4.6.1 “Disposizioni discriminatorie” e “non discriminatorie” della libertà di circolazione dei capitali: il modello della Commissione
Capitolo 5 – La golden share “virtuosa”
5.5 La golden share e i Servizi di Interesse Economico Generale
Nella giurisprudenza, in precedenza citata, la Corte ha fatto più volte menzione all‟espressione “settori dei servizi di interesse generale o strategici”. Da una tale affermazione è possibile ritenere che esista una perfetta identità tra SIEG e settori strategici, quando in realtà, pur essendo nella prassi economica le due fattispecie frequentemente sovrapponibili, non è possibile ritenere lo stesso sotto il profilo di un‟analisi giuridica, dacché soltanto alcuni SIEG sono da considerarsi strategici. Come abbiamo già detto al paragrafo 1, alle imprese operanti nei settori di interesse economico generale viene applicata una deroga alla disciplina della concorrenza e ai principi del mercato interno, contenuta all‟art. 106, par. 2 TFUE, il quale dispone che “le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale (….)
sono sottoposte alle norme dei Trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata”(271). E‟ pacifico in dottrina e anche a seguito di una consolidata giurisprudenza, che sebbene a tutti i SIEG, strategici e non, si applichino le deroghe contenute all‟art. 106 TFUE, è evidente che per i SIEG le eccezioni, a quanto previsto dal diritto dell‟Unione non possano esaurirsi in quelle compendiate nel sopra citato articolo. Dalla prassi decisionale della Commissione relativa all‟art. 21, par. 4 del regolamento Concentrazioni, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia sulla materia in esame, nonché dalla prassi applicativa del
(270) Cfr. C-483/99, pt. 25.
(271) Sul tema delle relazioni esistenti tra Servizi di interesse economico generale, libertà fondamentali e
golden shares si vedano: GALLO D., op.cit., pp. 98-118 e pp. 565-608; DI BENEDET T O F., (2015), La
protezione dei settori strategici europei, Tesi di Dottorato in Scienze Giuridiche, Università degli Studi di
Regolamento Servizi Aerei e delle Direttive Energia, emergerebbe in numerosi casi un completo appiattimento di settore strategico con quello di servizi di interesse economico generale. Si vedano in tal senso il settore dell‟Energia, quello delle Telecomunicazioni e delle Poste, quello dei Trasporti ed infine quello degli Istituti di Credito. N el caso del settore energetico sono da considerarsi strategiche tutte le attività, da quella di produzione(272), a quella di trasporto (trasmissione)(273) e distribuzione(274). La Corte di Giustizia ha ritenuto infatti giustificabili (anche se poi nella maggior parte dei casi non compatibili) quelle misure adottate dagli Stati al fine di controllare, condizionare, dissuadere, limitare o vietare, de iure o de facto, gli investimenti stranieri. In maniera analoga la Commissione ha, a più riprese, mantenuto posizioni simili a quelle della Corte. Questo è per altro ben evidente nei casi E.ON/Endesa e ENEL/Acciona/Endesa, nei quali ha applicato l‟art. 21, par. 4, del Regolamento Concentrazioni, ammettendo che talune condizioni poste dal Governo spagnolo alle fusioni in esame potessero essere giustificate da un interesse legittimo dello Stato, come ad esempio quello dell‟approvvigionamento energetico, la qual fattispecie fu ricondotta dal Giudice dell‟Unione entro la nozione di “Pubblica Sicurezza”. Altro comparto industriale che può rientrare entro il novero dei cc.dd. “settori strategici europei” sarebbe quello delle Telecomunicazioni e delle Poste. In merito al sotto-settore delle Reti Telefoniche, i limiti agli investimenti stranieri sono riconosciuti legittimi dalla Corte e, parallelamente a quanto avvenuto nel settore energetico, la ragione è stata ricondotta essenzialmente al tema delle ragioni di “Pubblica Sicurezza”(275
). In maniera analoga anche per il settore del servizio postale la Corte di Giustizia ha ritenuto legittime disposizioni limitative della libertà di circolazione dei capitali attraverso una sentenza del 28 settembre 2006. In merito al settore dei trasporti la giurisprudenza, e parte della dottrina, pur convenendo in un inserimento dello stesso entro il gruppo dei settori strategici, ha avuto diverse declinazioni e, nel specifico, una più ampia e una più ristretta. Non vi è dubbio ad esempio che, anche per effetto delle norme contenute nel Regolamento Servizi Aerei, il settore dei vettori aerei per passeggeri sia certamente qualificabile per strategico. Il Regolamento infatti impone stretti criteri di nazionalità per la proprietà dei vettori aerei civili che di fatto esclude gli investitori extra comunitari della possibilità di controllare i vettori aerei comunitari, i quali operano in un settore strettamente connesso alle
(272) Cfr. C-483/99; C-463/00.
(273) Sul tema si vedano le sentenze: C-367/98; C-503/99; C-463/00; C-196/07; C-326/07 e distribuzione. (274) Su tutte si veda la causa C-503/99.
esigenze di tutela della “Pubblica Sicurezza”. Pertanto la Corte di Giustizia ha ritenuto legittimo l‟esercizio di poteri speciali (evidentemente nei confronti di soggetti extra UE) nel settore dei trasporti, intendendo con questi anche quelli su strada, ferroviari, marittimi e fluviali, sebbene la giurisprudenza si sia occupata solamente del settore aereo. Con riferimento al settore del credito (si vedano i casi Commissione c. Portogallo e Commissione c. Spagna) il diritto dell‟Unione Europea ammette, quantomeno in linea di principio, la ravvisabilità di motivi di pubblica sicurezza che possono giustificare restrizioni alle libertà fondamentali anche in questi settori, pur non essendo completamente assimilabili alla nozione di SIEG(276). Volendo momentaneamente tralasciare la distinzione tra imprese operanti nei settori c.d. SIEG e quelle non SIEG, tenendo comunque debitamente conto del fatto che la nozione di impresa strategica non sia del tutto sovrapponibile con quella di impresa operante nei servizi di interesse economico generale, ci si richiama ora al ruolo “ambiguo” che da sempre ha esercitato l‟art. 106 TFUE e ben sintetizzato dall‟affermazione del Barone Bernard Snoy et D‟Oppuers che affermò come la norma fosse caratterizzata da una “obscure clartè”. Del resto tale dualismo fu appositamente voluto e la stessa Corte constatò che la “disposizione nel consentire a talune condizioni deroghe alle norme generali del
Trattato, mira a contemperare l’interesse degli Stati membri ad utilizzare determinate imprese, segnatamente del settore pubblico, quale strumento di politica economica o fiscale con l’interesse della Comunità all’osservanza delle regole di concorrenza e dal mantenimento dell’unità del mercato comune”(277). In ragion del fatto che i concetti di “impresa strategica” e impresa operante nei settori di interesse economico generale, pur giuridicamente non sovrapponibili, sono nella prassi economica spesso molto affini, ha portato gli Stati nazionali a giustificare l‟applicazione di norme restrittive della libertà di circolazione dei capitali e/o della libertà di stabilimento al fine di non ostacolare la missione SIEG tipica di molte imprese, ma non tutte, nelle quali i Governi detenevano le golden shares. Ne rappresentano casi emblematici le sentenze relative ai casi:
Distrigaz in Belgio, Galp in Portogallo, ENI in Italia, Telefonica de España in Spagna,
TPG nei Paesi Bassi e l‟impresa ateniese di erogazione di acqua potabile(278 ).
L‟aspetto di maggior rilievo, che emerge dalla giurisprudenza ora citata, è il fatto che la Corte sembra non respingere in toto le argomentazioni difensive degli Stati membri.
(276) Cfr. DI BENEDET T O F., op. cit., pp. 87-93. (277) Cfr. C-202/88, pt. 12
(278) Cfr LUPO M., op. cit., pp. 135-136. Per un‟analisi approfondita dei casi ora citati si vedano invece le pp. 136 e ss.
Tale circostanza è probabilmente giustificabile dalla dimostrazione che, in assenza delle
golden shares, le imprese nazionali non possano fornire servizi pubblici in condizioni
economicamente accettabili. Va da se‟, in ogni caso, che le misure di cui si rivendica la legittimità dovrebbero, al fine di essere ritenute “legittime”, rispondere a quei requisiti di proporzionalità, necessità e idoneità, tanto esaltati dal diritto dell‟Unione. Una parte della dottrina ha tuttavia notato che la deroga in questione non dovrebbe comprendere tutti i tipi di SIEG, bensì un “nocciolo duro” di servizi, che costituirebbero il “servizio universale e relativamente ai quali la necessità di garanzia e continuità dell‟erogazione giustificherebbe la deroga(279).
(279) Sul punto SPAT T INI G.C., (2008), op.cit., p. 326; DE VIDO S., (2007), La recente giurisprudenza
comunitaria in materia di golden shares: violazione delle norme sulla libera circolazione dei capitali o sul diritto di stabilimento?, in Dir. Com. Int, p. 871; LUPO M., op. cit., p. 139.