Il lungo e difficile dopoguerra: dalla ricostruzione alle lotte negli anni Cinquanta
II.II. Focalizzazione sindacale: quale ruolo per la Camera del Lavoro?
Fin dal termine del conflitto, l’intero fronte sindacale tende a collocarsi all’interno di un filone fortemente rivendicativo, capace di riflettere la necessità di aumentare il potere di acquisto delle classi lavoratrici contrastando al contempo la pesante inflazione: la CGIL, difatti, avvia una campagna solida anche a livello nazionale per la riduzione dei prezzi di un 20-30%, muovendo una vera e propria guerra alla crescente diffusione del mercato nero.
Nel particolare, la situazione lucchese alla fine del ’45 si presentava davvero complessa, come riferisce Emmanuel Pesi:
La relazione dell’Ufficio di Lavoro riportava che nel mese di luglio ( 1945) una famiglia operaia, composta da moglie, marito e tre figli minorenni, spendeva per l’alimentazione £ 8.561.90, per l’abitazione £ 1.025, per l’abbigliamento £ 773 e per le altre spese £ 2.270. La spesa mensile
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Il fatto che in realtà persistessero (e se ne era a comunque a conoscenza) forti legami con il partito è rintracciabile anche nelle parole di Raggiunti, che racconta: “Il primo segretario della CGIL unitaria era Vanni Vannuccio, per la componente comunista mentre per la parte democristiana c’erano Angelini, quello che poi è diventato senatore, e di parte socialista c’era Fausto e poi Giorgi, quando rientra dall’Argentina. Dopo per i comunisti entrai io come segretario, dopo il ’46; Vanni Vannuccio rimase alla CGIL, ma passò all’ufficio Vertenze; rimasero Angelini e Fausto. Da allora sono stato segretario fino a quando il partito pensò di rafforzare la Camera del Lavoro facendo venire un compagno da Roma, un certo Benci. Benci prese il mio posto e io andai a lavorare al Partito Comunista nella zona della Versilia”. In Giovanni Lencioni, Luciano Franchi, 40 anni di storia della CGIL lucchese, op.cit., p.5 .Per fare poi solo uno dei tanti esempi riguardanti l’approdo di dirigenti sindacali nelle linee comuniste, lo stesso Raggiunti al termine del suo incarico presso la Camera del Lavoro -nel 1953- tornò a dare un contributo al partito come consigliere prima comunale, per poi rivestire lo stesso ruolo anche a livello provinciale. Infine, si noti come, in seguito alla costituzione della Federazione di Lucchesia del partito comunista, il 25 luglio 1943, con segretario Cesare Del Guerra, a diffondere le prime cellule nei quartieri di Pelleria, Cittadella, via dei Borghi, all’Acquacalda, in via s. Francesco e alla Manifattura Tabacchi furono “compagni” del calibro di Francesco “Cecco” Malfatti, organizzatore del Fronte della Gioventù, di Sergio Gigli e di Giorgio Colzi, tutti futuri segretari della CGIL. Sui primi membri del PCI si veda Cfr. Vannuccio Vanni, memorie di un partigiano lucchese, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1995. Doveroso, ad ogni modo, è riferire anche della stabile presenza che, all’interno della CGIL, mantennero i delegati socialisti.
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complessiva era dunque di £ 12.629.90. Quello che rendeva ancor più drammatica la situazione era il rapporto tra costo della vita e i salari.23
Tra i primi stabilimenti a muoversi, è la Cantoni, forte del suo solido nucleo operaio, ad avanzare le richieste più decise24: il 12 luglio del 1945 dalle sale dello stabilimento viene divulgato un comunicato nel quale il segretario del sindacato Tessili, Carlo Gigli, pone all’attenzione delle autorità alcuni problemi che avrebbero potuto sfociare presto in manifestazioni ben più importanti, riferendosi alla distribuzione di generi alimentari ma anche alla mancanza di beni di prima necessità, per poi concludere con una ferma richiesta di ampliamento della Commissioni annonarie popolari, accompagnata dall’immissione in esse di “operaie capo famiglia”.
In un processo caratterizzato da così profonde difficoltà per una classe operaia messa in ginocchio da condizioni di lavoro pessime e dalla diffusa disoccupazione (e il tessile è uno dei settori più colpiti), le prime ondate di dissenso iniziano di conseguenza a concretizzarsi in partecipate manifestazioni: il 10 agosto 1945, ad esempio, la Camera del Lavoro (con l’aiuto, in questo caso, dei partiti) promuove uno sciopero che riesce a mobilitare un importante numero di operai e impiegati, arrivando ad ottenere -dopo alcune ore- una promessa di aiuto da parte del reggente. I miglioramenti tuttavia stentano a palesarsi, mentre la disoccupazione, ulteriormente impennatasi, induce sovente a forme di agitazione le quali però mancano spesso di spirito unitario e collaborazione sociale, punto dolente a cui sia la CdL, sia comunisti e socialisti, non sembrano riuscire a trovare risposta.
Un grande appoggio la Camera del Lavoro lo fornisce anche alle categorie a reddito fisso, nella richiesta progressiva di miglioramenti economico-alimentari: a mobilitarsi, infatti, non è solo la classe proletaria, ma un intero contesto urbano nel quale il caos e la paura dettati dalla difficoltà sembrano far correre il rischio di una perdita del controllo, specialmente nel comune di Lucca, in Versilia e in Garfagnana, zone dove la mancanza di impiego si era dimostrata più marcata. Ugual timore risulta particolarmente accentuato nelle sale del CLN, quando - a testimonianza- nei vari ordini del giorno si chiede addirittura la formazione di una forza di polizia ausiliaria in supporto alle forze dell’ordine affinché venga mantenuta la legalità necessaria alla sicurezza della nuova vita democratica.
Sono problemi che restano fortemente presenti anche nel 1946, allorché una certa parte della popolazione residente in Lucchesia inizia a “premere sugli industriali per farsi assumere”, a dispetto di una capacità di assorbimento di mano d’opera da parte delle industrie che può considerarsi esaurita nelle presenti difficili contingenze”, come scriveva il Prefetto in febbraio25
. Nondimeno, in una critica mossa dalla minoranza
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Emmanuel Pesi, Dalla guerra alla democrazia, op.cit., p.165.
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Alla totale paralisi che connotava la ristrutturazione di molti complessi industriali, la Cantoni contrapponeva una crescita progressiva dettata dalla sua capacità di aprirsi più rapidamente al mercato estero, soprassedendo alla crisi che, nonostante la crescita regionale dell’industria leggera, stava colpendo duramente alcune aziende locali, come lo Jutificio di Ponte a Moriano.
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comunale -guidata dall’ex Sindaco comunista Gino Baldassari- alla nuova amministrazione democristiana con a capo Ferdinando Martini (23 agosto 1946), si riferiva:
All’infuori di accenni più o meno approfonditi sulla situazione economico finanziaria non abbiamo né udito né letto alcun programma atto a rilevare i gravi inconvenienti lamentati. Se si tralasciano le osservazioni della Commissione Centrale, nessun piano, nessun progetto, nessun programma ci è stato esposto che tendesse se non a risolvere almeno ad avviare verso un miglioramento la catastrofica situazione del nostro Comune. Davanti a questa realtà cosa intende fare, sia di ordinario che di straordinario, l’Amministrazione in carica? Questo chiedemmo nella domanda di convocazione del Consiglio, quando si richiese il programma, ma la nostra domanda è rimasta senza risposta. Quando si assume la direzione di un’amministrazione, si devono avere precise direttive per migliorarne le condizioni, e non limitarsi a dirne i difetti senza almeno far balenare una possibilità di avviamento sulla via della resurrezione.26
E ancora:
Lavoro e disoccupazione, si assorbono l’uno con l’altra formando una situazione dalla quale bisogna uscire ad ogni costo, e l’Amministrazione Comunale deve concorrere con ogni mezzo perché la disoccupazione scompaia, perché a chi chiede lavoro, non si può né si deve rispondere colla elemosina e colla innata ma sempre insufficiente generosità del proprio cuore, al quale sia unita una borsa più o meno gonfia delle briciole altrui.27
La situazione conosce ulteriori peggioramenti nel mese di marzo. La ripresa industriale, ostacolata dalla difficoltà nei trasporti e nella stasi commerciale, viene difatti affiancata da crescenti proteste portate avanti dalle donne che, stremate dalle troppe privazioni e dall’esiguità dei sussidi, imbastiscono due giornate di sciopero il 21 e il 22 marzo 1946: alcune di queste, operaie alla C.C.C., tornano in piazza assieme alle altre maestranze dello stabilimento il 27 dello stesso mese, manifestando “contro le ritenute sul salario dei contributi assicurativi e contro l’aggravio fiscale costituito dal pagamento della ricchezza mobile. Quel giorno –riportava il Prefetto- circa 2.000 impiegati e operai si astennero dal lavoro e si recarono in corteo davanti alla sede dell’Associazione degli Industriali di Lucca e con la mediazione dei rappresentanti della Camera del Lavoro fu stipulato un accordo che prevedeva la sospensione di alcune ritenute, addossandone momentaneamente l’anticipo ai datori di lavoro”28.
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Cfr. Archivio Comunale di Lucca (che da ora in poi abbrevieremo con ACdL), registro del Consiglio comunale,
Controdeduzioni della minoranza al programma dell’amministrazione durante la sessione straordinaria del Consiglio, adunanza del
23 agosto 1946, prima convocazione.
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Ivi.
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È in questo contesto, segnato da una persistente crisi occupazionale e alimentare, che la Lucchesia si avvicina alle elezioni amministrative e a quelle per la Costituente.