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Il lungo e difficile dopoguerra: dalla ricostruzione alle lotte negli anni Cinquanta

II.VI. Il “prezzo” da pagare

Su “l’Unità” del 6 settembre 1955 salta all’attenzione un pezzo di Oreste Marcelli, dal titolo Per ogni

operaia della Cucirini di Lucca il signor Henderson guadagna 2700 lire. L’articolo rivolge aggressivamente

l’attenzione ai vari problemi che vedono protagonista lo stabilimento dell’Acquacalda, incentrandosi soprattutto sul fatturato elevatissimo dell’Azienda, sull’asservimento delle maestranze ad Henderson e sulle disastrose condizioni di lavoro cui si trovano costrette.

“Se diamo uno sguardo alle cifre – scriveva Marcelli- ci rendiamo facilmente conto che questo presunto padrone-benefattore è in realtà uno dei più avidi industriali. Cominciamo dai profitti realizzati dall’azienda negli ultimi anni: nel 1951 gli utili furono di 700 milioni; nel 1952 salirono oltre il miliardo e 200 milioni; nel 1953 balzarono ad un miliardo e 920 milioni e nel 1954 (ultimo bilancio) raggiunsero la cifra di 2 miliardi e 852 milioni. Nel breve giro di 4 anni gli utili sono aumentati di quattro volte! Ed occorre precisare che si tratta degli utili ufficialmente denunciati il che autorizza ad affermare che in realtà essi sono di gran lunga superiori” 103. Nell’opinione del corrispondente, un aumento di tal fatto non era certo dovuto “al genio

di Henderson, né tantomeno ad un radicale e massiccio rinnovo degli impianti”: viceversa, rappresentava il frutto del duro lavoro delle operaie, intensificato giorno per giorno, portato a ritmi vertiginosi e inumani”, fatto che spingeva lo stesso Marcelli a cercare di fornire un quadro quanto più duro possibile del “vivere” all’interno della fabbrica. Ecco quanto si appuntava:

Per dare un’idea dell’intensità del lavoro bastano pochi esempi. Le donne addette a fare i “nodi” si sono viste modificare il sistema di lavoro cosicché debbono fare al giorno 1892 “nodi”, pari a 40 “nodi” al minuto; alla sezione “Aspe-Cucirini” le operaie che prima lavoravano ad un macchina oggi lavorano a due realizzando una produzione doppia; alla sezione “Spagnolette” la produzione è passata da 225 dozzine a 370 e alle sezione “gas” da 25 rocche si è passati a 45. Con questi metodi la produzione totale dello stabilimento è aumentata del 60%, mentre negli ultimi anni le maestranze occupate sono state ridotte del 16 percento: da 4500 a 3800. Né si creda che l’aumento della

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Cfr. “l’Unità”, 6/9/1955, Per ogni operaia della Cucirini di Lucca il signor Henderson guadagna 2700 lire, di Oreste Marcelli. Da questa affermazione emerge anche un’altra grande piaga che mina la società italiana del tempo: quella dell’evasione fiscale.

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produzione consenta alle lavoratrici un miglior guadagno attraverso il cottimo; le tariffe di cottimo vengono continuamente modificate, i tempi di lavorazione arbitrariamente tagliati, cosicché malgrado il continuo sforzo delle operaie il loro salario si mantiene sempre sulle 800-850 lire al giorno. La vertiginosa corsa al massimo del profitto pesa sulle operaie che pagano con la loro salute.104

Proprio il malessere delle rappresentanze costituiva invero uno degli aspetti più drammatici della questione: secondo i dati dell’INAM, difatti, “nel ’53 alla Cucirini Cantoni ,su 4.039 dipendenti si erano avuti 4.216 casi di malattia di cui 43 casi di squilibrio mentale, 103 casi di squilibrio del sistema nervoso e 1.953 dell’apparato respiratorio”. Dati che già di per sé riflettevano la criticità delle condizioni di lavoro, definite in alcuni casi “una vera e propria tortura”105, e che divenivano ancora più assurdi se corrisposti con “l’elemosina” concessa dai vertici aziendali alla richiesta di miglioramenti salariali:

Ci sia permesso a questo punto di richiamare la attenzione del lettore su un’ultima cifra, la più significativa. Abbiamo visto che nel 1954 gli utili dell’azienda sono stati di 2 miliardi e 852 milioni; dividendo questa cifra per il numero di operaie addette alla produzione e quindi per i 300 giorni lavorativi l’anno risulta che ogni operaia quando la sera esce dallo stabilimento ha guadagnato con il proprio lavoro 800-850 lire per sé e oltre 2.700 lire per il padrone! È eccessiva la richiesta di una gratificazione di 25.000 lire? Sono appena ottanta lire al giorno, una cifra assai modesta di fronte alle 2.700 che ogni operaia frutta al padrone!

Nella grande mobilitazione che coinvolgeva in questi anni la CGIL a livello nazionale e nel tentativo di radicare una ragion d’essere in una zona così ostile e rigidamente indisposta al mondo delle sinistra, tuttavia, “l’Unità” dava una lettura della lotta eccessivamente precoce in termini di consapevolezza di classe e maturità delle maestranze. Il sindacato inoltre –ripetiamo- poteva contare sul lavoro di pochi effettivi che trovavano ingenti difficoltà nell’organizzarsi, dipendendo in larga parte dai consigli provenienti dalla CdL viareggina -decisamente più forte e organizzata- e dalle manovre di una Federazione comunista molto debole in termini numerici, nonostante gli sforzi compiuti in direzione di un accrescimento dei consensi106: da questa prospettiva, se certamente non si può negare una crescente insofferenza della componente lavoratrice di fabbrica verso il padronato, diviene complesso inquadrare il momento storico nei termini in cui lo faceva Marcelli, arrivando persino a sostenere la grande forza delle operaie “nel liquidare una mentalità incuneata

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Ivi.

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Ivi. A questo, Marcelli aggiungeva: “questi dati bastano a dare un quadro delle condizioni di lavoro che in molti casi divengono una vera e propria tortura. Le cifre che abbiamo indicate, tutte riprese da fonti ufficiali, danno un quadro crudo e drammatico delle condizioni alle quali sono sottoposte le operaie della Cucirini Cantoni Coats di Lucca. Assai modesta appare, quindi, e assolutamente giustificata la richiesta avanzata dal sindacato della FIOT di una gratifica di bilancio di 25mila lire in tutte le maestranze”.

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Nella relazione titolata Vita di partito, la Federazione del PCI di Lucca riferiva della formazione di una Commissione per i problemi dell’industria con il compito di “meglio approfondire i motivi politici e rivendicativi che si pongono alla classe operaia nell’attuale situazione, con particolare riguardo ai settori del marmo, tessile e metallurgico”. In Cfr. Isrec Lucca, Fondo Pci, Serie 1, Sezione I, b. 1 Bollettino interno della Federazione del PCI di Lucca, Vita di partito, 31/1/1957.

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loro durante parecchi anni con ogni mezzo” tramite la “dura vita nella fabbrica”, capace di “aculeare le loro coscienza facendo cadere i veli innalzati con l’inganno e l’ipocrisia”107. Continuava:

Ora […] le cose sono cambiate, e l’ultima visita del sig. Henderson è stata quasi clandestina. È accaduto che le lavoratrici hanno cominciato a comprendere che egli non è il benefattore che si voleva far loro credere, ma uno sfruttatore come tanti altri, peggio di tanti altri, e che l’enorme ricchezza che ha accumulato e continua ad accumulare l’hanno creata loro, con le loro mani ed il loro sudore, sottoponendosi ogni giorno ad uno sforzo inumano. Lo scorso anno le maestranze della Cantoni scesero per la prima volta in lotta per rivendicare un adeguato aumento dei salari. Fu uno sciopero unitario condotto con entusiasmo per quattro mesi e che soltanto per una manovra del Sindaco democristiano di Lucca e della CISL si concluse in modo insoddisfacente. Il Sindaco, infatti, interessato della vertenza, trattò solo con la Direzione dello stabilimento e poi invitò le maestranze a cessare la lotta, rassicurando che la direzione avrebbe esaminato e soddisfatto le richieste avanzate. La CISL colse la palla al balzo, si dichiarò soddisfatta e ruppe la unità provocando la cessazione dello sciopero. Fu questa una manovra assai utile per il padrone che oramai era in procinto di cedere. Henderson non concesse, infatti, nessun aumento, con buona pace del Sindaco e della CISL. Dovette tuttavia concedere un primo premio e successivamente un secondo che fu però distribuito con criteri discriminatori in omaggio ai servigi ricevuti dalla CISL. […] Ma seppure Henderson è riuscito a non concedere gli aumenti richiesti, non può certo dire di aver ottenuto una grande vittoria. Le lavoratrici hanno fatto nel corso del loro primo grande sciopero una esperienza decisiva, si sono liberate dalla soggezione verso il padrone ed hanno acquistato una salda coscienza della loro dignità e dei loro diritti. Oggi non è più possibile far credere alle operaie che la pesante situazione esistente nella fabbrica debba essere accettata con rassegnazione come sacrificio inevitabile: esse hanno ormai individuato il loro nemico, il loro sfruttatore che tramuta in ricchezza il loro sacrificio.

Anche prendendo consapevolezza dell’ovvia faziosità propagandistica di questa prospettiva, risulta comunque difficile leggere la lotta del 1954 in modo –mi si passi il termine- così “rivoluzionario”: come abbiamo visto, infatti, se il sindacato non era riuscito a portare la Direzione neanche al tavolo delle trattative, oltre a questo (nonostante la partecipazione agli scioperi) l’operaio non aveva affatto la forza per esporsi troppo, consapevole di “quale grave situazione derivasse dalla possibilità per il padrone di licenziarlo in qualsiasi momento”108

; assumendo una prospettiva “umana”, ben si comprende difatti quanto in un momento di così grande miseria risultasse fondamentale la riscossione di un salario che, seppur basso, andava a corroborare in molti casi il ricavato del proprio piccolo appezzamento di terra. Mancavano poi una coscienza di classe, e -ci è possibile ipotizzarlo- pure quel sostegno cittadino che in tanti pensavano di aver individuato,

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Cfr. “l’Unità”, 6/9/1955, Per ogni operaia della Cucirini di Lucca il signor Henderson guadagna 2700 lire, di Oreste Marcelli.

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In Cfr. Isrec Lucca, Fondo Pci, Serie 1, Sezione I, b. 1 Bollettino interno della Federazione del PCI di Lucca, Vita di partito, 31/1/1957.

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soprattutto da parte dei “bottegai” cittadini: “molti commercianti, durante i cortei, la saracinesca l’abbassavano per paura”109

, sostiene ancora oggi Pieruccini.

Infine, lo stesso collocamento della lotta come “conflitto pionieristico” viene smentito dal fatto che la battaglia, per quanto importante, vide affievolire decisamente il suo impeto dalle conseguenti repressioni e, fatto non secondario, fu portata avanti da un forza lavoro molto diversa da quella che avrebbe preso parte alla più celebre vertenza del 1963, sviando almeno parzialmente da possibili filoni di “maturazione di classe”. Basti pensare che sindacalisti del calibro di Malfatti e Galeotti, nel ricordare le primordiali lotte sociali lucchesi durante una giornata organizzata nel 2006 dalla provincia di Lucca -dal titolo Il filo rosso della

memoria-, in riferimento agli anni Cinquanta non accennarono minimamente allo scontro della C.C.C.