacali FIOT e CISNAL”, le quali - recitava il comunicato- “hanno ritenuto di promuovere una azione destinata a non ottenere concreti risultati e la conclusione della vertenza ha confermato le nostre previsioni”. Sulla medesima linea si colloca anche il senatore lucchese democristiano Cesare Angelini, ancora strettamente legato alle vicende della Federazione provinciale nonostante il suo incarico a Palazzo Madama, che indirizza (sempre il 31 ottobre) un pesante telegramma a Francesco Malfatti con il quale mette sotto accusa non solo i metodi di lotta promossi dalla FIOT, ma anche l’enfatizzazione che dell’accordo era stata data da Liborio Guccione sulle pagine de “l’Unità” 14

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Si fa riferimento a “l’Unità” del 3/11/1963, nel quale compare l’articolo Mister Ruffel esce sconfitto alla Cucirini, di Liborio Guccione. Altro pezzo destinato a finire sotto accusa è poi quello già sopra riportato del 31/10/1963, dal titolo: A Lucca oltranzismo

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con molta tristezza debbo purtroppo rilevare che mai, in nessuna agitazione, i lavoratori della nostra provincia avevano subito le umiliazioni che hanno dovuto incassare le maestranze della C.C.C.. Perché allora ricorrere all’ipocrisia che così sfacciatamente usa l’articolista de “l’Unità” in un articolo di fondo? […] mi permetterai ancora di dirti che tanto tu come i tuoi compagni della Camera Confederale del Lavoro avevate un mezzo per tutelare il decoro dei lavoratori e il prestigio delle organizzazioni sindacali: rifiutare l’elemosina sgarbatamente scaraventata in faccia ai lavoratori della Cantoni dal sign.Ruffel […].15

La decisa risposta della CGIL non tarda comunque ad arrivare: approfittando di un tentativo per far chiarezza portato avanti da “La Nazione” (il 1° novembre 1963), il segretario Alfredo Bianchi definisce il traguardo raggiunto “positivo”, soprattutto per la forza e la capacità di contrattazione mostrata dalle maestranze. Dietro questa maturazione indotta dai 50 giorni di sciopero, nella concezione dell’opposizione lucchese, si erano fondamentalmente create le premesse per assicurare -nelle future battaglie- nuove conquiste e più importanti obiettivi, nonostante la grave assenza “di unità sindacale al vertice” -sempre secondo Bianchi- avesse posto già in partenza dei limiti all’accordo. Questo aspetto di continuità che la vertenza avrebbe dovuto assumere nella prospettiva di lotta ciggiellina traspariva allo stesso tempo pure nell’ottica della CISNAL, la quale, attraverso il suo segretario Alfredo Cesari, parlava di “chiusura solo di una prima fase”.

Certe dinamiche di frizione, se da un lato sembravano vedere unitariamente lo step decisivo nella vertenza per il Contratto Nazionale di settore, dall’altro non tacevano la grande tensione che nello stabilimento dell’Acquacalda si era tornata a respirare in vista delle elezioni per il rinnovo della Commissione Interna. Queste, promosse dalla Camera del Lavoro di Lucca, ne mettevano in luce l’intenzione di raccogliere il frutto del proprio lavoro, sfruttando -come si riferiva in un comunicato rivolto all’Azienda e alle altre rappresentanze sindacali- il credito ottenuto con il sostegno unilaterale alle intense giornate di sciopero. Per i motivi appena elencati, tuttavia, la prospettiva elettorale viene malvista dalla CISL, consapevole che il mancato appoggio alla causa dei “cucirini” dal punto di vista aziendale avrebbe potuto facilmente sfociare in un netto calo di consensi: si sceglie allora di agire in direzione di un possibile rinvio della votazione, e lo si fa ancora una volta con una lettera (14 novembre 1963) alla FIOT-CGIL in cui emerge una forte contrarietà in riferimento all’iniziativa elettorale. Dietro alla posizione adottata da Pacini e compagni, ad ogni modo, non vi è solo il timore di un’ipotetica sconfitta: quello che più preoccupa il sindacato “bianco” è la possibilità di una campagna elettorale dialetticamente violenta, con il conseguente rischio di acuire i motivi di dissenso e allo stesso tempo compromettere una battaglia contrattuale che, al contrario, avrebbe necessitato di grande spirito unitario (sia da parte delle organizzazioni che dei lavoratori) per scacciare l’incombente pericolo di riduzioni d’orario e di licenziamenti.

Ma dalla sede ciggiellina di via San Giorgio la risposta che arriva il 19 novembre è ancora negativa. L’idea del sindacato, ben consapevole della necessità di una forza sindacale sinergica a livello nazionale, è

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chiaramente quella di “giocare” una partita su due piani: da una parte, sfruttare il vantaggio acquisito durante i mesi precedenti in ottica del rinnovo della Commissione Interna (visto come una priorità imprescindibile per lo sviluppo positivo dei problemi rimasti irrisolti dopo la chiusura della vertenza); dall’altra, promuovere un’adesione unitaria agli scioperi indetti a livello statale16

contro le mosse della Confindustria, come avviene durante la giornata del 5 dicembre in seguito al fallimento delle trattative per l’accordo.

L’adesione alla manifestazione è corposa (lo abbiamo visto poco sopra, alla Cantoni si raggiunge il 98%), riflettendo quanto accade nel resto della penisola17 e recuperando quella soluzione di “lotta progressiva” discussa poche settimane prima nella sala del Teatro del Giglio al momento della tormentata accettazione del contratto integrativo: “sciopereremo tutti”- riferiscono alcuni lavoratori a Liborio Guccione durante un’intervista-. “Sciopereremo perché questo è stato l’impegno assunto da tutti noi quando chiudemmo la lunga battaglia aziendale”18

.

Oltre ai lavoratori della Cantoni, lo sciopero coinvolge nella sola Lucchesia ben 4.600 operai tessili (saranno 450.000 in tutta Italia), per un totale di otto fabbriche interessate tra piccoli e grandi stabilimenti. Con l’ausilio di questi numeri, ci risulta allora possibile trasferire al caso lucchese quanto Guido Crainz analizza del momento nazionale, affermando che:

il boom economico aveva oramai innescato o comunque favorito una ripresa del protagonismo collettivo, che scardinava lo scenario consolidatosi negli anni Cinquanta e poneva le sue fondamenta in una sorta di “economia morale” non modellatasi sui codici culturali precedenti, bensì su quelli della società che si stava affermando. Insomma, i conflitti erano percorsi da ragioni ricorrenti (condizioni di lavoro durissime, orari pesanti, discriminazioni, assenza di diritti, sproporzione tra arricchimento delle imprese e salari) che non potevano più essere tollerate e generavano un “senso di giustizia offesa.19

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Occorre precisare che non si tratta di scioperi avanzati esclusivamente dalla FIOT, bensì anche da tutte le altre componenti sindacali.

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“I crumiri si contavano dappertutto sulla punta delle dita”, viene scritto con linguaggio certamente eufemistico sulle pagine de “l’Unità”.

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Cfr. “l’Unità” del 5/12/1963, <<Sciopereremo tutti>>, dicono alla Cantoni, di Liborio Guccione. Nello stesso articolo, a tal proposito, si riportava quanto segue: “i lavoratori della Cucirini accettarono allora (durante la Conferenza del Giglio) di sospendere l’agitazione in considerazione proprio della imminente scadenza del contratto ottenendo una <<una tantum>> di 35mila lire e confidando nella lotta nazionale. Quella lotta, insomma, si concluse con un impegno a portare avanti la battaglia in sede di contratto e con la rivendicazione del contratto settoriale per i cucirinai. Ecco perché l’atteggiamento assunto oggi dagli industriali ha provocato sdegno da parte dei lavoratori tessili della Lucchesia, i quali ancora serbano la carica di lotta di più di un mese fa. Sulla scia di questa grande battaglia i tremila della Cucirini si muoveranno insieme agli altri lavoratori: a quelli dello Jutificio, della Valserchio, della Cecchini, della De Grazia, del Totto e della SAVES. La lotta alla Cantoni rimane per combattività e modalità l’esempio ancora vivo da seguire, e da essa hanno tratto insegnamento e stimolo tutti i lavoratori della provincia”.

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Guido Crainz, Il Paese mancato, op.cit., p.20. Si vedano anche Cfr. P. Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi, Einaudi, Torino, 1989 e S. Lanaro, Storia dell’Italia repubblicana, Marsilio, Venezia, 1992.

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Da questa prospettiva, la lotta contro un padronato che, se “ieri rispondeva ai 3.000 lavoratori della Cucirini” di non poter “trattare altri miglioramenti salariali” perché alla vigilia del contratto, oggi faceva altrettanto “adducendo a pretesto <<la particolare congiuntura economica>>”20

, emergeva sotto una prospettiva di rivalsa per una forza lavoro ormai stanca di restrizioni e intimidazioni, fermamente decisa a superare le palesi contraddizioni che vedevano il salario fermo sui livelli di “quattro mesi fa, cioè prima della lotta. 35 mila lire al mese, 40 al massimo”21, come annotava nuovamente Guccione.

Intanto, dentro la fabbrica, la propaganda sindacale contro un’Azienda che “pretendeva di mantenere i lavoratori in una condizione di inferiorità”22

trova sfogo nella contrastata procedura per l’elezione della Commissione Interna, quand’anche compare in lizza una lista padronale, denominata “lista indipendente”. Nell’ottica ciggiellina, si tratta esclusivamente di un tentativo di dividere i lavoratori nella speranza di avere propri rappresentanti in seno alla futura C.I.: tuttavia, appare chiaro fin da subito che la partita si giocherà ancora una volta tra i due maggiori organi di rappresentanza, in un momento in cui – scrive “l’Unità”- “il valore e il significato delle elezioni per il rinnovo della C.I. alla Cantoni sono ancora maggiori” vista la lotta in cui “la categoria dei tessili è impegnata […] per la conquista del nuovo Contratto Nazionale e in particolare per i lavoratori cucirinai che, nel quadro della lotta contrattuale, pongono la rivendicazione di un contratto di sottosettore”23.

Nel rinnovato clima che la vertenza aziendale era riuscita ad introdurre, alla fine vengono consegnate ben cinque liste24, tra le quali (come da pronostico) riesce ad ottenere una schiacciante vittoria proprio la FIOT- CGIL25, capace di aggiudicarsi la maggioranza assoluta passando da 5 a 7 seggi. Ad arretrare, invero, è la CISL, che perde 2 seggi rispetto ai 5 precedenti, mentre resta invariato il peso della CISNAL con solo 1 seggio: l’altro cambiamento degno di nota fa rifermento al passaggio dei due seggi storicamente appartenuti alla lista degli impiegati e assistenti nelle fila degli “indipendenti”, chiaro indice di divisione tra le classi di

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“l’Unità” del 5/12/1963, <<Sciopereremo tutti>>, dicono alla Cantoni, di Liborio Guccione.

21

Ivi. Anche “La Nazione” riporta la notizia, il 5/12/1963.

22

Cfr. “l’Unità”, 8/12/1963, Alle urne i tremila della Cucirini di Lucca, di Liborio Guccione.

23 Ivi. Il quotidiano del partito non perde inoltre occasione per ricordare ai lettori che solo la FIOT-CGIL aveva appoggiato e

condotto la lotta che si era conclusa appena un mese prima. Ecco quanto sosteneva Guccione a tal proposito: “per queste elezioni c’è molta attesa fra i lavoratori dello stabilimento ed anche fra le organizzazioni sindacali, dopo la lotta sostenuta dai lavoratori per lunghi quattro mesi; lotta che –come si ricorderà- fu condotta e sostenuta dalla FIOT-CGIL”.

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Oltre a quella della FIOT-CGIL e della CISL-Federtessili, sono presenti un lista indipendente, la lista della UIL-tessili e quella della CISNAL.

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La lista ciggiellina era composta da: Biancheri Guido (reparto Filatura); Bresciani Giorgio (rep. Tubetti Diversi); Di Riccio Marina (rep. Lustraggio e Tavelle); Dinucci Angela (rep. Lustraggio e Tavelle); Fabbri Oreste (rep. Filatura); Madrigali Anna (rep. Ricami); Maffei Giuseppe (rep. Tubetti); Lena Giovanni (rep. Magazzino Spedizioni); Lorenzetti Angelo (rep. Lustraggio e Tavelle); Lorenzetti Anna (rep. Ricucitura); Lucchesi Fernando (rep. Uff. Tecnico); Paganelli Corrada (rep. Rocchetti); Pisani Renzo (rep. Tintoria); Toti Loris (rep. Ricucitura, turno di notte); Sereni Giuseppina (rep. Filatura); Stanghellini Lina (rep. Cotone per calze e ricami). In “l’Unità”, 8/12/1963, Alle urne i tremila della Cucirini di Lucca, di Liborio Guccione. La FIOT-CGIL passava dal 45,58 al 62,25% dei suffragi operai, contro un calo di ben 466 voti della CISL. Fonte, cfr. “l’Unità”, 13/12/1963, Plauso FIOT ai lavoratori

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lavoratori interne allo stabilimento26; si tratta di un contrasto che porterà con sé strascichi pesanti anche negli anni successivi, ma che contemporaneamente saprà conoscere all’intero della stessa Cucirini momenti di sostenuta collaborazione.

Cifre alla mano, nelle sale della CISL la sconfitta è accolta con profondo spirito di autocritica, considerando soprattutto la persistente maggioranza di tesserati all’interno dello stabilimento. A rompere per primo il silenzio è ancora una volta il segretario Arturo Pacini, che, tentando di analizzare i termini della sconfitta in un comunicato alla segreteria nazionale (27 dicembre 1963), parla di “campagna elettorale sviluppata in un momento assai difficile, sia per la vertenza aziendale da poco tempo chiusa, sia perché vi è stata l’aggravante della liste direzionale che ha ulteriormente inasprito la situazione” 27

. Un clima ben diverso si respira invece nella sede ciggiellina, dove la netta affermazione è stata accolta con grande entusiasmo. La stessa FIOT nazionale invia un telegramma in cui annota che il risultato raggiunto altro non è che “la riconferma dell’adesione dei lavoratori alla politica rivendicativa promossa dal sindacato unitario, ed è anche una ulteriore chiara risposta agli atteggiamenti intransigenti assunti dalla direzione verso le richieste integrative”28

. La stampa di partito, sulla stessa linea, collega la vittoria alla scia della lunga lotta “che il sindacato unitario dei tessili diresse da solo fra i tremila tessili di questa grande Azienda” attraverso la quale “gli operai e le operaie della Cucirini si scrollarono di dosso anni di stasi respingendo il paternalismo padronale” 29

. Più interessante, infine, appare però la lettura che Guccione dà della vicenda in termini di “sconfitta dell’anticomunismo”. Scrive, il corrispondente:

La vittoria della FIOT, si nota qui a Lucca, è altresì una sconfitta dell’anticomunismo in nome del quale sia la CISL che le ACLI (introducendo un elemento estraneo in una situazione sindacale) condussero la loro campagna contro la CGIL. Sono state vomitate sentenze di condanna verso la lotta e chi la condusse, dimenticando che di essa furono protagonisti convinti e partecipi i lavoratori, i quali non potevano certo buttare alle ortiche la loro entusiasmante e feconda esperienza, solo perché qualche fazioso agita davanti agli occhi degli ingenui il loro spauracchio anticomunista.30

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Su 3.029 dipendenti i votanti risultano 2.637: la FILTEA-CGIL ottiene 1.540 voti (62,25%), mentre la CISL si ferma a 638 (25,78%). La CISNAL ne ottiene ben 158 (6,38%), contro i 138 (5,59%) della “lista indipendente” . Le schede bianche sono 71, le nulle 92, per un totale di 2.474 voti validi. Isrec Lucca, Fondo Pci, Serie 1, Sezione I, b. 20, fascicolo 3, Dati riassuntivi della

elezione della Commissione Interna, op.cit. Barsocchi, uno dei due rappresentanti eletti nella “lista gialla”, ricordava le difficoltà nel

dialogare con gli altri membri della Commissione, che lo vedevano sostanzialmente come una spia.

27

Franco Salvetti, Cucirini Cantoni Coats: il settore tessile, op.cit., p. 298.

28

“l’Unità”, Plauso FIOT ai lavoratori della Cucirini, di Liborio Guccione.

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Ivi.

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Ivi. Nell’interpretazione del comunista emergeva dal voto (viziata, forse, da un’eccessiva sopravvalutazione dell’organizzazione sindacale in questione) anche “la volontà antifascista dei lavoratori della Cucirini Cantoni Coats, che avevano dato appena 158 preferenze alla lista CISNAL, nonostante essa si fosse associata […] alla battaglia aziendale”.

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Seppur in termini propagandistici, il giornalista individuava un aspetto fondamentale che stava iniziando a maturare nei primi anni Sessanta: ovvero, il superamento progressivo e lento del movente ideologico in favore di vettori sindacali “combattivi” (come la CGIL, appunto) capaci di contribuire nell’avanzamento di rivendicazioni decise, indirizzate verso un miglioramento del tenore di vita, delle condizioni lavorative e dei salari. Le esperienze di picchettaggio, i cortei, le grandi assemblee allo stadio, entravano così a far parte di una maturazione di classe che diveniva condizione basilare “per estendere l’unità dei lavoratori della Cantoni, contro ogni divisione artificiosa e dall’alto”. Era per questa via che, nell’interpretazione di Guccione, la CISL (“che soltanto a Lucca si può capire quali ragioni politiche e non sindacali avesse”) aveva fallito; ovvero, nell’estraniarsi “dalla lotta nonostante vi partecipassero quasi tutti i suoi aderenti” e nel calcolare “male il valore di classe e morale della lotta stessa su chi la condusse con tanta abnegazione e fierezza”31

.

Si concludeva in questo modo un anno decisivo all’interno della Cantoni, lascito di tracce significative e durature all’interno del tessuto operaio e cittadino lucchese. Il lungo sciopero, durato più di 50 giorni, si era rivelato un evento profondamente inusuale per un singola Azienda, seppur appartenente a tutti gli effetti alla sfera dei monopoli, mentre processi di trasformazione e “modernizzazione tardiva” sembravano ormai aver superato definitivamente anche i confini della Lucchesia, lasciando in eredità a gran parte della giovane forza lavoro -più svincolata da certi dogmi- una consapevolezza che sarebbe divenuta basilare nelle battaglie a venire; un punto di rottura, insomma, che nello specifico della Cantoni e del settore tessile chiedeva già da allora di “superare le polemiche” in vista della “lotta unitaria per il contratto”32

.

31

Ivi.

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Ivi. Si tratta di un’affermazione che dà adito a quanto abbiamo sostenuto poco sopra: se da un lato la CGIL cercava di ramificare i propri consensi all’interno delle singole Aziende attraverso la contrattazione articolata, dall’altro era ben consapevole che senza una prospettiva unitaria, in un simile momento storico, ottenere risultati a livello nazionale sarebbe risultato praticamente impossibile.

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Capitolo V

Condizioni di lavoro, contrasti e rappresentanze nel microcosmo della Cantoni: il fil rouge tra il