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L’ingresso di Vivendi nella governance di Telecom

alto Impatto π

3.6 Il caso Telecom Vivend

3.6.1 L’ingresso di Vivendi nella governance di Telecom

La società di diritto francese Vivendi SA, precedentemente conosciuta con il nome di Vivendi Universal, e fondata a Parigi da Napoleone III nel 1853 con il nome di Compagnie Gènèrale des Eaux, è oggi un‟importante realtà industriale europea operante nei settori dell‟industria musicale, della televisione, del cinema e dei video giochi. La società punta, ormai con una certa evidenza, e neppure particolare segretezza, a divenire un broadcast delle telecomunicazioni europeo in grado di competere con le più rilevanti realtà mondiali, prime fra tutte Netflix. In tal senso la società si era mossa in questa direzione in Italia, già prima della ben nota “scalata Telecom”, attraverso il consolidamento della propria partecipazione sul capitale di Mediaset, riuscendo a divenire, nell‟agosto del 2017, azionista della società con il 28,8% ( e il 29,9% dei diritti di voto). L‟ingresso di Vivendi nel capitale di Telecom è invece da annotarsi a partire dal 2014 allorquando acquisisce una partecipazione di proprietà della società spagnola Telefonica S.A.. Da questo momento la società francese cercherà a più riprese di incrementare la propria posizione nel capitale societario attraverso “continui” rastrellamenti di titoli azionari. Uno dei più significativi fu quello del 20 ottobre 2015. In tale data Vivendi si mosse sul mercato azionario della Telecom, con lo scopo di portare la propria quota di partecipazione al 20%, rendendo in questo modo più significativa la propria influenza sul CdA dell‟azienda(159

). Grazie alla sopracitata operazione Vivendì ottenne tre consiglieri nei comitati di gestione di Telecom. Nei periodi successivi la società francese di telecomunicazioni continuò a rafforzare la propria presenza nel capitale della società, portandola al valore del 21,4 % nel gennaio 2016 e del 22,8% poi nel febbraio 2016. Decisivo fu a questo punto l‟investimento di 120 milioni di euro entro due settimane, che permise a Vivendi di incrementare la propria partecipazione, all‟inizio di marzo 2016, al 23,8%. Pochi giorni dopo, inoltre, la società incrementa la quota al 24,9 %, divenendo in questo modo controllante “di fatto”

(159) Cfr. Si veda on-line: Telecom, Vivendi si muove per alzare la quota a circa il 19 %,

della società. Non rappresentò quindi un caso che poco tempo più tardi (il 22 marzo 2016) il CdA della società si trovò a ratificare le dimissioni di Patuano, e la nomina, poi successiva, di Giuseppe Recchi. Il 30 marzo 2016 Flavio Cattaneo riceverà la nomina di AD, ma annuncerà le dimissioni solo poco dopo un anno, anche e in particolar modo a causa delle pressioni dei “francesi”. A luglio 2017 pertanto la governance societaria del gruppo era composta da: a) Arnaud de Puyfintaine ( presidente esecutivo); b) Giuseppe Recchi (vice presidente); c) Amos Genish (direttore operativo). La struttura azionaria del gruppo era costituita per più del 57% da una partecipazione diffusa e frammentata di investitori stranieri, per il 23,94% dalla francese Vivendi, per il 14,33% da investitori italiani, dalla norvegese Norge Bank per un 3,45 % ed infine una quota minore (1,08%) di azioni proprie. La Consob ha ritenuto di recente (12 settembre 2017) che tale quota debba essere considerata come “ partecipazione di controllo di fatto ai sensi dell‟art.2359 c.c e dell‟art.93 TUF, oltre che della disciplina in materia di operazioni con parti correlate”. Sic stantibus rebus, la Consob ritiene che, fintanto che non sarà ceduta la partecipazione in eccesso, nessun accordo tra Vivendi, Mediaset e Telecom potrà essere autorizzato dall‟ AGCOM (c.d triangolazione), sfumando in questo modo la possibilità di un‟offerta congiunta per i diritti del calcio all‟asta di fine anno. Dall‟altro lato, Vivendi dovrà provvedere con ogni probabilità, in virtù della sua posizione di direzione e coordinamento, al consolidamento dell‟ingente debito di Telecom Italia ( stimato sui 25 miliardi al netto di cassa, mentre a luglio la posizione netta di Vivendi era negativa per 1,8 miliardi), un obbligo tuttavia sul cui rispetto la Consob non avrà alcuna possibilità diretta di procedere e che dovrà essere fatto valere dall‟ A.M.F ( l‟”alter ego” francese della Consob), con la quale tuttavia l‟autorità italiana ha già preso i contatti. A quanto detto si aggiunga che, data la partecipazione della società francese, è stato ritenuto opportuno l‟obbligo di notifica al Governo relativo al controllo di Vivendi su Tim, aprendo il vaglio delle procedura dei golden

power per l‟eventuale esercizio dei poteri speciali. Di fronte però ai rilevanti obblighi

che le autorità hanno richiamato su Vivendi, in virtù della sua partecipazione, i “francesi” hanno preannunciato ricorso contro la decisione Consob, affermando che: ”

da un preliminare esame, si rileva che il provvedimento si discosta in maniera rilevante dalla consolidata interpretazione in materia di controllo societario, cui Tim ( e ragionevolmente il mercato intero ) si è sempre costantemente e rigorosamente attenuata. La società porrà in essere le azioni legali a propria tutela nelle sedi competenti, sicura della correttezza dei propri argomenti e della solidità delle proprie

argomentazioni”. La Consob tuttavia pare rimanere intransigente sulla propria linea,

basandosi fondamentalmente sulle dichiarazioni che lo stesso Collegio Sindacale di Telecom ha assunto il 5 settembre. Con una nota inviata a Consob, i sindaci hanno terminato l‟istruttoria volta a verificare la sussistenza del controllo di Vivendi “ai fini degli articoli 93 del TUF e 2359 del codice civile, nonché ai fini dell‟ Ifrs 10”.

“All’unanimità”, è stato scritto, “ il collegio sindacale ritiene che ricorrano le condizioni per qualificare Vivendi come controllante di Telecom Italia”. Situazione

che, continua la dichiarazione del Collegio Sindacale, pare con tutta evidenza palesarsi dalla circostanza che Vivendi ha nominato, in occasione dell‟assemblea del 4 maggio, dieci consiglieri su quindici. La Consob ha pertanto argomentato la sua posizione, richiamandosi alla nozione di “controllo di fatto” contenuta all‟art.2359 del codice civile, e ne ha sostenuto la fondatezza attraverso una serie di considerazioni fattuali che possiamo qui, a grandi linee, riassumere. Si ritiene in particolare che, in un contesto caratterizzato da un azionariato frazionato come Telecom e dove viene adottato quale criterio di voto il meccanismo del voto di lista, una partecipazione di maggioranza relativa quale quella di Vivendi è in grado di esprimere la maggioranza dei consiglieri, dal momento che i fondi presentano solo liste “corte”, non essendo il loro intervento finalizzato al controllo della società. Sono così evidenziate un lungo elenco di “prove indiziarie”, le principali: a) il fatto che tre amministratori dei dieci di designazione Vivendi ricoprano ruoli dirigenziali di vertice nel gruppo francese; b) la nomina a presidente esecutivo di De Puyfontaine; c) la ricostruzione del comitato strategico con due consiglieri su cinque che fanno parte del top management di Vivendi e un solo consigliere di minoranza; d) la composizione dei comitati interni al CdA, caratterizzata dalla presenza maggioritaria di consiglieri tratti dalla lista di Vivendi; e) l‟impegno assunto da Vivendi con l‟U.E., entro l‟iter autorizzativo ai fini antitrust per il controllo di fatto su Tim, a far si che quest‟ultima ceda la quota in Persidera ( società che detiene i mux, i canali tv per la trasmissione in digitale terrestre); f) la circostanza che rilevanti delibere del CdA di Tim in materia organizzativa a partire dal 4 maggio siano state adottate sempre a maggioranza, tuttavia con il dissenso quasi sempre espresso dai consiglieri di minoranza espressi dai fondi(160). A quanto detto si aggiunga poi che lo scorso 18 aprile l‟Autorità per le Comunicazioni aveva stabilito che Vivendi, controllando il 23,9% del capitale di Tim, ne eserciterebbe a tutti gli effetti una “

(160) Si veda sul punto: OLIVIERI A., (13 settembre 2017), Consob: Vivendi controlla Tim. Agcom: Bollorè

influenza dominante”. Lo stesso CdA di Telecom, in un comunicato diffuso lo scorso 27 luglio, aggiungeva di prendere “atto dell‟inizio della attività di direzione e coordinamento da parte di Vivendi”. Dal momento che sussiste, come abbiamo detto nel precedente capitolo 2, un obbligo di notifica per le società “sensibili”, entro 10 giorni, di eventuali cambi di controllo, il Comitato Tecnico del Governo italiano sul “golden power”, dopo aver accertato gli obblighi di notifica da parte di Vivendi sulle quote di Telecom Italia e la loro violazione da parte della società francese, ha avviato le procedure per l‟eventuale sanzione pecuniaria nei confronti della sola Telecom Italia. Come noto, l‟art.8 del decreto del 2012 (c.d Decreto Monti) prevede che in caso di accertata inosservanza delle disposizioni contenute nell‟art. 2 del DL 21/2012, le eventuali sanzioni amministrative pecuniarie siano comminate con decreto del Presidente del Consiglio da adottarsi, previo esame da parte del gruppo di coordinamento, su proposta del Ministro dell‟Economia e delle Finanze o dello Sviluppo Economico o delle Infrastrutture e dei trasporti, secondo i rispettivi ambiti di competenza(161). Tuttavia, sembra essersi manifestata una volontà diffusa di minorare il profilo sanzionatorio rispetto alle originarie previsioni normative sui golden powers, ciò in linea anche con le dichiarazioni del Ministro Calenda secondo cui l‟esercizio del potere speciale dello Stato deve essere «equo ed equilibrato, non punitivo», Tale

diminutio, che ovviamente, qualora prevista, avrebbe efficacia erga omnes, sembra

essere foriera di importanti conseguenze nella vicenda Telecom-Vivendì. La proposta, emersa in seno ad un emendamento all‟art.14 del collegato fiscale (il decreto legge 148 del 16 ottobre 2017) e su cui starebbero lavorando gli uffici tecnici del Ministero dello Sviluppo Economico, interverrebbe su uno dei commi delle nuove norme sui poteri speciali e prevede che: “ in applicazione al principio di proporzionalità ed adeguatezza, qualora il limite edittale minimo previsto per le singole fattispecie risulti manifestatamente eccessivo rispetto al valore dell‟operazione, al fatturato della società sanzionata, al comportamento tenuto dalle parti per l‟eliminazione o l‟attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché al pericolo di pregiudizio per gli interessi tutelati”, la sanzione amministrativa può essere inferiore al “minimo edittale” previsto dalla legge. Come poi sottolineato da Domitelli e Fotina, differentemente dai nuovi articoli sul golden power che varranno solo per i casi futuri, questo relativo alla rimodulazione del valore della multa in caso di collaborazione della società, si

(161) Si veda: COVAT O V., (2017), Tim, Vivendi e golden power, ecco la norma sui poteri speciali dello

applicherà anche al pregresso. Ovvero sia, qualora tale emendamento venga approvato, anche Tim potrebbe beneficiarne. Se quindi in un primo momento, sulla spinta anche di considerazioni di tipo geopolitico, riferibili allo “smacco” italiano sulla vicenda STX- Fincantieri, l‟atteggiamento dell‟Italia era di aperta critica e volontà di revange nei confronti dei francesi, come testimoniato dalle numerose dichiarazioni rilasciate alla stampa da politici nazionali, sembra ora aprirsi ad una fase di maggiore distensione e dialogo. Emblematico è stato in questo senso l‟incontro tra l‟Amministratore Delegato Amos Genish e il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda.

L‟emendamento al Decreto Legge potrebbe aprire, come abbiamo visto, scenari nuovi ed inediti. Che potrebbero pertanto lasciare spiragli alla tanto ambita, e nemmeno particolarmente nascosta, volontà dell‟esecutivo di procedere ad una separazione della rete su base volontaria. Non solo. Questa fase di dialogo potrebbe rivelarsi inoltre funzionale alla soluzione della contesa tra Vivendi e Fininvest. Intanto in questa fase l‟Authority non suggerirà esplicitamente quale soluzione la separazione societaria della rete, ma potrebbe spiegare in quali termini e modalità realizzarla. Nel frattempo l‟Autorità delle Comunicazioni ha lavorato nella realizzazione di una prima informativa, da inviare a Palazzo Chigi, relativa all‟esercizio del golden power. In merito all‟esercizio di quest‟ultimo bisogna ricordare, quale ratio prevalente, la volontà da parte del governo di mantenere sotto mani italiane le due società del gruppo che gestiscono le c.d “infrastrutture critiche”, vale a dire Sparkle, che gestisce la rete internazionale e Telsy, un software di criptazione usato dalle forze armate e dai servizi segreti. Non vi è dubbio infatti che la vera partita riguardi la rete Telecom e che l‟iniziativa del governo potrebbe favorire il suo scorporo e un‟eventuale fusione con la rivale Open Fiber. Questo porterebbe alla creazione di un operatore unico infrastrutturale, in grado di concentrare il proprio business sulla sola vendita di banda agli operatori(162). Diversamente da Tim, non sarebbe integrato verticalmente e quindi non sarebbe interessato a offrire servizi in diretta concorrenza con quelli degli operatori che utilizzano la sua stessa rete. La complessità della vicenda è resa inoltre particolarmente importante se si considera il fatto che in un paese come l‟Italia, da anni agli ultimi posti in Europa nella diffusione di internet, lo sviluppo dei servizi più avanzati in grado di far crescere l‟economia e la competitività del sistema industriale nazionale passa necessariamente per una rivoluzione anche infrastrutturale, legata

(162) Si veda articolo pubblicato online su la voce.info: “Golden Power nella rete di Tim”

all‟innovazione tecnologica e alla diffusione della banda ultra larga. Lo sviluppo delle reti in fibra, capaci di portare in un futuro non troppo lontano fino a 1 gigabit p/s a casa (Ftth), costituisce il volano per la crescita dei servizi che caratterizzano la nuova economia digitale(163). Da un lato, dunque, il governo spinge per questa trasformazione, cercando di creare le condizioni per la sua diffusione generalizzata nel paese, anche in quelle aree a cosiddetto fallimento di mercato, nella quali la neonata società creata da Enel, Open Fiber e con la partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti ha vinto i bandi lanciati dalla società pubblica Infratel (Open Fiber ha tra l‟altro concluso accordi con Vodafone e Wind/3 che impegnano i due operatori a lanciare offerte commerciali in quelle aree). La separazione della rete Telecom renderebbe certamente più semplice il raggiungimento di questa strategia, che trarrebbe vantaggio dall‟integrazione delle reti e dalla presenza di operatori come Tim e Fastweb. Dall‟altro lato, Tim, che nel frattempo ha fondato una società della fibra con Fastweb, denominata Flashfiber che utilizza prevalentemente la tecnologia Ftth, ha sempre considerato la rete un asset essenziale del proprio business e di conseguenza a a più riprese ribadito il diritto a mantenerne la proprietà. Tuttavia, dopo la nomina del nuovo Amministratore Delegato Amos Genish, i difficili rapporti tra governo e Tim sembrano destinati a vivere una fase di minore tensione. Tim, attraverso il suo presidente, non ha escluso nei giorni scorsi la possibilità di uno scorporo, ma sembra trapelare che dietro gli atti di cortesia, la rete sia destinata a svolgere ancora un ruolo fondamentale nella strategia dell‟ex monopolista(164).

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