• Non ci sono risultati.

Effetti di una qualificazione privatistica della fattispecie sul piano della giurisprudenza comunitaria: la golden share come “atto d

power in Telecom Italia

Capitolo 4 – La golden share “illegittima”

4.5 Effetti di una qualificazione privatistica della fattispecie sul piano della giurisprudenza comunitaria: la golden share come “atto d

autonomia negoziale”

Nel paragrafo precedente si è fatto menzione in modo particolare ai riferimenti giurisprudenziali che inquadrano la materia dei poteri speciali alla stregua di una “misura statale”. Tuttavia, come si è ben detto al capitolo 3 del presente elaborato, la natura giuridica dei poteri speciali non sembra in toto aderire a qualificazioni di tipo giuspubblicistico, dacché non poche sono le analogie che almeno parzialmente sembrano palesarsi con istituti di diritto privato. Ed è proprio sulla scia di tali analogie che alcuni legislatori nazionali, in primis la Gran Bretagna, hanno cercato di “sfuggire” alla censura della Corte argomentando che i poteri speciali sarebbero più un‟espressione di un‟ “autonomia negoziale” piuttosto che di una ”misura nazionale”. Se infatti si ammettesse una tale interpretazione, non verrebbe, almeno direttamente, a costituirsi quel vulnus, tanto criticato dalla Corte, all‟art. 63 TFUE. Infatti, secondo le impostazione dell‟organo giudiziario comunitario, l‟effetto lesivo dell‟art. 63 TFUE si realizzerebbe in presenza di tre elementi: a) una “misura nazionale”; b) un effetto ostativo; c) un nesso eziologico tra questi due elementi(212). Il Regno Unito che, come si è detto, si è fatto tra i primi sostenitori di questa linea ermeneutica privatistica ha

(211) Sul tema si veda in particolare LUPO M., op. cit., pp. 67-70 e RICKFORD J., op. cit., pp. 76 e ss. (212) PAT T I G., op. cit, p. 59.

avanzato il proprio argomento difensivo nella causa C-98/01, in cui oggetto della controversia erano i poteri speciali detenuti dal Governo, in particolare dal Secretary of

State for transport, previsti dallo Statuto della British Airports Authority (BAA), tramite

la previsione di un‟azione speciale da una sterlina (one pound special share). Il Regno Unito sostenne, in tale sede, che le misure in questione sarebbero strumenti adottati nell‟esercizio dell‟autonomia statutaria della BAA e utilizzando perciò meccanismi di diritto privato che, in quanto tali, si sottrarrebbero dall‟applicazione delle norme del Trattato relative alla libertà di circolazione. La Corte, in tale contesto, come lo stesso Colomer avrà a sottolineare e come del resto anche la stessa Commissione aveva già fatto, non aveva formulato nella sua giurisprudenza alcuna distinzione giuridicamente rilevante che si basi sulla natura giuridica di un determinato regime al fine di verificare l‟eventuale lesione alle libertà di circolazione. L‟organo giudiziario infatti, adottando un approccio “sostanzialista”, ritenne che per qualificare o meno la restrizione ciò che conta sono le conseguenze economiche del regime e non i particolari tecnici di ciascuna normativa(213). Se sul tema dell‟appiattimento dei poteri speciali a misure frutto dell‟autonomia negoziale sembra quindi prevalere in generale una pacifica posizione di rigetto, meno chiara pare essere la soluzione di un‟ulteriore questione ampiamente correlata a quella ora detta. Ci si chiede infatti quale sia la soglia oltrepassata la quale un soggetto privato, o un soggetto pubblico che agisca in qualità di operatore di mercato può essere vincolato dall‟efficacia orizzontale della libertà di circolazione dei capitali. Una possibile risposta sembra in un primo momento potersi ricavare dalla c.d. sentenza

Angonese(214) nella quale veniva affermato quel principio di diritto secondo cui, anche nel caso in cui sia un privato a porre in essere una condotta discriminatoria, resta ferma la possibilità di invocare le libertà di circolazione. La Corte infatti osserva in maniera molto netta che “il divieto della discriminazione in base alla cittadinanza, enunciato dal

(…) Trattato, si applica anche ai privati”. Una siffatta interpretazione analogica, che

estenderebbe il principio di non discriminazione ai singoli, provocherebbe in parallelo una estensione pure di tutte le altre norme fondanti del Trattato. Tale impostazione potrebbe pertanto essere contestata sulla base del dato letterale dell‟art. 18 TFUE che avrebbe una portata molto più ampia e generica rispetto a quella degli articoli che sanciscono la libertà di circolazione, che sembrano invece riferirsi unicamente agli Stati membri. Sembra invece abbastanza pacifica la sanzionabilità del comportamento del

(213) Sul tema si vedano tra gli altri LUPO M., op. cit. pp. 62-64, RICKFORD J., op.cit., pp. 62 e ss. (214) Si veda la sentenza R. Angonese c. Cassa di Risparmio di Bolzano spa, C-281/98, p. 36

privato che pone un ostacolo ad una libertà di circolazione, se questo agisce nell‟ambito di una condotta con finalità pubbliche. Sulla scorta del caso The Queen c. Royal Pharmaceutical Society(215) e dei casi, già citati, Laval e Viking, anche al privato, cui siano affidate pubbliche funzioni o nel caso di un organo di diritto privato che agisca completamente in ambito privatistico, si applicano le regole sulla libertà di circolazione in quanto tale soggetto agirebbe in via surrogata rispetto allo Stato(216). Sebbene non ci sia uniformità in merito alla possibilità di estendere l‟efficacia orizzontale a tutte le libertà di circolazione, non è da escludersi una futura decisione della Corte che riconosca l‟efficacia in senso orizzontale all‟art. 63 TFUE. Il riconoscimento di un‟efficacia orizzontale alle norme relative alla libera circolazione dei capitali porterebbe ad una applicazione della stessa a tutta una serie di casi in cui i soggetti privati agiscano nell‟ambito dell‟esercizio dei loro poteri societari. Seguendo l‟analisi di Lupo(217) e Rickford(218) sarebbe lecito estendere l‟applicazione delle norme sulla libertà di circolazione anche al caso di un Consiglio di Amministrazione di una società cui la legge affida il compito di perseguire non solo gli interessi degli azionisti ma anche interessi di più ampio spettro, come ad esempio quelli dei lavoratori o dell‟intera comunità in cui la società opera, ipotesi in cui ricadono certe Fondazioni nei Paesi nordici e in cui potrebbero anche ricadere le società, specie se erogatrici di SIEG (Servizi di Interesse Economico Generale), nei cui Statuti sono previste le golden

shares. Sarebbe quindi in questo senso sanzionabile l‟utilizzo da parte di tale organo di

poteri, riconosciuti dalla Direttiva sull‟offerta pubblica d‟acquisto (Direttiva n. 2004/25/CE), per ostacolare un‟ O.P.A. che ritiene ostile e che abbia caratteristiche tali da potersi considerare un ostacolo alla libera circolazione dei capitali. Secondo le argomentazioni fornite da Rickford sarebbero quindi sine dubio applicabili anche al caso delle golden shares le norme sulla libertà di circolazione dei capitali. Tali norme sarebbero allora applicabili, altresì, nel caso in cui si ammetta che le misure in questione non siano frutto di misure adottate dallo Stato che agisce come Autorità pubblica, bensì derivino dal suo operato come attore economico agente secondo le norme di diritto privato e quindi come in astratto potrebbe fare qualsiasi azionista.

(215) Cfr. Caso “The Queen c. Royal Pharmaceutical Society”, 266/87, ptt.13 e ss. (216) Cfr. RICKFORD J., op. cit., pp. 76 e ss.

(217) Si veda Lupo M., op.cit., pp. 70-72 (218) Si veda Rickford, op.cit., pp. 76-78

Outline

Documenti correlati